Suprema Corte di Cassazione
sezione III
sentenza 12 dicembre 2013, n. 27854
Svolgimento del processo
Con ricorso depositato il 30 maggio 2005 A.M. , L.B. , S.M.P. e C.G. proposero opposizione avverso il pignoramento notificato da Tercas-Cassa di Risparmio della Provincia di Teramo s.p.a. in virtù di decreto ingiuntivo in base al quale il creditore procedente aveva iscritto ipoteca giudiziale in data 26 gennaio 2004.
Dedussero che il 30 gennaio 2003, insieme ai rispettivi coniugi, avevano costituito fondi patrimoniali, in essi conferendo i beni successivamente assoggettati ad espropriazione. Detti fondi esposero – erano stati trascritti presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari il 17 gennaio 2004, prima, quindi, dell’iscrizione dell’ipoteca.
Tanto premesso, chiesero la declaratoria dell’insussistenza del diritto di agire in executivis sui beni destinati a fondo patrimoniale.
Si costituirono in giudizio Tercas-Cassa di Risparmio della Provincia di Teramo s.p.a., nonché Banca Popolare dell’Adriatico, Banca delle Marche, Carispaq-Cassa di Risparmio Provincia dell’Aquila e Banca Popolare di Ancona, quali creditori intervenuti, contestando la linea difensiva della controparte.
Con sentenza del 3 ottobre 2007 il giudice adito ha respinto l’opposizione.
Avverso detta pronuncia ricorrono per cassazione A.M. , L.B. , S.M.P. e C.G. , formulando quattro motivi e notificando l’atto a Tercas-Cassa di Risparmio della Provincia di Teramo s.p.a., Banca Popolare dell’Adriatico, Banca Nazionale di Ancona, Banca Nazionale del Lavoro, MPS Gestione Crediti, Carispaq-Cassa di Risparmio dell’Aquila e Banca Popolare di Ancona.
Resiste con controricorso, illustrato anche da memoria, la Banca dell’Adriatico s.p.a., mentre nessuna attività difensiva hanno svolto gli altri intimati.
Motivi della decisione
1. Ha osservato il decidente che, per giurisprudenza” assolutamente consolidata, il fondo patrimoniale di cui all’art. 167 cod. civ. è una convenzione matrimoniale di talché esso, per essere opponibile ai creditori, va annotato a margine dell’atto di matrimonio, laddove la trascrizione imposta per gli immobili dall’articolo 2647 cod. civ. risponde ad una funzione di pubblicità-notizia e non sopperisce al difetto di annotazione nei registri dello stato civile, formalità che non ammette deroghe o equipollenti, restando irrilevante la conoscenza che i terzi ne abbiano acquisito altrimenti.
2.1 Di tale valutazione si dolgono quindi gli esponenti che, con il primo motivo, denunciano violazione degli artt. 156 e 132, comma 2, n. 4, cod. proc. civ., ex art. 360, nn. 3 e 4, cod. proc. civ..
Lamentano che il giudice di merito si sia limitato a richiamare le valutazioni espresse dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 111 del 1995, senza confutare le argomentate ragioni di dissenso, rispetto all’orientamento della giurisprudenza di legittimità, esposte dagli opponenti. La sentenza impugnata, difettando del tutto di motivazione, sarebbe pertanto nulla.
2.2 Con il secondo mezzo deducono vizi motivazionali, ex art. 360, n. 5, cod. proc. civ., con riferimento e alla contestata equiparazione del fondo patrimoniale alle convenzioni matrimoniali, di cui all’art. 159 cod. civ., e alla degradazione della pubblicità rinveniente dalla trascrizione, da dichiarativa, a meramente notiziale.
2.3 Con il terzo motivo, prospettando violazione degli artt. 17 e 2915 cod. civ., tornano a contestare, con articolate argomentazioni, la predetta ricostruzione dell’istituto e la connessa necessità di far luogo a una doppia pubblicità.
2.4 Con il quarto mezzo i ricorrenti, denunciando la violazione degli artt. 91 e segg. cod. proc. civ., si dolgono che il Tribunale abbia condannato gli opponenti a rimborsare le spese anche a quegli opposti che non si erano costituiti nel giudizio di opposizione, quali la BNL e MPS Gestione Crediti s.p.a.; che abbia liquidato le spese nella medesima misura, benché solo la Banca delle Marche avesse coltivato fino in fondo il giudizio; che non abbia verificato, sulla scorta della documentazione versata in atti, l’opponibilità della costituzione del fondo patrimoniale ai creditori Banca Popolare di Ancona, MPS Gestione Crediti e Carispaq.
3 I primi tre motivi di ricorso, che si prestano a essere esaminati congiuntamente per la loro evidente connessione, sono infondati.
Questa Corte ha a più riprese ribadito, anche a sezioni unite, che la costituzione del fondo patrimoniale di cui all’art. 167 cod. civ. è soggetta alle disposizioni dell’art. 162 cod. civ., circa le forme delle convenzioni matrimoniali, ivi inclusa quella del quarto comma, che ne condiziona l’opponibilità ai terzi all’annotazione a margine dell’atto di matrimonio. In tale prospettiva la trascrizione del vincolo per gli immobili, imposta dall’art. 2647 cod. civ., resta degradata a mera pubblicità-notizia, inidonea, come tale, a sopperire al difetto di annotazione nei registri dello stato civile, formalità, quest’ultima, che non ammette deroghe o equipollenti, restando irrilevante la conoscenza che i terzi abbiano acquisito altrimenti della costituzione del fondo (confr. Cass. civ. sez. un. 13 ottobre 2009, n. 21658; Cass. civ. 15 marzo 2006, n. 5684).
