Suprema Corte di Cassazione
sezione III
Sentenza 7 gennaio 2014, n. 129
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNINO Saverio Felice – Presidente
Dott. FRANCO Amedeo – Consigliere
Dott. AMORESANO Silvio – Consigliere
Dott. GAZZARA Santi – Consigliere
Dott. SCARCELLA Alessio – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso l’ordinanza n. 19/2013 TRIB. LIBERTA’ di SASSARI, del 09/05/2013;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSIO SCARCELLA;
sentite le conclusioni del PG Dott. M. Fraticelli, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNINO Saverio Felice – Presidente
Dott. FRANCO Amedeo – Consigliere
Dott. AMORESANO Silvio – Consigliere
Dott. GAZZARA Santi – Consigliere
Dott. SCARCELLA Alessio – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso l’ordinanza n. 19/2013 TRIB. LIBERTA’ di SASSARI, del 09/05/2013;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSIO SCARCELLA;
sentite le conclusioni del PG Dott. M. Fraticelli, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 9/05/2013, depositata in data 13/05/2013, il Tribunale del riesame di SASSARI, decidendo sulla richiesta di riesame, promossa dall’odierno ricorrente, confermava parzialmente il decreto di sequestro preventivo 13/04/2013, con cui il GIP del medesimo Tribunale disponeva il sequestro preventivo per un valore corrispondente al profitto conseguito dal reato, pari ad euro 339.812,00 dei beni di proprieta’ dell’indagato o nella sua disponibilita’, ovvero nella disponibilita’ della societa’ dallo stesso amministrata.
2. Il (OMISSIS) risulta indagato dalla Procura di Sassari: a) per il reato di cui al Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, articolo 10 ter (Omesso versamento di IVA) per aver, quale legale rappresentante della (OMISSIS) s.r.l., omesso di versare l’IVA per l’anno 2008, per un importo pari ad euro 240.191,00 (in (OMISSIS)); b) per il reato di cui all’articolo 10-bis del Decreto Legislativo citato (Omesso versamento di ritenute certificate), per avere, nella qualita’ di cui sopra, omesso di versare entro il termine previsto per la dichiarazione annuale di sostituto d’imposta ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituti per un importo di euro 99.621,00 per l’anno d’imposta 2008 (in (OMISSIS)); c) per il reato di cui all’articolo 11 del predetto Decreto Legislativo (Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte), per avere, sempre nella qualita’ descritta nei capi che precedono, al fine di sottrarsi al pagamento delle imposte indicate al capo a) ed ai conseguenti interessi e sanzioni, compiuto atti fraudolenti costituiti dalla creazione di un fondo patrimoniale con i beni immobili di loro proprieta’ in modo da rendere inefficace in tutto o in parte la procedura di riscossione (in (OMISSIS)).
3. Il tribunale del riesame di SASSARI, a seguito del gravame interposto il 3/05/2013, in parziale accoglimento della richiesta di riesame dell’indagato, riformava il decreto di sequestro preventivo del GIP limitandolo al sequestro della quota pari ad un mezzo pro indiviso dell’immobile sito in (OMISSIS), F. 20 mapp. 693, sub 1, vani 9.5 e vani 6, confermando nel resto.
4. Propone ricorso il difensore fiduciario cassazionista, depositato l’8/07/2013, impugnando la suddetta ordinanza, deducendo – con un unico, articolato, motivo di ricorso, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex articolo 173 disp. att. cod. proc. pen. (v. punti 15 ss. del ricorso) – vizio di violazione di legge dell’impugnata ordinanza per omessa motivazione su alcuni specifici profili di doglianza, ai sensi dell’articolo 606, comma 1, lettera e) e c), in relazione all’articolo 125 c.p.p., comma 3, chiedendone l’annullamento.
4.1. Deduce, anzitutto, l’assoluta illegittimita’ del sequestro preventivo finalizzato alla confisca che interessi beni estranei al reato e/o all’indagato, giacche’ di proprieta’ di terzi; in particolare, si duole per aver il tribunale del riesame totalmente ignorato quanto dedotto dalla difesa sulla proprieta’ del bene sequestrato, di cui al fondo patrimoniale costituito secondo il PM fraudolentemente), rilevando come tale bene risultasse, prima della costituzione del fondo, di esclusiva proprieta’ del coniuge dell’indagato; peraltro, il regime patrimoniale dei coniugi e’ quello della separazione dei beni, sicche’ non puo’ sostenersi che scopo dell’operazione fosse quello di sottrarre il bene alla garanzia del credito erariale, in quanto un’eventuale procedura di riscossione coattiva delle imposte dovute, mai avrebbe potuto aggredire il bene in questione perche’ di proprieta’ esclusiva del coniuge del (OMISSIS).
