Corte di Cassazione, sezione III penale, sentenza 9 maggio 2017, n. 22286

Anche i debiti previdenziali rilevanti del reato (articolo 2, comma 1 bis del Dl 483/1983), devono ritenersi ricompresi nella speciale disciplina di favore prevista dall’articolo 20 della legge 44/1999 ai fini della sospensione dei termini ricadenti entro un anno dalla denuncia.

Suprema Corte di Cassazione

sezione III penale

sentenza 9 maggio 2017, n. 22286

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente

Dott. SOCCI Angelo M. – rel. Consigliere

Dott. DI STASI Antonella – Consigliere

Dott. GAI Emanuela – Consigliere

Dott. RENOLDI Carlo – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

(OMISSIS), nato il (OMISSIS);

avverso la sentenza del 23/03/2015 della CORTE APPELLO di BRESCIA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 09/03/2017, la relazione svolta dal Consigliere Dr. ANGELO MATTEO SOCCI;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. CANEVELLI PAOLO

che ha concluso per: “Inammissibile”.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di appello di Brescia, con sentenza del 23 marzo 2015, ha confermato la sentenza del Tribunale di Bergamo del 31 gennaio 2014, che aveva condannato (OMISSIS) alla pena di mesi 6 di reclusione ed Euro 600,00 di multa oltre alle spese per il reato di cui al Decreto Legge n. 463 del 1983, articolo 2, comma 1 bis, in quanto nella sua qualita’ di amministratore della ditta (OMISSIS), ha omesso di versare all’INPS le ritenute previdenziali e assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti per i mesi da settembre 2010 a febbraio 2011 (quota complessiva Euro 28.515,00); accertato in (OMISSIS).

2. Ricorre per Cassazione l’imputato, tramite il difensore, deducendo i motivi di seguito enunciati, nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’articolo 173 disp. att. c.p.p., comma 1.

2.1. Violazione dell’articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera B e E, in relazione alla L. n. 44 del 1999, articolo 20.

Il Giudice di primo grado osservava che le somme dei contributi non versati per le mensilita’ da settembre a novembre 2010, in relazione alla natura appropriativa della violazione, non potevano rientrare nella sospensione prevista dalla specifica normativa, invocata dal ricorrente. La Corte di appello con la sentenza impugnata ha ritenuto corretta la decisione del tribunale.

Il ricorrente aveva denunciato l’8 dicembre 2009 ai Carabinieri di Bergamo fatti estorsivi ai suoi danni, commessi a partire (OMISSIS); e aveva presentato richiesta al fondo di solidarieta’ per le vittime di estorsione e usura ai sensi della L. n. 44 del 1999, per i relativi benefici. Il Prefetto di Bergamo esprimeva parere favorevole sulla possibilita’ che fossero sospesi ex L. n. 44 del 1999, articolo 20. i termini ricadenti entro un anno dall’evento lesivo dell'(OMISSIS). In conseguenza e’ evidente che per tali mensilita’ – ricadenti entro un anno dall’8 dicembre 2009 -, operando ex lege (trattandosi di crediti vantati dall’INPS) la sospensiva il ricorrente non poteva essere chiamato a rispondere degli inadempimenti.

Ha chiesto pertanto l’annullamento della decisione impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. La Corte di appello (ed il giudice di primo grado) ha ritenuto non applicabile al caso in giudizio – per le mensilita’ da settembre a novembre 2010 – la sospensione prevista dalla L. 23 febbraio 2009, n. 44, articolo 20 poiche’ la “natura appropriativa della violazione esclude che il debito possa essere assimilato a debito ordinario, ivi compresi quelli nei confronti dell’Erario, e escluda che possa rientrare nella sospensione dei termini di cui al provvedimento prefettizio”.

Il quesito di diritto posto con il ricorso per Cassazione e’ quello della applicabilita’, o no, della normativa specifica per la sospensione dei termini prevista in favore dei soggetti vittime dei delitti di estorsione e di usura, che abbiano richiesto la specifica elargizione, prevista dalla L. 23 febbraio 1999, n. 44, articolo 20, relativamente alle somme da pagare all’INPS per le ritenute previdenziali e assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti.

3.1. La L. 23 febbraio 1999, n. 44, articolo 20, comma 7 ter (comma aggiunto dalla L. 27 gennaio 2012, n. 3) prevede: “Nelle procedure esecutive riguardanti debiti nei confronti dell’erario, ovvero di enti previdenziali ed assistenziali, non sono poste a carico dell’esecutato le sanzioni dalla data di inizio dell’evento lesivo, come definito dall’articolo 3, comma 1, fino al termine di scadenza delle sospensione della proroga di cui ai commi da 1 a 4 del presente articolo”. Conseguentemente anche per i debiti verso l’INPS opera la speciale norma della L. 23 febbraio 1999, n. 44, articolo 20. Che prevede la sospensione dei termini. Nel concetto di debiti verso l’INPS non possono non essere ricompresi le omissioni dei versamenti contributivi, rilevanti per il reato ex Decreto Legge n. 463 del 1983, articolo 2, comma 1 bis. La norma infatti non distingue alcun tipo di debito nei confronti di enti previdenziali, ovvero se proveniente dalle omissioni dei pagamenti per le ritenute previdenziali e assistenziali operate sulle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, o da altra causa. La motivazione dei giudici di merito sul punto quindi risulta manifestamente illogica perche’ esclude arbitrariamente dal concetto di debiti nei confronti dell’ente previdenziale (previsto espressamente, come sopra visto, nella norma della L. n. 44 del 1999, articolo 20, comma 7 ter) le omissioni contributive per la loro “natura appropriativa”. Invero la natura del debito non e’ prevista dalla norma, con la conseguenza che tutti i debiti con gli enti previdenziali beneficiano della norma citata.

4. Puo’ conseguentemente affermarsi il seguente principio di diritto: “Anche i debiti previdenziali rilevanti ai fini del reato ex Decreto Legge n. 463 del 1983, articolo 2, comma 1 bis, devono ritenersi ricompresi nella speciale disciplina di favore prevista dalla L. 23 febbraio 1999, n. 44, articolo 20, commi 1 e 2, ai fini della sospensione dei termini ricadenti entro un anno dalla denuncia”.

La sentenza impugnata deve quindi annullarsi con rinvio per nuovo esame, alla Corte di appello di Brescia, in relazione all’omessa valutazione della sospensione (per i periodi applicabile).

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di appello di Brescia, diversa composizione

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