Corte di Cassazione, sezione IV penale, sentenza 19 ottobre 2016, n. 44342

A seguito dell’abrogazione delle tariffe professionali ad opera del D.L. n. 1 del 2012, art. 9, comma 1, il giudice non è più vincolato, come per il passato, ai limiti minimi e massimi fissati dalle medesime, ma, nel determinare ciò che deve essere rifuso a titolo di compenso per le prestazioni del patrono di parte civile, deve ora comunque fare riferimento ai parametri stabiliti nel D.M. 20 luglio 2012, n. 140 (oggi, D.M. 10 marzo 2014, n. 55) e, pertanto, fornire adeguata e specifica motivazione sulla loro utilizzazione

Suprema Corte di Cassazione

sezione IV penale

sentenza 19 ottobre 2016, n. 44342

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BLAIOTTA Rocco Marco – Presidente
Dott. PICCIALLI Patrizia – rel. Consigliere
Dott. SAVINO Mariapia G. – Consigliere
Dott. CENCI Daniele – Consigliere
Dott. PAVICH Giuseppe – Consigliere
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), N. IL (OMISSIS);

avverso la sentenza n. 3102/2015 GIUDICE UDIENZA PRELIMINARE di TRANI, del 03/02/2016;

sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. PATRIZIA PICCIALLI;

lette le conclusioni del PG Dott. Stefano Tocci che ha concluso per la inammissibilita’ del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza del 3 febbraio 2016 il G.u.p. del Tribunale di Trani applicava ex articolo 444 cod.proc.pen. a (OMISSIS) la pena ritenuta di giustizia per il reato di omicidio colposo aggravato dalla violazione delle norme sulla circolazione stradale, condannando altresi’ l’imputato alla rifusione delle spese sostenute dalle costituite parti civili, che contestualmente liquidava in complessivi Euro 1.759,50, oltre IVA e CAP, se e in quanto dovute, per ciascuna di esse.

Nell’interesse dello (OMISSIS) e’ stato proposto ricorso per cassazione, con il quale si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, con riguardo all’entita’ della somma riconosciuta in favore delle parti civili a titolo di rimborso per le spese sostenute. Si sottolinea in particolare l’assenza di qualsiasi motivazione che permetta di verificare la individuazione da parte del giudicante delle singole attivita’ defensionali sia la congruita’ delle somme liquidata, tenuto anche conto del numero delle parti civili (6) costituite nel presente procedimento.

E’ stata depositata memoria difensiva a sostegno del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso e’ fondato.

Come ricordato anche dalle Sezioni Unite (Sez. U, n. 40288 del 14 luglio 2011, Tizzi e altro, Rv. 250680), infatti, considerato che la domanda di rifusione delle spese processuali avanzata dalla parte civile nell’ambito del processo instaurato nelle forme di cui all’articolo 444 c.p.p. e’ estranea all’accordo intercorrente tra il pubblico ministero e l’imputato e che il giudice e’ tenuto a provvedere su tale richiesta, con una pronuncia avente natura formale e sostanziale di “condanna”, soltanto dopo avere positivamente vagliato la sussistenza dei presupposti per l’applicazione della pena concordata tra le parti essenziali del processo, e’ indubbio che su questo capo della sentenza la parte interessata (imputato o parte civile che sia) e’ legittimata a formulare i rilievi attinenti alla pertinenza delle voci di spesa, alla loro congruita’, alla loro documentazione.

Correlativamente sussiste il dovere del giudice di fornire, pur nell’ambito di una valutazione discrezionale, un’adeguata motivazione sulle singole voci riferibili all’attivita’ svolta dal patrono di parte civile e sulla congruita’ delle somme liquidate, tenuto conto del numero e dell’importanza delle questioni trattate, della tipologia ed entita’ delle prestazioni difensive ed avuto riguardo ai parametri fissati dalla normativa vigente. L’osservanza di tale dovere, che costituisce il risvolto del potere discrezionale di disporre la compensazione, totale o parziale, delle spese sostenute dalla parte civile, e’ preordinata a consentire alle parti la doverosa verifica in ordine alla pertinenza delle singole voci di spesa e all’osservanza delle altre condizioni di legge nella liquidazione delle singole voci di spesa (fra le tante, da ultimo, Sez. 5, n. 14335 del 12/02/2014, Castano, Rv. 259101).

Una determinazione globale, senza distinzione tra onorari, competenze e spese, non consente alle parti di verificare il rispetto dei parametri normativi di riferimento e di controllare l’eventuale onerosita’, necessaria per consentire, attraverso il sindacato di legittimita’, l’accertamento della conformita’ della liquidazione a quanto risulta dagli atti ed ai criteri di determinazione fissati dalla normativa di riferimento (v. Sez. Un., n. 6402 del 30 aprile 1997, Dessimone, in motivazione, nonche’ Sez. 4, n. 10920/07 del 29 novembre 2006, Velia, Rv. 236186).

