Ne caso di specie la Cassazione ritiene che la Corte di merito abbia omesso di approfondire alcune circostanze decisive, ai fini della concorrente responsabilità della minore trasportata, omettendo di verificare se le ragioni dello sbandamento del ciclomotore furono o meno effettivamente impugnabili al sovraccarico oppure furono determinate da altre cause; omettendo di accertare se la messa in circolazione del ciclomotore in condizioni di insicurezza, con a bordo due persone, fosse ricollegabile all’azione o omissione non solo del conducente – il quale prima di iniziare a proseguire la marcia deve controllare che questa avvenga in conformità delle normali norme di prudenza o sicurezza – ma anche della trasportata, per aver quest’ultima consapevolmente accettato i rischi della circolazione, in quanto, solo nella seconda ipotesi, si verifica un’ipotesi di cooperazione colposa dei predetti nella condotta causativa del fatto evento dannoso (cfr Cass. n. 10526/2011, n. 11947/06); omettendo infine di accertare se l’omesso uso del casco abbia concretamente influito sulla eziologia del danno, costituendone un antecedente causale.

Suprema Corte di Cassazione

sezione III

sentenza 12 ottobre 2012, n. 17407

Svolgimento del processo

La sera del (OMISSIS) , alle ore 21, percorrendo via (OMISSIS) , la minore B.S. , alla guida di un ciclomotore sul quale trasportava G.E. , giunta all’incrocio con via (OMISSIS) , perdeva il controllo del mezzo e rovinava al suolo insieme alla trasportata che decedeva.

Con atto di citazione G.S. e C.M. in G. , in proprio e quali rappresentanti della figlia minore G.E. , convennero in giudizio dinanzi al Tribunale di Venezia, S.B.A. , in proprio e quale madre legale rappresentante della figlia S. , chiedendo che il medesimo Tribunale, accertava la responsabilità esclusiva di B.S. nella causazione del sinistro che provocò la morte di G.E. e la responsabilità solidale dlela convenuta, sia ex art. 2048 c.c., in quanto madre della minore, sia ex art. 2054, terzo comma c.c., in quanto proprietaria del ciclomotore, le condannasse a risarcire i danni da loro patiti.

La convenuta si costituiva in giudizio contestando quanto dedotto da parte attrice e chiedendo la reiezione delle domande.

Il Tribunale, accertata e dichiarata l’esclusiva responsabilità presunta ex art. 2054, comma primo c.c., di B.S. nella causazione dell’incidente stradale condannava la convenuta S.B.A. in proprio e quale madre legale rappresentante della figlia minore, a risarcire i soli danni patrimoniali.

Proponevano appello G.S. e C.M. in G. , citando oltre ad S.A. in B. , B.S. divenuta nel frattempo maggiorenne, che non aveva partecipato al giudizio di primo grado.

La Corte d’Appello procedeva ad una nuova valutazione della responsabilità ponendo il 70% della stessa a carico di B.A. in quanto proprietaria del ciclomotore ed il 30% a carico della vittima per il mancato uso del casco; liquidava a favore degli appellanti il danno morale non liquidato in primo grado.

Propongono ricorso per cassazione in via principale G.S. , G.E. e C.M. in G. con quattro motivi e ricorso incidentale, rispettivamente in tre ed in un unico motivo, illustrato da memoria, S.A. in B. e B.S. .

Agli avversi ricorsi le controparti resistono con rispettivi controricorsi.

Le parti presentano memorie.

Motivi della decisione

I ricorsi sono riuniti ai sensi dell’art. 335 c.p.c..

Con il primo motivo, articolato sotto il profilo della violazione dell’art. 360 n. 5 c.p.c. per omessa o insufficiente motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio quale la partecipazione di B.S. al giudizio di primo grado, i ricorrenti in via principale lamentano che la Corte d’Appello ha errato nel dichiarare inammissibile l’appello notificato a B.S. “in quanto la stessa non avrebbe partecipato al giudizio di primo grado e pertanto nessuna domanda poteva essere proposta nei suoi confronti”. Ed invero – così può riassumersi la ragione di doglianza – con l’atto di citazione era stata convenuta S.B.A. in proprio e quale rappresentante della figlia minore B.S. . Ne consegue che la vocatio in ius di quest’ultima, all’epoca minorenne e quindi rappresentata dalla madre, è stata conforme al dettato di legge ed è valsa a radicare la domanda nei suoi confronti. La motivazione resa sul punto sarebbe assolutamente insufficiente.

