Suprema Corte di Cassazione
sezione III
sentenza 15 maggio 2014, n. 10632
REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RUSSO Libertino Alberto – Presidente
Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere
Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere
Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 27592-2010 proposto da:
(OMISSIS) SPA (OMISSIS), in persona dell’Amministratore Delegato Sig. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusto mandato in calce;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA (OMISSIS), in persona del Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta procura in calce;
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS) SPA (OMISSIS), (OMISSIS) SPA (OMISSIS), (OMISSIS) SPA (OMISSIS), (OMISSIS) SPA, (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 665/2010 del TRIBUNALE di LAMEZIA TERME, depositata il 12/07/2010 R.G.N. 2248/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/02/2014 dal Consigliere Dott. FRANCO DE STEFANO;
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GAMBARDELLA Vincenzo che ha concluso per il rigetto del ricorso.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. RUSSO Libertino Alberto – Presidente
Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere
Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere
Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere
Dott. VINCENTI Enzo – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 27592-2010 proposto da:
(OMISSIS) SPA (OMISSIS), in persona dell’Amministratore Delegato Sig. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS) giusto mandato in calce;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA (OMISSIS), in persona del Dott. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta procura in calce;
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS) SPA (OMISSIS), (OMISSIS) SPA (OMISSIS), (OMISSIS) SPA (OMISSIS), (OMISSIS) SPA, (OMISSIS) (OMISSIS), (OMISSIS) (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 665/2010 del TRIBUNALE di LAMEZIA TERME, depositata il 12/07/2010 R.G.N. 2248/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 19/02/2014 dal Consigliere Dott. FRANCO DE STEFANO;
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GAMBARDELLA Vincenzo che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. La (OMISSIS) spa, creditrice ipotecaria di (OMISSIS) e (OMISSIS) in virtu’ di formalita’ iscritta ai RR.II. il 22.5.86, intervenne il 10.9.06 ed il 7.8.98 nelle due procedure esecutive immobiliari – poi riunite – instaurate presso il tribunale di Lamezia Terme nel 1994 anche sugli immobili oggetto di ipoteca, rispettivamente dalla (OMISSIS) e dalla (OMISSIS). Intervenuti nelle procedure anche la (OMISSIS), la (OMISSIS) spa e la (OMISSIS), le procedure esecuzione giunsero – nel settembre del 2008 – infine alla fase di riparto, all’esito della quale il giudice dell’esecuzione approvo’ addi’ 8.4.09 il piano di riparto elaborato da un c.t.u. appositamente nominato, nel quale ad essa (OMISSIS) non era riconosciuto il privilegio derivante dall’iscrizione ipotecaria, siccome questa non era stata rinnovata decorsi venti anni, prima del decreto di trasferimento del bene che ne era oggetto.
Tale ordinanza la (OMISSIS) spa impugno’ con ricorso ex articoli 598, 512 e 617 cod. proc. civ., contestando la soluzione in diritto alla questione: ma, costituitasi la sola (OMISSIS), il tribunale di Lamezia Terme rigetto’ l’opposizione, con sentenza 12.7.10, n. 665.
Per la cassazione di quest’ultima ricorre la (OMISSIS) spa, affidandosi a tre motivi; degli intimati resiste con controricorso la sola (OMISSIS); e, per la pubblica udienza del 19.2.14, sia la ricorrente che la controricorrente depositano memoria ai sensi dell’articolo 378 cod. proc. civ..
Tale ordinanza la (OMISSIS) spa impugno’ con ricorso ex articoli 598, 512 e 617 cod. proc. civ., contestando la soluzione in diritto alla questione: ma, costituitasi la sola (OMISSIS), il tribunale di Lamezia Terme rigetto’ l’opposizione, con sentenza 12.7.10, n. 665.
Per la cassazione di quest’ultima ricorre la (OMISSIS) spa, affidandosi a tre motivi; degli intimati resiste con controricorso la sola (OMISSIS); e, per la pubblica udienza del 19.2.14, sia la ricorrente che la controricorrente depositano memoria ai sensi dell’articolo 378 cod. proc. civ..
MOTIVI DELLA DECISIONE
2. Va preliminarmente rilevata la carenza di prova del completamento della notifica del ricorso ad almeno quattro dei suoi sette destinatari, in quanto, avvenuta col mezzo della posta, la relata non e’ stata per costoro dalla ricorrente munita, neppure entro l’udienza di discussione (alla quale del resto il suo difensore non ha ritenuto di partecipare), dell’avviso di ricevimento della raccomandata con cui ha avuto luogo.
Tuttavia, non vi e’ necessita’ di disporre la rinnovazione della notifica stessa.
2.1. Infatti, va ribadito come il diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo (derivante dall’articolo 111 Cost., comma 2 e dagli articoli 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti del l’uomo e delle liberta’ fondamentali) imponga al giudice (ai sensi degli articoli 175 e 127 cod. proc. civ.) di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano quelli che si traducono in un inutile dispendio di attivita’ processuali e formalita’ superflue, in quanto non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio (come espresso dall’articolo 101 cod. proc. civ.), da sostanziali garanzie di difesa (articolo 24 Cost.) e dal diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parita’ (articolo 111 Cost., comma 2) dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale e’ destinato ad esplicare i suoi effetti (cfr., per il caso di inammissibilita’ del ricorso, Cass. Sez. Un., ord. 22 marzo 2010, n. 6826; fra le tante ad essa seguite: Cass. 18 gennaio 2012, n. 690; Cass. 25 gennaio 2012, n. 1032; Cass., ord. 8 novembre 2012, n. 19317).
2.2. Ora, tale principio, per evidente identita’ di ratio, va applicato anche all’ipotesi di irritualita’ (o di mancata prova della ritualita’) della notifica ad alcuni soltanto dei litisconsorti necessari, anche nel caso in cui esso appaia prima facie non meritevole di accoglimento (Cass. 29 febbraio 2012, n. 3132; Cass. 10 aprile 2012, n. 5695; Cass., ord. 18 luglio 2012, n. 12399; Cass., ord. 28 dicembre 2012, n. 23994).
Infatti, anche in tale ipotesi ne’ lo stesso ricorrente, ne’ la parte pretermessa ricaverebbe alcun vantaggio concreto dalla partecipazione della seconda al giudizio, a maggior ragione – ma non solo – ove fosse poi a sua volta decaduta dal diritto ad un’autonoma impugnazione.
2.3. In definitiva, nel rispetto dei principi gia’ evidenziati – in uno a quello di economia processuale (sul punto, v. Cass., ord. 30 gennaio 2013, n. 2240), che impone al giudice di adottare interpretazioni delle norme processuali che non comportino un dispendio di ulteriori risorse, ove risulti escluso qualsiasi vantaggio o maggior beneficio per le parti – va esclusa anche nel caso di evidente infondatezza del ricorso la necessita’ della fissazione di un termine per l’integrazione del contraddittorio o per la rinnovazione della notifica del ricorso nei confronti degli eventuali litisconsorti necessari pretermessi o non raggiunti da rituale notifica.
