Suprema Corte di Cassazione
sezione III
sentenza 24 novembre 2015, n. 46500
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. MANNINO Saverio F. – Presidente
Dott. AMORESANO Silvio – rel. Consigliere
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere
Dott. ACETO Aldo – Consigliere
Dott. ANDRONIO Alessandro Mari – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 05/03/2015 della Corte di Appello di Catanzaro;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Silvio Amoresano;
udito il P.M., in persona del Sost. Proc.Gen. Dott. CANEVELLI Paolo, che ha concluso, chiedendo l’annullamento, con rinvio, della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Appello di Catanzaro, con sentenza del 05/03/2015, confermava la sentenza del Tribunale di Cosenza, emessa In data 26/02/2014, con la quale (OMISSIS) era stato condannato, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e di quella di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 13, alla pena (sospesa alle condizioni di legge) di mesi 10 di reclusione per i reati cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 5, ascritti in epigrafe, unificati sotto il vincolo della continuazione.
Premetteva la Corte territoriale che il Tribunale aveva ritenuto provato, sulla base di quanto accertato dalla G.d.F., che l’imputato avesse omesso, in qualita’ di legale rappresentante della ” (OMISSIS) srl”, di presentare la dichiarazione dei redditi per gli anni di imposta 2006 e 2007, pur avendo prodotto redditi, non contabilizzati, per un importo di euro 801.123,06 per il 2006 e di euro 968.887,02 per il 2007.
L’accertamento tributario era stato poi cristallizzato con adesione del contribuente che aveva riconosciuto il debito di euro 423.300,61 per il 2006 e di euro 467.122,32 per il 2007.
Tanto premesso, la Corte territoriale riteneva destituiti di fondamento i motivi di appello.
Preliminarmente rigettava l’eccezione di inutilizzabilita’ della testimonianza del M.llo (OMISSIS), non avendo il predetto riferito su accertamenti compiuti da altri, avendo egli stesso partecipato ad alcune attivita’ accertative e sottoscritto unitamente ai colleghi il verbale di accertamento. Il riferimento anche ad attivita’ svolte da altri non costituiva, comunque, motivo di nullita’ o inutilizzabilita’, trattandosi di atti compiuti nello stesso contesto investigativo.
Quanto al verbale di constatazione, esso era stato acquisito senza opposizione della difesa (ver. ud. 16/10/2013) ed era utilizzabile entro i limiti di cui all’articolo220 disp. att. c.p.p..
Nel caso di specie la ricostruzione del volume di affari della societa’ era avvenuto sulla base della consultazione della banca dati e dell’acquisizione presso terzi delle fatture emesse dalla societa’ stessa; e tali attivita’ erano avvenute quando era rilevabile solo l’omessa presentazione della denuncia e non anche una condotta penalmente rilevante (tenuto conto peraltro della soglia di punibilita’).
Quanto al merito, gli accertamenti della G.d.F., fondati su elementi di natura obbiettiva (e non avendo l’imputato fornito fatture passive), individuavano con certezza la misura della base imponibile, che, peraltro, era stata accettata dall’imputato medesimo che aveva provveduto a pagare il debito di imposta.
Il dolo specifico richiesto dalla norma non poteva poi, certamente, ritenersi escluso per avere l’imputato affidato ad un professionista l’incarico di presentare la dichiarazione annuale.
2. Ricorre per cassazione (OMISSIS), a mezzo dei difensori, denunciando la violazione degli articoli 178 e 499 c.p.p..
I Giudici di merito hanno fondato la sentenza di condanna sulla testimonianza del M.llo (OMISSIS), il quale, per sua stessa ammissione, non aveva partecipato all’accertamento tributario; e cio’ in palese violazione del principio di oralita’ e formazione della prova in dibattimento (a norma dell’articolo 499 c.p.p., il teste puo’ essere autorizzato a consultare, in aiuto alla memoria, documenti da lui redatti (formati, quindi, e non semplicemente sottoscritti). Vale, percio’, il dato sostanziale e non solo formale.
La testimonianza, come eccepito tempestivamente dalla difesa, e’ conseguentemente nulla e, comunque, inutilizzabile.
Con il secondo motivo denuncia la violazione degli articoli 178, 431 e 555 c.p.p., articolo 220 disp. att. c.p.p..