A tali conclusioni le sezioni unite sonno pervenute sulla base di una serie di considerazioni qui di seguito sinteticamente riportate:
1) l’abrogazione ad opera della legge n. 151 del 1975, art. 206, comma 4, del previgente art. 2647, comma 4, cod. civ. – che considerava la trascrizione del vincolo familiare requisito di opponibilità ai terzi – rendeva evidente l’intento del legislatore di degradare la trascrizione del fondo a pubblicità notizia, riservando quell’effetto all’annotazione di cui all’art. 162, u.c., cod. civ.;
2) l’annotazione a margine dell’atto di matrimonio della data del contratto, del notaio rogante e delle generalità dei contraenti che avevano partecipato alla costituzione del fondo patrimoniale mirava a tutelare, ancor più che per il passato, i terzi che avessero instaurato rapporti giuridici con i coniugi;
3) in tale assetto ordinamentale detta annotazione costituiva l’unica formalità pubblicitaria rilevante agli effetti della opponibilità della convenzione ai terzi;
4) ne derivava che il fondo patrimoniale risultava sottoposto ad una doppia forma di pubblicità: annotazione nei registri dello stato civile, con funzione dichiarativa, e trascrizione, con funzione di pubblicità notizia;
5) erano del resto numerose le disposizioni analoghe all’art. 2647 cod. civ., nell’attuale formulazione e mai si era dubitato che esse – non ricollegando all’omissione della trascrizione alcuna sanzione specifica – configurassero casi di pubblicità-notizia: così le norme dettate dalla legge 1 giugno 1939, n. 1089, art. 2, comma 2 e art. 3, comma 2, in tema di vincolo di indisponibilità sui beni di interesse culturale; nonché la disciplina relativa ai vincoli sull’edilizia abitativa convenzionata, di cui all’art. 7, comma 5, della legge 28 gennaio 1977, n. 10.
In definitiva, in base all’esegesi del quadro normativo di riferimento, affermatasi nel diritto vivente, esegesi alla quale il collegio intende dare continuità, il terzo interessato deve non solo consultare i registri immobiliari al fine di verificare la situazione relativa ad un determinato bene immobile, ma anche verificare se il titolare è coniugato e, in caso positivo, controllare se a margine dell’atto di matrimonio sia stata annotata una convenzione derogatoria.
4 Non è superfluo aggiungere, per completezza, che la Corte Costituzionale, nel dichiarare infondata, in riferimento agli artt. 3 e 29 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 162 c.c., u.c., 2647 e 2915 cod. civ., nella parte in cui non prevedono che, per i fondi patrimoniali costituiti sui beni immobili a mezzo di convenzione matrimoniale, l’opponibilità ai terzi sia determinata unicamente dalla trascrizione dell’atto sui registri immobiliari, anziché pure dalla annotazione a margine dell’atto di matrimonio, ha osservato che la necessità di effettuare ricerche sia presso i registri immobiliari, sia presso quelli dello stato civile, costituisce un onere che, sebbene fastidioso, non può dirsi eccessivamente gravoso, non soltanto rispetto al diritto di agire in giudizio, ma anche rispetto agli artt. 29 e 3 della Costituzione, in quanto una duplice forma di pubblicità per la costituzione dei fondi in parola trova giustificazione nel generale rigore necessario alle deroghe al regime legale e nell’esigenza di contemperare gli interessi contrapposti, della conservazione del patrimonio per i figli fino alla maggiore età dell’ultimo di essi, da un lato, e dell’impedimento di un uso distorto dell’istituto a danno delle garanzie dei creditori, dall’altro (confr. Corte cost. sentenza 6 aprile 1995, n. 111).
5 Consegue da quanto precede che l’annotazione di cui all’art. 162, comma 4, cod. civ., che è norma speciale, è l’unica forma di pubblicità idonea ad assicurare l’opponibilità della convenzione matrimoniale ai terzi, mentre la trascrizione di cui all’art. 2647 cod. civ., che è norma generale, ha funzione di mera pubblicità-notizia, come correttamente ritenuto dal giudice di merito che del suo convincimento, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, ha dato congrua, ancorché sintetica motivazione.
6 Passando all’esame dell’ultimo motivo di ricorso, le censure in esso formulate sono, per certi aspetti inammissibili, per altri infondate.
E invero, le critiche volte a far valere l’irragionevolezza della quantificazione delle spese di causa nella medesima misura per tutte le parti vittoriose, sono aspecifiche e prive di autosufficienza, oltre che attinenti a valutazioni di stretto merito, insindacabili in sede di legittimità. È sufficiente al riguardo considerare che esse sollecitano una rivalutazione della linea difensiva spiegata nel giudizio di opposizione, senza neppure riportare i punti salienti degli atti controversi ovvero indicarne l’esatta allocazione nel fascicolo processuale.
7 Infondata è poi la doglianza relativa alla pretesa estensione della condanna al pagamento delle spese processuali anche in favore di parti non costituite. Il giudice di merito ha invero ordinato il rimborso degli oneri affrontati dagli opposti, espressione questa ellittica, ma in realtà inequivocabilmente riferita ai soli opposti costituiti.
In definitiva il ricorso deve essere integralmente rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in complessivi Euro 10.200,00, (di cui Euro 200,00 per esborsi), oltre IVA e CPA, come per legge.
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