Suprema Corte di Cassazione
sezione III
sentenza 13 novembre 2014, n. 24201
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SEGRETO Antonio – Presidente
Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere
Dott. ARMANO Uliana – Consigliere
Dott. SESTINI Danilo – Consigliere
Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 9170-2012 proposto da:
(OMISSIS) (OMISSIS) in proprio ed in rappresentanza legale quale madre esercente la patria potesta’ delle figlie conviventi minorenni (OMISSIS) e (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentata e difesa dall’avvocato (OMISSIS) giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS) SPA (OMISSIS), a seguito di fusione per incorporazione della (OMISSIS) SPA in (OMISSIS) SPA, in persona del procuratore ad negotia Dott.ssa (OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente –
e contro
(OMISSIS), (OMISSIS);
– intimati –
avverso la sentenza n. 182/2011 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA, depositata il 28/02/2011 R.G.N. 1209/10;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24/09/2014 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. BASILE Tommaso che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Si costituirono in giudizio (OMISSIS) e la societa’ di assicurazione (OMISSIS), chiedendo il rigetto della domanda.
Il Tribunale, acquisita la consulenza tecnica svolta dal P.M. in sede penale, ritenuto il concorso di colpa della vittima nella misura del 50 per cento, accolse la domanda e condanno’ i convenuti, in solido tra loro, al pagamento della somma di euro 43.512 in favore della moglie e di euro 36.260 in favore di ciascuna delle figlie a titolo di danno non patrimoniale, nonche’ della somma di euro 30.000 in favore della moglie e di euro 10.000 in favore di ciascuna delle figlie a titolo di danno patrimoniale, con rivalutazione ed interessi e con il carico della meta’ delle spese di giudizio.
2. La sentenza e’ stata appellata dalla (OMISSIS) in ordine alla liquidazione del danno non patrimoniale, e la Corte d’appello di Brescia, con sentenza del 28 febbraio 2011, ha respinto il gravame, confermando la pronuncia di primo grado e compensando integralmente le spese del giudizio di secondo grado.
Ha osservato la Corte territoriale – richiamando anche la motivazione della sentenza del Tribunale e dichiarando di condividerla – che l’entita’ del risarcimento spettante alle danneggiate era stata correttamente ridotta in considerazione del luogo nel quale le somme liquidate erano destinate ad essere spese, vale a dire la Tunisia. Infatti – se e’ vero che ciascuno dei familiari prossimi congiunti danneggiati dalla morte di una persona derivante da reato e’ titolare di una autonomo diritto al risarcimento – e’ altrettanto vero che il giudice puo’ procedere ad un trattamento personalizzato; e simile facolta’ comporta che il risarcimento deve essere adeguato, alla luce del Decreto Ministeriale 12 maggio 2003, al reale potere di acquisto della moneta dello Stato di residenza del danneggiato ; ed e’ notorio che in Tunisia il costo della vita e’ inferiore rispetto a quello dell’Italia.
3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Brescia propone ricorso (OMISSIS), in proprio e nella qualita’, con atto affidato a due motivi.
Resiste la s.p.a. (OMISSIS), nella qualita’ di societa’ derivante dalla fusione per incorporazione della societa’ di assicurazione (OMISSIS), con controricorso affiancato da memoria.
Rileva la ricorrente di non condividere la decurtazione del danno morale operata dalla Corte d’appello in funzione del luogo dove le somme sono destinate ad essere spese. Diversificare l’entita’ del risarcimento in funzione del luogo dove si svolge la vita dei destinatari crea, infatti, un’evidente disparita’ di trattamento, per di piu’ fondata – almeno nel caso di specie – su semplici criteri presuntivi, quale quello della permanenza della ricorrente in Tunisia; e tale Paese, d’altra parte, si trova in un momento di notevole incremento del PIL, sicche’ la riduzione del danno risarcibile non avrebbe alcuna ragion d’essere.
2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’articolo 360 c.p.c., comma 1, n. 5), violazione e falsa applicazione degli articoli 2, 3 e 29 Cost., degli articoli 1223, 2056, 2059 e 2729 cod. civ., della Legge 31 maggio 1995, n. 218, articoli 28 e 62, nonche’ del Decreto Ministeriale 12 maggio 2003.
