Suprema Corte di Cassazione
sezione IV
sentenza 31 gennaio 2014, n. 4967
Ritenuto in fatto
1. Il GIP del Tribunale di Busto Arsizio, con sentenza del 17/3/2010, dichiarato D.O. colpevole del reato di cui all’art. 186, comma 2, lett. b) del cod. della str., per essersi posto alla guida di un’autovettura in stato d’ebbrezza (1,64/1,59 g/l), condannò il medesimo alla pena stimata di giustizia.
2. La Corte d’appello di Milano, investita dell’appello dell’imputato, con sentenza del 3/4/2013, confermò la statuizione di primo grado.
3. Avverso quest’ultima sentenza l’imputato ricorre per cassazione.
3.1. Con il primo motivo posto a corredo del ricorso, denunziante vizio motivazionale, il ricorrente assume che la Corte territoriale era venuta meno al proprio compito di rendere effettiva motivazione, prendendo in esame i motivi d’impugnazione. Ciò non era accaduto in quanto la Corte milanese si era limitata a riprendere le argomentazioni del giudice di primo grado, senza, peraltro, verificare l’effettivo buon funzionamento del macchinario rilevatore e senza tener conto che nella seconda prova solo per nove decimali risultava superato il parametro, mentre il D.M. 22/5/1990, n. 196 tiene conto solo delle unità intere, senza contare che un lieve scostamento era possibile che fosse derivata dalla stessa apparecchiatura.
3.2. Con il successivo motivo viene denunziato ulteriore vizio motivazionale a riguardo del trattamento penale: la pena appariva eccessiva in relazione all’addebito e il giudice di seconde cure si era limitato a riprendere gli stessi argomenti di quello di primo grado.
4. E’ successivamente pervenuta memoria contenente nuovo motivo, datata 2/7/2013 e firmata personalmente dall’imputato.
Con la novella censura il ricorrente denunzia violazione di legge in quanto, secondo la prospettazione, la macchina rilevatrice non risultava essere accompagnata dalla certificazione di verifica della sua perfetta funzionalità. In ogni caso, trattavasi di misurazioni che potevano risentire dello stato fisico del soggetto (rigurgiti gastrici), delle modalità della misurazione (se prossima all’assunzione della bevanda risulteranno registrati anche i meri vapori alcolici), della circostanza che la persona sottoposta al controllo poco prima abbia utilizzato collutori, spray, medicine in genere contenenti alcol e financo dolci, arricchiti di sciroppi liquorosi. Da ciò consegue, secondo la censura, che il ragionamento probatorio deve essere condotto con particolare rigore. Poiché ciò non era avvenuto nel caso di specie risultava violato l’art. 530, comma 2, cod. proc. pen.
Considerato in diritto
5. La manifesta infondatezza di tutti i motivi prospettati impone declaratoria d’inammissibilità.
5.1. Quanto alla pretesa inattendibilità dell’alcoltest questa Corte ha già più volte avuto modo di condivisamente affermare che costituisce onere della difesa dell’imputato fornire una prova contraria all’accertamento (difetti dello strumento, errore di metodologia nell’esecuzione), non essendo affatto sufficiente congetturare la mancanza di omologazione del macchinario (Cass., Sez. IV, n. 17463 del 24/3/2011) o il mancato deposito della documentazione attestante la regolarità dell’etilometro (Cass., Sez. IV, n. 42084 del 4/10/2011); o, addirittura, come nel caso di specie, prospettare vaghi dubbi, neppure correlati a specifici elementi fattuali.
5.2. La pretesa di non tenere conto dei decimali risultanti dalla misurazione contrasta inesorabilmente con il contenuto dell’art. 186, cod. della str., il quale non pone una simile preclusione.
5.3. Infine, ancòra una volta meramente congetturali ed astratte risultano le osservazioni circa gli effetti di prodotti o rimedi contenenti alcol, senza contare che questa Corte ha già avuto modo di condivisamente chiarire che la natura contravvenzionale della trasgressione impone al soggetto agente di astenersi diligentemente dalla guida ove abbia assunto, per qualsivoglia, anche giustificata, ragione, alcolici o misture, rimedi, prodotti e farmaci contenenti alcol (Cass., Sez. IV, n. 26972 del 6/6/2013).
5.4. Aspecifico deve valutarsi il motivo con il quale il ricorrente si duole del trattamento penale: al contrario dell’assunto impugnatorio, infatti, la Corte territoriale, nel condividere l’operato del primo giudice, ha fornito congrua motivazione in ordine alla scelta sanzionatoria, motivazione che, in questa sede, ovviamente, non può essere oggetto di revisione.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
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