3. Cio’ posto, si nota che la ricorrente sviluppa tre motivi ed in particolare:
3.1. con il primo, si duole di violazione e falsa applicazione degli articoli 2808 e 2847 cod. civ., contestando la conclusione del tribunale sull’estensione della valenza costitutiva dell’iscrizione e della sua rinnovazione alla causa di prelazione, deducendo al contrario l’irrilevanza della protrazione dei tempi del processo esecutivo, una volta operatovi un intervento in un momento in cui l’iscrizione era ad ogni effetto valida, per essere, a quel momento, non ancora decorsi venti anni dall’iscrizione della formalita’;
3.2. con il secondo, lamenta nullita’ della sentenza o del procedimento per violazione dell’articolo 112 cod. proc. civ. e degli articoli 2938 e 2969 cod. civ., sostenendo l’illegittimita’ di un rilievo ufficioso, da parte oltretutto del c.t.u. incaricato della redazione del progetto di distribuzione, della sopravvenuta carenza di operativita’ del privilegio correlato all’originaria iscrizione: quella dovendo ricollegarsi ad una causa di prescrizione o di decadenza, integranti oggetto di un’eccezione in senso stretto, nella specie mancati al momento del rilievo;
3.3. con il terzo, censura l’omissione, nella gravata sentenza, di motivazione sulla qualificazione della natura giuridica dell’estinzione dell’ipoteca ai sensi dell’articolo 2847 c.c. e dell’articolo 2878 c.c., n. 2 (in termini, cioe’, di prescrizione o di decadenza) e sulla questione della necessita’, espressamente invocata da essa creditrice, di una specifica eccezione delle controparti interessate.
4. Dal canto suo, la controricorrente ribatte:
4.1. quanto al primo motivo, che il termine ventennale per la rinnovazione non integra un termine ne’ di prescrizione, ne’ di decadenza, con la duplice conseguenza sia dell’esclusione dei relativi istituti tipici e della possibilita’ di una sua interruzione, sia della sussistenza di un onere, per il creditore ipotecario, di rinnovare l’iscrizione prima dei venti anni anche in caso di intervento in procedura esecutiva per conseguire il coattivo soddisfacimento del credito garantito;
4.2. quanto al secondo motivo, escludendo la configurabilita’ del termine in questione come termine di prescrizione e di decadenza e cosi’ ritenendolo sottratto ad ogni regola sulla necessaria ufficiosita’ del rilievo, senza necessita’ di analitica ulteriore indagine, da parte del giudicante, sulla natura giuridica dell’estinzione dell’ipoteca ai sensi degli articoli 2847 e 2878 cod. civ.;
4.3. quanto al terzo motivo, ulteriormente ed ampiamente argomentando nel senso dell’operativita’ del termine ventennale sulla sola efficacia, nei rapporti con gli altri creditori, del privilegio derivante dall’iscrizione originaria e per la sua irrilevanza ai fini della persistenza del diritto reale di garanzia.
5. I tre motivi, tra loro congiuntamente esaminati per l’evidente intima connessione, sono infondati.
5.1. Giova puntualizzare che la controversia attiene al riconoscimento o meno, nel dispiegamento di un intervento nel processo esecutivo individuale (nella specie, avvenuto in tempo anteriore alla riforma del 2005/06), di un’efficacia interruttiva e sospensiva del termine previsto dall’articolo 2847 cod. civ. (a mente del quale, come e’ noto, l’iscrizione conserva il suo effetto per venti anni dalla sua data e l’effetto cessa se l’iscrizione non e’ rinnovata prima che scada detto termine).
Nella specie, invero, in forza di un’ipoteca iscritta il 22.5.86, il creditore ipotecario di primo grado dispiegava intervento, addi’ 10.9.96 e 7.8.98, nelle procedure esecutive intentate con pignoramenti del 1994 e del 1995 in danno dei debitori ipotecari: procedure nelle quali la vendita del compendio, oggetto tanto del pignoramento che dell’ipoteca, aveva luogo in virtu’ di decreto di trasferimento del 16.4.08, successivo cioe’ di oltre venti anni all’iscrizione della prima ipoteca, pacificamente non rinnovata alla scadenza del termine di cui all’articolo 2847 cod. civ. (e cioe’ entro il 21.5.06).
5.2. Pertanto, al caso di specie si applica la disciplina sugli interventi anteriore alle riforme degli articoli 499 e 500 cod. proc. civ., di cui alle Legge n. 80 del 2005 e Legge n. 263 del 2005: i quali sono stati modificati, rispettivamente, dal Decreto Legge 14 marzo 2005, n. 35, articolo 2, comma 3, lettera e), nn. 7 e 1-bis, conv. con mod. dalla Legge 14 maggio 2005, n. 80, il primo come modificato dalla Legge 28 dicembre 2005, n. 263, articolo 1, comma 3, lettera e) nonche’ il secondo a sua volta inserito dall’articolo 1, comma 2, lettera d) di tale ultima legge.
Al riguardo, la disciplina transitoria delle richiamate riforme (di cui al Decreto Legge 30 dicembre 2005, n. 273, articolo 39-quater, conv. con modif. dalla Legge 23 febbraio 2006, n. 51, in relazione al Decreto Legge 14 marzo 2005, n. 35, articolo 2, comma 3-sexies, conv. con modif. dalla Legge 14 maggio 2005, n. 80, come introdotto dal Decreto Legge 30 giugno 2005, n. 115, articolo 8, conv. con modif. dalla Legge 17 agosto 2005, n. 168, e, successivamente, dalla Legge 28 dicembre 2005, n. 263, articolo 1, comma 6) prevede poi che le modifiche normative in tema di processo esecutivo si applicano – tranne quanto riguarda la sola vendita gia’ disposta e la disciplina sull’efficacia degli interventi per crediti non fondati su titolo esecutivo – anche alle procedure esecutive gia’ pendenti; e comporta la conservazione dell’efficacia degli interventi non fondati su titolo esecutivo avvenuti prima dell’entrata in vigore (il 1 marzo 2006) della detta riforma.
5.3. Tuttavia, la soluzione da applicarsi alla presente fattispecie va riconosciuta valida anche dopo la riforma del 2005/06, visto che le conclusioni cui era pervenuta la pregressa giurisprudenza e che qui si confermano possono estendersi anche al regime successivo, modificato solo quanto all’accesso degli interventori, limitato ormai a chi e’ munito di un titolo gia’ esecutivo o a pochi altri creditori, le cui ragioni debbano aversi pero’ per non contestate dal debitore in un apposito subprocedimento.
5.3. Ora, in merito agli effetti della mancata rinnovazione dell’ipoteca in pendenza di processo esecutivo individuale la giurisprudenza di questa Corte puo’ dirsi, benche’ di recente, consolidata.
Al riguardo, per l’esaustivita’ dei passaggi motivazionali ed il rigore delle argomentazioni, pare utile ed opportuno un integrale richiamo a Cass. 14 maggio 2012, n. 7498, a mente della quale “l’efficacia dell’iscrizione di ipoteca, ai sensi dell’articolo 2847 cod. civ., cessa se l’iscrizione non sia rinnovata entro vent’anni dalla sua data, a nulla rilevando che tale termine spiri in pendenza del processo di esecuzione, a meno che non sia gia’ stato emesso – prima della scadenza di detto termine ventennale -il decreto di trasferimento del bene ipotecato”.
In particolare, secondo quanto in quella sede rigorosamente argomentato, il termine ventennale dell’articolo 2847 cod. civ. e’ un termine che regola l’efficacia dell’iscrizione ipotecaria non tanto e non solo nei rapporti tra il creditore ipotecario ed il debitore originario, ma soprattutto nei rapporti tra il primo e gli altri creditori e gli aventi causa dal debitore originario: il suo inutile decorso, lasciando beninteso intatto il diritto di credito come assistito dal titolo ipotecario, comporta pero’ la postergazione del creditore ipotecario, che intenda continuare ad avvalersi della garanzia, ai creditori iscritti nel lasso tra l’originaria e la nuova iscrizione (articolo 2848 cod. civ., comma 1); ed estingue il diritto dipendente dal titolo ipotecario rispetto ai terzi acquirenti dell’immobile ipotecato che hanno trascritto il loro titolo (articolo 2848 cod. civ., comma 2).
