Le massime

1. In tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante da circolazione di veicoli e di natanti, relativamente a fatto antecedente al 1 maggio 1993, per persona danneggiata, ai sensi dell’art. 21 della legge 24 dicembre 1969 n. 990, deve intendersi non solo la vittima diretta dell’incidente, ma anche i prossimi congiunti o gli aventi causa della stessa, così che i conseguenti danni non devono necessariamente essere soddisfatti tutti nell’ambito del massimale previsto per ogni singola persona, ma il limite del risarcimento è, distintamente per ciascun danno, quello previsto per ciascuna persona danneggiata, fermo nel complesso il massimale per singolo sinistro (c.d. massimale catastrofale).

2. Con l’ampliamento del diritto del congiunto ad agire “iure proprio” contro il responsabile, è stata resa possibile una strada di ampliamento anche della categoria di “persona danneggiata” dal sinistro, in genere, pure con riguardo alla problematica relativa al limite del massimale assicurativo. La possibilità riconosciuta anche a soggetto diverso da quello che è stato coinvolto direttamente nel sinistro stradale, di domandare iure proprio il risarcimento del danno subito comporta che anche questi vada qualificato a pieno titolo persona danneggiata direttamente dal fatto di circolazione stradale, con la conseguenza che l’eventuale massimale stabilito per persona danneggiata opererà autonomamente anche nei confronti di questo.

3. Proprio la funzione economico – sociale dell’assicurazione obbligatoria e della connessa costituzione del fondo di garanzia per le vittime della strada, impone di tenere in considerazione non soltanto la vittima primaria, che subisce sulla propria persona la lesione fisica, ma anche gli altri soggetti, che, per il particolare legame a tale vittima primaria, abbiano subito la lesione di un proprio diritto.

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE III CIVILE
SENTENZA 28 settembre 2012, n.16520

Ritenuto in fatto

Con sentenza del 18-9-2006 la Corte di appello di Bari, su impugnazione principale della UNI ONE S.P.A. quale impresa designata in nome del F.G.V.S., ed incidentale dei genitori e dalla sorella di M.E. , deceduto in uno scontro con un autocarro di proprietà di S.P. , guidato da P.D. , ha confermato l’accertamento della pari responsabilità dei conducenti ed, in accoglimento parziale dell’appello principale e di quello incidentale, ha condannato l’assicurazione a risarcire ai familiari del M. complessivamente la somma di lire 80.000.000,oltre rivalutazione ed interessi.
Propone ricorso la DUOMO UNI ONE S.P.A., in precedenza UNI ONE, con due articolati motivi illustrati da memoria.
Resistono con controricorso i familiari di M.E.

Motivi della decisione

1. Con il primo motivo si denunzia violazione dell’art. 4 L. 738/78, degli artt. 21 e 25 della L. 990/69 e dell’art.2697 1 comma c.c. e contraddittoria motivazione ex art. 360 n.3 e 5 c.p.c..

Sostiene la ricorrente che la Corte di merito ha contraddittoriamente affermato che il giudice non è tenuto a conoscere i massimali minimi di legge da applicare al caso concreto, la cui prova incombe sull’assicuratore, e successivamente ha liquidato il danno nei limiti del massimale indicato nella lettera F della tabella risultante dopo l’entrata in vigore del D.P.R 12-8-1977 n.776, senza tenere conto che il danneggiato non aveva fornito la prova che il veicolo investitore avesse la caratteristiche per rientrare nella lettera F.

Assume la ricorrente che per persona danneggiataci sensi dell’art. 21 L. 24/69, deve intendersi la vittima dell’incidente, per cui i giudici di merito, nel liquidare il danno agli eredi, dovevano rientrare nei limiti del massimale previsto per ogni danneggiato, pari a vanti milioni, e non nel massimale catastrofale, pari a lire 100.000.000.

2. Il motivo è infondato.

La Corte di appello ha confermato la decisione del giudice di primo grado che ha liquidato il danno applicando il D.P.R 12-8-77, indicato dalla stessa società assicuratrice, che alla tabella F prevede per i veicoli di peso complessivo superiore a 70 quintali, quale il camion investitore del tipo fiat 682/ N.2, per ogni sinistro un minimale di polizza catastrofale di lire 100.000,000 milioni, comprensivo dell’evento morte della persona investita, ritenendo inammissibile per genericità il motivo di appello sul punto e comunque affermando di non condividere la tesi sostenuta dall’istituto assicuratore tesa ad applicare il limite di lire 20.000.000 per ogni persona danneggiata, ricomprendendo nel danneggiamento l’evento morte.

Ha ritenuto che l’appellante società non ha contestato con uno specifico motivo di gravame questa impostazione,né ha quantomeno dedotto che l’autocarro non rientrava nella lettera F, ma si è limitata ad adombrare l’assenza di prova al riguardo, tutto ciò nonostante che in tema di assicurazione della responsabilità civile il limite di massimale va provato dall’assicuratore che lo eccepisce.

3.Si osserva che la censura relativa all’obbligo del giudice di conoscere i D.P.R. di adeguamento dei massimali minimi della tabella A allegata alla L. 990/69 non è congruente con la decisione impugnata, sul rilievo che il giudice ha applicato proprio la tabella aggiornata dopo l’entrata in vigore del D.P.R. 12-8-77 n. 776 indicata dalla stessa società assicuratrice. 4.In ordine alla censura relativa alla applicazione o meno dei massimali indicati nella lettera F di tale tabella,in assenza di prova sulla corrispondenza del camion investitore con quelli riconducibili a tale fascia di massimale,si osserva che la società assicuratrice, come affermato dalla Corte di merito, non ha censurato con uno specifico motivo di appello che il camion 682/N non rientrava nella tipologia di cui alla tabella F.

