Suprema Corte di Cassazione
sezione III
sentenza n. 23118 del 12 giugno 2012
Svolgimento del processo
A M.F. – arrestato nella quasi flagranza del reato di violenza sessuale commesso ai danni di una bambina di anni nove all’interno di un centro commerciale – è stata applicata la misura cautelare della custodia in carcere confermata dai Tribunale del riesame con ordinanza 5 luglio 2011.
A sostegno della conclusione, per quanto concerne i gravi indizi di colpevolezza, i Giudici hanno ricordato le dichiarazioni della giovane vittima, quelle di una testimone che aveva percepito parte della condotta antigiuridica (l’abbraccio dell’indagato alla minore) e le ammissioni dello stesso M., in sede di dichiarazioni spontanee; queste propalazioni sono state reputate utilizzabili anche se non verbalizzate potendo essere documentate in forma libera.
Relativamente alle esigenze cautelari, enucleate nel pericolo di recidiva, il Tribunale ha messo in luce la “irrefrenabile spinta a delinquere” del M. non neutralizzata neppure con la esecuzione di pena per un reato analogo a quello per cui si procede.
Per l’annullamento della ordinanza, l’indagato ha proposto ricorso per Cassazione deducendo difetto di motivazione e violazione di legge, in particolare, rilevando:
– che è provato solo un abbraccio alla bambina, che non può essere sussunto nell’ipotesi di violenza sessuale, mentre l’ulteriore condotta addebitata (palpeggiamenti) resta nel dubbi
– che le dichiarazioni spontanee dell’indagato, non verbalizzate secondo le regole prescritte, non possono essere utilizzate;
– che, per il periculum in mora, i Giudici non hanno tenuto presente l’applicabilità della speciale attenuante, la circostanza che la compulsività della condotta risulta solo dalla sue propalazioni inutilizzabili;
– che era adeguata al caso una misura meno afflittiva.
Motivi della decisione
Deve, innanzi tutto, precisarsi che le dichiarazioni spontanee (da intendesi quelle non sollecitate dall’ inquirente, ma frutto della iniziativa della persona sottoposta alle indagini) devono essere documentate mediante verbale stante il chiaro disposto in tale senso dell’art. 357 c.p.p., comma 1, lett. b; in assenza di tale formalità, tuttavia, sono utilizzabili nella fase delle indagini purchè annotate dalla Polizia e riportate nella informativa di reato (conf. sentenze Cass.: sez. 1 15437/2010, 15563/2009, 1498/2006; sez. 2 30113/2005; sez. 4 2073/1996. V. sez. unite, 1150/2008); la Corte (stante i limitati atti in sua visione) non ha elementi per concludere se l’annotazione e la segnalazione nella notizia criminis sia stata effettuata.
Tale problematica non ha decisivo rilievo nel caso in esame ove – come correttamente segnalato dal Tribunale – gli indizi di colpevolezza sono connotati dal requisito della gravità anche a prescindere dalla confessione e la conclusione sulla pericolosità regge ad un esame critico pur espungendo l’accenno alle dichiarazioni dell’inquisito.
Invero, a carico del M. esistono le accuse della giovane vittima (che non conosceva il suo aggressore e non aveva motivi per mentire ai suoi danni) la quale ha riferito che l’indagato l’ha palpeggiate ed invitata a consumare un rapporto sessuale; tali dichiarazioni sono corroborate da quelle di una persona che ha visto una frazione significativa della condotta antigiuridica. Gli atti posti in essere repentinamente ai danni della minore – che non sono solo quelli riduttivi ammessi dalla indagato – hanno chiara valenza sessuale. Pertanto, esistono elementi di sicura pregnanza che rendono plausibile la tesi accusatoria ed altamente probabile la condanna dell’imputato pur in assenza della verifica probatoria; sono, quindi, realizzate le condizioni richieste dall’art. 273 cod. proc. pen. per l’applicazione di una misura cautelare. Per quanto concerne le esigenze cautelari, limitate al pericolo di recidiva specifica, il Tribunale ha messo in luce come la spinta a delinquere non sia stata attenuata dalla sottoposizione del M. alla esecuzione della pena per un reato analogo a quello per cui si procede e sia appalesata dalle modalità della condotta antigiuridica (posta in essere di giorno in un luogo affollato). Avendo come referente queste emergenze fattuali, il convincimento sulla pericolosità del soggetto si presenta come logico e coerente. A diversa conclusione si deve pervenire per quanto concerne il tema dell’adeguatezza della sola misura applicata in relazione alla natura ed al grado delle esigenze cautelari da soddisfare in concreto.
Sul punto,i Giudici non hanno tenuto conto che, allo stato, pare applicabile alla fattispecie l’ipotesi di minore gravità; hanno fondato il giudizio negativo sullo spontaneo adeguamento alle prescrizioni (che ha consigliato la custodia carceraria) basandosi su un deviato impulso sessuale, ammesso dall’imputato ed emergente dalla condotta criminosa, senza motivare in modo esaustivo sul possibile contenimento dello stesso con la diversa e meno affittiva misura degli arresti domiciliari unita ad opportune prescrizioni.
Consegue che il Tribunale non ha correttamente giustificato l’esercizio del suo potere discrezionale, normativamente guidato, con riguardo alla inadeguatezza di una misura diversa da quella restrittiva in carcere.
Per il rilevato deficit motivazionale, la ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al Tribunale di Brescia.
P.Q.M.
Annulla la ordinanza impugnata, limitatamente alla adeguatezza della misura cautelare, con rinvio al Tribunale di Brescia per un nuovo esame sul punto.
rigetta, nel resto, il ricorso. Dispone che copia del presente provvedimento sia inviata al Direttore dell’Istituto Penitenziario competente perchè provveda ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p..
Leave a Reply