Pertanto, la rinnovazione, che e’ cosa diversa dalla nuova iscrizione, non comporta esercizio di un diritto, ma proroga ex lege gli effetti dell’iscrizione originaria, tanto e’ vero che puo’ essere eseguita anche presentando soltanto la nota precedente, senza presentare il titolo (arg. ex articolo 2850 cod. civ., comma 2).
Essa quindi opera sul piano della pubblicita’ immobiliare e serve per far conoscere la situazione di liberta’ o meno di un immobile a colui che consulta i registri immobiliari senza costringerlo ad una consultazione senza limiti di tempo, limitandone l’ampiezza al pur ampio intervallo di venti anni. Ne consegue che, essendo la prescrizione istituto collegato all’esercizio di un diritto: in primo luogo, essa non si applica al termine dell’articolo 2847 cod. civ.; in secondo luogo, alla fattispecie non si applicano neppure le norme in tema di interruzione della prescrizione, tra cui, in particolare, quella dell’articolo 2943 cod. civ..
5.4. Nello stesso senso, ancor piu’ di recente, si pronuncia Cass. 5 febbraio 2014, n. 2610, la quale, rimarcata l’ontologica differenza tra diritto di azione, diritto di esecuzione e diritto di prelazione, fonda sulla concettuale distinzione tra titolo esecutivo e titolo ipotecario la potenziale indipendenza delle vicende modificative od estintive del secondo in merito al primo; e ribadisce che l’estinzione dell’efficacia dell’ipoteca ex articolo 2847 cod. civ. non priva il creditore del proprio diritto di credito, ne’ della possibilita’ di avvalersi in futuro del diritto di prelazione, ne’ del diritto di iscrivere l’ipoteca (articolo 2848 c.c., comma 1), ma comporta – solo – la postergazione dell’ipoteca, tardivamente rinnovata, alle altre ipoteche iscritte medio tempore, cosi’ come la sua inopponibilita’ ai terzi che abbiano trascritto il proprio titolo prima della reiscrizione dell’ipoteca perenta (articolo 2848 cod. civ., comma 2). Percio’, l’inefficacia dell’ipoteca sopravvenuta, ai sensi dell’articolo 2847 cod. civ., in pendenza del processo esecutivo iniziato dal creditore ipotecario nei confronti del debitore che sia anche proprietario del bene ipotecato, non comporta la nullita’ o l’invalidita’, nemmeno sopravvenuta, ne’ del precetto, ne’ del pignoramento, ma ha l’unico effetto di privare il creditore, gia’ ipotecario, della legittima causa di prelazione e di relegarlo al rango di normale chirografario.
6. Nella memoria depositata ai sensi dell’articolo 378 cod. proc. civ. la ricorrente confuta le argomentazioni di Cass. 7498/12, iniziando col ricostruire come vero e proprio diritto quello di “mantenere viva l’ipoteca oltre il ventennio esercitando il diritto di rinnovarla”, per poi argomentare per la carenza di senso di un rinnovo stesso a processo esecutivo gia’ iniziato.
La tesi non puo’ essere condivisa.
6.1. La protrazione dell’efficacia propria dell’iscrizione, regolata dal sistema di pubblicita’ di cui all’articolo 2650 c.c. e segg., e’ una delle facolta’ del creditore ipotecario, la quale, siccome estrinsecazione del suo diritto di garanzia reale sul bene, gli permette di fruire dei benefici della formalita’ originaria per un ulteriore ventennio.
Ora, ai benefici di tale formalita’ si riconduce non solo l’opponibilita’ – e la stessa facolta’ di esercizio – del diritto di sequela (quale diritto di aggredire il bene del debitore originario, quand’anche esso abbia circolato o sia stato trasferito a terzi), originariamente riconosciuto al creditore ipotecario, ma pure il particolare grado di prelazione – su capitale e parte di interessi e spese – derivante a favore del creditore ipotecario dalla specifica formalita’, in quanto eseguita in una certa data ed in rapporto di anteriorita’ temporale rispetto alle successive.
6.2. Pertanto, ove il creditore ipotecario voglia continuare a beneficiare di entrambi gli effetti, sara’ suo onere assicurare, mediante una rinnovazione tempestiva nel termine – dall’ampiezza del tutto agibile – ventennale dalla prima iscrizione, la protrazione dell’originaria efficacia, manifestando, con l’univoca ma espressa formalita’ della rinnovazione, la sua volonta’ di continuare ad avvalersi delle relative facolta’.
E l’indispensabilita’ di tale formalita’ e’ data dalla sua finalizzazione a regolamentare i rapporti tra il beneficiario ed i terzi, tra questi pure dovendo annoverarsi i creditori concorrenti, ovvero quelli con grado di prelazione successivo, ovvero ancora quelli chirografari.
6.3. Ne segue che il creditore ipotecario non e’ titolare di una posizione giuridica soggettiva autonoma avente ad oggetto la rinnovazione, quest’ultima essendo solo l’estrinsecazione della piu’ complessiva posizione giuridica riconducibile al concetto ed al contenuto stesso di diritto reale di garanzia.
E si conferma, anche per quest’altra via, che il termine ventennale non e’ ne’ di prescrizione, ne’ di decadenza, ma di cessazione di efficacia, ai suoi tipici e determinati effetti, dell’iscrizione originaria.
Finche’, quindi, l’ipotecario voglia fruire anche della prelazione, egli deve essere munito di una formalita’ validamente iscritta – cioe’ risalente a non oltre un ventennio prima del momento in cui egli voglia avvalersi del suo tipico effetto in ordine alle prelazione – ed opponibile ai creditori di grado intermedio, tra i quali quello che abbia trascritto pignoramento dopo la prima iscrizione ipotecaria, ma prima della sua perenzione ventennale (e, quindi, a maggior ragione della sua eventuale nuova iscrizione).
7. Tanto impone di verificare pure l’ulteriore argomento, collegato al primo, sviluppato dalla ricorrente, circa l’idoneita’ della pendenza della procedura esecutiva, nella quale l’ipotecario abbia dispiegato intervento, a sospendere il termine di efficacia.
7.1. Argomento di per se’ dirimente potrebbe stare in cio’ che, esclusa la natura di termine di prescrizione a quello previsto dall’articolo 2847 cod. civ., non potrebbe certo ad esso applicarsi alcuno degli istituti a quest’ultima relativi, meno che mai quello della sospensione o dell’interruzione o, ancora, dell’interruzione ad effetti permanenti (talora definita interruzione-sospensione).
7.2. Piu’ radicalmente, preclude la conclusione auspicata dall’odierna ricorrente la struttura stessa del processo esecutivo individuale e, in essa, il meccanismo di verifica del credito azionato, sia dal creditore principale, sia – e soprattutto – dagli interventori.
7.3. Giova prendere le mosse dalla diversa disciplina dettata per le procedure concorsuali (come ricordato da Cass. 1 aprile 2011, n. 7570).