4.2. Deduce, in secondo luogo, che il tribunale del riesame avrebbe ignorato i motivi di censura difensivi sulla confiscabilita’ e sequestrabilita’ dei beni dell’indagato, legale rappresentante della (OMISSIS) s.r.l., per inadempimento di quest’ultima; in particolare, la difesa sostiene che la confisca non potrebbe cadere sui beni del legale rappresentante in quanto, se cosi’ fosse, cadrebbe su un estraneo al profitto, ossia un reo “formale”, aggiungendo che se fosse vero che la confisca non potrebbe colpire l’illecito tributario della societa’, ex Decreto Legislativo n. 231 del 2001, non si spiega perche’ potrebbe colpire il suo organo, ossia il legale rappresentante.
4.3. Deduce, infine, che il tribunale del riesame avrebbe ignorato i motivi di censura prospettati dalla difesa sulla legittimita’ del sequestro preventivo in materia, sulla rimessione dell’individuazione dell’oggetto della confisca al PM procedente nonche’ sulla motivazione di quest’ultimo e sull’assoggettabilita’ a sequestro preventivo delle somme di cui al c/c del coniuge.
2. Il (OMISSIS) risulta indagato dalla Procura di Sassari: a) per il reato di cui al Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, articolo 10 ter (Omesso versamento di IVA) per aver, quale legale rappresentante della (OMISSIS) s.r.l., omesso di versare l’IVA per l’anno 2008, per un importo pari ad euro 240.191,00 (in (OMISSIS)); b) per il reato di cui all’articolo 10-bis del Decreto Legislativo citato (Omesso versamento di ritenute certificate), per avere, nella qualita’ di cui sopra, omesso di versare entro il termine previsto per la dichiarazione annuale di sostituto d’imposta ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituti per un importo di euro 99.621,00 per l’anno d’imposta 2008 (in (OMISSIS)); c) per il reato di cui all’articolo 11 del predetto Decreto Legislativo (Sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte), per avere, sempre nella qualita’ descritta nei capi che precedono, al fine di sottrarsi al pagamento delle imposte indicate al capo a) ed ai conseguenti interessi e sanzioni, compiuto atti fraudolenti costituiti dalla creazione di un fondo patrimoniale con i beni immobili di loro proprieta’ in modo da rendere inefficace in tutto o in parte la procedura di riscossione (in (OMISSIS)).
3. Il tribunale del riesame di SASSARI, a seguito del gravame interposto il 3/05/2013, in parziale accoglimento della richiesta di riesame dell’indagato, riformava il decreto di sequestro preventivo del GIP limitandolo al sequestro della quota pari ad un mezzo pro indiviso dell’immobile sito in (OMISSIS), F. 20 mapp. 693, sub 1, vani 9.5 e vani 6, confermando nel resto.
4. Propone ricorso il difensore fiduciario cassazionista, depositato l’8/07/2013, impugnando la suddetta ordinanza, deducendo – con un unico, articolato, motivo di ricorso, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex articolo 173 disp. att. cod. proc. pen. (v. punti 15 ss. del ricorso) – vizio di violazione di legge dell’impugnata ordinanza per omessa motivazione su alcuni specifici profili di doglianza, ai sensi dell’articolo 606, comma 1, lettera e) e c), in relazione all’articolo 125 c.p.p., comma 3, chiedendone l’annullamento.
4.1. Deduce, anzitutto, l’assoluta illegittimita’ del sequestro preventivo finalizzato alla confisca che interessi beni estranei al reato e/o all’indagato, giacche’ di proprieta’ di terzi; in particolare, si duole per aver il tribunale del riesame totalmente ignorato quanto dedotto dalla difesa sulla proprieta’ del bene sequestrato, di cui al fondo patrimoniale costituito secondo il PM fraudolentemente), rilevando come tale bene risultasse, prima della costituzione del fondo, di esclusiva proprieta’ del coniuge dell’indagato; peraltro, il regime patrimoniale dei coniugi e’ quello della separazione dei beni, sicche’ non puo’ sostenersi che scopo dell’operazione fosse quello di sottrarre il bene alla garanzia del credito erariale, in quanto un’eventuale procedura di riscossione coattiva delle imposte dovute, mai avrebbe potuto aggredire il bene in questione perche’ di proprieta’ esclusiva del coniuge del (OMISSIS).