Con il ricorso la società assicuratrice non ha neanche dedotto di aver formulato uno specifico motivo di appello sul punto. Si ricorda che la statuizione di inammissibilità per difetto di specificità di un motivo di appello, comporta l’onere di specificare, nel ricorso, le ragioni per cui si ritiene erronea tale statuizione del giudice di appello e sufficientemente specifico, invece, il motivo di gravame sottoposto a quel giudice, e non può limitarsi a rinviare all’atto di appello, ma deve riportarne il contenuto nella misura necessaria ad evidenziarne la pretesa specificità.

5.Inoltre la difesa della società ricorrente ha chiesto fin dal primo grado di giudizio, e ribadisce ancora ora nel ricorso in oggetto, che la condanna deve essere contenuta nel limite di venti milioni di lire,che è proprio il limite previsto nella lettera F per veicoli oltre i 70 quintali di peso, ma con riferimento ad ogni singola persona danneggiata, riconoscendo l’applicabilità alla fattispecie proprio della lett. F della tabella.

6. La censura relativa all’individuazione della ‘persona danneggiata’ è infondata in quanto Sezioni Unite di questa Corte, con Sentenza n. 15376 del 01/07/2009, hanno affermato che in tema di assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante da circolazione di veicoli e di natanti, relativamente a fatto antecedente al 1 maggio 1993, per persona danneggiata, ai sensi dell’art. 21 della legge 24 dicembre 1969 n. 990, deve intendersi non solo la vittima diretta dell’incidente, ma anche i prossimi congiunti o gli aventi causa della stessa, così che i conseguenti danni non devono necessariamente essere soddisfatti tutti nell’ambito del massimale previsto per ogni singola persona, ma il limite del risarcimento è, distintamente per ciascun danno, quello previsto per ciascuna persona danneggiata, fermo nel complesso il massimale per singolo sinistro (c.d. massimale catastrofale).

7. Con l’ampliamento del diritto del congiunto ad agire ‘iure proprio’ contro il responsabile, è stata resa possibile una strada di ampliamento anche della categoria di ‘persona danneggiata’ dal sinistro, in genere, pure con riguardo alla problematica relativa al limite del massimale assicurativo. La possibilità riconosciuta anche a soggetto diverso da quello che è stato coinvolto direttamente nel sinistro stradale, di domandare iure proprio il risarcimento del danno subito comporta che anche questi vada qualificato a pieno titolo persona danneggiata direttamente dal fatto di circolazione stradale, con la conseguenza che l’eventuale massimale stabilito per persona danneggiata opererà autonomamente anche nei confronti di questo.

Va, a tal fine, considerato che proprio la funzione economico – sociale dell’assicurazione obbligatoria e della connessa costituzione del fondo di garanzia per le vittime della strada, impone di tenere in considerazione non soltanto la vittima primaria, che subisce sulla propria persona la lesione fisica, ma anche gli altri soggetti, che, per il particolare legame a tale vittima primaria, abbiano subito la lesione di un proprio diritto. Di tale approccio, come si è visto, tiene conto anche l’evoluzione normativa, che a decorrere dal 1993 ha fissato il massimale di legge, per sinistro, indipendentemente dal numero delle persone danneggiate, con esclusione di un massimale per singola persona danneggiata.

8. Con il secondo motivo di ricorso si denunzia violazione degli artt. 112 c.p.c. e 1224 c.c. per avere la corte di appello disposto la rivalutazione dell’importo liquidato oltre i limiti del massimale,senza specifica domanda del danneggiato,non potendo la stessa ritenersi implicitamente contenuta nella richiesta di in una somma superiore al massimale. 9.Il motivo è inammissibile per novità della censura. Dalla sentenza impugnata risulta che con la società assicuratrice ha contestato solo l’esistenza della mala gestio, ritenuta dal primo giudice assumendo la mancanza di una qualsiasi responsabilità della società assicuratrice che si è limitata ad esercitare il diritto di difesa. 10.La Corte di appello ha rigettato il motivo confermando che gli interessi e la rivalutazione spettavano anche oltre il massimale di polizza evidenziando il colpevole silenzio dalla compagnia assicuratrice alle richieste di risarcimento dei danneggiatila mancata messa a disposizione quanto meno della somma corrispondete al massimale ritenuto applicabile,in presenza anche di una sentenza penale divenuta definitiva nel 1990 che,pur dichiarando la prescrizione del reato, aveva riconosciuto la responsabilità al 50% del guidatore dell’autocarro. 11.11 tema introdotto con il motivo di ricorso, relativo all’assenza di domanda dei danneggiati di interessi e rivalutazione oltre il massimale per mala gestio dell’assicuratore, non risulta introdotto con il giudizio di appello.

Si osserva, infatti, che giusta quanto assolutamente pacifico presso una giurisprudenza più che consolidata di questa Corte, i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena di inammissibilità, statuizioni e questioni che abbiano formato oggetto del giudizio di merito, restando escluso, pertanto, che in sede di legittimità possano essere prospettate questioni nuove o nuovi temi di contestazione involgenti accertamenti di fatto non compiuti, perché non richiesti, in sede di merito (Cass. 6 giugno 2000, nn. 7583 e 7579).

I motivi del ricorso per cassazione – in altri termini – devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase del merito né rilevabili d’ufficio (Cass. 5 maggio 2000, n. 5671; Cass. 31 marzo 2000, n. 3928). Inoltre, si osserva, ove una determinata questione giuridica non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga detta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione innanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di cassazione di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa Cass. 12 settembre 2000, n. 12025, nonché Cass. 9 aprile 2001, n. 5255.

Le spese del giudizio di cassazione seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 5.200,00 di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori come per legge.

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