Pertanto il giudice, nel liquidare dette spese, ha il dovere di fornire adeguata motivazione sia sull’individuazione delle voci riferibili effettivamente alle singole attivita’ defensionali dedotte, che sulla congruita’ delle somme liquidate, avuto riguardo ai parametri normativamente fissati, al numero e all’importanza delle questioni trattate e alla natura ed entita’ delle singole prestazioni difensive (Sez. 5, n. 39208 del 28 settembre 2010, Filpi, Rv. 248661).

Questi oramai consolidati principi non hanno peraltro perduto il loro significato a seguito dell’abrogazione delle tariffe professionali ad opera del Decreto Legge n. 1 del 2012, articolo 9, comma 1 (convertito con modificazioni dalla L. n. 27 del 2012) ed anzi devono essere ribaditi, ancorche’ con le precisazioni rese necessarie dal mutamento del quadro normativo di riferimento.

Se infatti il giudice non e’ piu’ vincolato, come per il passato, ai limiti minimi e massimi fissati dalle medesime, nel determinare cio’ che deve essere rifuso a titolo di compenso per le prestazioni del patrono di parte civile, egli deve ora comunque fare riferimento – cosi’ come previsto dal cit. Decreto Legge n. 1 del 2012, articolo 9, comma 2 – ai parametri stabiliti nel Decreto Ministeriale 20 luglio 2012, n. 140 e, pertanto, fornire adeguata e specifica motivazione sulla loro utilizzazione.

Dal combinato disposto degli articoli 1, 12, 13 e 14 del suddetto decreto si evince dunque la necessita’ di determinare il compenso – anche del difensore della parte civile – in relazione all’impegno profuso nelle diverse fasi del procedimento cosi’ come enucleate dalle disposizioni citate, tenendo conto della natura, complessita’ e gravita’ del procedimento o del processo, delle contestazioni e delle imputazioni, del pregio dell’opera prestata, del numero e dell’importanza delle questioni trattate, anche a seguito di riunione dei procedimenti o dei processi, dell’eventuale urgenza della prestazione, nonche’ dei risultati del giudizio e dei vantaggi, anche civili e non patrimoniali, conseguiti dal cliente.

Nella Tabella B allegata al Decreto Ministeriale n. 140 del 2012 sono poi elencati quei “parametri specifici per la determinazione nel compenso” evocati nel precedente articolo 14, comma 1 come valori medi di riferimento per la liquidazione. Come precisato dall’articolo 1, comma 1 del decreto, peraltro, si tratta di valori non vincolanti per il giudice, il quale pero’ nel discostarsene deve dare conto delle ragioni per cui ha ritenuto nel caso concreto opportuno non tenerne conto al fine di un piu’ corretto adeguamento del compenso liquidato all’effettivo contenuto della prestazione professionale.

Nel caso di specie il G.u.p. del Tribunale di Trani ha provveduto a determinare in maniera globale l’entita’ delle spese sostenute dalla parte civile, senza specificare, come invece necessario alla luce di quanto teste’ osservato, la ripartizione delle somme riconosciute in relazione all’attivita’ defensionale svolta nelle diverse fasi del procedimento, ne’ l’indicazione delle modalita’ di calcolo seguite. Ed in particolare, ha liquidato in via del tutto generica a ciascuna delle parti civili (6) la somma ivi indicata, adottando una espressione piu’ che generica “se e in quanto dovuta”.

Risulta, pertanto, ancora evidente il vizio di motivazione denunciato dal ricorrente.

Stabilita dunque, alla stregua delle notazioni che precedono, la sussistenza del suddetto vizio, la sentenza impugnata va annullata limitatamente alla statuizione sulle spese della parte civile con rinvio al giudice civile, a norma dell’articolo 622 c.p.p.. Quanto all’applicabilita’ di tale ultima disposizione, il Collegio provvede in conformita’ all’indirizzo, avallato anche dalle Sezioni Unite (Sez. U, n. 40288 del 14 luglio 2011, Tizzi e altro, Rv. 250680), per il quale, in tema di patteggiamento, allorche’ la Corte di cassazione annulli la pronunzia del giudice relativamente alla liquidazione delle spese a favore della parte civile effettuata “globalmente” senza nessuna indicazione delle voci concorrenti a formare l’importo, il rinvio va fatto al giudice penale a quo se la relativa statuizione manchi del tutto, mentre l’annullamento va disposto con rinvio al giudice civile competente per valore in grado d’appello, in base al predetto articolo 622, laddove l’annullamento riguardi la statuizione circa il diritto della parte civile alla liquidazione delle spese ovvero il quantum effettivamente liquidato dal giudice.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla liquidazione delle spese delle parti civili e rinvia al giudice civile competente per valore in grado di appello

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