Il motivo è fondato.

L’impugnata sentenza ha dichiarato inammissibile l’appello notificato a B.S. con la seguente motivazione: “La stessa infatti non aveva partecipato al giudizio di primo grado e pertanto nessuna domanda poteva e può essere operata nei suoi confronti”.

Ora, la motivazione, che già alla prima lettura appare assai stringata, a ben vedere, si esaurisce in una frase assolutamente apodittica, la quale, in quanto tale, non contiene il minimo elemento che offra la possibilità di verificarne la fondatezza.

L’apoditticità della frase appare, peraltro, ancor più evidente ove si consideri che in primo grado la signora S.B.A. era stata convenuta in giudizio sia “in proprio” sia “quale madre legale rappresentante della figlia S. ”, come risulta dalla stessa sentenza impugnata nella parte dedicata allo svolgimento del processo.

Inoltre, gli attori nell’atto di citazione, così come è espressamente riportato nella sentenza, avevano chiesto che il Tribunale, oltre alla responsabilità esclusiva di B.S. nella causazione del sinistro stradale, accertasse la responsabilità solidale della S.B. sia ex art. 2048 cc in quanto madre della minore sia ex art. 2054 terzo comma cc in quanto proprietaria del ciclomotore.

Ciò premesso, ne deriva che la Corte è pervenuta alla decisione del capo impugnato senza offrire la minima spiegazione in riferimento al titolo di rappresentante legale della minore svolto nella vicenda processuale da S.B.A. . E ciò, malgrado si trattasse di un ruolo assolutamente diverso da quello di responsabile in proprio, sia ex art. 2054 terzo comma c.c. quale proprietaria del ciclomotore su cui la figlia S. trasportava G.E. , sia ex art. 2048 c.c., quale madre responsabile del danno derivante dal fatto illecito commesso dalla minore. Ne deriva la fondatezza della censura.

Esaurita la trattazione di tale doglianza, vale la pena osservare che la sentenza de qua è stata oggetto di ulteriori censure sotto il profilo motivazionale, con riferimento specifico alla determinazione delle colpe, sia dai ricorrenti principali sia dalla ricorrente incidentale S.B.A. .

In particolare, i ricorrenti principali hanno lamentato l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui la Corte d’Appello ha ritenuto la concorrente responsabilità della loro congiunta, trasportata sul ciclomotore, per effetto del sovraccarico del mezzo e della mancanza del casco, senza minimamente motivare sui seguenti rilievi: 1) il divieto di trasportare passeggeri era addebitabile alla sola conducente; 2) il sovraccarico del veicolo non determina ex se e necessariamente lo sbandamento e la caduta del mezzo; 3) l’incidente è avvenuto il (OMISSIS) quando l’obbligo di indossare il casco non era ancora in vigore onde l’applicabilità dell’art. 171 cod. della strada.

La ricorrente incidentale, per parte sua, ha censurato l’impugnata sentenza nel punto in cui ha attribuito la responsabilità alla conducente B.S. per non aver prestato la dovuta attenzione nella guida del ciclomotore. La sentenza – così, in sintesi la censura – sarebbe contraddittoria in quanto da un alto ritiene provata la prudenza della B. nella guida; dall’altro sostiene la responsabilità della conducente per non aver prestato la dovuta attenzione, cagionando l’urto contro il cordolo e lo sbandamento del ciclomotore, senza prendere nella dovuta considerazione le ulteriori specifiche circostanze, risultanti dall’istruttoria, che potevano aver determinato l’urto.

Entrambe le censure meritano attenzione.

