suprema Corte di Cassazione
sezione III
sentenza 10 aprile 2014, n. 15956
REPUBBLICA ITALIANAIN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TERESI Alfredo – Presidente
Dott. GENTILE Mario – Consigliere
Dott. RAMACCI Luca – rel. Consigliere
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere
Dott. SCARCELLA Alessio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 10720/2009 TRIBUNALE di ROMA, del 14/01/2011;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/03/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA RAMACCI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Spinaci Sante, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio per prescrizione;
udito il difensore avv. (OMISSIS).
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TERESI Alfredo – Presidente
Dott. GENTILE Mario – Consigliere
Dott. RAMACCI Luca – rel. Consigliere
Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere
Dott. SCARCELLA Alessio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 10720/2009 TRIBUNALE di ROMA, del 14/01/2011;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/03/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA RAMACCI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Spinaci Sante, che ha concluso per l’annullamento senza rinvio per prescrizione;
udito il difensore avv. (OMISSIS).
RITENUTO IN FATTO
1. Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, con sentenza del 14.1.2011, emessa a seguito di opposizione a decreto penale, ha condannato (OMISSIS) alla pena dell’ammenda, ritenendolo responsabile del reato di cui all’articolo 674 c.p., perche’, innaffiando i fiori del suo appartamento, gettava acqua mista a terriccio nell’appartamento sottostante imbrattandone il davanzale, i vetri ed altre suppellettili ((OMISSIS)).
Avverso tale pronuncia il predetto ha proposto appello, convertito in ricorso per cassazione.
2. Con un unico motivo deduce che quanto contestatogli era il risultato del malfunzionamento di un impianto automatico di irrigazione, cosicche’ difetterebbe, nella fattispecie, l’elemento soggettivo del reato, da individuarsi nel dolo specifico, non avendo egli posto in essere un’azione deliberata con lo scopo di recare danno o molestia ad altri.
Insiste, pertanto, per l’accoglimento dell’impugnazione.
Avverso tale pronuncia il predetto ha proposto appello, convertito in ricorso per cassazione.
2. Con un unico motivo deduce che quanto contestatogli era il risultato del malfunzionamento di un impianto automatico di irrigazione, cosicche’ difetterebbe, nella fattispecie, l’elemento soggettivo del reato, da individuarsi nel dolo specifico, non avendo egli posto in essere un’azione deliberata con lo scopo di recare danno o molestia ad altri.
Insiste, pertanto, per l’accoglimento dell’impugnazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso e’ inammissibile.
Dalla sentenza impugnata emerge che il giudice del merito, a seguito dell’istruzione dibattimentale, ha accertato in fatto che le infiltrazioni di acqua nell’appartamento della parte offesa erano provocate dall’impianto automatico per l’innaffiamento delle piante predisposto dall’imputato.
Ricorda il giudice del merito che tali circostanze, riferite dalla persona offesa nel corso della sua deposizione, avevano trovato conferma nelle dichiarazioni dell’amministratore del condominio, il quale aveva dichiarato di aver personalmente constato le infiltrazioni di acqua e la loro provenienza dal sovrastante terrazzo e la caduta di un pezzo di intonaco su un divano posto all’interno dell’appartamento e di aver inviato una o due raccomandate all’imputato, il quale rispondeva di aver eliminato il problema, anche se poi la persona offesa aveva continuato a lamentare danni.
Aggiunge, inoltre, che sia l’imputato che la sua convivente avevano riconosciuto l’esistenza del problema segnalato dalla condomina, al quale dichiaravano di aver posto rimedio.
4. Tale essendo, dunque, la ricostruzione della vicenda fattuale da parte del giudice del merito, che, essendo assistita da tenuta logica e coerenza strutturale, non risulta censurabile in questa sede di legittimita’, osserva il Collegio che le conclusioni cui e’ pervenuto il Tribunale risultano giuridicamente corrette ed adeguatamente giustificate.
Come e’ noto, con la contravvenzione prevista dall’articolo 674 c.p., viene punito il gettare o versare, in luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o altrui uso, cose atte ad offendere, imbrattare o molestare le persone, ovvero il provocare, nei casi non consentiti dalla legge, emissioni di gas, vapori o fumo atti a cagionare gli effetti predetti.
La condotta esaminata dal Tribunale nel caso in esame e’, ovviamente, riconducibile alla prima parte dell’articolo, poiche’, concretandosi l’elemento materiale del reato nel “gettare” o “versare” le cose di cui si e’ detto in precedenza, e’ ipotizzabile tale ultima azione, chiaramente riferita ai liquidi ed alle sostanze ad essi assimilabili (sabbie, polveri etc.) che possono comunque essere versate, mentre il “gettare” riguarda invece le cose solide o, in ogni caso, aventi diversa consistenza.