4.2. Deduce, in secondo luogo, che il tribunale del riesame avrebbe ignorato i motivi di censura difensivi sulla confiscabilita’ e sequestrabilita’ dei beni dell’indagato, legale rappresentante della (OMISSIS) s.r.l., per inadempimento di quest’ultima; in particolare, la difesa sostiene che la confisca non potrebbe cadere sui beni del legale rappresentante in quanto, se cosi’ fosse, cadrebbe su un estraneo al profitto, ossia un reo “formale”, aggiungendo che se fosse vero che la confisca non potrebbe colpire l’illecito tributario della societa’, ex Decreto Legislativo n. 231 del 2001, non si spiega perche’ potrebbe colpire il suo organo, ossia il legale rappresentante.
4.3. Deduce, infine, che il tribunale del riesame avrebbe ignorato i motivi di censura prospettati dalla difesa sulla legittimita’ del sequestro preventivo in materia, sulla rimessione dell’individuazione dell’oggetto della confisca al PM procedente nonche’ sulla motivazione di quest’ultimo e sull’assoggettabilita’ a sequestro preventivo delle somme di cui al c/c del coniuge.
CONSIDERATO IN DIRITTO
5. Il ricorso e’ infondato.
5.1. In merito al primo punto oggetto di censura (v. supra 4.1.), l’ordinanza impugnata motiva sulla sequestrabilita’ con fini di confisca dei beni, precisando che la misura puo’ riguardare i beni appartenenti (ovvero nella disponibilita’ dell’indagato) nella qualita’ di legale rappresentante, quale autore dei reati, oppure della societa’ medesima. La questione, tuttavia, nel caso in esame, non e’ se siano o meno sequestrabili per equivalente i beni della persona giuridica ove si proceda per le violazioni finanziarie commesse dal legale rappresentante della societa’ (questione su cui esiste un contrasto nella giurisprudenza di questa Sezione che, in data 30/10/2013, ha rimesso al Primo Presidente la valutazione del rinvio alle Sezioni Unite della questione se siano o meno aggredibili i beni di una societa’ per le violazioni tributarie commesse dal legale rappresentante della stessa: n. 20691/13, ric. Leone), investendo invece la censura il profilo della non sequestrabilita’ del bene immobile di cui al fondo patrimoniale, bene che prima della costituzione del fondo era di proprieta’ esclusiva della coniuge del ricorrente, soprattutto alla luce del fatto che i coniugi hanno scelto il regime della separazione patrimoniale. Sulla questione, il tribunale motiva richiamando decisioni di questa Corte che ammettono la possibilita’ di apporre il vincolo cautelare sui beni costituenti il fondo patrimoniale (Sez. 3, n. 18527 del 03/02/2011 – dep. 11/05/2011, Zavarise, Rv. 250525; Sez. 3, n. 40364 del 19/09/2012 – dep. 15/10/2012, Chiodini, Rv. 253681). Non rileva, peraltro, ne’ la circostanza che i coniugi avessero scelto il regime della separazione dei beni ne’ che il bene immobile, prima della costituzione del fondo, fosse di esclusiva proprieta’ della coniuge, come sostenuto dalla difesa. Ed invero, il vincolo cautelare ha colpito il bene immobile destinato al fondo patrimoniale, bene la cui proprieta’, come previsto espressamente dalla legge civile, spetta ad entrambi i coniugi, salvo che sia diversamente stabilito nell’atto di costituzione, circostanza questa che non emerge in actis ne’ e’ stata rappresentata dalla difesa (articolo 168 c.c., comma 1). Cio’ che rileva, infatti, ai fini dell’applicazione del vincolo cautelare, e’ la disponibilita’ al momento del disposto sequestro e, a tale data, il bene era nella disponibilita’ di entrambi i coniugi.
5.2. In merito, poi, al secondo punto oggetto di censura (v. supra 4.2.), l’ordinanza, seppure nella sinteticita’ del suo apparato motivazionale, richiama il contenuto del decreto di sequestro del GIP, osservando come il reato e’ addebitabile all’indagato, ma le conseguenze patrimoniali ricadono sulla societa’ a favore della quale la persona fisica ha agito, salvo che vi sia stata rottura del rapporto organico. La difesa sostiene che la confisca non potrebbe cadere sui beni del legale rappresentante in quanto, se cosi fosse, cadrebbe su un estraneo al profitto, ossia un reo “formale”, aggiungendo che se fosse vero che la confisca non potrebbe colpire l’illecito tributario della societa’, ex Decreto Legislativo n. 231 del 2001, non si spiega perche’ potrebbe colpire il suo organo, ossia il legale rappresentante.
