cassazione

Suprema Corte di Cassazione

sezione III CIVILE

sentenza  9 aprile 2014, n. 8274

Svolgimento del processo

La C., partecipante al Consorzio Stradale Monte Gentile di Ariccia, ottenne dal Tribunale di Velletri una sentenza che vietava al G. di parcheggiare le sue vetture nelle aree consortili.
Successivamente la C. citò in giudizio il G. per il risarcimento del danno morale e materiale derivante dal fatto che il convenuto, commettendo il reato di cui all’art. 388 c.p., non aveva ottemperato al divieto derivante dalla sentenza predetta ed aveva continuato a parcheggiare le sue vetture nelle aree consortili. Aderirono alla domanda il C. e lo S., intervenendo nel giudizio.
Il Tribunale di Velletri respinse la domanda con sentenza poi confermata dalla Corte di appello di Roma. I giudici del merito hanno ritenuto che nella fattispecie manchi la caratteristica fraudolenta propria dell’art. 388 c.p.
Propongono distinti ricorsi la C., il C. e lo S. attraverso un solo motivo. Hanno depositato memoria per l’udienza la C. e gli eredi dello S.

Motivi della decisione

Nell’unico motivo, i tre ricorsi (che devono essere riuniti, che lamentano tutti la violazione di legge ed il vizio della motivazione e che possono essere congiuntamente esaminati) chiedono di sapere: se nella previsione della disposizione di cui all’art. 388 c.p., in fattispecie di violazione dell’obbligo di non fare, rientri l’elusione della sentenza; se debba essere considerato fatto fraudolento qualsiasi attività lesiva del diritto altrui, valutandosi il momento del danno, piuttosto che il danno o il raggiro; se parcheggiare la automobili, come vietato da sentenza esecutiva, dopo un primo asporto a mezzo di ufficiale giudiziario, di notte, di domenica, in giorni festivi, costituisca fatto fraudolento da sussumere in detta norma. In estrema sintesi, i ricorrenti sostengono che le modalità stesse con le quali l’obbligato (il G.) s’è sottratto al divieto impostogli dal giudice concretino gli elementi materiale e psicologico posto a base del precetto penalistico, sì da farne derivare il diritto a ricevere dall’obbligato stesso il risarcimento del danno da fatto costituente reato.
Il ricorso deve essere respinto.
I giudici del merito si sono conformati al consolidato indirizzo giurisprudenziale a mente del quale la disposizione dell’art. 388 c.p. (mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice) prevede nella prima parte (concernente la mancata esecuzione degli obblighi civili nascenti da una sentenza di condanna) il compimento di atti fraudolenti, diretti ad eludere gli obblighi di cui trattasi: occorre, cioè, un comportamento attivo e commissivo, contrassegnato dal dolo specifico; mentre solo nella seconda parte della stessa norma (che contempla la elusione del provvedimento del giudice civile concernente l’affidamento dei minori o di altri incapaci, ovvero misure cautelari a difesa della proprietà, del possesso o del credito) la condotta del reo è libera, essendo sufficiente ad integrare il reato il semplice dolo generico e, cioè, la coscienza e volontà di disobbedire al provvedimento del giudice. (Cass. Pen. n. 16817 del 19/09/1989).
Il fatto tipico previsto dall’art. 388 c.p., nella parte che interessa la fattispecie in trattazione, consiste, dunque, nel compimento di atti simulati o fraudolenti o altri fatti fraudolenti (Cass. Pen. n. 2266 del 13/01/2000).
Atti simulati sono i negozi giuridici caratterizzati da simulazione assoluta o relativa; atti fraudolenti sono i negozi giuridici non simulati posti in essere in frode delle ragioni del creditore; fatti fraudolenti sono tutti quei comportamenti attivi od omissivi, non costituenti negozi giuridici, pregiudizievoli alle ragioni del creditore.
Nella fattispecie, escluso che si versi in ipotesi anche astratta di atti simulati o fraudolenti, occorre esaminare se il comportamento del convenuto-intimato integri un fatto fraudolento. Trattasi di una valutazione di merito e di un accertamento che rientra nel compito proprio del giudice di merito, non censurabile in cassazione se esente da vizi di omissione, insufficienza o contraddittorietà motivazionale.
Non si ravvisa tale vizio nella sentenza del giudice di appello che, con motivazione congrua e logica, ha escluso la natura fraudolenta (sia materiale che giuridica) nel fatto (il parcheggio, ancorché effettuato nelle ore notturne o festive ed in assenza di vigilanti) che dai ricorrenti viene tratto come fonte generatrice di responsabilità civile.
I ricorsi devono essere, pertanto, respinti. La particolarità del caso consiglia l’intera compensazione tra le parti delle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte, riuniti i ricorsi, li rigetta e compensa interamente tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

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