Suprema Corte di Cassazione
sezione III
sentenza n. 40118 del 11 ottobre 2012
Rilevato
che con sentenza del 30 marzo 2011, Il Tribunale dl Prato ha dichiarato il Z. L., N. T., O. B., M. F., colpevoli del reato di cui agli artt. 110 c.p. e 44 lett. a) del D.P.R. n. 380 del 2001, perché in concorso tra loro, il prlmo in qualità di committente, il secondo in qualità dl materiale esecutore del lavori, il terzo ed il quarto in qualità di direttore del lavori di cui alla DIA n. 3003 del 27 aprile 2006 e successiva comunicazione di inizio lavori del 22 gennaio 2007, davano corso ad interventi edilizi presso un immobile ubicato a Montemurlo, non esponendo all’esterno dell’area di cantiere il prescritto cartello indicante i titoli edilizi rilasciati ed i nominativi del responsabili dell’attività edilizia in corso, ciò in violazione delle norme regolamentari edilizie dal Comune dl Montemurlo, in Montemurlo, in corso d’opera il 24 maggio 2007, e per l’effetto, concesse le attenuanti generiche, li ha condannati alla pena do euro 1.000 di ammenda ciascuno;
che, avverso la sentenza, gli imputati hanno proposto, tramite il proprio difensore, ricorso per cassazione deducendo la violazione di legge. Il combinato disposto degli artt. 27, comma 4, e 44, lett. a), del D.P.R. n.380 del 2001 collegherebbe la sanzione penale alla mancata apposizione del cartello prescritto ma non alla circostanza che esso non sia visibile. Pertanto, il giudice di prime cure ritenendo integrata la fattispecie anche a fronte della mancata visibilità del cartello avrebbe interpretato analogicamente la fattispecie penale, dal momento che il concetto dl apposizione non implica quello di visibilità. D’altra parte l’apposizione del cartello sarebbe finalizzata a consentire ai terzi interessati di impugnare l’autorizzazione amministrativa nel termine di sessanta giorni, e non di tutelare altri interessi come erroneamente ritenuto nella sentenza impugnata;
di conseguenza, nel caso concreto, l’apposizione del cartello prescritto non avrebbe potuto soddisfare alcuna finalità, poiché al momento del sopralluogo il suddetto termine di impugnazione era già decorso. Infine, il giudice non avrebbe potuto ritenere responsabili della violazione contestata anche i soggetti diversi dal direttore del lavori, sul quale solo graverebbe la responsabilità per l’inottemperanza alle disposizioni contenute nella concessione e nelle disposizioni regolamentari locali.
Considerato che, il ricorso è manifestamento infondato, atteso che non può essere accolta la prospettazione difensiva, secondo la quale l’interpretazione del giudice di merito risulterebbe estendere la portata della fattispecie incriminatrice di cui al combinato disposto degli artt. 27, comma 4, e 44, lett. a) del D.P.R. n. 380 del 2001, per l’ovvia considerazione che l’apposizione del prescritto cartello è finalizzato ad esporre al pubblico i titoli edilizi rilasciati ed i nominativi dei responsabili dell’attività edilizia in corso, e dunque a renderli visibili. Infatti, l’art. 27, comma 4, del citato D.P.R. dispone che “gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, ove nei luoghi in cui vengono realizzate le opere non sia esibito il permesso di costruire ovvero non sia apposto il prescritto cartello […] ne danno immediata comunicazione all’Autorità Giudiziaria”, con ciò individuando uno specifico obbligo, l’apposizione del cartello, finalizzato allo scopo di rendere edotti i terzi circa i titoli edilizi rilasciati ed i nominativi dei responsabili dell’attività edilizia in corso. L’esposizione del cartello, invero, non può ritenersi esclusivamente finalizzata a consentire ad eventuali controinteressati far valere le proprie pretese innanzi all’autorità amministrativa; in considerazione del rischi per l’incolumità individuale collegati allo svolgimento delle attività nel cantiere, deve ritenersi, al contrario, che la finalità cui assolve il suddetto obbligo sia quella di indicare i soggetti responsabili, nel caso in cui durante lo svolgimento delle attività di cantiere derivino danni nei confronti di terzi;
che, il giudice di merito ha ritenuto accertato, in base ai rilievi fotografici allegati in atti, che il cartello recante le indicazioni relative ai titoli edilizi rilasciati ed i nominativi dei responsabili dell’attività edilizia in corso, non era presente o comunque non era visibile all’esterno dell’area del cantiere, in violazione delle norme regolamentari edilizie del Comune dl Montemurlo;
che, si tratta di una accertamento di fatto congruamente motivato, e pertanto insindacabile in questa sede;
che, come ritenuto da questa Corte (Sez. 3, Sentenza n. 16037 del 07/04/2006, Bianco, Rv. 234330), l’obbligo di esposizione del cartello deve porsi a carico del titolare del permesso di costruire, del direttore del lavori e dell’esecutore delle opere, per cui anche l’ultima censura risulta manifestamente infondata;
che, pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile e i ricorrenti devono essere condannati, ex art. 616 c.p.p., ciascuno al pagamento delle spese processuali ed al pagamento della somma di mille euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro mille in favore della Cassa delle ammende.
Cosi deciso in Roma, il 22 maggio 2012
Leave a Reply