La massima
In materia di risarcimento danni per responsabilità civile conseguente ad un infortunio sportivo subito da uno studente all’interno della struttura scolastica durante le ore di educazione fisica, ai fini della configurabilità di una responsabilità a carico della scuola ex art. 2048 c.c., non è sufficiente il solo fatto di avere incluso una gara sportiva nel programma della suddetta disciplina, essendo altresì necessario che il danno sia conseguenza del fatto illecito di un altro studente impegnato nella competizione e che, inoltre, la scuola non abbia predisposto tutte le misure idonee a evitare il sinistro
Suprema Corte di Cassazione
sezione III
sentenza del 21 settembre 2012, n. 16056
…omissis…
Motivi della decisione
1 I ricorsi hic et inde proposti avverso la stessa sentenza sono stati riuniti ex art. 335 c.p.c..
2 Con il primo motivo del ricorso principale l’impugnante denuncia violazione del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, art. 1, comma 3, art. 4, comma 1, e art. 10, del D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, art. 13, nonchè del D.M. 12 luglio 2000.
Le critiche hanno ad oggetto l’affermazione del giudice di merito secondo cui, da un lato, l’eccezione di difetto di legittimazione della Provincia per essere l’infortunio risarcibile da parte dell’Inail, era inammissibile, in quanto tardiva e, dall’altro, non era stato dimostrato nè che l’infortunata fosse assicurata presso il predetto Ente, nè che avesse comunque ottenuto dallo stesso una qualsivoglia prestazione, pacifico essendo che la stessa era stata parzialmente risarcita solo dalla società che assicurava la scuola.
Sostiene per contro l’esponente che gli attori nell’atto introduttivo del giudizio avevano genericamente richiesto il pagamento della somma di Euro 20.000 e che avevano specificato le singole voci di danno solo in sede di precisazione delle conclusioni, di talchè subito dopo, e precisamente nella comparsa conclusionale, la Provincia aveva eccepito l’inammissibilità della domanda in ragione della operatività dell’assicurazione INAIL, con conseguente suo esonero da ogni responsabilità civile.
3.1 Le censure sono prive di pregio.
Mette conto anzitutto evidenziare che le deduzioni svolte nel mezzo sono in contrasto con quanto l’impugnante afferma a pag. 27 del ricorso, nell’illustrazione del secondo motivo, ove sostiene che l’eccezione di difetto di legittimazione era stata specificamente proposta già nella comparsa di risposta.
In ogni caso le argomentazioni addotte a sostegno della tempestività dell’allegazione sono, da un lato, eccentriche rispetto alle ragioni della decisione; dall’altro, prive di riscontro con le risultanze degli atti processuali.
Valga considerare, sotto il primo profilo, che nessun nesso ravvisa il collegio tra la pretesa, tardiva specificazione delle singole voci di danno, asseritamente avvenuta dopo l’esaurimento della fase di trattazione e di istruzione della causa, e l’eccezione che l’infortunio doveva essere risarcito dall’Inail. A ciò aggiungasi che la lettura degli atti processuali, direttamente effettuata dalla Corte, in applicazione del principio per cui il giudice di legittimità è giudice anche del fatto tutte le volte in cui venga in rilievo la violazione di una norma processuale, smentisce l’assunto che il difetto di legittimazione passiva era stato opposto dalla Provincia sin da primo atto difensivo.
3.2 In ogni caso, e conclusivamente sul punto, come correttamente argomentato dal giudice di merito, spettava semmai alla Provincia dedurre e dimostrare sia che l’alunna era assicurata presso l’Inail;
sia che il sinistro era stato dall’Istituto denunciato all’Ente e da questo risarcito.
4.1 Si prestano a essere esaminati congiuntamente, in quanto intrinsecamente connessi, i successivi quattro motivi di ricorso, nonchè il settimo.
