La massima

Ai sensi dell’art. 1181 c.c. il creditore può rifiutare un adempimento parziale, anche se la prestazione è divisibile (salvo che la legge o gli usi dispongano diversamente), e l’esercizio di tale facoltà non può ridondare in termini di colpa per il creditore, giacché siffatta conclusione implicherebbe, in contrasto con l’espresso disposto della norma citata, l’imposizione al creditore di un obbligo di fruizione di prestazione parziale ( cfr. Cass., 14/11/2003, n. 17247; Cass., 25/5/1995, n. 5747, che fa richiamo a Cass., 2/3/1953, n. 631).

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza del 9 ottobre 2012, n. 17140

 

 

Svolgimento del processo

Con sentenza del 20/7/2009 la Corte d’Appello di Trieste respingeva il gravame interposto dai sigg.ri F.R. e M.M.L. nei confronti della pronunzia Trib. Trieste n. 1066/2005 di rigetto della domanda, proposta contro il Condominio Via (…) , di risarcimento dei danni lamentati in conseguenza di allagamento di loro appartamenti a causa della “ridotta funzione isolante del tetto a terrazza”.
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito il R. e la M.M. propongono ora ricorso per cassazione, affidato a 4 motivi.
L’intimato non ha svolto attività difensiva.

Motivi della decisione

Con il 1 motivo i ricorrenti denunziano violazione o falsa applicazione dell’art. 1181 c.c., in riferimento all’art. 360, 1 co. n. 3, c.p.c.
Lamentano che erroneamente è stata rigettata la domanda per rifiuto della somma offerta dal Condominio, in quanto il creditore può rifiutare il pagamento parziale, e avevano invero documentalmente provato un “danno ben maggiore di quello offerto”.
Il motivo è fondato e va accolto nei termini di seguito indicati.
Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, ai sensi dell’art. 1181 c.c. il creditore può rifiutare un adempimento parziale, anche se la prestazione è divisibile (salvo che la legge o gli usi dispongano diversamente), e l’esercizio di tale facoltà non può ridondare in termini di colpa per il creditore, giacché siffatta conclusione implicherebbe, in contrasto con l’espresso disposto della norma citata, l’imposizione al creditore di un obbligo di fruizione di prestazione parziale ( cfr. Cass., 14/11/2003, n. 17247; Cass., 25/5/1995, n. 5747, che fa richiamo a Cass., 2/3/1953, n. 631).
Si è altresì precisato che la regola posta dall’art. 1181 c.c., se implica che il rifiuto in questione non pone in mora il creditore e a carico del debitore persistono invero gli obblighi di custodia e di conservazione della cosa dovuta, per converso non va intesa nel senso che il creditore rimane esentato dal comportarsi nei confronti dell’altra parte secondo i principi della buona fede o correttezza, avendo l’obbligo di non aggravare con il fatto proprio il pregiudizio subito, pur senza essere tenuto alla esplicazione di una attività straordinaria e gravosa, consistente in un facere non corrispondente all’id quod plerumque accidit (v. Cass., 15/1/2001, n. 506).
Si è sottolineato, ancora, che la mancata accettazione della somma depone per la colpa del creditore laddove risulti che fin dalla data della relativa offerta essa fosse idonea a coprire l’intero importo capitale spettante a titolo di risarcimento dei danni, oltre ad interessi e spese, ovvero che tale rifiuto fosse contrario a buona fede, alla stregua di circostanze che incombe invero al debitore dedurre e dimostrare, e che debbono essere dal giudice di merito espressamente indicate nella motivazione a sostegno della ritenuta illegittimità del rifiuto del danneggiato di ricevere l’offerto pagamento parziale (v. Cass., 30/1/2009, n. 2486).
Orbene, nell’affermare che, a fronte di domanda di condanna al risarcimento dei lamentati danni per l’ammontare di Euro 25.822,84 (giusta le riportate conclusioni degli odierni ricorrenti ed allora appellanti), la (minor) somma risarcitoria (pari ad Euro 2.605,00, stante quanto indicato nel ricorso) “per i danni agli appartamenti” de quibus “era stata offerta e rifiutata”, sicché spettava ai danneggiati contrapporre “una prova circa l’esistenza di danni di consistenza maggiore”, la corte di merito ha nell’impugnata sentenza invero disatteso i suindicati principi.
Non risulta infatti ivi indicato se la somma offerta fosse idonea a coprire tutti i danni nella specie subiti dai danneggiati, e se il rifiuto dei medesimi di riceverla fosse contrario a buona fede o correttezza alla stregua di circostanze e ragioni dedotte e dimostrate dal debitore.
Dell’impugnata sentenza, assorbiti gli altri motivi, s’impone pertanto la cassazione in relazione, con rinvio alla Corte d’Appello di Trieste che, facendo dei medesimi applicazione, procederà a nuovo esame, in diversa composizione.
Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il 1 motivo di ricorso, assorbiti gli altri. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Trieste, in diversa composizione.

Depositata in Cancelleria il 09.10.2012

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