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SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE III CIVILE

sentenza 12 settembre 2014, n. 19270

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –
Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –
Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –
Dott. RUBINO Lina – Consigliere –
Dott. BARRECA Giuseppina Luciana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 23027-2008 proposto da:

EQUITALIA ESATRI SPA (già ESATRI – ESAZIONE TRIBUTI SPA) (OMISSIS), appartenente al Gruppo Riscossione, Agente della Riscossione dei Tributi per la provincia di Milano, Società Unipersonale, Direzione e Coordinamento di Equitalia spa, in persona del suo Amministratore Delegato e legale rappresentante rag. R. G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO MORDINI 14, presso lo studio dell’avvocato NAPOLITANI SIMONA, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato SPINOSO ANTONINO giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

G.N. (OMISSIS), con il suo Amministratore di Sostegno provvisorio avv. L.R.A., autorizzata con provvedimento del Giudice Tutelare in data 1/10/2008, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BERENGARIO 10, presso lo studio dell’avvocato CECCHETTI PAOLA, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati LA ROCCA ADRIANA, TESAURO FRANCESCO giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrente –

e contro

L.R.A.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 4570/2008 del TRIBUNALE di MILANO, depositata il 08/04/2008, R.G.N. 1518/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/05/2014 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LUCIANA BARRECA;

udito l’Avvocato ANTONINO SPINOSO;

udito l’Avvocato PAOLA CECCHETTI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SERVELLO Gianfranco che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Svolgimento del processo

1.- Con la decisione ora impugnata, pubblicata l’8 aprile 2008, il Tribunale di Milano ha accolto l’opposizione all’esecuzione immobiliare esattoriale proposta da G.N. nei confronti di ESATRI – Esazione Tributi s.p.a., avverso il pignoramento dell’usufrutto vitalizio di un appartamento in (OMISSIS), già casa coniugale; il diritto era stato costituito in suo favore con la sentenza del Tribunale di Milano che aveva dichiarato la cessazione degli effetti del matrimonio con il signor S.J., su domanda congiunta, con applicazione del rito camerale, ed alle condizioni concordate dai coniugi. Il Tribunale ha ritenuto che la costituzione dell’usufrutto fosse stata fatta quale corresponsione in unica soluzione dell’assegno di divorzio, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 8, e che, avendo questo una funzione assistenziale, non potesse essere pignorato.

2. – Avverso la sentenza Equitalia Esatri s.p.a. (già ESATRI – Esazione Tributi s.p.a.) ha proposto ricorso straordinario affidato a tre motivi.

G.N. si è difesa con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Motivi della decisione

1.- Con la memoria depositata ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ. la parte ricorrente ha fatto presente che, a seguito dell’entrata in vigore del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, art. 52, comma 1, lett. g), convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98, che ha modificato il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 76 ritenuto applicabile al caso di specie, Equitalia Esatri s.p.a. ha provveduto alla cancellazione del pignoramento per cui è causa ed ha chiesto la dichiarazione della cessazione della materia del contendere.

All’udienza del 13 maggio 2014 il difensore della stessa parte, alla presenza del difensore della parte resistente, ha prodotto visure dell’Agenzia delle Entrate relative alla richiesta di cancellazione del pignoramento sull’appartamento oggetto dell’espropriazione immobiliare esattoriale, alla quale è riferita l’opposizione all’esecuzione per cui è ricorso. A sua volta, la parte resistente, nella memoria depositata ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ., ha richiamato la normativa sopravvenuta, che, a suo dire, comporterebbe l’impignorabilità da parte dell’agente della riscossione della casa di abitazione, quando sia l’unico immobile di proprietà del debitore, che vi risieda anagraficamente; ha convenuto sulla sussistenza dei requisiti per l’applicazione, nella specie, del nuovo testo del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 76.

2.- La situazione normativa e processuale sopra delineata comporta che si debba verificare l’assunto della ricorrente circa l’applicabilità dello ius superveniens sopra richiamato (cfr., da ultimo, Cass. n. 16642/12, sull’applicazione nel giudizio di legittimità dello ius superveniens che introduca una nuova disciplina del rapporto), in forza del quale la stessa ricorrente ha dedotto la sopravvenuta cessazione della materia del contendere avendo chiesto la cancellazione della trascrizione del pignoramento dell’usufrutto della casa di abitazione della resistente, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 76.