Ivi vige la regola per la quale, in tema di ripartizione dell’attivo nel fallimento, posto che il decreto di approvazione dello stato passivo, di cui alla L.F., articolo 96, se non impugnato, preclude ogni questione relativa all’esistenza del credito, alla sua entita’, all’efficacia del titolo da cui deriva e all’esistenza di cause di prelazione, la sua intangibilita’ non ammette il riesame del credito da parte del giudice delegato in sede di finale distribuzione, mediante degradazione a chirografo, di un credito gia’ ammesso in via ipotecaria; e’ questa la ragione per la quale, ma appunto (solo) nelle procedure concorsuali, nemmeno il mancato rinnovo dell’iscrizione ipotecaria alla scadenza del ventennio dal compimento della prima formalita’ pubblicitaria, attenendo all’unico profilo dell’efficacia e percio’ non estinguendo ne’ il titolo ipotecario, ne’ il diritto di credito garantito, costituisce ragione per la sua degradazione a chirografo. In materia non opera l’istituto della prescrizione, e dunque la stessa astratta ipotizzabilita’ della interruzione, con riguardo all’apertura del fallimento, essendo invece sufficiente, perche’ la garanzia giovi al creditore, che questi abbia richiesto ed ottenuto l’ammissione al passivo del proprio credito, senza che, alla data della relativa domanda, l’iscrizione stessa abbia superato il ventennio, permanendo tale efficacia per tutto il corso della procedura.
In questo modo l’istituto si adatta alla sistematica concorsuale, nella quale il creditore, depositata la domanda, consuma il suo potere processuale ne’ ha piu’ il potere o l’onere di intervenire sul diritto d’ipoteca, che cessa di essere nella sua disponibilita’ una volta ammesso, a differenza di quanto accade nell’esecuzione singolare, in cui l’iscrizione non deve aver superato il ventennio alla data della vendita forzata, che concreta l’espropriazione che il creditore ha diritto di chiedere, mentre nella procedura concorsuale la vendita e’ disposta su iniziativa del curatore.
7.4. Invece, nell’espropriazione forzata individuale diverso e’ il meccanismo di identificazione dei crediti ammessi al soddisfacimento sulla somma ricavata dalla procedura esecutiva ed il ruolo del singolo creditore.
La verifica immediata tanto del titolo esecutivo che di quelli giustificativi delle ragioni degli intervenuti e’ meramente estrinseca e formale (benche’ sia ineludibile la rilevabilita’ ufficiosa dell’esistenza originaria e della persistenza del titolo – salve le vicende della sua trasformazione – per tutta la durata del processo esecutivo), almeno fino a quando alcuno dei soggetti controinteressati – vale a dire in primis il debitore, ma pure altro creditore concorrente – non formalizzi la contestazione dell’esistenza dei fatti costitutivi del diritto vantato, ovvero di quelli della prelazione opposta agli altri creditori.
Infatti (come ricorda Cass. 1 aprile 2011, n. 7556), anche dopo la riforma del 2006 continua a non essere prevista alcuna verifica dell’esistenza del credito o della ragione di prelazione, se non quella meramente formale del riscontro del titolo esecutivo per il procedente (e per l’interventore, dopo la riforma, ovvero – sempre dopo la riforma – del mancato disconoscimento del debitore), prima della fase della distribuzione, salvo che non ne sorga la necessita’ in tempo anteriore (come ad esempio in caso di riduzione o conversione del pignoramento), tanto che si escludeva perfino l’onere dell’interventore di produrre, prima di tali occasioni, i titoli o i documenti giustificativi del credito azionato (tra le altre, per il regime previgente, v. Cass. 19 luglio 2005 n. 15219).
7.5. Tale soluzione era e rimane in linea con la ricostruzione di un sistema, se non altro da parte della costante giurisprudenza di legittimita’, improntato ad un’estrema liberta’ di forme per la giustificazione dei poteri anche di chi agiva in executivis o di chi comunque instava per prendere utilmente parte al processo esecutivo: sull’evidente presupposto della non convenienza, per alcuno dei soggetti ai questo, della necessita’ di introdurre e portare a termine dispendiose parentesi cognitive in un contesto che si voleva caratterizzato da massima celerita’ e grande semplicita’ di forme.
7.6. Pertanto, e’ corretto dire che e’ l’ontologica i differenza tra il sistema dell’esecuzione concorsuale e quello dell’esecuzione individuale a determinare: nel primo, la cristallizzazione degli effetti di una verifica sommaria ma con effetti endoprocedimentali preclusivi, tali da protrarsi per tutta la durata della procedura stessa; nel secondo, a posporre alla fase della distribuzione, ove non insorta in precedenza nelle forme delle dovute opposizioni (o, dopo la riforma del 2006, nel caso dell’intervento su credito non titolato nei casi peculiari previsti dall’articolo 499 cod. proc. civ.), ogni questione sull’accertamento dell’an debeatur, del quantum e delle rispettive eventuali ragioni di prelazione dei concorrenti sulla somma ricavata.
7.7. Prima di tale fase, nella procedura esecutiva individuale non vi e’ quindi alcun accertamento con valenza endoprocessuale equiparabile all’ammissione allo stato passivo ed idoneo a conferire una certezza, quand’anche interinale ed ai limitati fini dello sviluppo del processo (tranne il gia’ richiamato caso degli interventi su crediti non titolati ed oggetto di riconoscimento, esplicito od implicito, del debitore: ma anche in tale ipotesi, verosimilmente, senza che la condotta di quest’ultimo possa legittimare di per se’ sola l’esistenza di una prelazione e cioe’ di un ordine tra i creditori diverso da quello reale e documentato), sull’esistenza della ragione di credito azionata.
7.8. Tanto comporta che, nel processo esecutivo, il giudice dell’esecuzione procede, ma solo nella fase di distribuzione, ove non ne sia sorta in precedenza necessita’ per altre ragioni, alla ricostruzione delle ragioni di credito esistenti. Ma tanto non integra attivita’ giurisdizionale cognitiva, perche’ non si e’ in presenza cioe’ di una domanda e di una controversia su diritti, insorta tra parti contrapposte: sicche’ gli istituti propri del giudizio di cognizione non possono operare nel processo esecutivo.
Quest’ultimo e’ caratterizzato dall’assenza istituzionale originaria di controversie in punto di diritto (salvo appunto il caso che, prima o dopo la delibazione del g.e. in sede meramente esecutiva, insorga contrasto tra i soggetti interessati del processo esecutivo, tanto che proprio – ma solo – in tal caso si attivano le cc.dd. parentesi cognitive di quest’ultimo): sicche’ l’attivita’ del giudice dell’esecuzione, esclusivamente ordinatoria, ha lo scopo di dare concreta attuazione a titoli giustificativi formatisi aliunde e a comporre, nell’interesse di tutti i soggetti coinvolti e finanche del debitore, gli effetti del loro simultaneo azionamento in una medesima procedura.
7.9. Ne segue che, dovendo ricostruire la somma ricavata ed il coacervo delle ragioni di credito concorrenti, le quali aspirano a trovare sulla prima il maggior possibile soddisfacimento col minor sacrificio possibile delle ragioni del debitore, il carattere non cognitivo della tutela di tutti i soggetti coinvolti esige l’ufficiosita’ della ricostruzione di queste ultime e dei loro reciproci rapporti, merce la loro quantificazione alla stregua degli elementi in atti ed il loro ordinamento di poziorita’ o prevalenza, attraverso la verifica della sussistenza o meno, per ognuna di esse, di una valida causa di prelazione, idonea a modificare la regola generale della par condicio creditorum.
Ed a tanto provvede quindi di ufficio il giudice, ovvero l’ausiliario cui egli abbia affidato la relativa attivita’ preparatoria (come nel caso di un consulente tecnico, ovvero di un professionista delegato con delega anche solo ad hoc; in entrambi i casi, tuttavia, purche’ non sia stato apertamente limitato il mandato, ovvero fatta salva l’utile possibilita’, per l’ausiliario stesso, di prospettare ipotesi alternative, che considerino cioe’ la sussistenza o meno della prelazione e rimettano la risoluzione della relativa questione, eminentemente di diritto, al giudice che dovra’ pronunziarsi sul riparto), sulla base di quanto risulti in atti dall’evidenza di essi. In tale contesto, resta onere degli interessati contestare il piano di riparto od il progetto di distribuzione ed i relativi presupposti di fatto e di diritto considerati dal giudice.
