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SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE IV

Sentenza 12 luglio 2013, n. 30209

 

Relatore Claudio D’Isa

 

Ritenuto in fatto

 

A.G. ricorre in Cassazione avverso la sentenza, in epigrafe indicata, della Corte d’appello di Bologna che, in parziale riforma della sentenza di condanna emessa nei suoi confronti dal GIP del Tribunale di Forlì in ordine al reato di cui all’art. 187 C.d.S., ha ridotto la pena inflitta in primo grado.

Con il primo motivo si denuncia violazione di legge e vizio di motivazione relativamente al rigetto della richiesta di dichiarare la nullità degli esiti delle analisi tossicologiche per violazione delle disposizioni normative di cui agli artt. 354, 356, 114 disp. Att. e art. 366 e.p.p. non essendo stato avvisato l’imputato della possibilità di farsi assistere da un difensore, per il mancato deposito degli accertamenti e della relativa notifica al difensore. In particolare l’avviso al difensore, cui si fa riferimento in sentenza, è quello relativo alla perquisizione attuata dai verbalizzanti sull’autovettura a bordo della quale fu controllato l’A. , ma nessun avviso in tal senso gli fu dato per la richiesta di essere sottoposto a prelievi di liquidi biologici. Della circostanza, per altro, da atto lo stesso GIP; con riguardo alla seconda nullità si evidenzia che, vertendosi in materia di “accertamenti urgenti sulla persona”, rientranti nel disposto dell’art. 354 c.p.p. e, comunque, di un atto cui il difensore aveva facoltà di assistere, non si era proceduto al deposito nella segreteria del P.M. entro tre giorni dal compimento e la notifica dell’avviso al difensore del diritto di visionarli e di estrarne copia.

Con il secondo motivo si denuncia vizio di motivazione in ordine alla ritenuta responsabilità dell’imputato. Si argomenta che non è affatto rimasto provato che l’A. si trovasse alla guida dell’autovettura in stato di alterazione psico-fisica dovuta all’assunzione di sostanze stupefacenti, mancando la prova sia in ordine alla sussistenza della condotta di guida che allo stato di alterazione. Quanto alla prima l’imputato fu controllato nella sua autovettura ferma nell’area di sosta (omissis) mentre discuteva con la propria fidanzata; i giudici di merito sono caduti in errore laddove hanno ritenuto che la Polizia avesse fermato il ricorrente mentre il veicolo era in marcia.

Ritenuto in diritto

La sentenza impugnata va annullata senza rinvio perché il fatto addebitato all’imputato non sussiste.

Quanto alle eccezioni in rito esse sono tutte infondate, sul punto sono pienamente condivisibili le argomentazioni esposte prima dal GIP e poi dalla Corte d’Appello, e, comunque, anche se non si tenesse in conto il verbale redatto il giorno (omissis) alla ore 04.00 dagli ufficiale di P.G. procedenti i quali davano atto (sia pure con riferimento all’attività di perquisizione dell’autovettura finalizzata al rinvenimento di sostanze stupefacenti) di avere avvisato l’imputato della facoltà di farsi assistere da un difensore di fiducia, l’eccezione risulta tardiva in quanto doveva essere sollevata immediatamente dopo il compimento (182, 2 comma c.p.p.), e, quindi, almeno in sede di opposizione al decreto penale di condanna.

Altrettanto dicasi in ordine all’eccezione dell’omesso avviso di deposito degli atti, la motivazione della Corte territoriale è corretta in quanto aderente sia al dato normativo che alla giurisprudenza di questa Corte.

Relativamente al secondo motivo, concernente la responsabilità penale, dato di fatto certo, in quanto comprovato dal risultato delle analisi sui liquidi biologici, è che il ricorrente avesse assunto sostanze stupefacenti, ma la circostanza di fatto, presupposto indispensabile ad integrare il reato contestato, che l’A. si trovasse alla guida di un’autovettura, è stata solo desunta con argomentazione che non regge al vaglio di tenuta logica da parte di questo Collegio.

Invero, dagli atti non emerge che il ricorrente fosse stato fermato mentre era alla guida o che, quanto meno, fosse stato avvistato alla guida di un’autovettura prima di essere fermato dagli agenti operanti nell’area di sosta. Emerge, invece, che, nel momento del controllo, egli si trovava in auto insieme alla fidanzata fermo in un’area di sosta. Non è riportato alcun dato di segno opposto nella sentenza di primo grado, ed, in quella di appello si afferma “…è argomento capzioso quello difensivo secondo cui l’accertamento è stato effettuato mentre l’autovettura era in sosta nell’area di servizio e quindi l’imputato in quel momento non era alla guida. D’altronde è implausibile (non l’invoca neppure l’appellante) l’ipotesi che l’assunzione di plurime droghe sia avvenuta in quel preciso contesto spazio temporale, immediatamente prima del controllo, sì da escludere la consumazione del reato…“.

Ebbene, l’affermazione, ancorché sostenibile in via di ipotesi, non è suffragata da dati oggettivi, il che determina un vizio di motivazione. Ed invero, poiché non è dato sapere se gli agenti abbiano controllato l’autovettura con a bordo il ricorrente e la fidanzata proprio nel momento in cui si fermava, non si può escludere che l’assunzione delle sostanze stupefacenti possa essere avvenuta proprio durante la sosta nell’area di servizio e non prima che l’A. si fosse posto alla guida dell’auto.

E non è affatto vero che l’imputato non abbia invocato l’assunzione come avvenuta in quel contesto; invero, l’eccezione è oggetto specifico del secondo motivo dell’atto del gravame di merito.

Essendo questo il quadro probatorio evincibile dagli atti, si impone l’annullamento della sentenza senza rinvio.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto ascritto all’imputato non sussiste.

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