Le censure proposte nel primo motivo vengono sostanzialmente ripresentate nel secondo, rilevando come la motivazione della sentenza d’appello non sarebbe adeguatamente motivata; si aggiunge, poi, che le tabelle di cui al Decreto Ministeriale 12 maggio 2003 non sarebbero idonee a dare un quadro esatto della Tunisia nella sua situazione attuale.
3. I due motivi, da trattare congiuntamente in relazione all’intima connessione che li unisce, sono entrambi fondati.
3.1. Il problema sul quale questa Corte e’ chiamata a pronunciarsi si sostanzia nello stabilire se, ai fini del risarcimento del danno morale, il giudice possa o meno adeguare la misura del risarcimento al potere di acquisto della moneta nello Stato di residenza dell’avente titolo al risarcimento medesimo. Nel caso in esame, poiche’ la persona rimasta uccisa nell’incidente stradale era di nazionalita’ (OMISSIS) e i suoi eredi (oggi ricorrenti) risiedono in Tunisia – sicche’ la somma di denaro erogata a titolo di risarcimento del danno morale e’ destinata, con ogni ragionevole probabilita’, ad essere spesa in quel Paese – occorre stabilire se il giudice possa, una volta determinato il quantum risarcitorio, operare una riduzione della somma in relazione al piu’ basso tenore di vita della Tunisia; cio’ in quanto il denaro costituisce un mezzo per procurarsi beni della vita che in quel Paese hanno un costo minore che in Italia.
A tale quesito la Corte d’appello, concordando con il Tribunale, ha dato risposta affermativa, richiamando, in particolare, il precedente di cui alla sentenza 14 febbraio 2000, n. 1637, di questa Terza Sezione Civile.
3.2. Tanto premesso per il corretto inquadramento dei termini della questione, rileva il Collegio che la sentenza appena richiamata, peraltro ormai risalente nel tempo e rimasta, a quanto risulta, priva di seguito, e’ stata recentemente smentita dalla sentenza 18 maggio 2012, n. 7932, di questa stessa Terza Sezione; la quale, affrontando il medesimo problema oggi in discussione ed entrando in consapevole contrasto con il precedente del 2000, ha osservato che il criterio della realta’ socioeconomica in cui vive il danneggiato non e’ fondato in diritto. Richiamando i tre elementi essenziali dell’illecito aquiliano – costituiti da condotta illecita colposa o dolosa, danno e nesso di causalita’ – la pronuncia n. 7932 del 2012 ha osservato che sono soltanto questi i fattori suscettibili di incidere sulla determinazione del danno; mentre il luogo dove il danneggiato abitualmente vive, e presumibilmente spendera’ od investira’ il risarcimento a lui spettante, e’ invece un elemento esterno e successivo alla fattispecie dell’illecito, un posterius, come tale ininfluente sulla misura del risarcimento del danno .
3.3. Ritiene questo Collegio che vada confermato e ribadito l’orientamento piu’ recente, superando quello al quale si e’ richiamato il giudice di merito.
Appaiono decisive, al riguardo, le seguenti osservazioni.
Innanzitutto, una valutazione differenziata risulterebbe in evidente contrasto con l’articolo 3 Cost..
Come la Corte costituzionale ha piu’ volte insegnato, le norme del diritto internazionale generalmente riconosciute rientrano tra quelle che, nel garantire i diritti fondamentali della persona indipendentemente dall’appartenenza a determinate entita’ politiche, vietano discriminazioni nei confronti degli stranieri, legittimamente soggiornanti nel territorio dello Stato (v. la sentenza n. 306 del 2008, nonche’, in relazione al diritto inviolabile alla salute, la sentenza n. 252 del 2001); e la medesima Corte ha anche dichiarato contraria all’articolo 3 Cost. – benche’ tale parametro faccia riferimento ai cittadini una disposizione di legge regionale che immotivatamente escludeva gli stranieri dal novero dei fruitori di una provvidenza sociale (nella specie, il diritto alla circolazione gratuita sui servizi di trasporto pubblico di linea, sentenza n. 432 del 2005).
