Suprema Corte di Cassazione
sezione III
sentenza 20 febbraio 2014, n. 4073
Svolgimento del processo
C.A. , S.L. e S.G. convenivano in giudizio P.R. , B.R. e le Assicurazioni Generali per sentir accertare l’esclusiva responsabilità di B.R. nel sinistro avvenuto in data (omissis), allorquando la sig. S.P. , mentre si trovava alla guida del ciclomotore Piaggio, veniva tamponata dall’autovettura Fiat 500 guidata da B.R. e di proprietà di P.R. , assicurata per la RCA presso la Generali Assicurazioni.
A seguito del sinistro, la sig.rs S.P. subiva gravissime lesioni e, ricoverata presso l’Ospedale (omissis), ivi decedeva in data (omissis).
Gli attori chiedevano il risarcimento dei danni subiti in proprio e quali eredi di S.P. .
I convenuti contestavano la dinamica del sinistro negando che l’incidente era dovuto ad un tamponamento,ma che invece era stato causato da uno scontro frontale fra i due veicoli.
Il Tribunale di Verona, non ritenendo ricostruibile la dinamica del sinistro applicava il criterio sussidiario della presunzione di pari responsabilità a carico di entrambe le parti di cui all’art. 2054 co. II c.c., condannando parte convenuta al risarcimento dei danni subiti in misura del 50%, rigettando la richiesta del danno morale.
A seguito di impugnazione degli eredi di S.P. , la Corte di appello di Venezia, con sentenza depositata il 2-3-2007, ha confermato la decisione di primo grado.
Propongono ricorso C.A. , S.L. e S.G. con quattro motivi illustrati da memoria.
Resistono le Generali Assicurazioni.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso si denunzia la violazione dell’art. 2729 c.c..
Lamentano i ricorrenti che la decisione di sia fondata su una sola presunzione semplice ex art. 2729 c.c., ancorché essa sia in aperto contrasto con altri elementi di prova a disposizione del Giudice.
2. Con il secondo motivo si denunzia violazione o falsa applicazione degli artt. 2054 c.c. e 61 c.p..
Sostengono i ricorrenti che il giudice è ricorso al criterio sussidiario della responsabilità di cui all’art. 2054 c.c. dopo aver disatteso le istanze istruttorie formulate, vale a dire la richiesta si c.t.u..
3. I due motivi si esaminano congiuntamente e sono infondati.
I giudici di merito sono giunti alla conclusione dell’impossibilità di accertare l’esatte modalità dell’incidente sulla base dei rilievi e delle prove agli atti.
Infatti in base alla posizione dei danni riportati dal motorino, tutti relativi alla parte anteriore dello stesso e nessuno alla parte posteriore, hanno escluso che vi fosse la prova del tamponamento da tergo dedotta in citazione dagli attori.
4. Tenendo conto che i danni riportati dall’autovettura erano compatibili sia con l’ipotesi della scontro frontale, che con il tamponamento, e che la deposizione del teste Sa. non era chiarificatrice sulla dinamica perché egli ha riferito di aver visto il motorino solo al momento dell’impatto, senza altra specificazione, la Corte ha ritenuto che non era possibile procedere all’accertamento della dinamica dello scontro ed ha correttamente applicato la presunzione di pari responsabilità di cui all’art.2054 2 comma c.c..
5. La Corte di merito, quindi, non ha basato la sua decisione su una presunzione, come erroneamente ritengono i ricorrenti, ma ha valutato liberamente le risultanze istruttorie in atti, ritenendo che le stesse non confermassero nessuna della due ricostruzioni dell’incidente proposte dalle parti.
6. Si osserva che, come costantemente affermato da questa Corte, in tema di responsabilità da sinistri derivanti dalla circolazione stradale, l’apprezzamento del giudice del merito in ordine alla ricostruzione delle modalità di un incidente e al comportamento delle persone alla guida dei veicoli in esso coinvolti si concreta in un giudizio di mero fatto che resta insindacabile in sede di legittimità, quando sia adeguatamente motivato e immune da vizi logici e da errori giuridici (Cass. 2/03/2004, n. 4186; Cass. 25/02/2004, n. 3803; Cass. 30/01/2004, n. 1758; Cass. 05/04/2003, n. 5375).