L’art. 76, comma 1 è stato sostituito dal D.L. 21 giugno 2013, n. 69, art. 52, comma 1, lett. g), convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98, con la seguente previsione:

1. Ferma la facoltà di intervento ai sensi del codice di procedura civile, l’agente della riscossione: a) non da corso all’espropriazione se l’unico immobile di proprietà del debitore, con esclusione delle abitazioni di lusso aventi le caratteristiche individuate dal D.M. lavori pubblici 2 agosto 1969, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 218 del 27 agosto 1969, e comunque dei fabbricati classificati nelle categorie catastali A/8 e A/9, è adibito ad uso abitativo e lo stesso vi risiede anagraficamente; b) nei casi diversi da quello di cui alla lettera a), può procedere all’espropriazione immobiliare se l’importo complessivo del credito per cui procede supera centoventimila Euro. L’espropriazione può essere avviata se è stata iscritta l’ipoteca di cui all’art. 77 e sono decorsi almeno sei mesi dall’iscrizione senza che il debito sia stato estinto. Il Collegio ritiene che la lettera a) della disposizione novellata non preveda un’ipotesi di impignorabilità.

Depone, in tale senso, in primo luogo, la lettera della legge, che, a differenza delle disposizioni, anche del codice di rito, con le quali si sia inteso sottrarre all’esecuzione determinati beni, non sancisce che l’unico immobile di proprietà del debitore adibito a sua abitazione sia “impignorabile” ovvero non assoggettabile ad espropriazione (cfr., tra gli altri, gli artt. 514 e 545 cod. proc. civ.). Essa, già dal punto di vista letterale, non appare rivolta a dettare una disciplina peculiare del bene, in sè considerato, ma piuttosto a regolare l’azione esecutiva dell’agente della riscossione.

Inoltre, è la stessa norma che consente all’agente della riscossione di intervenire nel processo esecutivo immobiliare, avente ad oggetto quel bene immobile, che altri creditori del debitore abbiano intrapreso ai sensi delle norme del codice di rito. La casa di abitazione del debitore, che costituisce l’unico immobile di sua proprietà, resta perciò pignorabile, alla stregua di tali norme.

Essa continua a far parte dei beni che assicurano la garanzia patrimoniale dell’art. 2740 cod. civ. Peraltro, la previsione che, esercitata la facoltà di intervento, l’agente della riscossione possa partecipare alla distribuzione del ricavato porta ad escludere che sia venuta meno detta garanzia patrimoniale anche in riferimento ai crediti per i quali sarebbe stata consentita l’azione esecutiva esattoriale, se non vi fosse il limite normativo in oggetto.

2.1.- Il testo del nuovo comma 1 dell’art. 76 corrobora la conclusione che non si tratti di un’ipotesi di impignorabilità, laddove, nella stessa lettera a), sancisce che l’agente della riscossione non da corso all’espropriazione …. L’espressione consente di argomentare nel senso che il legislatore voglia evitare il risultato tipico del processo esecutivo immobiliare, vale a dire la perdita, in capo al debitore esecutato, dell’unica casa di sua proprietà, nella quale abbia la residenza. Risulta perciò coerente l’uso di un’espressione, quale è quella di non dare corso, che consente di comprendervi sia l’impedimento all’inizio del processo esecutivo che l’impedimento alla sua prosecuzione. Questo risultato interpretativo appare altresì coerente con la ratio legis, evidentemente finalizzata, anche per quanto si evince dai lavori preparatori, a salvaguardare il diritto del debitore alla casa di abitazione.

2.2.- l’interpretazione supportata dalla lettera e dalla ratio della legge, nonchè riscontrata sistematicamente dal riconoscimento della facoltà di intervento dell’agente della riscossione nelle procedure esecutive ordinarie che abbiano ad oggetto l’unico immobile di proprietà del debitore che sia adibito a sua casa di abitazione, è nel senso che l’art. 76, comma 1, nel testo novellato, preveda una condizione dell’azione esecutiva esattoriale, la cui mancanza ne impedisce l’inizio ovvero l’ulteriore corso.

Dal momento che la norma disciplina il processo esecutivo esattoriale immobiliare, e non introduce un’ipotesi di impignorabilità sopravvenuta del suo oggetto, la mancanza di una disposizione transitoria comporta che debba essere applicato il principio per il quale nel caso di successione di leggi processuali nel tempo, ove il legislatore non abbia diversamente disposto, in ossequio alla regola generale di cui all’art. 11 preleggi, la nuova norma disciplina non solo i processi iniziati successivamente alla sua entrata in vigore ma anche i singoli atti, ad essa successivamente compiuti, di processi iniziati prima della sua entrata in vigore, quand1anche la nuova disciplina sia più rigorosa per le parti rispetto a quella vigente all’epoca di introduzione del giudizio (così Cass. n. 3688/11).