La censura e’ infondata, in quanto questa stessa Corte ha gia’ in precedenza affermato che il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente ex articolo 322 ter cod. pen., a differenza del sequestro preventivo di cui all’articolo 321 c.p.p., comma 2, ha ad oggetto l’equivalente del profitto del reato, e quindi, addirittura, anche cose di terzi estranei (ed, ovviamente, a maggior ragione, puo’ colpire i beni dell’amministratore della societa’, che non puo’ considerarsi terzo estraneo rispetto al reato, da lui commesso quale persona fisica agente in nome e per conto della persona giuridica), che non sono collegate con il singolo reato (Sez. 3, Ordinanza n. 33354 del 2012, ric. Gullotta, non ufficialmente massimata). Ed e’ indubbio che il profitto, confiscabile anche nella forma per equivalente, del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 11 (violazione contestata al capo c) della rubrica), e’ costituito da qualsivoglia vantaggio patrimoniale direttamente conseguito alla consumazione del reato e puo’, dunque, consistere anche in un risparmio di spesa, come quello derivante dal mancato pagamento del tributo, interessi, sanzioni dovuti a seguito dell’accertamento del debito tributario (v., per tutte: Sez. U, n. 18374 del 31/01/2013 – dep. 23/04/2013, Adami e altro, Rv. 255036).
5.3. In merito, infine, al terzo ed ultimo punto oggetto di censura (v. supra 4.3.), quanto alla illegittimita’ della rimessione dell’individuazione dell’oggetto della confisca al PM, e’ sufficiente in questa sede richiamare quanto affermato da questa stessa Sezione sul punto, essendosi infatti gia’ affermato che il giudice del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente ha l’onere, ma non l’obbligo, di indicare la somma sino alla concorrenza della quale la misura puo’ essere eseguita, mentre deve specificamente indicare quali siano i beni vincolabili soltanto se disponga in atti di elementi per stabilirlo, in caso contrario incombendo detta individuazione al P.M. quale organo demandato all’esecuzione del provvedimento (Sez. 3, n. 7675 del 10/01/2012 – dep. 28/02/2012, P.M. in proc. Maione, Rv. 252095), principio, questo, peraltro richiamato dal tribunale del riesame nell’ordinanza impugnata.
Quanto alla presunta illegittimita’ della motivazione del decreto di sequestro preventivo, l’ordinanza, sebbene nella sinteticita’ del suo apparato motivazionale, condivide evidentemente quanto sostenuto dal GIP a proposito sulla legittimita’ del disposto sequestro per equivalente e sulla sottoponibilita’ al medesimo dei beni dell’indagato nella qualita’ di legale rappresentante della societa’ (come si desume dalle parole “come esattamente motivato nel decreto impugnato”), di talche’ e’ evidente che il tribunale ha implicitamente disatteso i profili di censura relativi all’ammissibilita’ della confisca per equivalente sui beni del legale rappresentante: nessuna mancanza di motivazione, dunque, ma implicito rigetto di tali profili di doglianza.
Infine, quanto all’asserita illegittimita’ del provvedimento per aver ritenuto legittimo il sequestro preventivo disposto delle somme di cui al c/c del coniuge, somme che – secondo la difesa in ricorso – non sarebbero sequestrabili per equivalente laddove non sussistano indizi chiari in ordine all’utilizzo illecito che dello stesso e’ stato fatto da parte dell’indagato, l’ordinanza del tribunale del riesame rigetta il motivo di doglianza, richiamando una decisione di questa Sezione che ha affermato che qualora il profitto tratto da taluno dei reati per i quali e’ prevista la confisca per equivalente sia costituito da denaro, l’adozione del sequestro preventivo non e’ subordinata alla verifica che le somme provengano dal delitto e siano confluite nella effettiva disponibilita’ dell’indagato, in quanto il denaro oggetto di ablazione deve solo equivalere all’importo che corrisponde per valore al prezzo o al profitto del reato, non sussistendo alcun nesso pertinenziale tra il reato e il bene da confiscare (Sez. 3, n. 1261 del 25/09/2012 – dep. 10/01/2013, Marseglia, Rv. 254175, relativa a fattispecie penale tributaria). Non e’, dunque, richiesto, ai fini della sequestrabilita’ per equivalente delle somme sul c/c del coniuge dell’indagato, che debbano sussistere indizi chiari in ordine all’illecito utilizzo che dello stesso e’ stato fatto da parte del coniuge indagato, come sostenuto dalla difesa, giacche’, altrimenti, si verrebbe a ristabilire la necessita’ di un nesso pertinenziale tra la “res” ed il reato che la legge, con l’istituto della confisca per equivalente, ha inteso invece escludere.