Con il secondo l’impugnante lamenta violazione dell’art. 101 c.p.c., artt. 2048 e 2055 c.c., nonchè vizi motivazionali. Deduce che in realtà, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di merito, il sinistro era addebitarle alla compagna di gioco dell’infortunata, H.S., di talchè l’accertamento della responsabilità della stessa – e dei suoi genitori, per culpa in educando – imponeva di escludere che la Provincia potesse esserne chiamata a rispondere.
4.2 Con il terzo motivo, prospettando violazione degli artt. 116, 244, 245 e 345 c.p.c., nonchè vizi motivazionali, la ricorrente si duole della mancata ammissione delle prove orali volte a confermare le circostanze esposte dall’insegnante di educazione fisica nella sua relazione e a lumeggiare l’assoluta mancanza di colpa del precettore nell’eziologia dell’infortunio.
4.3 Con il quarto mezzo lamenta violazione dell’art. 2048 c.c., nonchè mancanza, insufficienza e contraddittorietà della motivazione. Il giudice d’appello avrebbe fatto malgoverno della giurisprudenza di legittimità, non considerando che il comportamento dell’allieva che aveva provocato l’infortunio, H. S., non era in concreto connotato da un grado di violenza e irruenza incompatibili con il contesto ambientale e con l’età e la struttura fisica delle persone che partecipavano al gioco. Aggiunge che, nella fattispecie, la scuola professionale aveva apprestato tutte le misure idonee a evitare il danno, quali l’addestramento delle allieve e la presenza ravvicinata dell’insegnante, di talchè il verificarsi del sinistro era da ascrivere al caso fortuito.
4.4 Con il quinto motivo la Provincia torna a lamentare violazione dell’art. 2048 c.c., nonchè vizi motivazionali. Sostiene che nella fattispecie diletterebbe del tutto l’elemento soggettivo della responsabilità a carico dell’amministrazione, in ragione della scusabilità della sua condotta e della complessità del quadro fattuale e ciò tanto più che l’Ente si era altresì premurato di stipulare una polizza assicurativa per incidenti di tal fatta.
4.5 Con il settimo mezzo, prospettando violazione dell’art. 1227 c.c., nonchè vizi motivazionali, l’impugnante critica la sentenza della Corte d’appello in relazione all’omesso riconoscimento, quanto meno, di un concorso di colpa dell’infortunata nella causazione del sinistro, e ciò tanto più che detto concorso, previsto dall’art. 1227 c.c., comma 1, deve essere esaminato dal giudice anche d’ufficio.
5. Le censure non hanno fondamento.
Questa Corte ha già avuto modo di evidenziare che, in materia di risarcimento danni per responsabilità civile conseguente ad un infortunio sportivo subito da uno studente all’interno della struttura scolastica durante le ore di educazione fisica, ai fini della configurabilità di una responsabilità a carico della scuola ex art. 2048 c.c., non è sufficiente il solo fatto di avere incluso una gara sportiva nel programma della suddetta disciplina, essendo altresì necessario che il danno sia conseguenza del fatto illecito di un altro studente impegnato nella competizione e che, inoltre, la scuola non abbia predisposto tutte le misure idonee a evitare il sinistro (confr. Cass. civ. 28 settembre 2009, n. 20743).
Nello specifico, mentre incombe sul danneggiato l’onere di provare il fatto costitutivo della sua pretesa, ovvero di essersi infortunato perchè bersaglio di un’azione colposa da parte di altro studente impegnato nella partita, spetta alla scuola dimostrare le circostanze impeditive all’insorgere della sua responsabilità, ovvero di non aver potuto evitare, pur avendo predisposto le necessarie cautele, il verificarsi del danno (confr. Cass. civ. 14 ottobre 2003, n. 15321).