8. In definitiva:
da un lato, deve confermarsi l’esclusione della configurabilita’ del termine di efficacia dell’iscrizione ipotecaria originaria come termine di prescrizione o di decadenza: esclusione che impedisce poi l’applicazione di istituti propri di queste ultime;
dall’altro lato, l’intrinseca ed istituzionale inidoneita’ della mera pendenza del processo esecutivo individuale – e quindi, a maggior ragione, dell’atto di intervento nel medesimo (e, ripetesi, in consapevole differenza dal processo esecutivo concorsuale) – a configurare un giudizio od a dar luogo ad una cristallizzazione – nemmeno solo endoprocessuale – di un accertamento sull’entita’ del credito e sulle cause eventuali di prelazione, rende evidente che nessun effetto il dispiegamento dell’intervento produce sul decorso del termine ventennale di cui all’articolo 2847 cod. civ.;
– pertanto, non solo correttamente, ma doverosamente, nel processo esecutivo individuale il giudice dell’esecuzione – e, prima di lui (a meno che il mandato conferito non lo escluda expressis verbis), il consulente tecnico di ufficio o il delegato od ogni altro ausiliario in concreto incaricato di predisporre la bozza di progetto di distribuzione – riscontra di ufficio, per predisporre il progetto di distribuzione o il piano di riparto della somma ricavata, gli elementi a sostegno delle ragioni creditorie concorrenti e delle relative cause di prelazione, se del caso escludendo, in tutto o in parte, le une o le altre.
7. In conclusione, il ricorso va respinto.
Consegue alla sua soccombenza la condanna della ricorrente alle spese del presente giudizio di legittimita’ sostenute dalla controricorrente.
Tuttavia, non vi e’ necessita’ di disporre la rinnovazione della notifica stessa.
2.1. Infatti, va ribadito come il diritto fondamentale ad una ragionevole durata del processo (derivante dall’articolo 111 Cost., comma 2 e dagli articoli 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti del l’uomo e delle liberta’ fondamentali) imponga al giudice (ai sensi degli articoli 175 e 127 cod. proc. civ.) di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo ad una sollecita definizione dello stesso, tra i quali rientrano quelli che si traducono in un inutile dispendio di attivita’ processuali e formalita’ superflue, in quanto non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio (come espresso dall’articolo 101 cod. proc. civ.), da sostanziali garanzie di difesa (articolo 24 Cost.) e dal diritto alla partecipazione al processo in condizioni di parita’ (articolo 111 Cost., comma 2) dei soggetti nella cui sfera giuridica l’atto finale e’ destinato ad esplicare i suoi effetti (cfr., per il caso di inammissibilita’ del ricorso, Cass. Sez. Un., ord. 22 marzo 2010, n. 6826; fra le tante ad essa seguite: Cass. 18 gennaio 2012, n. 690; Cass. 25 gennaio 2012, n. 1032; Cass., ord. 8 novembre 2012, n. 19317).
2.2. Ora, tale principio, per evidente identita’ di ratio, va applicato anche all’ipotesi di irritualita’ (o di mancata prova della ritualita’) della notifica ad alcuni soltanto dei litisconsorti necessari, anche nel caso in cui esso appaia prima facie non meritevole di accoglimento (Cass. 29 febbraio 2012, n. 3132; Cass. 10 aprile 2012, n. 5695; Cass., ord. 18 luglio 2012, n. 12399; Cass., ord. 28 dicembre 2012, n. 23994).
Infatti, anche in tale ipotesi ne’ lo stesso ricorrente, ne’ la parte pretermessa ricaverebbe alcun vantaggio concreto dalla partecipazione della seconda al giudizio, a maggior ragione – ma non solo – ove fosse poi a sua volta decaduta dal diritto ad un’autonoma impugnazione.
2.3. In definitiva, nel rispetto dei principi gia’ evidenziati – in uno a quello di economia processuale (sul punto, v. Cass., ord. 30 gennaio 2013, n. 2240), che impone al giudice di adottare interpretazioni delle norme processuali che non comportino un dispendio di ulteriori risorse, ove risulti escluso qualsiasi vantaggio o maggior beneficio per le parti – va esclusa anche nel caso di evidente infondatezza del ricorso la necessita’ della fissazione di un termine per l’integrazione del contraddittorio o per la rinnovazione della notifica del ricorso nei confronti degli eventuali litisconsorti necessari pretermessi o non raggiunti da rituale notifica.
3. Cio’ posto, si nota che la ricorrente sviluppa tre motivi ed in particolare:
3.1. con il primo, si duole di violazione e falsa applicazione degli articoli 2808 e 2847 cod. civ., contestando la conclusione del tribunale sull’estensione della valenza costitutiva dell’iscrizione e della sua rinnovazione alla causa di prelazione, deducendo al contrario l’irrilevanza della protrazione dei tempi del processo esecutivo, una volta operatovi un intervento in un momento in cui l’iscrizione era ad ogni effetto valida, per essere, a quel momento, non ancora decorsi venti anni dall’iscrizione della formalita’;
3.2. con il secondo, lamenta nullita’ della sentenza o del procedimento per violazione dell’articolo 112 cod. proc. civ. e degli articoli 2938 e 2969 cod. civ., sostenendo l’illegittimita’ di un rilievo ufficioso, da parte oltretutto del c.t.u. incaricato della redazione del progetto di distribuzione, della sopravvenuta carenza di operativita’ del privilegio correlato all’originaria iscrizione: quella dovendo ricollegarsi ad una causa di prescrizione o di decadenza, integranti oggetto di un’eccezione in senso stretto, nella specie mancati al momento del rilievo;
3.3. con il terzo, censura l’omissione, nella gravata sentenza, di motivazione sulla qualificazione della natura giuridica dell’estinzione dell’ipoteca ai sensi dell’articolo 2847 c.c. e dell’articolo 2878 c.c., n. 2 (in termini, cioe’, di prescrizione o di decadenza) e sulla questione della necessita’, espressamente invocata da essa creditrice, di una specifica eccezione delle controparti interessate.
4. Dal canto suo, la controricorrente ribatte:
4.1. quanto al primo motivo, che il termine ventennale per la rinnovazione non integra un termine ne’ di prescrizione, ne’ di decadenza, con la duplice conseguenza sia dell’esclusione dei relativi istituti tipici e della possibilita’ di una sua interruzione, sia della sussistenza di un onere, per il creditore ipotecario, di rinnovare l’iscrizione prima dei venti anni anche in caso di intervento in procedura esecutiva per conseguire il coattivo soddisfacimento del credito garantito;
4.2. quanto al secondo motivo, escludendo la configurabilita’ del termine in questione come termine di prescrizione e di decadenza e cosi’ ritenendolo sottratto ad ogni regola sulla necessaria ufficiosita’ del rilievo, senza necessita’ di analitica ulteriore indagine, da parte del giudicante, sulla natura giuridica dell’estinzione dell’ipoteca ai sensi degli articoli 2847 e 2878 cod. civ.;
4.3. quanto al terzo motivo, ulteriormente ed ampiamente argomentando nel senso dell’operativita’ del termine ventennale sulla sola efficacia, nei rapporti con gli altri creditori, del privilegio derivante dall’iscrizione originaria e per la sua irrilevanza ai fini della persistenza del diritto reale di garanzia.
