Suprema Corte di Cassazione
sezione III
sentenza 3 febbraio 2016, n. 4374
Ritenuto in fatto
1. S.G. era condannato dal Tribunale di Salerno alla pena di mesi sei di reclusione, ai sensi dell’art. 6 bis comma 10 legge 13 dicembre 1989 n. 401, perché, nel corso di uno scontro tra opposte tifoserie, aveva in mano un’asta in pvc, mentre affrontava i tifosi avversari.
Su gravame dell’imputato, la Corte d’Appello della stessa città confermava la sentenza impugnata, richiamando integralmente le considerazioni dei primo giudice, il quale aveva sottolineato che il prevenuto era stato ripreso dal fotogramma in atti mentre era in atteggiamento inequivocabilmente aggressivo verso i tifosi avversari. Non si sarebbe dunque trattato del mero possesso dello strumento, quanto piuttosto di un atteggiamento dinamico e violento diretto ad aggredire o minacciare.
2. Ricorre per cassazione il G., sulla base di due motivi [art. 606 lett. e) ed art. 606 lett. b) c.p.p.).
Considerato in diritto
Il ricorrente sostiene, in primo luogo, l’illogicità della motivazione rispetto alla prova della responsabilità penale nonché rispetto alla sussistenza dell’elemento soggettivo ed oggettivo del reato. La Corte distrettuale si sarebbe limitata a richiamare la decisione di primo grado, senza prendere minimamente posizione sui motivi di appello. L’illogicità deriverebbe dall’affermazione che il G. avrebbe mantenuto un atteggiamento dinamico, il che avrebbe però trovato conforto solo in un’immagine statica. Altrettanto insostenibile sarebbe l’assunto che le eccezioni formulate nei motivi di gravame avrebbero trovato adeguata ed esauriente risposta da parte del giudice di primo grado. Non vi sarebbe alcuna prova dell’utilizzo dell’asta, anche perché i tifosi avversari sarebbero stati lontani.
In secondo luogo, i giudici di merito avrebbero erroneamente addebitato il reato di cui all’art. 6 bis comma 1° legge 13 dicembre 1989 n. 401, dovendo piuttosto ravvisarsi la fattispecie di cui all’art. 6 ter comma 10 legge 13 dicembre 1989 n. 401, ipotesi più lieve.
2. Il ricorso è fondato.
2.1.La motivazione appare affetta dalle anomalie rilevate dal ricorrente. Il richiamo alla decisione di primo grado è assiomatico, senza minimamente spiegare in che cosa sia consistito l’atteggiamento dinamico e violento di aggressione o di minaccia, laddove il comportamento attivo dell’agente rappresenta un elemento costitutivo del reato. Infatti, se è vero che l’asta di una bandiera è idonea ad essere utilizzata per l’offesa alla persona, è altrettanto vero che la sua detenzione risulta astrattamente giustificata in relazione all’evento sportivo e che sono le concrete circostanze di tempo e di luogo a determinarne l’utilizzo illecito, per l’effettiva destinazione dello strumento all’offesa delle persone [per una fattispecie simile cfr. Sez. 3, Sentenza n. 3945 del 17/12/2014 Ud. (dep. 28/01/2015) Rv. 262262].
La carenza di motivazione sopra evidenziata, riguardante essenzialmente l’uso improprio della bandiera e l’atteggiamento aggressivo imputato al G., si ripercuote altresì sulla congruenza della fattispecie concretamente contestata.
Invero, l’ipotesi di cui all’imputazione si riferisce testualmente (art. 6-bis, rubricato come Lancio di materiale pericoloso, scavalcamento e invasione di campo in occasione di competizioni agonistiche) a “chiunque lanci corpi contundenti o altri oggetti, compresi gli artifizi pirotecnici, comunque idonei a recare offesa alla persona, nei luoghi in cui si svolgono competizioni agonistiche, ovvero in quelli interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle competizioni medesime” ovvero a “chiunque, nei luoghi in cui si svolgono competizioni agonistiche, supera indebitamente una recinzione o separazione dell’impianto ove ne derivi pericolo per la pubblica incolumità o per la sicurezza pubblica, ovvero, nel corso delle competizioni medesime, invade il terreno di gioco” : Tuttavia nel capo d’accusa contestato al G. si parla del possesso di un’asta in pvc, con arrotolata una bandiera, nell’atto di affrontare i tifosi avversari. Non vi sarebbe dunque corrispondenza fra la norma penale incriminatrice e l’accusa contestata. Da ciò l’ulteriore necessità di una argomentazione chiara ed esaustiva sul punto.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’Appello di Napoli.
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