Va rilevato, inoltre, come i concetti di “getto” e “versamento” contemplati dalla prima parte dell’articolo 674 c.p. abbiano un significato molto ampio, anche in considerazione del fatto che la norma non specifica le modalita’ con le quali debbano essere effettuati ne’, tanto meno, sulla base di quali principi fisici debba avvenire l’azione (ad esempio, caduta per gravita’, spinta meccanica, lancio manuale, etc.) ne’ sulla traiettoria che la cosa deve compiere.
L’ambito di efficacia della disposizione in esame e’ peraltro ulteriormente ampliato dall’utilizzazione, da parte del legislatore, del termine “cosa”, volutamente generico ed evidentemente finalizzato a rendere piu’ ampio possibile l’oggetto del versamento o del getto.
E’ pure noto che tale indeterminatezza ha indotto la giurisprudenza di questa Corte a ritenere che possano rientrare nella fattispecie tipica della contravvenzione in esame eventi diversi, fino a ricomprendervi l’emissione di onde elettromagnetiche attraverso elettrodotti, impianti di radiotrasmissione o altri impianti.
5. Da cio’ consegue che una condotta quale quella oggetto di contestazione puo’ essere certamente qualificata come “versamento” nei termini delineati dall’articolo 674 c.p. e che l’esito di tale azione possa altrettanto pacificamente risolversi nell’altrui “offesa”, “imbrattamento” o “molestia”, essendo pacificamente dotata di quella capacita’ offensiva che la disposizione richiede.
Occorre inoltre ricordare come la giurisprudenza di questa Corte (Sez. 3, n. 16286, 17 aprile 2009) abbia gia’ avuto modo di rilevare, motivatamente disattendendo, peraltro, un diverso orientamento risalente nel tempo, che il reato in esame e’ configurabile sia in forma omissiva che in forma commissiva mediante omissione (cosiddetto reato omissivo improprio) ogniqualvolta il pericolo concreto per la pubblica incolumita’ derivi anche dalla omissione, dolosa o colposa, del soggetto che aveva l’obbligo giuridico di evitarlo.
In un precedente occasione, proprio con riferimento ad una ipotesi di getto di acqua con una pompa all’interno dell’abitazione altrui, si era precisato come il “versamento” possa avvenire direttamente per mano dell’agente o in qualsiasi altro modo da lui posto in essere o lasciato dolosamente o colposamente in azione e va posto in relazione con l’effetto possibile di offendere, imbrattare o molestare le persone, anche se questo effetto non si sia verificato (Sez. 1, n. 8386, 24 luglio 1992).
6. Resta da osservare che, nella fattispecie, il giudice del merito ha accertato in fatto che i versamenti si erano protratti nel tempo ed erano proseguiti nonostante le lamentele della persona offesa e le segnalazioni dell’amministratore del condominio e ne ha, inoltre, indicato gli esiti, cosi’ escludendo, seppure implicitamente, che la condotta posta in essere potesse ritenersi priva di concreta offensivita’, ponendo altresi’ in luce la evidente consapevolezza, in capo all’imputato, delle conseguenze derivanti dall’attivazione del suo impianto di irrigazione automatica.
Ne consegue che le conclusioni cui e’ pervenuto il Tribunale debbono ritenersi immuni da censure.
7. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di inammissibilita’ – non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186) – consegue l’onere delle spese del procedimento, nonche’ quello del versamento, in favore della cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro 1.000,00.
Dalla sentenza impugnata emerge che il giudice del merito, a seguito dell’istruzione dibattimentale, ha accertato in fatto che le infiltrazioni di acqua nell’appartamento della parte offesa erano provocate dall’impianto automatico per l’innaffiamento delle piante predisposto dall’imputato.
Ricorda il giudice del merito che tali circostanze, riferite dalla persona offesa nel corso della sua deposizione, avevano trovato conferma nelle dichiarazioni dell’amministratore del condominio, il quale aveva dichiarato di aver personalmente constato le infiltrazioni di acqua e la loro provenienza dal sovrastante terrazzo e la caduta di un pezzo di intonaco su un divano posto all’interno dell’appartamento e di aver inviato una o due raccomandate all’imputato, il quale rispondeva di aver eliminato il problema, anche se poi la persona offesa aveva continuato a lamentare danni.
Aggiunge, inoltre, che sia l’imputato che la sua convivente avevano riconosciuto l’esistenza del problema segnalato dalla condomina, al quale dichiaravano di aver posto rimedio.
