Suprema Corte di Cassazione
sezione III
sentenza 19 febbraio 2016, n. 3266
Svolgimento del processo
D.A. convenne in giudizio la FATA Assicurazioni Danni s.p.a. per ottenere il rimborso delle spese corrisposte al proprio legale per l’assistenza prestata nella procedura di risarcimento diretto relativa ad un sinistro occorsogli il 25.12.2008, procedura che si era conclusa con l’accettazione della somma offerta dall’assicuratrice a tacitazione dei danni riportati dall’auto dell’attore.
La FATA contestò di essere tenuta al ristoro delle spese legali in quanto il sinistro era stato definito in fase stragiudiziale.
Il Giudice di Pace di Taranto qualificò la domanda come azione di regresso ex art. 68 legge professionale forense e la rigettò sul rilievo che non vi era stata alcuna transazione.
Provvedendo in sede di gravame, il Tribunale di Taranto ha ritenuto fondata la censura del D. in ordine al fatto che il primo giudice non aveva esaminato la domanda sotto il profilo del risarcimento del danno; esaminato tale profilo, ha tuttavia rigettato la pretesa dell’appellante affermando che al sinistro deve applicarsi la disciplina dell’art. 149 D.L.vo n. 209/2005 sulla procedura di risarcimento diretto e che, a norma dell’art. 9 del regolamento emanato con D.P.R. n. 254/2006, non sono indennizzabili (con la sola eccezione delle perizie relative a danni alla persona) le spese sostenute dal danneggiato per l’ausilio di professionisti nella fase stragiudiziale, qualora sia stata accettata l’offerta dell’assicuratore.
Ricorre per cassazione il D. , affidandosi a cinque motivi; l’intimata non svolge attività difensiva.
Motivi della decisione
1. Col primo motivo – che deduce violazione o falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 1223 e 2056 c.c. – il ricorrente assume che anche le spese relative all’assistenza legale nella fase stragiudiziale della gestione del sinistro costituiscono danno consequenziale al sinistro, secondo il principio della regolarità causale, e lamenta pertanto una “evidente violazione dell’art. 1223 c.c.”, dolendosi che “la subordinazione del diritto al riconoscimento delle spese legali alle condizioni di cui all’art. 9 comma II DPR 254/2006 (non accettazione dell’offerta) rende impossibile o estremamente difficile l’esercizio di difesa del danneggiato”.
2. Col secondo motivo – dedotto sotto il profilo della violazione o falsa applicazione degli artt. 148, co. 11 e 122 del D.L.vo n. 209/2005, dell’art. 4 delle disposizioni sulla legge in generale e dell’art. 134 Cost. – il D. evidenzia l’esistenza di un contrasto fra l’art. 9 D.P.R. n. 254/2006 e gli artt. 148 e 122 del D. L.vo n. 209/2005, assumendo che l’art. 148 da “per implicitamente scontato il riconoscimento del rimborso delle spese legali, mentre l’art. 122 estende l’obbligo assicurativo a tutti i danni derivanti dalla circolazione; rileva, pertanto, che “l’applicazione… dell’art. 9 escluderebbe il risarcimento di determinati danni e segnatamente quello accessorio delle spese legali, senza che la legge ne faccia cenno” e sostiene che, quale norma regolamentare sottordinata alle disposizioni di legge, la previsione dell’art. 9 -non scrutinabile in sede di giudizio di legittimità costituzionale – dev’essere disapplicata dal giudice ordinario.
3. I due motivi sono fondati, per quanto di ragione.
Questa Corte ha recentemente affermato che, “in tema di risarcimento diretto dei danni derivanti dalla circolazione stradale, l’art. 9, comma 2, del d.P.R. 18 luglio 2006, n. 254, emanato in attuazione dell’art. 150, comma 1, del d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209, il quale, per l’ipotesi di accettazione della somma offerta dall’impresa di assicurazione, esclude che siano dovuti al danneggiato i compensi di assistenza professionale diversi da quelli medico-legali per i danni alla persona, si interpreta nel senso che sono comunque dovute le spese di assistenza legale sostenute dalla vittima perché il sinistro presentava particolari problemi giuridici, ovvero quando essa non abbia ricevuto la dovuta assistenza tecnica e informativa dal proprio assicuratore, dovendosi altrimenti ritenere nulla detta disposizione per contrasto con l’art. 24 Cost., e perciò da disapplicare, ove volta ad impedire del tutto la risarcibilità del danno consistito nell’erogazione di spese legali effettivamente necessarie” (Cass. n. 11154/2015).
La stessa pronuncia ha affermato che, per contro, “sarà sempre irrisarcibile la spesa per compensi all’avvocato quando la gestione del sinistro non presentava alcuna difficoltà, i danni da esso derivati erano modestissimi, e l’assicuratore aveva prontamente offerto la dovuta dovuta assistenza al danneggiato”, ed ha concluso che “quindi il problema delle spese legali va correttamente posto in termini di causalità, ex art. 1223 c.c., e non di risarcibilità”.
Alla luce di tali principi – che meritano continuità – non risulta corretta l’affermazione compiuta dal giudice di appello, secondo cui la disposizione dell’art. 9 D.P.R. n. 254/2006 escluderebbe in ogni caso la ripetibilità, da parte del D. , delle spese di assistenza legale sostenute nella fase stragiudiziale per avere volontariamente scelto di farsi assistere da un avvocato: tale affermazione sottende, infatti, una lettura della disposizione che, vietando tout court la risarcibilità del danno, si pone in contrasto non l’art. 24 Cost. e che impone la disapplicazione della norma regolamentare.
Accolti pertanto i primi due motivi – nei termini ora illustrati – e dichiarati assorbiti gli altri tre, deve cassarsi la sentenza e disporsi il rinvio al giudice di merito che dovrà valutare se le spese stragiudiziali richieste erano necessitate e giustificate dalla complessità del caso e dalle contestazioni mosse dall’assicuratore richiesto del pagamento o da inerzia dello stesso nel prestare la dovuta assistenza.
6. Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del presente giudizio
P.Q.M.
la Corte accoglie i primi due motivi per quanto di ragione, dichiarando assorbiti gli altri; cassa e rinvia, anche per le spese di lite, al Tribunale di Taranto, in persona di altro magistrato.
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