Secondo la giurisprudenza di legittimita’ tale verbale, non essendo diretto ad essere utilizzato come prova in dibattimento, va qualificato come documento e, quindi, non acquisibile senza previa escussione di coloro che lo hanno redatto.
Inoltre, a norma dell’articolo 220 disp. att., quando nel corso dell’attivita’ ispettiva emergano indizi di reato, gli atti necessari ad assicurare le fonti di prova debbono avvenire con il rispetto delle garanzie previste dal codice. Il presupposto per l’operativita’ della norma non consiste certo nell’insorgenza di una prova indiretta ex articolo 192 c.p.p., ma la mera possibilita’ di attribuire rilevanza penale al fatto. Emergendo tale possibilita’ fin dai primi accertamenti e non essendo state rispettate le garanzie difensive, il verbale di costatazione e’ inutilizzabile (e l’eccezione puo’ essere sollevata in ogni momento).
Con il terzo motivo deduce l’insussistenza del reato contestato.
Essendo i procedimenti penale e tributario autonomi, e’ pacifico che non abbiano valenza nel primo le presunzioni legali previste dalla normativa tributaria.
Ma, anche a voler tener conto del processo verbale di constatazione (acquisito agli atti illegittimamente, senza il consenso delle parti, ed inutilizzabile), il Giudice penale avrebbe dovuto considerare, per verificare il superamento della soglia di punibilita’, dei costi sostenuti; ne’ si e’ tenuto conto, come riconosciuto dallo stesso M.llo (OMISSIS), delle numerose operazioni esenti. Se risulta provata l’omissione della denuncia dei redditi, non vi e’ prova del superamento della soglia di punibilita’.
Con il quarto motivo deduce l’insussistenza dell’elemento psicologico di reato.
La omessa dichiarazione e’ essa stessa la prova dell’assoluta mancanza di dolo (e’ sufficiente evidenziare che le dichiarazioni fino al 2005 erano state regolarmente presentate).
E’ vero che l’incarico ad un professionista della trasmissione telematica, non esonera dagli obblighi fiscali, ma da un comportamento colpevole non puo’ certo farsi derivare la prova del dolo specifico richiesto dalla norma.
Con il quinto motivo, infine, deduce questione di legittimita’ costituzionale per palese disparita’ di trattamento tra il soggetto che non abbia presentato la dichiarazione e chi l’abbia presentata senza versare l’imposta entro il termine indicato (per quest’ultimo la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimita’ costituzionale del Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 10 ter, per i fatti antecedenti al Decreto Legge n. 138 del 2011, ove non fosse superata la soglia di euro 103.291,38).
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ infondato
2. Secondo la giurisprudenza di questa Corte costituisce atto irripetibile e puo’ quindi essere inserito nel fascicolo per il dibattimento, il processo verbale di costatazione redatto dalla Guardia di Finanza per accertare o riferire violazioni a norme finanziarie o tributarie (cfr. ex multis Cass. pen. sez. 3 n. 36399 del 18/05/2011): “Rientrano, infatti, nel novero degli atti irripetibili quelli mediante i quali la p.g. prende direttamente cognizione di fatti, situazioni o comportamenti umani dotati di una qualsivoglia rilevanza penale e suscettibili di modificazione”.
Sicche’ in materia di accertamento di reati tributari il processo verbale di constatazione redatto in occasione di controlli e’ inseribile nel fascicolo del dibattimento nella parte in cui riproduce situazioni di fatto esistenti in un determinato momento e suscettibili di subire modifiche; cosi’ che possono essere utilizzati i riscontri documentali e contabili amministrativi quando riproducono una situazione obiettiva neppure contestata (Cass. sez. 3 n. 1944 del 15/01/1998).
D’altra parte, il processo verbale di constatazione redatto dalla guardia di finanza o dai funzionari degli uffici finanziari e’ un atto amministrativo extraprocessuale, come tale, comunque, acquisibile ed utilizzabile a fini probatori (Cass. sez. 3 n. 7820 del 01/04/1998; sez. 3 n. 6881 del 18/11/2008).
2.1. Qualora, pero’, nel corso dell’attivita’ ispettiva, emergano indizi di reato, occorre procedere secondo le modalita’ previste dall’articolo 220 disp. att. c.p.p., altrimenti la parte del documento redatta successivamente a detta emersione non puo’ assumere efficacia probatoria e, quindi, non e’ utilizzabile” (cfr. Cass. pen. sez. 3 n. 6881/2008 cit.; Sez. 3 n. 15372 del 10/02/2010).
