Corte_de_cassazione_di_Roma

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 8 giugno 2015, n. 11798

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRUTI Giuseppe Maria – Presidente

Dott. RUBINO Lina – Consigliere

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – rel. Consigliere

Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 29466-2011 proposto da:

(OMISSIS) S.N.C. (OMISSIS) nella persona del socio – liquidatore (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dagli avvocati (OMISSIS), (OMISSIS) giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) nella qualita’ di Curatore del FALLIMENTO (OMISSIS) SRL (GIA’ (OMISSIS)), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

(OMISSIS), (OMISSIS), (OMISSIS);

– intimati –

avverso la sentenza n. 71/2011 della CORTE D’APPELLO di MESSINA, depositata il 09/02/2011, R.G.N. 967/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/03/2015 dal Consigliere Dott. CARLUCCIO GIUSEPPA;

udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CORASANITI GIUSEPPE che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. (OMISSIS) e (OMISSIS) convennero in giudizio (OMISSIS) -nella qualita’ di socio e legale rappresentante della (OMISSIS) snc -, ditta esecutrice dei lavori di costruzione di un capannone industriale per conto del (OMISSIS) srl, su un fondo adiacente a quello di loro proprieta’.

Chiesero il risarcimento dei danni conseguenti all’abusiva discarica di materiale terroso sul fondo di loro proprieta’ e il ripristino dello stato dei luoghi.

La convenuta declino’ ogni responsabilita’ per avere effettuato la discarica con l’autorizzazione del proprietario del terreno limitrofo, nonche’ socio ( (OMISSIS)) della societa’ committente, oltre che del legale rappresentante della stessa committente ( (OMISSIS)); fu autorizzata a chiamare in causa la societa’ committente e il socio per essere “garantita in caso di condanna”.

I chiamati negavano di aver dato autorizzazione allo scarico e (OMISSIS) precisava di non essere proprietario.

IL Tribunale condanno’ la societa’ committente al ripristino dello stato dei luoghi o, in alternativa, alla corresponsione del loro costo (oltre euro 55.000,00)

La Corte di appello di Messina rigetto’ l’appello principale della curatela fallimentare della societa’ committente (OMISSIS) e, in accoglimento dell’appello incidentale proposto dai danneggiati, ritenne la responsabilita’ solidale della societa’ committente con la societa’ esecutrice dei lavori, condannandole in solido (sentenza del 9 febbraio 2011).

2.Avverso la suddetta sentenza la societa’ esecutrice dei lavori, (OMISSIS) snc, propone ricorso per cassazione affidato a un motivo, esplicato da memoria.

Resiste con controricorso la curatela fallimentare della societa’ committente.

Le altre parti, ritualmente intimate, non svolgono difese.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con l’unico motivo, la societa’ esecutrice dei lavori deduce insufficiente e contraddittoria motivazione, nonche’ violazione dell’articolo 1375 c.c. e del principio generale dell’apparenza e della tutela dell’affidamento.

1.1. La Corte di merito ha ritenuto la responsabilita’ della societa’ committente sulla base delle prove testimoniali raccolte in primo grado ed ha escluso che le stesse fossero messe in discussione dalle dichiarazioni rese dal direttore dei lavori, dalle quale era desumibile solo che era incombente della appaltatrice provvedere alla rimozione. Quindi, ha ritenuto sussistente la responsabilita’ anche in capo alla societa’ appaltatrice, perche’ avrebbe dovuto individuare i proprietari del fondo e ottenere da questi l’autorizzazione senza far conto sulle assicurazioni ricevute dal legale rappresentante e dal socio (padre dei danneggiati) della societa’ committente, interessati alla costruzione del capannone. Ne’, sempre secondo la Corte di merito, la responsabilita’ poteva essere esclusa sulla base della testimonianza ( (OMISSIS)), che aveva attestato l’adempimento degli obblighi contrattuali e degli ordini ricevuti dalla direzione dei lavori.