6 Venendo al caso di specie, il giudice di merito ha esaustivamente evidenziato che, secondo quanto riferito dalla stessa insegnante nella sua relazione, l’incidente si era verificato perchè la compagna di gioco dell’infortunata, H.S., colpita la palla con la mazza da baseball, non l’aveva immediatamente posata per terra, di talchè l’attrezzo, sfuggitole di mano, era volato indietro, colpendo al volto V.N.. Ha quindi rilevato che, secondo le regole di sicurezza generali per il gioco del baseball durante le ore di educazione fisica, i componenti del gruppo dei corridori, al quale apparteneva l’allieva ferita, non potevano stare indietro o comunque nelle vicinanze del gruppo dei battitori, di talchè del tutto irrilevante era, al postutto, stabilire se l’infortunata si trovasse a due o a cinque metri dall’altra giocatrice.
Ha aggiunto che le medesime direttive, proprio al fine di scongiurare incidenti, raccomandavano di imporre ai battitori di posare immediatamente dopo la battuta la mazza in un dispositivo collocato a terra, sotto pena di esclusione dal gioco: ulteriore cautela che, nella fattispecie, non era stata adottata.
7 A fronte di tale percorso motivazionale, che specifica come la condotta causativa del danno sia stata tenuta in una fase del gioco quale normalmente si presenta nel corso di una partita, ma senza che venissero neppure prescritti i comportamenti necessari a evitare danni ai partecipanti, tra cui la distanza tra corridori e battitori, le critiche svolte nei motivi di ricorso in esame, attraverso la surrettizia evocazione di errores in indicando e di vizi motivazionali, in realtà inesistenti, mirano solo a sollecitare una rivalutazione dei fatti e delle prove, preclusa in sede di legittimità. Valga al riguardo considerare che ciò di cui la ricorrente si duole è esclusivamente la difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove operato dalla Corte territoriale rispetto a quello da essa preteso, in spregio al principio per cui spetta solo al giudice di merito individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo, salvo i casi tassativi in cui è la legge stessa ad assegnare alla prova un valore legale. E invero nel procedimento civile il controllo di legittimità sulle pronunce dei giudici di merito non si configura come terzo grado di giudizio, bensì come uno strumento preordinato all’annullamento delle pronunzie viziate da violazione di norme, ovvero da omessa o insufficiente o contraddittoria motivazione che le parti devono denunciare in modo espresso e specifico, con puntuale riferimento a una o più delle ipotesi previste dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nelle forme e con i contenuti prescritti dall’art. 366 c.p.c. (confr. Cass. civ., 6 marzo 2008, n.6064).
8 E’ poi il caso di evidenziare, con particolare riguardo all’assento concorso di colpa della danneggiata, che esso è stato argomentatamele escluso dal giudice di merito sulla base del rilievo che gli alunni si erano posizionati e atteggiati secondo le indicazioni dell’insegnante, di talchè non poteva essere imputato all’infortunata di non averle rispettate.
Quanto infine alle doglianze relative alla mancata ammissione della prova testimoniale articolata dall’impugnante, la Corte territoriale ne ha congruamente escluso la rilevanza, avendo posto a base della scelta decisoria adottata proprio la ricostruzione dei fatti esposta dal docente di educazione fisica nella sua relazione. Ne deriva che l’audizione di testi chiamati a confermarla è stata correttamente ritenuta inutile e defatigatoria.
9 Ragioni di ordine logico impongono di esaminare, prima del sesto, l’ottavo motivo di ricorso.
Con esso, denunciando violazione degli artt. 2048, 2055 e 147 c.c., nonchè vizi motivazionali, la ricorrente sostiene che il giudizio di merito sarebbe nullo, posto che la studentessa infortunata, fino al raggiungimento della maggiore età, era stata rappresentata in sede processuale dai genitori, che avevano agito in suo nome e per suo conto. Sennonchè i genitori di V.N., secondo l’esponente, si sarebbero trovati in conflitto di interessi con la rappresentata, essendo corresponsabili, per culpa in educando, dell’evento dannoso. Aggiunge anche che, a ben vedere, i genitori dell’allieva avevano agito sia nella loro qualità di genitori, che quali legali rappresentanti.