Questa Corte, sulla scia di quanto indicato dal Giudice delle leggi, ha riconosciuto (sentenza 11 gennaio 2011, n. 450) che allo straniero, indipendentemente dalla condizione di reciprocita’, compete il risarcimento dell’intero danno non patrimoniale, di cui all’articolo 2059 c.c., allorche’ esso sia liquidato non come ipotesi espressamente prevista dalla legge (nella formulazione letterale ed originaria della norma), ma quale risarcimento della lesione di un valore della persona umana, costituzionalmente garantito .
In altre parole non si vede, alla luce della giurisprudenza costituzionale nonche’ della semplice logica giuridica, per quale ragione un medesimo evento dannoso – in questo caso la morte di un giovane uomo, marito e padre di due bambine – possa determinare conseguenze diverse a seconda della nazionalita’ dei soggetti aventi diritto al risarcimento. Questa Corte, d’altra parte, ha in numerose e ben note sentenze ribadito che il risarcimento del danno deve avere come obiettivo fondamentale il ripristino del valore-uomo nella sua insostituibile unicita’ (v., tra le altre, le sentenze 20 novembre 2012, n. 20292, 22 agosto 2013, n. 19402, e 14 gennaio 2014, n. 531); ora, anche se la morte rende impossibile tale ripristino, pur tuttavia il risarcimento che ne consegue non puo’ differenziarsi per il fatto che il denaro erogato a tale titolo e’ destinato ad essere speso in un Paese nel quale il costo della vita e’ diverso da quello dell’Italia.
Nel caso specifico, poi, e’ fuori discussione che la vittima dell’incidente si trovava in Italia per motivi di lavoro, sicche’ il denaro che egli stava guadagnando costituiva il corrispettivo di una prestazione svolta nel nostro Paese; di talche’, ragionando in via di ipotesi, ove l’incidente non avesse avuto le conseguenze mortali che purtroppo ha avuto, nessuno avrebbe (probabilmente) dubitato del fatto che il (OMISSIS) legittimamente presente nel territorio italiano avesse diritto ad un risarcimento identico a quello del cittadino. Al contrario, collegare al fatto che gli eredi, destinatari del risarcimento, risiedano in Tunisia una conseguenza significativa ai fini della liquidazione del danno morale significa introdurre nell’illecito un elemento del tutto estrinseco rispetto ad esso, con conseguenze inaccettabili.
3.4. Le conclusioni raggiunte traggono ulteriore conferma da altri orientamenti che questa Corte e’ andata maturando negli ultimi anni nella materia risarcitoria.
Va richiamata, al riguardo, la sentenza 7 giugno 2011, n. 12408, ribadita da altre piu’ recenti, nella quale si e’ riconosciuta l’importanza di una uniformita’, per quanto possibile, delle tecniche di risarcimento del danno, sottolineando la necessita’ di fare ricorso alle tabelle adottate dal Tribunale di Milano allo scopo di evitare che danni identici possano essere liquidati in misura diversa solo perche’ esaminati da differenti Uffici giudiziari. Tale pronuncia e’ evidentemente il segno della necessita’, che questa Corte avverte, di ridurre il piu’ possibile le diversita’ e le oscillazioni nella liquidazione del danno; sicche’ la decisione odierna si inserisce in modo coerente in questo filone di giurisprudenza, poiche’ evidenzia l’insostenibilita’ del riferimento alle diverse realta’ socio-economiche in sede di risarcimento del danno non patrimoniale.
4. In conclusione, il ricorso e’ accolto e la sentenza impugnata e’ cassata.
Il giudizio e’ rinviato alla Corte d’appello di Brescia, in diversa composizione personale, la quale decidera’ attenendosi al seguente principio di diritto:
In materia di illecito aquiliano, ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale il giudice di merito, procedendo alla necessaria valutazione equitativa di tutte le circostanze del caso concreto, non deve tenere conto della realta’ socio-economica nella quale la somma liquidata e’ destinata ragionevolmente ad essere spesa, poiche’ tale elemento e’ estraneo al contenuto dell’illecito .
Al giudice di rinvio e’ demandato anche il compito di liquidare le spese del presente giudizio di cassazione.
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