6. Il ricorso dev’essere, quindi, rigettato. Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
5.1. In merito al primo punto oggetto di censura (v. supra 4.1.), l’ordinanza impugnata motiva sulla sequestrabilita’ con fini di confisca dei beni, precisando che la misura puo’ riguardare i beni appartenenti (ovvero nella disponibilita’ dell’indagato) nella qualita’ di legale rappresentante, quale autore dei reati, oppure della societa’ medesima. La questione, tuttavia, nel caso in esame, non e’ se siano o meno sequestrabili per equivalente i beni della persona giuridica ove si proceda per le violazioni finanziarie commesse dal legale rappresentante della societa’ (questione su cui esiste un contrasto nella giurisprudenza di questa Sezione che, in data 30/10/2013, ha rimesso al Primo Presidente la valutazione del rinvio alle Sezioni Unite della questione se siano o meno aggredibili i beni di una societa’ per le violazioni tributarie commesse dal legale rappresentante della stessa: n. 20691/13, ric. Leone), investendo invece la censura il profilo della non sequestrabilita’ del bene immobile di cui al fondo patrimoniale, bene che prima della costituzione del fondo era di proprieta’ esclusiva della coniuge del ricorrente, soprattutto alla luce del fatto che i coniugi hanno scelto il regime della separazione patrimoniale. Sulla questione, il tribunale motiva richiamando decisioni di questa Corte che ammettono la possibilita’ di apporre il vincolo cautelare sui beni costituenti il fondo patrimoniale (Sez. 3, n. 18527 del 03/02/2011 – dep. 11/05/2011, Zavarise, Rv. 250525; Sez. 3, n. 40364 del 19/09/2012 – dep. 15/10/2012, Chiodini, Rv. 253681). Non rileva, peraltro, ne’ la circostanza che i coniugi avessero scelto il regime della separazione dei beni ne’ che il bene immobile, prima della costituzione del fondo, fosse di esclusiva proprieta’ della coniuge, come sostenuto dalla difesa. Ed invero, il vincolo cautelare ha colpito il bene immobile destinato al fondo patrimoniale, bene la cui proprieta’, come previsto espressamente dalla legge civile, spetta ad entrambi i coniugi, salvo che sia diversamente stabilito nell’atto di costituzione, circostanza questa che non emerge in actis ne’ e’ stata rappresentata dalla difesa (articolo 168 c.c., comma 1). Cio’ che rileva, infatti, ai fini dell’applicazione del vincolo cautelare, e’ la disponibilita’ al momento del disposto sequestro e, a tale data, il bene era nella disponibilita’ di entrambi i coniugi.
5.2. In merito, poi, al secondo punto oggetto di censura (v. supra 4.2.), l’ordinanza, seppure nella sinteticita’ del suo apparato motivazionale, richiama il contenuto del decreto di sequestro del GIP, osservando come il reato e’ addebitabile all’indagato, ma le conseguenze patrimoniali ricadono sulla societa’ a favore della quale la persona fisica ha agito, salvo che vi sia stata rottura del rapporto organico. La difesa sostiene che la confisca non potrebbe cadere sui beni del legale rappresentante in quanto, se cosi fosse, cadrebbe su un estraneo al profitto, ossia un reo “formale”, aggiungendo che se fosse vero che la confisca non potrebbe colpire l’illecito tributario della societa’, ex Decreto Legislativo n. 231 del 2001, non si spiega perche’ potrebbe colpire il suo organo, ossia il legale rappresentante.