5. I tre motivi, tra loro congiuntamente esaminati per l’evidente intima connessione, sono infondati.
5.1. Giova puntualizzare che la controversia attiene al riconoscimento o meno, nel dispiegamento di un intervento nel processo esecutivo individuale (nella specie, avvenuto in tempo anteriore alla riforma del 2005/06), di un’efficacia interruttiva e sospensiva del termine previsto dall’articolo 2847 cod. civ. (a mente del quale, come e’ noto, l’iscrizione conserva il suo effetto per venti anni dalla sua data e l’effetto cessa se l’iscrizione non e’ rinnovata prima che scada detto termine).
Nella specie, invero, in forza di un’ipoteca iscritta il 22.5.86, il creditore ipotecario di primo grado dispiegava intervento, addi’ 10.9.96 e 7.8.98, nelle procedure esecutive intentate con pignoramenti del 1994 e del 1995 in danno dei debitori ipotecari: procedure nelle quali la vendita del compendio, oggetto tanto del pignoramento che dell’ipoteca, aveva luogo in virtu’ di decreto di trasferimento del 16.4.08, successivo cioe’ di oltre venti anni all’iscrizione della prima ipoteca, pacificamente non rinnovata alla scadenza del termine di cui all’articolo 2847 cod. civ. (e cioe’ entro il 21.5.06).
5.2. Pertanto, al caso di specie si applica la disciplina sugli interventi anteriore alle riforme degli articoli 499 e 500 cod. proc. civ., di cui alle Legge n. 80 del 2005 e Legge n. 263 del 2005: i quali sono stati modificati, rispettivamente, dal Decreto Legge 14 marzo 2005, n. 35, articolo 2, comma 3, lettera e), nn. 7 e 1-bis, conv. con mod. dalla Legge 14 maggio 2005, n. 80, il primo come modificato dalla Legge 28 dicembre 2005, n. 263, articolo 1, comma 3, lettera e) nonche’ il secondo a sua volta inserito dall’articolo 1, comma 2, lettera d) di tale ultima legge.
Al riguardo, la disciplina transitoria delle richiamate riforme (di cui al Decreto Legge 30 dicembre 2005, n. 273, articolo 39-quater, conv. con modif. dalla Legge 23 febbraio 2006, n. 51, in relazione al Decreto Legge 14 marzo 2005, n. 35, articolo 2, comma 3-sexies, conv. con modif. dalla Legge 14 maggio 2005, n. 80, come introdotto dal Decreto Legge 30 giugno 2005, n. 115, articolo 8, conv. con modif. dalla Legge 17 agosto 2005, n. 168, e, successivamente, dalla Legge 28 dicembre 2005, n. 263, articolo 1, comma 6) prevede poi che le modifiche normative in tema di processo esecutivo si applicano – tranne quanto riguarda la sola vendita gia’ disposta e la disciplina sull’efficacia degli interventi per crediti non fondati su titolo esecutivo – anche alle procedure esecutive gia’ pendenti; e comporta la conservazione dell’efficacia degli interventi non fondati su titolo esecutivo avvenuti prima dell’entrata in vigore (il 1 marzo 2006) della detta riforma.
5.3. Tuttavia, la soluzione da applicarsi alla presente fattispecie va riconosciuta valida anche dopo la riforma del 2005/06, visto che le conclusioni cui era pervenuta la pregressa giurisprudenza e che qui si confermano possono estendersi anche al regime successivo, modificato solo quanto all’accesso degli interventori, limitato ormai a chi e’ munito di un titolo gia’ esecutivo o a pochi altri creditori, le cui ragioni debbano aversi pero’ per non contestate dal debitore in un apposito subprocedimento.
5.3. Ora, in merito agli effetti della mancata rinnovazione dell’ipoteca in pendenza di processo esecutivo individuale la giurisprudenza di questa Corte puo’ dirsi, benche’ di recente, consolidata.
Al riguardo, per l’esaustivita’ dei passaggi motivazionali ed il rigore delle argomentazioni, pare utile ed opportuno un integrale richiamo a Cass. 14 maggio 2012, n. 7498, a mente della quale “l’efficacia dell’iscrizione di ipoteca, ai sensi dell’articolo 2847 cod. civ., cessa se l’iscrizione non sia rinnovata entro vent’anni dalla sua data, a nulla rilevando che tale termine spiri in pendenza del processo di esecuzione, a meno che non sia gia’ stato emesso – prima della scadenza di detto termine ventennale -il decreto di trasferimento del bene ipotecato”.
In particolare, secondo quanto in quella sede rigorosamente argomentato, il termine ventennale dell’articolo 2847 cod. civ. e’ un termine che regola l’efficacia dell’iscrizione ipotecaria non tanto e non solo nei rapporti tra il creditore ipotecario ed il debitore originario, ma soprattutto nei rapporti tra il primo e gli altri creditori e gli aventi causa dal debitore originario: il suo inutile decorso, lasciando beninteso intatto il diritto di credito come assistito dal titolo ipotecario, comporta pero’ la postergazione del creditore ipotecario, che intenda continuare ad avvalersi della garanzia, ai creditori iscritti nel lasso tra l’originaria e la nuova iscrizione (articolo 2848 cod. civ., comma 1); ed estingue il diritto dipendente dal titolo ipotecario rispetto ai terzi acquirenti dell’immobile ipotecato che hanno trascritto il loro titolo (articolo 2848 cod. civ., comma 2).
Pertanto, la rinnovazione, che e’ cosa diversa dalla nuova iscrizione, non comporta esercizio di un diritto, ma proroga ex lege gli effetti dell’iscrizione originaria, tanto e’ vero che puo’ essere eseguita anche presentando soltanto la nota precedente, senza presentare il titolo (arg. ex articolo 2850 cod. civ., comma 2).
Essa quindi opera sul piano della pubblicita’ immobiliare e serve per far conoscere la situazione di liberta’ o meno di un immobile a colui che consulta i registri immobiliari senza costringerlo ad una consultazione senza limiti di tempo, limitandone l’ampiezza al pur ampio intervallo di venti anni. Ne consegue che, essendo la prescrizione istituto collegato all’esercizio di un diritto: in primo luogo, essa non si applica al termine dell’articolo 2847 cod. civ.; in secondo luogo, alla fattispecie non si applicano neppure le norme in tema di interruzione della prescrizione, tra cui, in particolare, quella dell’articolo 2943 cod. civ..
5.4. Nello stesso senso, ancor piu’ di recente, si pronuncia Cass. 5 febbraio 2014, n. 2610, la quale, rimarcata l’ontologica differenza tra diritto di azione, diritto di esecuzione e diritto di prelazione, fonda sulla concettuale distinzione tra titolo esecutivo e titolo ipotecario la potenziale indipendenza delle vicende modificative od estintive del secondo in merito al primo; e ribadisce che l’estinzione dell’efficacia dell’ipoteca ex articolo 2847 cod. civ. non priva il creditore del proprio diritto di credito, ne’ della possibilita’ di avvalersi in futuro del diritto di prelazione, ne’ del diritto di iscrivere l’ipoteca (articolo 2848 c.c., comma 1), ma comporta – solo – la postergazione dell’ipoteca, tardivamente rinnovata, alle altre ipoteche iscritte medio tempore, cosi’ come la sua inopponibilita’ ai terzi che abbiano trascritto il proprio titolo prima della reiscrizione dell’ipoteca perenta (articolo 2848 cod. civ., comma 2). Percio’, l’inefficacia dell’ipoteca sopravvenuta, ai sensi dell’articolo 2847 cod. civ., in pendenza del processo esecutivo iniziato dal creditore ipotecario nei confronti del debitore che sia anche proprietario del bene ipotecato, non comporta la nullita’ o l’invalidita’, nemmeno sopravvenuta, ne’ del precetto, ne’ del pignoramento, ma ha l’unico effetto di privare il creditore, gia’ ipotecario, della legittima causa di prelazione e di relegarlo al rango di normale chirografario.
