cassazione

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 25 febbraio 2014, n. 4445

Svolgimento del processo

Nell’autunno 2003 P.G. ha prestato la sua attività di artigiano-idraulico all’interno dell’immobile di proprietà di G.R. , in (omissis) , ed ha erroneamente indirizzato la richiesta di pagamento a B.G.M. – madre defunta della debitrice – avendo erroneamente ritenuto che questo fosse il nome della proprietaria dell’appartamento.
Non ricevendo il pagamento, ha inviato formale diffida e notificato atto di citazione, indirizzandoli erroneamente a B.G.M. .
Gli atti sono stati ricevuti da G.R. , qualificatasi figlia della destinataria, la quale non ha pagato la somma richiesta e non ha avvertito il mittente dell’errore.
Il processo si è svolto ovviamente in contumacia della convenuta e si è concluso con sentenza favorevole all’attore.
Solo a seguito della notificazione dell’atto di precetto (non ritirato dall’ufficio postale) e di alcuni tentativi di esecuzione il difensore del P. ha appreso che la B.G. era deceduta fin dal 1975 e si è accorto dell’errore.
A questo punto ha ottenuto dalla G.R. il pagamento dell’importo capitale dovuto, ma non il rimborso delle spese relative al processo inutilmente iniziato, e l’ha convenuta in giudizio, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni.
La convenuta ha resistito ed il Giudice di pace ha respinto la domanda attrice, con sentenza che il Tribunale di Torino ha confermato in sede di appello. Il P. propone due motivi di ricorso per cassazione.
L’intimata non ha depositato difese.