La censura e’ infondata, in quanto questa stessa Corte ha gia’ in precedenza affermato che il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente ex articolo 322 ter cod. pen., a differenza del sequestro preventivo di cui all’articolo 321 c.p.p., comma 2, ha ad oggetto l’equivalente del profitto del reato, e quindi, addirittura, anche cose di terzi estranei (ed, ovviamente, a maggior ragione, puo’ colpire i beni dell’amministratore della societa’, che non puo’ considerarsi terzo estraneo rispetto al reato, da lui commesso quale persona fisica agente in nome e per conto della persona giuridica), che non sono collegate con il singolo reato (Sez. 3, Ordinanza n. 33354 del 2012, ric. Gullotta, non ufficialmente massimata). Ed e’ indubbio che il profitto, confiscabile anche nella forma per equivalente, del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 11 (violazione contestata al capo c) della rubrica), e’ costituito da qualsivoglia vantaggio patrimoniale direttamente conseguito alla consumazione del reato e puo’, dunque, consistere anche in un risparmio di spesa, come quello derivante dal mancato pagamento del tributo, interessi, sanzioni dovuti a seguito dell’accertamento del debito tributario (v., per tutte: Sez. U, n. 18374 del 31/01/2013 – dep. 23/04/2013, Adami e altro, Rv. 255036).
5.3. In merito, infine, al terzo ed ultimo punto oggetto di censura (v. supra 4.3.), quanto alla illegittimita’ della rimessione dell’individuazione dell’oggetto della confisca al PM, e’ sufficiente in questa sede richiamare quanto affermato da questa stessa Sezione sul punto, essendosi infatti gia’ affermato che il giudice del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente ha l’onere, ma non l’obbligo, di indicare la somma sino alla concorrenza della quale la misura puo’ essere eseguita, mentre deve specificamente indicare quali siano i beni vincolabili soltanto se disponga in atti di elementi per stabilirlo, in caso contrario incombendo detta individuazione al P.M. quale organo demandato all’esecuzione del provvedimento (Sez. 3, n. 7675 del 10/01/2012 – dep. 28/02/2012, P.M. in proc. Maione, Rv. 252095), principio, questo, peraltro richiamato dal tribunale del riesame nell’ordinanza impugnata.
Quanto alla presunta illegittimita’ della motivazione del decreto di sequestro preventivo, l’ordinanza, sebbene nella sinteticita’ del suo apparato motivazionale, condivide evidentemente quanto sostenuto dal GIP a proposito sulla legittimita’ del disposto sequestro per equivalente e sulla sottoponibilita’ al medesimo dei beni dell’indagato nella qualita’ di legale rappresentante della societa’ (come si desume dalle parole “come esattamente motivato nel decreto impugnato”), di talche’ e’ evidente che il tribunale ha implicitamente disatteso i profili di censura relativi all’ammissibilita’ della confisca per equivalente sui beni del legale rappresentante: nessuna mancanza di motivazione, dunque, ma implicito rigetto di tali profili di doglianza.
Infine, quanto all’asserita illegittimita’ del provvedimento per aver ritenuto legittimo il sequestro preventivo disposto delle somme di cui al c/c del coniuge, somme che – secondo la difesa in ricorso – non sarebbero sequestrabili per equivalente laddove non sussistano indizi chiari in ordine all’utilizzo illecito che dello stesso e’ stato fatto da parte dell’indagato, l’ordinanza del tribunale del riesame rigetta il motivo di doglianza, richiamando una decisione di questa Sezione che ha affermato che qualora il profitto tratto da taluno dei reati per i quali e’ prevista la confisca per equivalente sia costituito da denaro, l’adozione del sequestro preventivo non e’ subordinata alla verifica che le somme provengano dal delitto e siano confluite nella effettiva disponibilita’ dell’indagato, in quanto il denaro oggetto di ablazione deve solo equivalere all’importo che corrisponde per valore al prezzo o al profitto del reato, non sussistendo alcun nesso pertinenziale tra il reato e il bene da confiscare (Sez. 3, n. 1261 del 25/09/2012 – dep. 10/01/2013, Marseglia, Rv. 254175, relativa a fattispecie penale tributaria). Non e’, dunque, richiesto, ai fini della sequestrabilita’ per equivalente delle somme sul c/c del coniuge dell’indagato, che debbano sussistere indizi chiari in ordine all’illecito utilizzo che dello stesso e’ stato fatto da parte del coniuge indagato, come sostenuto dalla difesa, giacche’, altrimenti, si verrebbe a ristabilire la necessita’ di un nesso pertinenziale tra la “res” ed il reato che la legge, con l’istituto della confisca per equivalente, ha inteso invece escludere.
6. Il ricorso dev’essere, quindi, rigettato. Segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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