Cassazione 12

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 27 novembre 2015, n. 24217

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere

Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere

Dott. PELLECCHIA Antonella – rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 26384-2012 proposto da:

(OMISSIS) (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) SPA, in persona del dott. (OMISSIS) in qualita’ di procuratore speciale, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

(OMISSIS) (OMISSIS);

– intimato –

avverso la sentenza n. 795/2011 della CORTE D’APPELLO di BARI, depositata il 14/09/2011 R.G.N. 2558/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/09/2015 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PELLECCHIA;

udito l’Avvocato (OMISSIS);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA Mario che ha concluso per l’inammissibilita’ in subordine per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. La presente controversia ha ad oggetto la richiesta di risarcimento avanzata dal sig. (OMISSIS), per i danni subiti in conseguenza di un sinistro avvenuto a (OMISSIS) tra la propria autovettura e quella guidata dal sig. (OMISSIS).

Nel 1999 il sig. (OMISSIS), agente di assicurazioni e prodotti finanziari, convenne in giudizio il sig. (OMISSIS) e la (OMISSIS) S.p.a., poi (OMISSIS) S.p.a., per ottenere il pagamento dei suddetti danni avendo ritenuto insufficiente la somma di lire 8.700.000,00 gia’ corrisposta dalla stessa compagnia assicuratrice e trattenuta solamente a titolo di acconto del maggior credito. (OMISSIS), non si costitui’ in giudizio.

Il Tribunale di Bari, con sentenza n. 2558 del 4 dicembre 2003, rigetto’ la domanda del (OMISSIS) con conseguente condanna alle spese processuali.

2. La decisione e’ stata confermata dalla Corte d’Appello di Bari, con sentenza n. 795 del 14 settembre 2011, che ha escluso il risarcimento del danno patrimoniale da inabilita’ temporanea totale e parziale.

3. Avverso tale decisione, il sig. (OMISSIS) propone ricorso in Cassazione sulla base di 5 motivi, illustrati da memoria.

3.1 Resiste con controricorso la (OMISSIS) S.p.a..

MOTIVI DELLA DECISIONE

4.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce “con riferimento all’articolo 360 c.p.c., n. 3 in riferimento al mancato riconoscimento del danno patrimoniale: violazione errata applicazione dell’articolo 2043 cod. civ.. Omessa applicazione dell’articolo 2727 2729 cod. civ.”.

4.2. Con il secondo motivo, denuncia “con riferimento all’articolo 360 c.p.c., n. 3 in riferimento al mancato riconoscimento del danno patrimoniale: violazione ed errata applicazione del Decreto Legge n. 857 del 1976, articolo 4 convertito in Legge n. 39 del 1977”.

Con i primi due motivi parte ricorrente denuncia l’errore in cui sarebbe accorsa la Corte di appello nell’escludere il risarcimento del danno per lesione della propria capacita’ lavorativa specifica durante l’accertato periodo di invalidita’ temporanea poiche’ ha ritenuto che non fosse stata fornita la relativa prova. Secondo la prospettazione contenuta nel ricorso tale voce di danno sarebbe da considerarsi presunta nei casi in cui il danneggiato svolga un lavoro autonomo, come, appunto, nel caso del sig. (OMISSIS) agente di assicurazioni e prodotti finanziari.

Sempre secondo la prospettazione del ricorrente, tale statuizione contrasterebbe inoltre con il Decreto Legge n. 857 del 1976, articolo 4 convertito in Legge n. 39 del 1977 nella parte in cui indica come parametro di liquidazione per tale tipo di danno il reddito netto piu’ elevato tra quelli dichiarati dal danneggiato-lavoratore autonomo nei tre anni precedenti l’evento dannoso.

I motivi sopraesposti non sono fondati.

Invero, secondo il costante orientamento di Codesta Suprema Corte, valevole sia per il lavoratore subordinato che per quello autonomo, l’accertamento di un periodo di invalidita’ temporanea, come postumo di un evento dannoso, non comporta automatico riconoscimento di un pregiudizio patrimoniale da lesione della capacita’ lavorativa specifica. Questo deve essere allegato e provato dalla parte danneggiata anche facendo ricorso alle presunzioni, (cfr. Cass. civ. Sez. 3, 5 dicembre 2014, n. 25730; Cass., 5 febbraio 2013, n. 2644; Cass., 12 febbraio 2013, n. 3290; Cass., 15 luglio 2011, n. 15674).

La Corte di Appello di Bari, nel caso di specie, ha fatto buon governo di detto principio ritenendo necessaria una specifica dimostrazione di tale danno, non sussistendo alcuna presunzione secondo la quale il lavoratore autonomo subisca sempre, per effetto di un’invalidita’ temporanea, una lesione della capacita’ lavorativa specifica. Dimostrazione, che la Corte non ha ritenuto raggiunta avendo parte ricorrente solamente allegato le dichiarazioni dei redditi presentate nei tre anni precedenti il sinistro senza aver nemmeno allegato il reddito percepito nell’anno in cui ha subito il danno.

Inoltre, come rilevato, dallo stesso Giudice del gravame, nel caso di specie sussiste una presunzione di segno opposto atteso che parte ricorrente ha riportato una microlesione comportante una invalidita’ temporanea del 1%.

Parimenti infondata e’ la censura attinente alla dedotta violazione del Decreto Legge n. 857 del 1976, articolo 4 convertito in Legge n. 39 del 1977, poiche’ tale norma detta solamente il criterio di calcolo per la liquidazione una volta pero’ raggiunta la prova che il danneggiato abbia effettivamente subito una contrazione del proprio reddito da lavoro autonomo a causa di una lesione della propria capacita’ lavorativa specifica. Non prevede, invece, alcun tipo di automatismo.

4.3. Con il terzo motivo, denuncia la “con riferimento all’articolo 360 c.p.c., n. 4 in riferimento al mancato riconoscimento del danno patrimoniale: violazione dell’articolo 112 c.p.c. per aver pronunciato su un’eccezione che la parte neppure aveva ipotizzato”.

Parte ricorrente sostiene che la Corte di appello avrebbe posto a fondamento della decisione un’eccezione in senso proprio non dedotta invece da controparte. Tale eccezione sarebbe da ravvisarsi nella parte della decisione in cui il giudice del gravame ha disconosciuto il danno patrimoniale da lucro cessante poiche’ la natura autonoma dell’attivita’ lavorativa svolta dal sig. (OMISSIS) avrebbe consentito un differimento degli affari cosi’ impedendo il verificarsi di alcun danno.

Il motivo e’ infondato.

La statuizione impugnata non costituisce affatto accoglimento di un’eccezione in senso stretto poiche’ si tratta di una mera argomentazione utilizzata dalla Corte per ribadire in generale il principio della necessita’, per il lavoratore autonomo, di fornire la prova di aver subito una contrazione dei proprio volume di affari.

4.4. Con il quarto motivo, il ricorrente lamenta “con riferimento all’articolo 369 c.p.c., n. 3 e all’articolo 111 Cost. violazione dello stesso articolo 111 Cost., comma 3 e violazione dell’articolo 132 c.p.c. e articolo 118 disp. att. c.p.c. per motivazione solo virtuale”.

4.5. Con il quinto motivo, il ricorrente denuncia “con riferimento all’articolo 360 c.p.c., n. 5 in riferimento al mancato riconoscimento del danno patrimoniale: motivazione contraddittoria rispetto alle risultanze istruttorie”.

Con i due motivi in particolare parte ricorrente ritiene che la Corte di appello non avrebbe esposto un’adeguata motivazione in merito all’esclusione del risarcimento del pregiudizio patrimoniale subito durante i periodi di invalidita’ temporanea assoluta e parziale.

La motivazione all’uopo fornita sarebbe inoltre in contraddizione con le risultanze della c.t.u. che ha riconosciuto un periodo di invalidita’ temporanea assoluta per 24 giorni e di invalidita’ temporanea parziale per ulteriori 79 giorni.

I due motivi possono essere esaminati congiuntamente e sono infondati.

La Corte di appello ha motivato il mancato riconoscimento del danno patrimoniale in favore del sig. (OMISSIS) poiche’ ha ritenuto che quest’ultimo non abbia offerto la prova di aver subito un contrazione dei suoi affari durante tali periodi di invalidita’, essendosi limitato ad una mera allegazione delle dichiarazioni dei redditi presentate nei tre anni precedenti il sinistro. Cosi’ facendo, la Corte di Appello non solo ha motivato la sua decisione sul punto, ma una simile motivazione non contraddice in alcun modo l’avvenuto riconoscimento di un periodo di invalidita’ temporanea, prima assoluta e poi parziale, poiche’ al riconoscimento di un periodo di invalidita’ non consegue automaticamente il verificarsi di un danno patrimoniale. Questo, come risulta dall’orientamento sopra ricordato, deve essere allegato e provato.

5. Le spese del giudizio di legittimita’ seguono la soccombenza.

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimita’ in favore della controricorrente che liquida in complessivi euro 3.200,00 di cui 200 per esborsi, oltre accessori di legge e spese generali.

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