1.2. Nella parte esplicativa del motivo di ricorso, la societa’ ricorrente sostiene che il dovere di diligenza in capo alla impresa appaltatrice dei lavori non derivava dal contratto di appalto – essendo risultato, costituendo la base della responsabilita’ della committente, che la stessa, tramite il legale rappresentante e uno dei soci (padre dei proprietari) aveva dato indicazioni per lo smaltimento in quel luogo – ne’ tale dovere di diligenza derivava da una norma si legge, non essendo vincolate le parti da norme inderogabili, potendo lo smaltimento essere affidato a terzi o essendo possibile che il committente mettesse a disposizione un’area.

Ed inoltre la presenza del legale rappresentante del committente aveva creato una situazione di apparenza di legalita’. In definitiva, la responsabilita’ concorrente della appaltatrice sarebbe anche contraddittoria con l’assunto della responsabilita’ della committente fondato sulla scelta unilaterale della discarica.

1.3. La censura non ha pregio e va rigettata.

La questione posta all’attenzione della Corte concerne il tema della corresponsabilita’, rispetto a danni cagionati a terzi, del committente e dell’appaltatore nel contratto di appalto tra privati.

La giurisprudenza di legittimita’ e’ consolidata nel ritenere che, di regola, l’appaltatore e’ l’esclusivo responsabile dei danni cagionati a terzi poiche’ nell’esecuzione dei lavori appaltati opera in autonomia, con propria organizzazione e apprestando i mezzi necessari (articolo 1655 c.c.). Mentre, in disparte l’ipotesi di culpa in eligendo, si ha esclusiva responsabilita’ del committente se questi si sia ingerito nei lavori con direttive vincolanti che abbiano ridotto l’appaltatore al rango di nudus minister.

Sussiste corresponsabilita’ del committente qualora si sia ingerito con direttive che riducono soltanto, e non annullano, l’autonomia dell’appaltatore. (Cass. n. 15782 del 2006).

La Corte di merito, ha ritenuto la corresponsabilita’ del committente e dell’appaltatore, richiamando le risultanze istruttorie. La societa’ appaltatrice ricorrente, che denuncia insufficienza e contraddittorieta’ di motivazione, non dimostra – attraverso lo specifico richiamo alle risultanze istruttorie – che le direttive della societa’ committente erano state cosi’ vincolanti da ridurre l’appaltatrice a mero esecutore dei lavori. Non dimostra che non si poteva ricavare dalla istruttoria che l’autonomia dell’appaltatore era stata solo ridotta, al contrario di quanto ritenuto dal giudice del merito di appello. Infatti, ferma l’esistenza di direttive per lo scarico del materiale, che sono il presupposto della responsabilita’ in capo alla committente, la societa’ appaltatrice sostiene che il carattere vincolante delle stesse sia ricavabile dalle testimonianze attestanti la presenza sul posto dei committenti e le disposizioni dagli stessi impartite, ma si limita a riportare uno stralcio della sentenza di primo grado, e, nella parte in fatto del ricorso (pagine non numerate), stralci delle stesse, a volte senza che sia chiaro se si tratta di dichiarazioni testuali, non provvedendo alla riproduzione per la parte di interesse e, tantomeno, alla indicazione della loro collocazione tra gli atti del processo nel fascicolo, o alla loro allegazione al ricorso; tanto in violazione dell’articolo 366 c.p.c., n. 6, impedendo alla Corte di verificare la decisivita’ della censura.

Quanto poi, all’invocazione della violazione dell’articolo 1375 c.c. e alla violazione del principio di apparenza e di affidamento, il profilo di censura e’ inammissibile perche’ prospettato per la prima volta dinanzi alla Corte di legittimita’. Di esso non vi e’ traccia nella sentenza, ne’ la ricorrente dimostra di averlo svolto nel giudizio di merito.

2. In conclusione, il ricorso deve rigettarsi. Le spese, liquidate sulla base dei parametri vigenti a favore della societa’ controricorrente, seguono la soccombenza.

Non avendo gli altri intimati svolto attivita’ difensiva, non sussistono le condizioni per la pronuncia in ordine alle spese processuali.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna la societa’ ricorrente al pagamento, in favore della societa’ controricorrente, delle spese processuali del giudizio di cassazione, che liquida in euro 3.000,00, di cui euro 200,00 per spese, oltre alle spese generali ed agli accessori di legge.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *