Suprema Corte di Cassazione
sezione III
sentenza 3 aprile 2015, n. 6822
Svolgimento del processo
p.1. La s.r.l. Addcons ha proposto ricorso straordinario per cassazione contro la s.p.a. Tessiture Pietro Radici avverso la sentenza del 28 ottobre 2011, con la quale il Tribunale di Bergamo ha accolto, con conseguente annullamento del provvedimento opposto, un’opposizione ai sensi dell’art. 617 c.p.c. proposta nel maggio del 2010 dalla detta s.p.a. per l’annullamento dell’ordinanza pronunciata il 26 aprile 2009, con cui lo stesso Tribunale in funzione di giudice della procedura esecutiva per espropriazione mobiliare, iscritta al n. r.g. 2454 del 2008 ed introdotta dalla medesima sulla base di titolo esecutivo rappresentato dalla sentenza n. 89 del 2007, emessa dal Tribunale di Bergamo, Sezione Distaccata di elusone, e recante condanna al pagamento delle spese giudiziali, aveva dichiarato la nullità della procedura esecutiva “con la conseguente estinzione” della stessa, in ragione della sopravvenienza della sentenza n. 635 del 2010, con cui lo stesso Tribunale di Bergamo aveva accolto un’opposizione ai sensi dell’art. 617 e 615 c.p.c. proposta dalla s.p.a., sentenza peraltro impugnata dinanzi alla Corte d’Appello di Brescia.
p.2. Al ricorso, che propone sette motivi, i primi quattro dei quali articolati in distinte censure, ha resistito con controricorso la Addcons.
p.3. Parte ricorrente ha depositato memoria.
Motivi della decisione
p.1. Il Collegio rileva che con la sua memoria parte ricorrente ha evidenziato che, nelle more fra la proposizione del ricorso e l’odierna udienza, è intervenuta la sentenza n. 19876 del 29 agosto 2013, con la quale questa Corte -investita dalla Addcons del ricorso iscritto al n.r.g. 26456 del 2007 avverso la sentenza n. 89 del 12 luglio 2007 del Tribunale di Bergamo, Sezione Distaccata di elusone, costituente il titolo esecutivo posto a base dell’esecuzione forzata iscritta al n.r. 2454 del 2008 ed oggetto del giudizio cui si riferisce il ricorso che si giudica – ha disposto la cassazione con rinvio di detta sentenza, sebbene in relazione ad una sola delle censure accolte e, quindi, parzialmente.
Sulla base di tale sopravvenienza la ricorrente sostiene che sarebbe cessata la materia del contendere, in quanto il processo di esecuzione forzata iscritto al n.r. 2454 del 2008 ed oggetto dell’opposizione agli atti costituente la controversia cui si riferisce l’odierno ricorso è venuto meno, onde non vi sarebbe più interesse delle parti a discutere sulla legittimità dell’ordinanza la cui legittimità ne è oggetto.
p.2. La prospettazione della ricorrente è corretta.
Va considerato che, ancorché la cassazione della sentenza costituente il titolo esecutivo sia stata soltanto parziale, come emerge dalla sua lettura, ai sensi dell’art. 336, primo comma, c.p.c. essa ha travolto in ogni caso la statuizione sulle spese di quella sentenza, in quanto quest’ultima è una parte della sentenza, che per il suo carattere meramente accessorio all’intera decisione, supponeva che essa permanesse nella sua integralità.
Ne segue che nel giudizio di rinvio dovrà in ogni caso seguire, all’esito della pronuncia sull’oggetto di esso, una nuova statuizione sulle spese, che dovrà essere resa necessariamente all’esito della valutazione complessiva ai sensi degli artt. 91 e ss. dell’esito della decisione e, quindi, sarà del tutto nuova, senza alcuna possibilità che possa, quando sarà resa, rivivere quella posta a base della sentenza cassata (il che esclude che rilevi in questo giudizio la giurisprudenza di cui a Cass. n. 3074 e 3280 del 2013, per poter reputare che l’esecuzione iniziata e seguita per le spese della sentenza cassata possa restare ferma nei suoi effetti prima della cassazione in attesa della decisione del giudice di rinvio e dei suoi successivi esiti). Nel caso di specie, del resto, la sentenza cassata era rappresentata da sentenza di rigetto di un’opposizione a precetto e, quindi, da una sentenza che sul merito aveva natura di decisione di mero accertamento, onde la statuizione sulle spese posta a base dell’esecuzione rappresentava l’unico aspetto condannatorio per cui la sentenza stessa avrebbe potuto farsi valere ed era stata fatta valere come titolo esecutivo.
Da tanto discende che il titolo esecutivo su cui si fondava l’esecuzione in relazione alla quale venne proposta l’opposizione agli atti decisa con la sentenza impugnata con il ricorso oggi in esame è venuto meno, con la conseguenza che il relativo giudizio è rimasto privo, sebbene in via sopravvenuta, di oggetto: tale oggetto, infatti, era rappresentato dalla valutazione della legittimità di un atto, l’ordinanza dichiarativa dell’estinzione, che rappresentava espressione di una valutazione da parte del Giudice dell’Esecuzione del Tribunale di Bergamo su un particolare aspetto del quomodo della pretesa esecutiva basata sul titolo esecutivo irrimediabilmente venuto meno. È allora palese che, il venir meno del titolo posto a base dell’esecuzione è situazione che rende la contesa fra le parti sulla legittimità di quell’aspetto del tutto priva del requisito dell’interesse, dato che esso sussisteva in ragione della circostanza che l’ordinanza de qua era un atto di realizzazione dell’esercizio della pretesa esecutiva basata sul titolo stesso: venuto meno tale titolo emerge automaticamente che non v’è ragione di una pronuncia che accerti la legittimità o meno dell’ordinanza ai fini della sorte del processo esecutivo, dato che, essendo venuto meno l’atto fondante di tale processo e, dunque, restando caducata l’attività svolta in quest’ultimo, difetta qualsiasi interesse al detto accertamento.
Ne segue che il presente ricorso dev’essere dichiarato inammissibile in ragione dell’inesistenza del requisiti dell’interesse a coltivarlo, residuando soltanto la necessità di valutare la soccombenza su di esso in via virtuale ai fini del regolamento delle spese giudiziali.
Il principio di diritto che viene in rilievo è il seguente: “La caducazione del titolo esecutivo costituito da una condanna alle spese accessoria a sentenza di rigetto di un’opposizione a precetto, per effetto di cassazione con rinvio di tale sentenza, comportando, ai sensi dell’art. 336, secondo comma, cod. proc. civ., la perdita di efficacia della statuizione sulle spese e, quindi, del titolo in base al quale sono stati compiuti gli atti della relativa procedura di esecuzione, determina la cessazione della materia del contendere sul giudizio di opposizione agli atti esecutivi concernente tale procedura e, quindi, sul ricorso avverso la sentenza pronunciata riguardo ad essa, del quale la Corte di cassazione sia stata investita. Ne segue che la Corte – sempre che non vi sia rinuncia al ricorso – deve rilevare la detta cessazione come fatto oggettivo incidente sull’interesse alla definizione del ricorso, il quale dev’essere, pertanto, dichiarato inammissibile per sopravvenuta carenza di interesse, salva la valutazione della soccombenza virtuale ai fini del regolamento delle spese del giudizio di cassazione”.
p.3. L’assenza di deduzioni nella memoria della ricorrente riguardo alla decisione sulle spese in applicazione del principio della soccombenza virtuale e di una correlata istanza perché si proceda alla sua valutazione, induce il Collegio a compensare le spese del giudizio di cassazione senza procedere all’esame del ricorso ai fini della individuazione di detta soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso per sopravvenuta carenza di interesse. Compensa le spese del giudizio di cassazione.
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