Nel reato di lesioni personali colpose provocate da responsabilità medica la prescrizione inizia a decorrere dal momento di insorgenza della malattia in fieri, anche se non ancora stabilizzata in termini di irreversibilità o di impedimento permanente

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE IV

SENTENZA 19 ottobre 2016, n.44335

Ritenuto in fatto

La Corte di Appello di Milano, con la sentenza in epigrafe, ha confermato la pronuncia di condanna emessa dal Tribunale di Milano nei confronti di L.E. in relazione ai reati di lesioni colpose gravi ed esercizio abusivo della professione medica commessi in Milano dal 2007 al 2009. L’imputato era accusato di avere eseguito con grave imprudenza un intervento di implantologia consistito nell’inserire impianti endossei che avevano cagionato alla paziente P.A.M. la lesione del nervo trigemino con perdita permanente della sensibilità della parte inferiore sinistra del merito, fino al labbro. Tale intervento era stato eseguito in Serbia ma, in Italia, l’imputato aveva eseguito i controlli medici ispezionando il cavo orale della paziente e provvedendo alla limatura degli impianti sebbene non fosse autorizzato ad esercitare la professione medica nel territorio dello Stato.

L.E. ricorre per cassazione deducendo, con un primo motivo, violazione degli artt. 9 e 124 cod. pen. e vizio di motivazione per avere i giudici di merito individuato la data di decorrenza del termine per proporre la querela dal momento in cui la persona offesa aveva appreso dal medico a tal fine incaricato la natura e l’entità della lesione da lei patita anziché da una data antecedente, ossia da quando la P. era venuta a conoscenza di tutti gli elementi costituenti reato; il ricorrente si duole, altresì, del fatto che l’azione penale relativa ad un reato comune commesso all’estero da un cittadino italiano sanzionabile con pena inferiore nel minimo a tre anni sia stata ritenuta procedibile in assenza di richiesta del Ministro della Giustizia.

Con un secondo motivo deduce erronea applicazione ed inosservanza dell’art.348 cod. pen. in quanto la sua condotta non può essere inquadrata nella fattispecie astratta prevista da tale norma; secondo quanto dichiarato dalla stessa persona offesa, egli non ha effettuato in Italia visite post-operatorie, essendosi limitato a presenziare al controllo della masticazione ed a piccole limature della protesi eseguite da altro odontoiatra.

Con un terzo motivo deduce erronea applicazione della legge penale e difetto di motivazione con riferimento alla riferibilità alla condotta dell’imputato delle lesioni personali lamentate dalla persona offesa, affermata dai giudici di merito nonostante nel corso dell’istruttoria fosse emerso che gli interventi dell’imputato fossero stati seguiti dall’intervento di altri operatori.

Con un quarto motivo deduce violazione degli artt. 582 e 590 cod. pen. e difetto di prova dell’elemento soggettivo del reato di lesioni colpose, avendo egli agito con il fine di far conseguire un miglioramento alla paziente in assenza di prevedibilità degli eventi.

Con un quinto motivo lamenta erronea applicazione dell’art. 157 cod. pen. per avere i giudici di merito indicato nella data dell’effettiva insorgenza della malattia il giorno iniziale di decorrenza del termine di prescrizione del reato, confondendo la data del riscontro clinico della malattia con quella della sua effettiva insorgenza, tendente a coincidere con quella della condotta.

Con un sesto motivo lamenta difetto di motivazione sia con riferimento all’indicazione delle violazioni contestategli sia con riferimento all’elemento psicologico del reato.

Considerato in diritto

Si esaminano preliminarmente i motivi che non superano il vaglio di ammissibilità.

Si tratta, in particolare, del secondo motivo di ricorso, in quanto concernente deduzioni tendenti ad ottenere una diversa lettura delle risultanze istruttorie, nonché del terzo, del quarto e del sesto motivo di ricorso, in quanto proposti per la prima volta in sede di legittimità.

Esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una ‘rilettura’ degli elementi di fatto, posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento è riservato in via esclusiva al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207945). Delineato nei superiori termini l’orizzonte del presente scrutinio di legittimità, si osserva che il ricorrente invoca, con il secondo motivo di ricorso, una inammissibile considerazione alternativa del compendio probatorio, trascurando di confrontarsi con quanto affermato nella sentenza impugnata. A pag. 9 della sentenza, la Corte di Appello ha, infatti, precisato che la persona offesa aveva ben distinto i casi in cui l’imputato si era limitato a compiere osservazioni da quelli, penalmente rilevanti, nei quali aveva effettuato limature e rimosso protesi, ma nel ricorso tale passaggio della motivazione è del tutto ignorato.