7. Inoltre la valutazione delle risultanze delle prove ed il giudizio sull’attendibilità dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti, Cass. 07/01/2009, n. 42.
8. Si ricorda poi che la c.t.u. non è un mezzo di prova, ma è un ausilio tecnico a cui il giudice può ricorrere quando si tratti di materie in cui egli non ha competenza tecnica specifica, e la valutazione della necessità di una c.t.u è rimessa al libero apprezzamento del giudice,che nella specie ha adeguatamente motivato il perché non vi ha fatto ricorso.
9. Con il terzo motivo si denunzia vizio di motivazione su un fatto decisivo e controverso individuato nella liquidazione del quantum risarcibile a titolo di lucro cessante in favore di C.A. , madre della vittima.
10. Il motivo è inammissibile per assenza del momento di sintesi. Questa Corte ha già avuto modo di chiarire che secondo l’art. 366 bis c.p.c. introdotto dalla riforma di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006,applicabile alla presente fattispecie poiché la sentenza impugnata è stata depositata il 2-3-2007, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, un quesito di diritto e la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione (Cass. 3441/2008, 2697/2008). Pertanto, la relativa censura (ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) “deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), costituente una parte del motivo che si presenti, a ciò specificamente e riassuntivamente destinata, che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità” 11.Con il quarto motivo si denunzia violazione degli artt. 2056 e 1223 c.c.. Viene formulato il seguente quesito di diritto: dica la Suprema Corte se i danni che non costituiscono conseguenza dell’illecito aquiliano non siano risarcibili laddove essi costituiscano conseguenza dell’illecito alla stregua del criterio di regolarità causale e non rappresentino uno sviluppo del tutto imprevedibile dell’illecito tesso. In particolare, dica la Cassazione se costituisce danno risarcibile ai ensi dell’art. 1223 c.c. il fatto che la madre, per effetto del decesso della figlia in un sinistro stradale, assuma su di sé, iure haereditario, l’obbligo di pagare i ratei del mutuo contratto dalla figlia e non ancora scaduti al momento dell’evento letale”.
12. Con il quinto motivo si denunzia violazione e falsa applicazione di norma di diritto con riferimento agli artt. 2056 e 1223 c.c..
Viene formulato il seguente quesito di diritto “Dica la Suprema Corte se rappresenta un vantaggio compensabile ai sensi del principio della compensatio lucri cum damno l’acquisto iure haereditatis di un immobile qravato da ipoteca, costituita dal de cuius a qaranzia del pagamento dei ratei di un mutuo non ancora scaduto al momento dell’apertura della successione, e contratto dal defunto al fine dell’acquisto del predetto immobile”.
13. I due motivi sono inammissibili per inadeguatezza della formulazione del quesito di diritto.
Questa Corte ha già avuto modo di chiarire che secondo l’art. 366 bis c.p.c. introdotto dalla riforma di cui al D.Lgs. n. 40 del 2006,applicabile alla presente fattispecie poiché la sentenza impugnata è stata pubblicata il 2-3-2007, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità,un quesito di diritto e la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione (Cass. 3441/2008, 2697/2008).
14. Il quesito di diritto deve essere formulato in termini tali da costituire una sintesi logico-giuridica della questione, così da consentire al giudice di legittimità di enunciare una “regula iuris” suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata.
15. Ne consegue che è inammissibile il motivo di ricorso sorretto da un quesito la cui formulazione, ponendosi in violazione di quanto prescritto dal citato art. 366-bis, si risolve sostanzialmente in una omessa proposizione del quesito medesimo, per la sua inidoneità a chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in riferimento alla concreta fattispecie Sez. U, Sentenza n. 26020 del 30/10/2008.
16. I due motivi con cui si denunzia violazione di legge non contengono la formulazione di un quesito logico-giuridico che riproduca la fattispecie concreta oggetto della controversia, non indicano la regula iuris erroneamente applicata dal giudice, né la diversa regola invece applicabile, di modo che la condivisione dell’affermazione di principio non porta ne1 all’accoglimento, ne1 al rigetto del motivo di ricorso: il “quesito” è privo di concretezza, in quanto non è calato nella specifica vicenda processuale e non capta i fatti controversi in relazione ai quali la motivazione ricostruttori a sarebbe carente. Le spese del giudizio seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 3.200,00, di cui Euro 200,00 per spese,oltre accessori come per legge.
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