Motivi della decisione

1.- Il giudice di appello (g.a.) ha respinto la domanda di risarcimento dei danni, ritenendo non provato il fatto che la G. abbia agito con dolo o colpa e addebitando all’attore la responsabilità per il mancato accertamento dell’identità della sua debitrice.
2.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione, quanto all’esclusione del fatto che la G. abbia agito con mala fede e reticenza, deducendo che nel corso del giudizio è stato inequivocabilmente accertato la stessa:
a) ha personalmente ricevuto la diffida, erroneamente indirizzata al nome della madre defunta, con cui le si chiedeva il pagamento del compenso per i lavori fatti nella casa di sua proprietà, ed ha sottoscritto la ricevuta della raccomandata, qualificandosi come “figlia” della destinataria;
b) ha poi ricevuto la notificazione dell’atto di citazione introduttivo del giudizio contro B.G.R. , ed ancora si è qualificata semplicemente come figlia, senza far constatare il decesso della destinataria e senza dichiarare la sua qualità di erede, così inducendo in errore il notificante circa il fatto che la notifica fosse andata a buon fine;
c) ha permesso che egli coltivasse il giudizio contro la madre defunta fino alla sentenza ed anche in sede di esecuzione, senza rivelare l’errore.
Afferma il ricorrente che il g.a. ha addebitato esclusivamente a sua negligenza il fatto di non avere svolto specifiche indagini sull’identità della sua debitrice, trascurando di considerare che – a fronte del comportamento della debitrice nel ricevere la notificazione della corrispondenza e dell’atto di citazione – egli non aveva alcuna ragione di dubitare dell’identità della destinataria, quindi della necessità di svolgere ulteriori accertamenti.
2.- Il motivo è fondato.
La motivazione della sentenza impugnata è effettivamente insufficiente ed illogica, quindi inidonea a giustificare la decisione, in quanto ha ritenuto esclusivo ed assorbente l’errore in cui è incorso il P. nell’individuare la persona della sua debitrice, trascurando di considerare il fatto che l’errore medesimo è stato in massima parte determinato dal comportamento della debitrice stessa.
È indubbiamente vero che è onere dell’attore individuare correttamente la persona del soggetto a cui indirizzare la domanda giudiziale, svolgendo le opportune indagini.
Quando però le circostanze del caso concreto dimostrino inequivocabilmente che l’errore dell’attore è stato inconsapevole, ancorché colposo, mentre il comportamento della controparte è stato doloso o comunque consapevolmente orientato ad approfittare dell’errore altrui per trame ingiusto profitto, non è consentito – è anzi frutto di un giudizio logicamente e giuridicamente viziato – attribuire efficacia assorbente alla colpa dell’uno, anziché al dolo dell’altro, nell’individuare la causa del danno che ne è seguito.
Nella specie risulta accertato in fatto che il P. ha ritenuto di poter individuare il nome e cognome della proprietaria dell’appartamento all’interno del quale aveva prestato la sua attività di idraulico solo tramite le risultanze dell’elenco telefonico, ove era ancora indicato il nome della madre della debitrice, defunta da oltre trent’anni, senza compiere ulteriori indagini.
Trattasi indubbiamente di leggerezza che, in mancanza di concause, avrebbe potuto giustificare l’addebito al solo attore di ogni conseguenza dannosa.
Risulta però parimenti accertato in primo luogo che la G. sapeva di avere essa stessa (e non la madre) ricevuto le prestazioni dell’idraulico: quindi di essere tenuta a pagarlo; in secondo luogo che essa ha personalmente ricevuto la lettera raccomandata contenente la diffida a pagare la somma dovuta e la notificazione dell’atto di citazione per il pagamento, entrambi erroneamente indirizzati alla madre.
Ha quindi inequivocabilmente percepito l’errore altrui, ma ha continuato a non adempiere, lasciando la controparte nell’errore e permettendole di coltivare il giudizio fino alla sentenza.
Solo in sede di esecuzione, a distanza di anni dalla prima richiesta, si è prestata a dissipare l’equivoco ed ha pagato l’importo del debito (dimostrando così di non avere alcuna ragione sostanziale da opporre all’avversaria domanda).
Trattasi di un caso emblematico di scorrettezza e reticenza, per avere la debitrice consapevolmente omesso ogni sia pur minima cooperazione a dissipare l’errore altrui, pur in mancanza di ogni onere o costo a proprio carico e pur in mancanza di ogni oggettiva esigenza di tutela di un proprio diritto o di un proprio legittimo interesse, sostanziale o processuale, ad omettere il pagamento.
La motivazione del g.a. è obbiettivamente lacunosa ed intrinsecamente insufficiente ed illogica, nell’avere escluso che ricorrano nella specie gli estremi della mala fede, sia nell’esecuzione del rapporto obbligatorio, sia anche nella gestione giudiziale dei propri diritti (si pensi alla reticenza sul decesso della B.G. , nel ricevere la notificazione dell’atto di citazione): comportamenti che oggettivamente giustificano l’avversaria domanda di risarcimento dei danni, come la giurisprudenza di questa Corte ha più volte deciso (cfr., per un caso analogo al presente, Cass. civ. Sez. 2, 21 maggio 2013 n. 12478, sulla responsabilità per mala fede dell’avvocato domiciliatario che, nel ricevere la notificazione di un atto di impugnazione, non ebbe a comunicare di essere stato cancellato dall’albo, inducendo la parte avversa a fare affidamento sulla sua persistente legittimazione a difendere il destinatario della notifica. Cfr. anche Cass. civ. Sez. 2, 22 novembre 2013 n. 26260, quanto al dovere di cooperazione con la controparte nel contratto di appalto; Cass. civ. S.U. 15 novembre 2007 n. 23726, quanto all’uso strumentale ed illecito del processo, ed altre).
3.- La sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio della causa al Tribunale di Torino, in diversa composizione, affinché decida la controversia con congrua e logica motivazione, uniformandosi ai principi sopra enunciati.
4.- Il secondo motivo, che censura la liquidazione delle spese processuali in misura eccedente la richiesta dell’appellata, risulta assorbito, in quanto l’accoglimento del primo motivo travolge le valutazioni circa la soccombenza e la conseguente pronuncia sulle spese.
5.- Il giudice di rinvio provvederà anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte di cassazione accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbito il secondo motivo. Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa al Tribunale di Torino, in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

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