Con riguardo ai motivi terzo, quarto e sesto, oltre alla genericità di quest’ultimo motivo, si osserva che la regola ricavabile dal combinato disposto degli artt.606, comma 3, e 609, comma 2, cod. proc. pen., dispone che non possano essere dedotte in cassazione questioni non prospettate nei motivi di appello, a meno che si tratti di questioni rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio o di questioni che non sarebbe stato possibile dedurre in grado di appello, con la conseguenza che la pronuncia del giudice di appello sarà inevitabilmente carente con riguardo ad esse (Sez. 5, n. 28514 del 23/04/2013, Grazioli Gauthier, Rv. 255577; Sez. 2, n. 40240 del 22/11/2006, Roccetti, Rv. 235504; Sez. 1, n. 2176 del 20/12/1993, dep. 1994, Etzi, Rv. 196414). Nessun riferimento si rinviene nei motivi di appello, analiticamente riassunti a pag. 7 della sentenza, alla questione del nesso di causalità tra la condotta dell’imputato e le lesioni patite dalla persona offesa, né all’elemento soggettivo del reato di lesioni.

Occorre, dunque, esaminare il primo motivo di ricorso, con cui si pone la questione della data dalla quale decorre il termine per presentare querela.

2.1. Si tratta di motivo infondato giacché risulta non specificamente contestato che la persona offesa P.A.M. si sia rivolta ad un medico specialista in odontostomatologia e medicina legale per l’esatta diagnosi della patologia e che lo specialista abbia redatto l’elaborato tecnico, nel quale si ricollegava la lesione neurologica riscontrata all’impianto ‘in sede 35’, in data 27 gennaio 2011.

2.2. Sebbene con l’atto di appello la difesa avesse indicato nel 27 novembre 2010 la data di redazione dell’elaborato, la Corte di Appello ha invece accertato la diversa data sopra indicata, dal ricorrente non specificamente contestata.

2.3. Applicando, quindi, al caso in esame il consolidato principio interpretativo secondo il quale ‘Il termine per proporre la querela per il reato di lesioni colpose determinate da colpa medica inizia a decorrere non già dal momento in cui la persona offesa ha avuto consapevolezza della patologia contratta, bensì da quello, eventualmente successivo, in cui la stessa è venuta a conoscenza della possibilità che sulla menzionata patologia abbiano influito errori diagnostici o terapeutici dei sanitari che l’hanno curata’ (Sez. 4, n. 21527 del 21/01/2015, Cristanini, Rv. 263855; Sez. 4, n. 17592 del 07/04/2010, Bechaz, Rv. 247096; Sez.4, n.13938 del 30/01/2008, Rossi, Rv. 239255), se ne deduce la correttezza della sentenza impugnata nel punto in cui ha rigettato la doglianza a fronte di una querela presentata entro il termine previsto dall’art. 124 cod. pen. rispetto alla data del 27 gennaio 2011.

2.4. La seconda parte della censura in esame propone una questione già esaminata dal giudice di primo grado. Si tratta di questione palesemente infondata, posto che l’art.9, comma 2, cod. pen. prevede la richiesta del Ministro della Giustizia quale condizione di procedibilità per il delitto comune del cittadino all’estero in alternativa all’istanza o alla querela della persona offesa.

Il quinto motivo di ricorso pone la questione dell’individuazione della data dalla quale decorre il termine di prescrizione nel reato di lesioni, essendo indicata nel capo d’imputazione la data ‘dal 2007 al 2009’ e ritenendo il ricorrente che, in ogni caso, l’insorgenza della malattia coincida con il momento della condotta piuttosto che con la data del riscontro clinico della malattia.

3.1. È doveroso premettere che l’inammissibilità dei motivi di ricorso inerenti al capo d’imputazione di cui all’art. 348 cod. pen. preclude, nonostante l’ammissibilità di motivi di ricorso inerenti ad altro capo d’imputazione, l’esame dell’eventuale decorso del termine di prescrizione per il primo reato (notizia di decisione Sez. U del 27/05/2016, Aiello; Sez. U, n. 1 del 19/01/2000, Tuzzolino, Rv. 216239).

3.2. Tanto premesso, il motivo di ricorso è infondato. Non viene specificamente contestato che i giudici di merito abbiano ritenuto provato che il reato fosse stato commesso nel giorno 24 febbraio 2009, data pienamente compatibile con il periodo indicato nel capo d’imputazione (Sez. 2, n. 19472 del 24/05/2006, Rinaldi, Rv. 233835). Nella sentenza impugnata è stata, quindi, così individuata la data iniziale di decorrenza del termine di prescrizione ossia, conformemente a quanto dedotto dallo stesso ricorrente, la data in cui è stata posta in essere la condotta dalla quale ha tratto origine la lesione neurologica (nella sentenza si legge che fu dopo l’intervento del 24 febbraio 2009 che la paziente si accorse di aver perso la sensibilità al labbro e al merito), senza alcun riferimento al successivo riscontro clinico della malattia.

3.3. La pronuncia risulta, dunque, rispettosa del principio interpretativo secondo il quale ‘Nel reato di lesioni personali colpose provocate da responsabilità medica la prescrizione inizia a decorrere dal momento di insorgenza della malattia in fieri, anche se non ancora stabilizzata in termini di irreversibilità o di impedimento permanente’ (Sez.4, n.8904 del 08/11/2011, dep.2012, Torrelli, Rv. 252436), avendo peraltro individuato periodi di sospensione del predetto termine che ne hanno prorogato la scadenza a data successiva alla presente decisione.

Le considerazioni che precedono conducono al rigetto del ricorso; segue, a norma dell’art.616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

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