Tale norma prescrive, infatti, che, quando emergano indizi di reato, gli atti necessari per assicurare le fonti di prova e raccogliere quant’altro possa servire per l’applicazione della legge penale sono compiuti con l’osservanza delle norme delle codice. Da detta disposizione si evince, per converso, che l’obbligo non ricorre quando, ancora, non sono emersi elementi di colpevolezza nei riguardi di chi e’ sottoposto all’atto ispettivo o di vigilanza (Cass. sez. 6 n. 11076 del 10/05/1999).
E’ stato, anche, affermato che, in tema di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali, il controllo formale relativo alla regolarita’ della posizione contributiva del datore di lavoro, compiuto dall’Istituto previdenziale sulla base dei documenti gia’ in suo possesso, non possa considerarsi attivita’ ispettiva o di vigilanza ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 220 disp. att. c.p.p., che impone l’osservanza delle norme a garanzia della difesa previste dal codice di rito (Cass. sez. 3 n. 27682 di 17/06/2014).
2.2. La Corte distrettuale, nel rigettare l’eccezione di inutilizzabilita’ del verbale di constatazione, ha, richiamando la giurisprudenza di legittimita’ sopra ricordata, opportunamente rilevato che la ricostruzione del volume d’affari della societa’ era avvenuto sulla base di dati oggettivi, ricavati dalla banca dati in cui confluiscono gli elenchi dei fornitori presentati dagli operatori economici, nonche’ dall’acquisizione presso terzi delle fatture emesse dalla stessa societa’ nei confronti dei clienti individuati attraverso la banca dati in questione (pag. 2). L’accertamento era quindi fondato su elementi ricognitivi.
In ogni caso, il verbale di constatazione era stato acquisito senza opposizione della difesa (si legge infatti nella trascrizione del verbale di udienza del 16/10/2013, che la difesa, invitata dal Presidente, affermava: “Nessuna osservazione”).
Infine, il contenuto del verbale di constatazione era stato confermato in dibattimento dal teste.
E, quanto alla presunta violazione dell’articolo 220 disp. att., ha rilevato che il ricorrente non aveva neppure indicato quale parte del verbale di constatazione fosse inutilizzabile.
Peraltro l’attivita’ di ricerca della documentazione sopra evidenziata risultava compiuta in un momento in cui era rilevabile solo l’omessa presentazione della dichiarazione annuale, ma non era certo ipotizzabile il superamento della soglia di punibilita’.
Invero, a voler seguire l’interpretazione della norma sollecitata dal ricorrente, si finirebbe, per rendere applicabili le garanzie difensive di cui all’articolo 220 disp. att., all’inizio di ogni attivita’ ispettiva e di vigilanza.
3. Corretta e’ anche la ritenuta utilizzabilita’ delle dichiarazioni rese dal M.llo (OMISSIS), avendo il predetto riferito su attivita’ accertative da lui stesso compiute e riportate nel verbale di constatazione, nonche’ sottoscritto, unitamente agli altri agenti operanti, il verbale in questione “avendo conoscenza di tutti i documenti esaminati, dai quali sono derivate le conclusioni riportate nell’atto” (pag. 2).
Peraltro, il divieto di cui all’articolo 195 c.p.p., comma 4, previsto per gli ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria, non si applica nell’ipotesi in cui il verbalizzante riferisca sulle attivita’ di indagine svolte da altri ufficiali o agenti di p.g. nello stesso contesto investigativo (cfr. Cass. Sez. 2 n. 36286 del 21/09/2010; anche sez. 2 n. 23005 del 16/01/2015).
4. Il terzo motivo di ricorso e’ inammissibile.
In tema di reati tributari, l’accertamento induttivo compiuto dagli uffici finanziari puo’ rappresentare un valido elemento di indagine per stabilire, in sede penale, se vi sia stata evasione e se questa abbia raggiunto le soglie di punibilita’ previste dalla legge, a condizione che il Giudice non si limiti a constatarne l’esistenza e non faccia apodittico richiamo agli elementi in essi evidenziati, ma proceda a specifica autonoma valutazione degli elementi nello stesso descritti comparandoli con quelli eventualmente acquisiti “aliunde” (cfr. Cass. sez. 3 n. 1904 del 21/12/1999, Zarbo; conf. Cass. sez. 3, 20/10/1995 Perillo).