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11. Pure infondato è il sesto motivo di ricorso, con i quale, denunciando violazione degli artt. 2048, 2055 e 147 c.c., nonchè vizi motivazionali, l’impugnante si duole che la Corte territoriale non si sia pronunciata sulla eccepita, concorrente responsabilità di H.S. e dei genitori della stessa, procedendo alla graduazione delle responsabilità in vista dell’esercizio del diritto di regresso.
E’ sufficiente al riguardo considerare che, non essendo stati evocati in giudizio i pretesi corresponsabili dell’incidente, nessuna pronuncia in ordine a loro ipotetiche colpe poteva essere emessa dal giudice di merito.
12.1 I successivi tre motivi di ricorso possono essere esaminati insieme, in quanto intrinsecamente connessi.
Con il nono mezzo, lamentando omessa motivazione, ex art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5, la Provincia contesta la quantificazione del danno patrimoniale futuro, sostenendo che la sostituzione per quattro volte delle corone dentarie non avrebbe alcuna base scientifica.
12.2 Con il decimo, prospettando violazione degli artt. 2056, 2059, 1223 e 1226 c.c., nonchè vizi motivazionali, sostiene che il giudice di merito non si sarebbe attenuto agli insegnamenti della giurisprudenza di legittimità, secondo cui devono essere evitate duplicazioni risarcitone.
12.3 Con l’undicesimo motivo censura l’applicazione delle tabelle del Triveneto, ai fini della liquidazione del danno biologico, laddove il decidente avrebbe dovuto tener conto del disposto della L. 5 marzo 2001, n. 57, art. 5, in ordine ai postumi micropermanenti. Aggiunge che, in ogni caso, la liquidazione del danno morale era avvenuta senza che gli attori nulla avessero provato al riguardo e in misura eccessivamente elevata.
13 Anche tali censure non colgono nel segno.
Nel disattendere le critiche formulate alla quantificazione dei danni operata dal giudice di prime cure, la Corte territoriale ha richiamato le risultanze della espletata consulenza tecnica d’ufficio.
Ora, per giurisprudenza costante di questa Corte, dalla quale non v’è ragione di discostarsi, il giudice del merito, quando aderisce alle conclusioni del consulente tecnico che nella relazione abbia tenuto conto, replicandovi, dei rilievi delle parti, esaurisce l’obbligo della motivazione con l’indicazione delle fonti del suo convincimento, di talchè non è necessario che egli si soffermi sulle contrarie deduzioni dei consulenti di fiducia o dei difensori delle stesse, deduzioni che, anche se non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perchè incompatibili con le argomentazioni accolte: in tal caso le critiche di parte, che tendano al riesame degli elementi di giudizio già valutati dal consulente tecnico, si risolvono in mere allegazioni difensive, che non possono configurare il vizio di motivazione previsto dall’art. 360 c.p.c., n. 5 (Cass. civ., 3 aprile 2007, n. 8355). A ciò aggiungasi che, nel contestare l’applicazione delle tabelle del Triveneto, l’impugnante neppure ha chiarito le ragioni per le quali esse non consentivano, a suo avviso, una liquidazione effettivamente adeguata alle circostanze del caso concreto, rilievo che invece costituisce la vera ratio decidendi della scelta decisoria adottata dal giudice di merito, di talchè le critiche sono, sul punto, generiche e aspecifiche.
14 Infine, nessuna violazione di legge è ravvisabile nella mancata adozione, per la liquidazione dei danni, dei criteri sanciti dalla L. 5 marzo 2001, n. 57, art. 5, pacifico essendo che tale normativa riguarda solo il risarcimento dei pregiudizi alla persona di lieve entità, derivanti da sinistri conseguenti alla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti avvenuti successivamente alla data di entrata in vigore della legge stessa.
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Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte, pronunciando sui ricorsi riuniti, rigetta il ricorso principale, assorbito l’incidentale. Condanna la Provincia di Bolzano al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in complessivi Euro 3.000,00 (di cui Euro 2.800,00 per onorari), oltre IVA e CPA, come per legge.
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