Il D.P.R. n. 602 del 1973, art. 76, comma 1, lett. a) va quindi immediatamente applicato con riferimento agli atti da compiersi nei processi esecutivi pendenti per impulso dell’agente della riscossione. Ne segue che questo può proseguire i procedimenti esecutivi esattoriali già pendenti soltanto se detta condizione della sua azione esecutiva sia tuttora sussistente. In mancanza, dovranno trarsi le dovute conseguenze dalla sopravvenuta situazione di improcedibilità. Va perciò affermato che, in tema di espropriazione immobiliare esattoriale, qualora sia stato eseguito il pignoramento immobiliare mediante la trascrizione e la notificazione dell’avviso di vendita ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 78 ed il processo sia ancora pendente alla data del 21 agosto 2013 (di entrata in vigore del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, art. 52, comma 1, lett. g), convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 98, ai sensi del D.L. n. 69 del 2013, art. 86 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 194 Suppl. Ord. del 20 agosto 2013), l’azione esecutiva non può più proseguire e la trascrizione del pignoramento va cancellata, su ordine del giudice dell’esecuzione o per iniziativa dell’agente della riscossione, se l’espropriazione ha ad oggetto l’unico immobile di proprietà del debitore, che non sia bene di lusso e sia destinato ad abitazione del debitore, il quale ivi abbia la propria residenza anagrafica.

2.1.- Nel caso di specie, peraltro, risulta che l’agente della riscossione ha già richiesto la cancellazione del pignoramento trascritto il 25 febbraio 2005 al n. 7198 reg. part. avente ad oggetto l’immobile per cui è causa.

E’ venuta perciò a cessare la materia del contendere del giudizio di opposizione, che era basato esclusivamente sull’impignorabilità dell’usufrutto costituito con accordi tra coniugi in sede di divorzio.

Al riguardo, va richiamato il principio per il quale, qualora siano state proposte opposizioni esecutive, l’estinzione del processo esecutivo comporta la cessazione della materia del contendere per sopravvenuto difetto di interesse a proseguire il processo, rispetto alle opposizioni agli atti esecutivi ed alle opposizioni all’esecuzione che riguardano la pignorabilità dei beni (mentre rispetto alle opposizioni aventi per oggetto il diritto a procedere ad esecuzione forzata, in rapporto all’esistenza del titolo esecutivo o del credito, permane l’interesse alla decisione: cfr., tra le altre, Cass. n. 23084/05, nonchè di recente Cass. n. 6546/11 e n. 4498/11). Il principio, espresso in riferimento all’estinzione tipica, bene può essere esteso all’estinzione c.d. atipica che si viene a determinare ogniqualvolta il processo esecutivo non possa proseguire per difetto di condizioni dell’azione o di presupposti processuali (Cass. n. 1353/12).

Va perciò affermato che in caso di sopravvenuta improcedibilità dell’azione esecutiva avente ad oggetto l’unico immobile di proprietà del debitore da parte dell’agente della riscossione ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 76 come novellato dal D.L. 21 giugno 2013, n. 69, art. 52, comma 1, lett. g), convertito, con modificazioni, dalla L. 9 agosto 2013, n. 93, l’improcedibilità del processo esecutivo comporta la cessazione della materia del contendere sull’opposizione all’esecuzione concernente la pignorabilità del bene. La cessazione della materia del contendere sull’opposizione all’esecuzione determina la sopravvenuta carenza di interesse all’impugnazione della sentenza che abbia deciso in merito e quindi l’inammissibilità del presente ricorso.

3.- Il Collegio ritiene che sussistano giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio di legittimità, considerate la sopravvenienza delle nuove norme e la peculiarità delle questioni poste, nel merito, dal ricorso. Sono infatti tuttora controverse sia l’equiparazione degli accordi tra coniugi in sede di divorzio (ed in particolare, dell’accordo che si è avuto nel caso di specie, la cui interpretazione non è, in concreto, nient’affatto pacifica tra le parti) alle statuizioni giudiziali di cui alla L. n. 898 del 1970, art. 5 sia l’equiparazione dell’erogazione periodica dell’assegno alla corresponsione una tantum (cfr., da un lato, Cass., sez. 1, n. 13108/10 e n. 16744/11; dall’altro, Cass. sez. lav., n. 3635/12).

Parimenti controversa è la possibilità di riferire al diritto reale costituito in luogo dell’assegno di divorzio (ovvero allo stesso assegno di divorzio, periodico o corrisposto in denaro in unica soluzione) l’impignorabilità che l’art. 545 cod. proc. civ. prevede per i crediti di natura alimentare, attesa la non coincidenza, in termini assoluti, della funzione assistenziale, riconosciuta in via esclusiva all’assegno di divorzio, con quella alimentare che presuppone lo stato di bisogno dell’alimentando (che, invece, non è necessario per il riconoscimento dell’assegno al coniuge divorziato: cfr. Cass. n. 4021/06).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso per carenza di interesse, essendo cessata la materia del contendere. Compensa le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 13 maggio 2014.

Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2014.

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