Anche piu’ di recente e’ stato ribadito che, ai fini dell’accertamento della soglia di punibilita’ di cui al Decreto Legislativo n. 74 del 2000, articolo 5, il giudice possa legittimamente avvalersi dell’accertamento induttivo dell’imponibile compiuto dagli uffici finanziari (Cass. pen. sez. 3 n. 24811 del 28/04/2011, Cass. pen. sez. 3 n. 40992 del 14/05/2013).
La Corte territoriale ha fatto corretta applicazione di tali principi, assumendo che: a) l’accertamento era fondato su dati obbiettivi, derivando dalla sommatoria degli importi portati dalle fatture emesse dalla societa’ e non contabilizzate; b) non erano state fornite dall’imputato fatture passive; c) era ininfluente la presenza di eventuali operazioni esenti da iva, dal momento che la condotta omissiva in contestazione riguardava esclusivamente l’imposta diretta sul reddito (IRES); d) la base imponibile determinata in sede di accertamento era stata accettata dallo stesso imputato che aveva provveduto al pagamento delle imposte dovute; e) la soglia di punibilita’ risultava pertanto ampiamente superata (pag. 3 sent.)
4.1. Il ricorrente, invece di confrontarsi con tale motivazione, contestandola con argomentazioni in fatto ed in diritto, si limita a riproporre, parola per parola, il motivo di
appello (addirittura, come risulta a pag. 11 del ricorso, non viene neppure eliminata l’affermazione: “Nella fattispecie portata alla cognizione di questa Ecc.ma Corte di Appello…”).
Eppure l’articolo 581 c.p.p., richiede espressamente che l’atto di impugnazione contenga, a pena di inammissibilita’ ex articolo 591 c.p.p., comma 1, lettera c), a) i capi o i punti della decisione ai quali si riferisce l’impugnazione; b) le richieste; c) i motivi, con l’indicazione specifica delle ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta.
5. Quanto all’elemento soggettivo, e’ pacifico che l’affidamento ad un professionista dell’incarico di predisporre e presentare la dichiarazione annuale dei redditi non esoneri il soggetto obbligato dalla responsabilita’ penale per il delitto di omessa dichiarazione (Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74, articolo 5), in quanto, trattandosi di reato omissivo proprio, la norma tributaria considera come personale e non delegabile il relativo dovere (Cass. pen. sez. 3 n. 9163 del 29/10/2009).
A parte il fatto che risulta indimostrato che la omessa presentazione delle dichiarazioni possa attribuirsi a negligenza del professionista incaricato e che deve ritenersi irrilevante che negli anni precedenti esse siano state presentate regolarmente, la Corte territoriale ha osservato che il dolo specifico richiesto dalla norma, oltre che dalla mancata presentazione della denuncia, era desumibile “anche dalla mancata esibizione delle fatture emesse dalla societa’ e dall’effettuazione del pagamento delle imposte solo dopo la contestazione” (pag. 3 sent).
6. La sollevata questione di illegittimita’ costituzionale e’ irrilevante sotto un duplice profilo: a) perche’ la contestazione riguarda la dichiarazione dei redditi (IRES); b) perche’, in ogni caso, per quanto accertato dalla Corte di merito sarebbe di gran lunga superata la soglia di punibilita’ indicata dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 80 del 7/4/2014 in relazione all’omesso versamento dell’iva fino al 17/9/2011.
7. Non essendo il ricorso manifestamente infondato (in relazione ai primi due motivi), va dichiarata la prescrizione del reato di omessa denuncia per l’anno 2006 perche’ estinto per prescrizione, anche se intervenuta dopo l’emissione della sentenza impugnata.
Il termine massimo di prescrizione di anni 7 e mesi 6 e’, infatti, maturato in data 27/6/2015, risultando il reato commesso alla data del 27/12/2007.
La sentenza impugnata va, pertanto, annullata sul punto, senza necessita’ di rinvio, potendosi eliminare in questa sede l’aumento apportato a titolo di continuazione per detto reato (vale a dire mesi 2 di reclusione – cfr. pag. 4 sent. Trib.).
P.Q.M.
Annulla, senza rinvio, la sentenza impugnata limitatamente al reato di omessa denuncia per l’anno 2006 perche’ estinto per prescrizione ed elimina la relativa pena di mesi 2 di reclusione. Rigetta nel resto il ricorso.
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