6. Nella memoria depositata ai sensi dell’articolo 378 cod. proc. civ. la ricorrente confuta le argomentazioni di Cass. 7498/12, iniziando col ricostruire come vero e proprio diritto quello di “mantenere viva l’ipoteca oltre il ventennio esercitando il diritto di rinnovarla”, per poi argomentare per la carenza di senso di un rinnovo stesso a processo esecutivo gia’ iniziato.
La tesi non puo’ essere condivisa.
6.1. La protrazione dell’efficacia propria dell’iscrizione, regolata dal sistema di pubblicita’ di cui all’articolo 2650 c.c. e segg., e’ una delle facolta’ del creditore ipotecario, la quale, siccome estrinsecazione del suo diritto di garanzia reale sul bene, gli permette di fruire dei benefici della formalita’ originaria per un ulteriore ventennio.
Ora, ai benefici di tale formalita’ si riconduce non solo l’opponibilita’ – e la stessa facolta’ di esercizio – del diritto di sequela (quale diritto di aggredire il bene del debitore originario, quand’anche esso abbia circolato o sia stato trasferito a terzi), originariamente riconosciuto al creditore ipotecario, ma pure il particolare grado di prelazione – su capitale e parte di interessi e spese – derivante a favore del creditore ipotecario dalla specifica formalita’, in quanto eseguita in una certa data ed in rapporto di anteriorita’ temporale rispetto alle successive.
6.2. Pertanto, ove il creditore ipotecario voglia continuare a beneficiare di entrambi gli effetti, sara’ suo onere assicurare, mediante una rinnovazione tempestiva nel termine – dall’ampiezza del tutto agibile – ventennale dalla prima iscrizione, la protrazione dell’originaria efficacia, manifestando, con l’univoca ma espressa formalita’ della rinnovazione, la sua volonta’ di continuare ad avvalersi delle relative facolta’.
E l’indispensabilita’ di tale formalita’ e’ data dalla sua finalizzazione a regolamentare i rapporti tra il beneficiario ed i terzi, tra questi pure dovendo annoverarsi i creditori concorrenti, ovvero quelli con grado di prelazione successivo, ovvero ancora quelli chirografari.
6.3. Ne segue che il creditore ipotecario non e’ titolare di una posizione giuridica soggettiva autonoma avente ad oggetto la rinnovazione, quest’ultima essendo solo l’estrinsecazione della piu’ complessiva posizione giuridica riconducibile al concetto ed al contenuto stesso di diritto reale di garanzia.
E si conferma, anche per quest’altra via, che il termine ventennale non e’ ne’ di prescrizione, ne’ di decadenza, ma di cessazione di efficacia, ai suoi tipici e determinati effetti, dell’iscrizione originaria.
Finche’, quindi, l’ipotecario voglia fruire anche della prelazione, egli deve essere munito di una formalita’ validamente iscritta – cioe’ risalente a non oltre un ventennio prima del momento in cui egli voglia avvalersi del suo tipico effetto in ordine alle prelazione – ed opponibile ai creditori di grado intermedio, tra i quali quello che abbia trascritto pignoramento dopo la prima iscrizione ipotecaria, ma prima della sua perenzione ventennale (e, quindi, a maggior ragione della sua eventuale nuova iscrizione).
7. Tanto impone di verificare pure l’ulteriore argomento, collegato al primo, sviluppato dalla ricorrente, circa l’idoneita’ della pendenza della procedura esecutiva, nella quale l’ipotecario abbia dispiegato intervento, a sospendere il termine di efficacia.
7.1. Argomento di per se’ dirimente potrebbe stare in cio’ che, esclusa la natura di termine di prescrizione a quello previsto dall’articolo 2847 cod. civ., non potrebbe certo ad esso applicarsi alcuno degli istituti a quest’ultima relativi, meno che mai quello della sospensione o dell’interruzione o, ancora, dell’interruzione ad effetti permanenti (talora definita interruzione-sospensione).
7.2. Piu’ radicalmente, preclude la conclusione auspicata dall’odierna ricorrente la struttura stessa del processo esecutivo individuale e, in essa, il meccanismo di verifica del credito azionato, sia dal creditore principale, sia – e soprattutto – dagli interventori.
7.3. Giova prendere le mosse dalla diversa disciplina dettata per le procedure concorsuali (come ricordato da Cass. 1 aprile 2011, n. 7570).
Ivi vige la regola per la quale, in tema di ripartizione dell’attivo nel fallimento, posto che il decreto di approvazione dello stato passivo, di cui alla L.F., articolo 96, se non impugnato, preclude ogni questione relativa all’esistenza del credito, alla sua entita’, all’efficacia del titolo da cui deriva e all’esistenza di cause di prelazione, la sua intangibilita’ non ammette il riesame del credito da parte del giudice delegato in sede di finale distribuzione, mediante degradazione a chirografo, di un credito gia’ ammesso in via ipotecaria; e’ questa la ragione per la quale, ma appunto (solo) nelle procedure concorsuali, nemmeno il mancato rinnovo dell’iscrizione ipotecaria alla scadenza del ventennio dal compimento della prima formalita’ pubblicitaria, attenendo all’unico profilo dell’efficacia e percio’ non estinguendo ne’ il titolo ipotecario, ne’ il diritto di credito garantito, costituisce ragione per la sua degradazione a chirografo. In materia non opera l’istituto della prescrizione, e dunque la stessa astratta ipotizzabilita’ della interruzione, con riguardo all’apertura del fallimento, essendo invece sufficiente, perche’ la garanzia giovi al creditore, che questi abbia richiesto ed ottenuto l’ammissione al passivo del proprio credito, senza che, alla data della relativa domanda, l’iscrizione stessa abbia superato il ventennio, permanendo tale efficacia per tutto il corso della procedura.
In questo modo l’istituto si adatta alla sistematica concorsuale, nella quale il creditore, depositata la domanda, consuma il suo potere processuale ne’ ha piu’ il potere o l’onere di intervenire sul diritto d’ipoteca, che cessa di essere nella sua disponibilita’ una volta ammesso, a differenza di quanto accade nell’esecuzione singolare, in cui l’iscrizione non deve aver superato il ventennio alla data della vendita forzata, che concreta l’espropriazione che il creditore ha diritto di chiedere, mentre nella procedura concorsuale la vendita e’ disposta su iniziativa del curatore.
7.4. Invece, nell’espropriazione forzata individuale diverso e’ il meccanismo di identificazione dei crediti ammessi al soddisfacimento sulla somma ricavata dalla procedura esecutiva ed il ruolo del singolo creditore.
La verifica immediata tanto del titolo esecutivo che di quelli giustificativi delle ragioni degli intervenuti e’ meramente estrinseca e formale (benche’ sia ineludibile la rilevabilita’ ufficiosa dell’esistenza originaria e della persistenza del titolo – salve le vicende della sua trasformazione – per tutta la durata del processo esecutivo), almeno fino a quando alcuno dei soggetti controinteressati – vale a dire in primis il debitore, ma pure altro creditore concorrente – non formalizzi la contestazione dell’esistenza dei fatti costitutivi del diritto vantato, ovvero di quelli della prelazione opposta agli altri creditori.
