Il testo integrale [1]

Per integrare la fattispecie del dolo processuale revocatorio ai sensi dell’art. 395 cod. proc. civ., n. 1, non è, dunque, sufficiente la sola violazione dell’obbligo di lealtà e probità previsto dall’art. 88 cod. proc. civ., né, in linea di massima, sono di per sé sufficienti il mendacio, le false allegazioni o le reticenze, ma si richiede un’attività intenzionalmente fraudolenta che si concretizzi in artifici o raggiri subiettivamente diretti e oggettivamente idonei a paralizzare la difesa avversaria e a impedire al giudice l’accertamento della verità.

E se è vero che … anche il silenzio su fatti decisivi può integrare gli estremi del dolo processuale revocatorio ciò concretamente accade solo se rappresenti elemento di una macchinazione fraudolenta, che abbia concretamente inciso sul contraddittorio e sul diritto di difesa o, comunque, sull’accertamento della verità.

Mentre, osserva la Corte, nulla di tutto ciò sembra essersi verificato nel caso concreto dove l’invio della bozza dell’atto per un appello ormai scaduto lungi dal prefigurarsi come strumento della macchinazione del professionista a danno del cliente – era più agevolmente ascrivibile all’errore.

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