Suprmea Corte di Cassazione
sezione III
sentenza n. 22980 del 28 maggio 2013
Svolgimento del processo
Con decreto del 15/11/2012, il Gip presso il Tribunale di Brindisi disponeva il sequestro dei beni immobili, dei mobili registrati e delle somme di denaro depositate nei conti correnti e/o postali, depositi a risparmio, dossier titoli ed eventuali cassette di sicurezza presso tutti i soggetti operanti su tutto il territorio nazionale nel settore della raccolta, gestione del risparmio e intermediazione finanziaria, nella disponibilità di C. A. e della CO.LMEC. s.r.l., con sede in (omissis), contrada (omissis) e fino alla concorrenza della somma di Euro 508.530,00, in relazione al reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10 ter.
In data 29/11/2012 il Gip rigettava la richiesta di revoca del sequestro preventivo, avanzata dalla difesa dell’indagato.
Il Tribunale di Brindisi, chiamato a pronunciarsi sulla istanza di riesame, proposta dal C., quale rappresentante legale della CO.LMEC., con ordinanza del 12/12/2012, ha confermato il mantenimento della misura cautelare reale.
Ricorre per cassazione avverso detto provvedimento la difesa del C., con i seguenti motivi:
– il provvedimento impugnato è da ritenersi inesistente o nullo, in quanto mancante del sigillo dello Stato e recante una attestazione di deposito irrituale;
– violazione dell’art. 322 ter c.p., e non applicabilità del sequestro finalizzato alla confisca per equivalente sui beni in proprietà alla società CO.LMEC., come affermato dalla più recente e maggioritaria giurisprudenza di legittimità;
– violazione dell’art. 321 cod. proc. pen. per mancanza del fumus commissi delicti e del periculum in mora, come comprovato dalla documentazione inoltrata in atti, da cui è dato evincersi che l’omesso versamento dell’iva, contestato, non è assolutamente dipeso da una scelta volontaria del legale rappresentante della società, vista la transazione fiscale intercorsa tra l’indagato e l’Agenzia delle Entrate, da cui è scaturito un piano di ammortamento del debito erariale.
Motivi della decisione
Il ricorso è fondato per quanto di ragione.
Osservasi che con un recente ma univoco orientamento della giurisprudenza di legittimità, è stato affermato il principio secondo il quale il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente, previsto dal D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 19, comma 2, nei confronti delle persone giuridiche, non può essere disposto sui beni di qualsiasi natura appartenenti alla persona giuridica nel caso in cui si proceda per le violazioni finanziarie commesse dal legale rappresentante della società, sulla base della L. n. 244 del 2007, art. 1, comma 143, atteso che l’art. 24 e ss. del citato D.Lgs., non prevedono i reati fiscali tra le fattispecie in grado di giustificare l’adozione del provvedimento, salva sempre l’ipotesi ove la struttura aziendale costituisca un apparato fittizio, utilizzato dal reo per commettere gli illeciti, in quanto in tal caso l’illecito non risulta commesso nell’interesse o a vantaggio di una persona giuridica, ma del reo medesimo attraverso lo schermo dell’ente (Cass. n. 1256/2013; Cass. 29/8/2012, n. 33371; Cass. 14/6/2012, n. 25774).
Orbene il Tribunale di Brindisi ha ritenuto che la società non possa considerarsi terza estranea al reato, in quanto, pur non essendo indagata, partecipa alla utilizzazione degli incrementi economici derivati dall’illecito, commesso dal suo legale rappresentante ed il sequestro è finalizzato proprio a rendere possibile il pagamento delle imposte evase con la condotta dell’indagato.
E’ evidente che l’argomentazione, così adottata, si pone in contrasto con il principio, ut supra richiamato, in difetto di un puntuale accertamento circa la fittizietà o meno della struttura societaria, posta dal prevenuto a copertura della violazione tributaria in contestazione.
La lacuna rilevata nel discorso giustificativo sviluppato dal decidente, va eliminata, necessitando che il giudicante fornisca esaustivo riscontro sul punto.
Conseguentemente, questo Collegio ritiene di dovere annullare l’impugnata ordinanza con rinvio, affinchè il giudice ad quem, a seguito di compiuto riesame degli atti, fornisca la dovuta chiarificazione in ordine alla predetta fittizietà della realtà societaria, in difetto della quale non può mantenersi il vincolo imposto sul patrimonio dell’ente.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione annulla la ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Brindisi.
Così deciso in Roma, il 9 maggio 2013.
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