Infatti (come ricorda Cass. 1 aprile 2011, n. 7556), anche dopo la riforma del 2006 continua a non essere prevista alcuna verifica dell’esistenza del credito o della ragione di prelazione, se non quella meramente formale del riscontro del titolo esecutivo per il procedente (e per l’interventore, dopo la riforma, ovvero – sempre dopo la riforma – del mancato disconoscimento del debitore), prima della fase della distribuzione, salvo che non ne sorga la necessita’ in tempo anteriore (come ad esempio in caso di riduzione o conversione del pignoramento), tanto che si escludeva perfino l’onere dell’interventore di produrre, prima di tali occasioni, i titoli o i documenti giustificativi del credito azionato (tra le altre, per il regime previgente, v. Cass. 19 luglio 2005 n. 15219).
7.5. Tale soluzione era e rimane in linea con la ricostruzione di un sistema, se non altro da parte della costante giurisprudenza di legittimita’, improntato ad un’estrema liberta’ di forme per la giustificazione dei poteri anche di chi agiva in executivis o di chi comunque instava per prendere utilmente parte al processo esecutivo: sull’evidente presupposto della non convenienza, per alcuno dei soggetti ai questo, della necessita’ di introdurre e portare a termine dispendiose parentesi cognitive in un contesto che si voleva caratterizzato da massima celerita’ e grande semplicita’ di forme.
7.6. Pertanto, e’ corretto dire che e’ l’ontologica i differenza tra il sistema dell’esecuzione concorsuale e quello dell’esecuzione individuale a determinare: nel primo, la cristallizzazione degli effetti di una verifica sommaria ma con effetti endoprocedimentali preclusivi, tali da protrarsi per tutta la durata della procedura stessa; nel secondo, a posporre alla fase della distribuzione, ove non insorta in precedenza nelle forme delle dovute opposizioni (o, dopo la riforma del 2006, nel caso dell’intervento su credito non titolato nei casi peculiari previsti dall’articolo 499 cod. proc. civ.), ogni questione sull’accertamento dell’an debeatur, del quantum e delle rispettive eventuali ragioni di prelazione dei concorrenti sulla somma ricavata.
7.7. Prima di tale fase, nella procedura esecutiva individuale non vi e’ quindi alcun accertamento con valenza endoprocessuale equiparabile all’ammissione allo stato passivo ed idoneo a conferire una certezza, quand’anche interinale ed ai limitati fini dello sviluppo del processo (tranne il gia’ richiamato caso degli interventi su crediti non titolati ed oggetto di riconoscimento, esplicito od implicito, del debitore: ma anche in tale ipotesi, verosimilmente, senza che la condotta di quest’ultimo possa legittimare di per se’ sola l’esistenza di una prelazione e cioe’ di un ordine tra i creditori diverso da quello reale e documentato), sull’esistenza della ragione di credito azionata.
7.8. Tanto comporta che, nel processo esecutivo, il giudice dell’esecuzione procede, ma solo nella fase di distribuzione, ove non ne sia sorta in precedenza necessita’ per altre ragioni, alla ricostruzione delle ragioni di credito esistenti. Ma tanto non integra attivita’ giurisdizionale cognitiva, perche’ non si e’ in presenza cioe’ di una domanda e di una controversia su diritti, insorta tra parti contrapposte: sicche’ gli istituti propri del giudizio di cognizione non possono operare nel processo esecutivo.
Quest’ultimo e’ caratterizzato dall’assenza istituzionale originaria di controversie in punto di diritto (salvo appunto il caso che, prima o dopo la delibazione del g.e. in sede meramente esecutiva, insorga contrasto tra i soggetti interessati del processo esecutivo, tanto che proprio – ma solo – in tal caso si attivano le cc.dd. parentesi cognitive di quest’ultimo): sicche’ l’attivita’ del giudice dell’esecuzione, esclusivamente ordinatoria, ha lo scopo di dare concreta attuazione a titoli giustificativi formatisi aliunde e a comporre, nell’interesse di tutti i soggetti coinvolti e finanche del debitore, gli effetti del loro simultaneo azionamento in una medesima procedura.
7.9. Ne segue che, dovendo ricostruire la somma ricavata ed il coacervo delle ragioni di credito concorrenti, le quali aspirano a trovare sulla prima il maggior possibile soddisfacimento col minor sacrificio possibile delle ragioni del debitore, il carattere non cognitivo della tutela di tutti i soggetti coinvolti esige l’ufficiosita’ della ricostruzione di queste ultime e dei loro reciproci rapporti, merce la loro quantificazione alla stregua degli elementi in atti ed il loro ordinamento di poziorita’ o prevalenza, attraverso la verifica della sussistenza o meno, per ognuna di esse, di una valida causa di prelazione, idonea a modificare la regola generale della par condicio creditorum.
Ed a tanto provvede quindi di ufficio il giudice, ovvero l’ausiliario cui egli abbia affidato la relativa attivita’ preparatoria (come nel caso di un consulente tecnico, ovvero di un professionista delegato con delega anche solo ad hoc; in entrambi i casi, tuttavia, purche’ non sia stato apertamente limitato il mandato, ovvero fatta salva l’utile possibilita’, per l’ausiliario stesso, di prospettare ipotesi alternative, che considerino cioe’ la sussistenza o meno della prelazione e rimettano la risoluzione della relativa questione, eminentemente di diritto, al giudice che dovra’ pronunziarsi sul riparto), sulla base di quanto risulti in atti dall’evidenza di essi. In tale contesto, resta onere degli interessati contestare il piano di riparto od il progetto di distribuzione ed i relativi presupposti di fatto e di diritto considerati dal giudice.
8. In definitiva:
da un lato, deve confermarsi l’esclusione della configurabilita’ del termine di efficacia dell’iscrizione ipotecaria originaria come termine di prescrizione o di decadenza: esclusione che impedisce poi l’applicazione di istituti propri di queste ultime;
dall’altro lato, l’intrinseca ed istituzionale inidoneita’ della mera pendenza del processo esecutivo individuale – e quindi, a maggior ragione, dell’atto di intervento nel medesimo (e, ripetesi, in consapevole differenza dal processo esecutivo concorsuale) – a configurare un giudizio od a dar luogo ad una cristallizzazione – nemmeno solo endoprocessuale – di un accertamento sull’entita’ del credito e sulle cause eventuali di prelazione, rende evidente che nessun effetto il dispiegamento dell’intervento produce sul decorso del termine ventennale di cui all’articolo 2847 cod. civ.;
– pertanto, non solo correttamente, ma doverosamente, nel processo esecutivo individuale il giudice dell’esecuzione – e, prima di lui (a meno che il mandato conferito non lo escluda expressis verbis), il consulente tecnico di ufficio o il delegato od ogni altro ausiliario in concreto incaricato di predisporre la bozza di progetto di distribuzione – riscontra di ufficio, per predisporre il progetto di distribuzione o il piano di riparto della somma ricavata, gli elementi a sostegno delle ragioni creditorie concorrenti e delle relative cause di prelazione, se del caso escludendo, in tutto o in parte, le une o le altre.
7. In conclusione, il ricorso va respinto.
Consegue alla sua soccombenza la condanna della ricorrente alle spese del presente giudizio di legittimita’ sostenute dalla controricorrente.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la (OMISSIS) spa, in pers. del leg. rappr.nte p.t., al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’ in favore della (OMISSIS)spa, in pers. del leg. rappr.nte p.t., liquidandole in euro 3.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi.
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