4. Tale essendo, dunque, la ricostruzione della vicenda fattuale da parte del giudice del merito, che, essendo assistita da tenuta logica e coerenza strutturale, non risulta censurabile in questa sede di legittimita’, osserva il Collegio che le conclusioni cui e’ pervenuto il Tribunale risultano giuridicamente corrette ed adeguatamente giustificate.
Come e’ noto, con la contravvenzione prevista dall’articolo 674 c.p., viene punito il gettare o versare, in luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o altrui uso, cose atte ad offendere, imbrattare o molestare le persone, ovvero il provocare, nei casi non consentiti dalla legge, emissioni di gas, vapori o fumo atti a cagionare gli effetti predetti.
La condotta esaminata dal Tribunale nel caso in esame e’, ovviamente, riconducibile alla prima parte dell’articolo, poiche’, concretandosi l’elemento materiale del reato nel “gettare” o “versare” le cose di cui si e’ detto in precedenza, e’ ipotizzabile tale ultima azione, chiaramente riferita ai liquidi ed alle sostanze ad essi assimilabili (sabbie, polveri etc.) che possono comunque essere versate, mentre il “gettare” riguarda invece le cose solide o, in ogni caso, aventi diversa consistenza.
Va rilevato, inoltre, come i concetti di “getto” e “versamento” contemplati dalla prima parte dell’articolo 674 c.p. abbiano un significato molto ampio, anche in considerazione del fatto che la norma non specifica le modalita’ con le quali debbano essere effettuati ne’, tanto meno, sulla base di quali principi fisici debba avvenire l’azione (ad esempio, caduta per gravita’, spinta meccanica, lancio manuale, etc.) ne’ sulla traiettoria che la cosa deve compiere.
L’ambito di efficacia della disposizione in esame e’ peraltro ulteriormente ampliato dall’utilizzazione, da parte del legislatore, del termine “cosa”, volutamente generico ed evidentemente finalizzato a rendere piu’ ampio possibile l’oggetto del versamento o del getto.
E’ pure noto che tale indeterminatezza ha indotto la giurisprudenza di questa Corte a ritenere che possano rientrare nella fattispecie tipica della contravvenzione in esame eventi diversi, fino a ricomprendervi l’emissione di onde elettromagnetiche attraverso elettrodotti, impianti di radiotrasmissione o altri impianti.
5. Da cio’ consegue che una condotta quale quella oggetto di contestazione puo’ essere certamente qualificata come “versamento” nei termini delineati dall’articolo 674 c.p. e che l’esito di tale azione possa altrettanto pacificamente risolversi nell’altrui “offesa”, “imbrattamento” o “molestia”, essendo pacificamente dotata di quella capacita’ offensiva che la disposizione richiede.
Occorre inoltre ricordare come la giurisprudenza di questa Corte (Sez. 3, n. 16286, 17 aprile 2009) abbia gia’ avuto modo di rilevare, motivatamente disattendendo, peraltro, un diverso orientamento risalente nel tempo, che il reato in esame e’ configurabile sia in forma omissiva che in forma commissiva mediante omissione (cosiddetto reato omissivo improprio) ogniqualvolta il pericolo concreto per la pubblica incolumita’ derivi anche dalla omissione, dolosa o colposa, del soggetto che aveva l’obbligo giuridico di evitarlo.
In un precedente occasione, proprio con riferimento ad una ipotesi di getto di acqua con una pompa all’interno dell’abitazione altrui, si era precisato come il “versamento” possa avvenire direttamente per mano dell’agente o in qualsiasi altro modo da lui posto in essere o lasciato dolosamente o colposamente in azione e va posto in relazione con l’effetto possibile di offendere, imbrattare o molestare le persone, anche se questo effetto non si sia verificato (Sez. 1, n. 8386, 24 luglio 1992).
6. Resta da osservare che, nella fattispecie, il giudice del merito ha accertato in fatto che i versamenti si erano protratti nel tempo ed erano proseguiti nonostante le lamentele della persona offesa e le segnalazioni dell’amministratore del condominio e ne ha, inoltre, indicato gli esiti, cosi’ escludendo, seppure implicitamente, che la condotta posta in essere potesse ritenersi priva di concreta offensivita’, ponendo altresi’ in luce la evidente consapevolezza, in capo all’imputato, delle conseguenze derivanti dall’attivazione del suo impianto di irrigazione automatica.
Ne consegue che le conclusioni cui e’ pervenuto il Tribunale debbono ritenersi immuni da censure.
7. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di inammissibilita’ – non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa del ricorrente (Corte Cost. 7-13 giugno 2000, n. 186) – consegue l’onere delle spese del procedimento, nonche’ quello del versamento, in favore della cassa delle ammende, della somma, equitativamente fissata, di euro 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.
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