A riguardo, deve premettersi che l’intera motivazione della sentenza, sul punto della responsabilità, consta delle seguenti proposizioni “… dalla perizia espletata nel processo penale + emerso che il ciclomotore, che procedeva a velocità moderata (28 Kmh) si rovesciò a seguito dell’urto contro un cordolo. Evidente pertanto appare la responsabilità della conducente del ciclomotore per avere, non prestando la dovuta attenzione alla guida, cagionato l’urto con il cordolo e lo sbandamento del ciclomotore, determinato anche dall’illegittimo sovraccarico dello stesso determinato dal consentito trasporto di un passeggero. Tale circostanza (violazione da parte della trasportata) ed il mancato uso del casco da parte della vittima (che sicuramente avrebbe alleviato le conseguenze dell’incidente) inducono a ravvisare una responsabilità concorrente della vittima che va determinata nella percentuale del 30%”.

Ciò posto, risulta di ovvia evidenza come la Corte territoriale si sia limitata a proposizioni tanto stringate quanto generiche evitando di esaminare le considerazioni formulate dalla parte convenuta in ordine al fatto che l’urto contro il cordolo del marciapiede poteva essere stato determinato da un movimento inconsulto della G. o dalla presenza, nella strada percorsa, di asperità ed avallamenti circostanze ben diverse dalla mera disattenzione della conducente o dal sovraccarico del mezzo e risultanti dalla compiuta istruttoria (deposizioni testi B.G. , Co.Gi. , documentazione fotografica dello stato dei luoghi).

Parimenti, la Corte ha omesso di approfondire alcune circostanze invero decisive, ai fini della concorrente responsabilità della minore trasportata, omettendo di verificare se le ragioni dello sbandamento del ciclomotore furono o meno effettivamente impugnabili al sovraccarico oppure furono determinate da altre cause; omettendo di accertare se la messa in circolazione del ciclomotore in condizioni di insicurezza, con a bordo due persone, fosse ricollegabile all’azione o omissione non solo del conducente – il quale prima di iniziare a proseguire la marcia deve controllare che questa avvenga in conformità delle normali norme di prudenza o sicurezza – ma anche della trasportata, per aver quest’ultima consapevolmente accettato i rischi della circolazione, in quanto, come ha già avuto modo di statuire questa Corte, solo nella seconda ipotesi, si verifica un’ipotesi di cooperazione colposa dei predetti nella condotta causativa del fatto evento dannoso (cfr Cass. n. 10526/2011, n. 11947/06); omettendo infine di accertare se l’omesso uso del casco abbia concretamente influito sulla eziologia del danno, costituendone un antecedente causale (cfr Cass. n. 24432/09).

Ciò posto, considerato che sussiste il vizio di motivazione, sotto il profilo dell’omissione e/o dell’insufficienza, dedotto dalle parti ricorrenti, quando nel ragionamento del giudice di merito sia rinvenibile come nella specie traccia evidente del mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti, ne consegue che nella specie l’omesso compimento degli accertamenti sopra indicati inficia la correttezza del ragionamento svolto dalla Corte di merito e ne determina la sua censurabilità.

Alla stregua di tutte le pregresse considerazioni, vanno accolti il primo ed il secondo motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri; va accolto il primo motivo del ricorso incidentale proposto dalla S.B. , assorbiti gli altri; va dichiarato assorbito altresì il ricorso incidentale proposto da B.S. , articolato sotto il profilo della motivazione insufficiente e/o contraddittoria in ordine alla disposta compensazione delle spese tra gli appellanti principali e la stessa B. . La sentenza impugnata deve essere cassata in relazione. Con l’ulteriore conseguenza che, occorrendo un rinnovato esame della controversia, la causa va rinviata alla Corte di Appello di Venezia, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine al regolamento delle spese della presente fase di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, decidendo sui ricorsi riuniti, accoglie il primo ed il secondo motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri; accoglie il primo motivo del ricorso incidentale proposto da S.B.A. , assorbiti gli altri; dichiara assorbito il ricorso incidentale proposto da B.S. e cassa la sentenza impugnata in relazione, con rinvio della causa alla Corte di Appello di Venezia, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine al regolamento delle spese della presente fase di legittimità.

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