Corte di Cassazione, sezione III penale, sentenza 26 agosto 2016, n. 35491

La violazione degli obblighi di vigilanza di cui agli artt. 93 e 94, d.P.R. n. 380/01 può essere commessa da chiunque violi l’obbligo imposto del preavviso e del deposito dei progetti e degli allegati tecnici e della richiesta al competente ufficio tecnico regionale, sicché la configurazione giuridica dello stesso può essere inquadrata in quelli a soggettività ristretta, giacché può essere commesso anche dal committente, dal titolare della concessione edilizia e da quei soggetti che esplicano attività tecnica ed hanno iniziato la costruzione senza accertarsi degli intervenuti adempimenti

Suprema Corte di Cassazione

sezione III penale

sentenza 26 agosto 2016, n. 35491

Ritenuto in fatto

1. Con sentenza in data 18 dicembre 2014, il Tribunale di Salerno ha condannato M.F.A. , L.D. e G.V. , alla pena di Euro 1.000 di ammenda ciascuno in relazione ai reati di cui agli artt. 93-94 e 95 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, previa riqualificazione giuridica dell’originaria imputazione di cui all’art. 328 cod.pen. contestata al G. , concesse le circostanze attenuanti generiche e aumentata la pena per la continuazione.
I ricorrenti sono stati ritenuti responsabili di aver realizzato una struttura di contenimento in gabbioni metallici a sei file soprapposte, opere assentite con delibera del Comune di Riciliano, comune classificato ad alta sismicità, senza preavviso allo sportello unico del Comune, omettendo il contestuale deposito dei progetti presso quest’ultimo ufficio, ed eseguito le opere senza la preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio tecnico della Regione Campagna; M.F.A. quale titolare della ditta Serena Costruzioni, esecutrice dei lavori appaltati dal Comune suddetto, L.D. quale direttore dei lavori e comunque progettista e rilevatore architettonico e G.V. quale funzionario del Comune e responsabile del procedimento relativo alle opere in oggetto.
2. Avverso la sentenza hanno presentato ricorsi M.F.A. , L.D. e G.V. , a mezzo dei loro difensori, e ne hanno chiesto l’annullamento per i seguenti motivi enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.:
2.1. Il difensore di M.F.A. deduce: a) con un primo motivo la nullità della sentenza, ex art. 522 cod.proc.pen.; il ricorrente M. , appaltatore di un’opera pubblica per conto del Comune di Riciliano, era stato citato a giudizio per la violazione di cui all’art. 93 d.P.R. 380 del 2001, ma era stato condannato anche per la violazione di cui all’art. 94 d.P.R. cit., per aver dato corso ai lavori senza la preventiva autorizzazione scritta al competente ufficio tecnico regionale. Pertanto la sentenza impugnata dovrebbe essere annullata nella parte relativa alla condanna per la contravvenzione di cui all’art. 94 cit., perché non contestata al ricorrente; b) con un secondo motivo deduce la violazione della legge penale in relazione agli artt. 5 cod.pen. e artt. 93 e 94 d.P.R. 380 del 2001, non avendo il Tribunale di Salerno considerato che l’ente pubblico che doveva ricevere la comunicazione prevista dall’art. 93 cit. era lo stesso che aveva conferito l’appalto alla ditta esecutrice del M. , dopo l’approvazione da parte del medesimo soggetto, del progetto; inoltre era lo stesso ente pubblico, committente dell’opera che avrebbe dovuto richiedere l’autorizzazione al competente ufficio regionale. Infine, rileva il ricorrente che la punibilità del ricorrente sarebbe esclusa, ai sensi dell’art. 5 cod.pen., in presenza di un comportamento della pubblica amministrazione che aveva invitato la ditta esecutrice a dare inizio all’esecuzioni dei lavori, comportamento che avrebbe determinato l’erroneo, ma scusabile, convincimento della non doverosità dell’avviso di cui all’art. 93 cit. e, quanto alla violazione di cui all’art. 94 cit., il comportamento antidoveroso di aver dato inizio ai lavori senza autorizzazione ex art. 94 cit., sarebbe escluso dalla circostanza che la legge regionale della Campania 9/1983 succ. mod. 19/2012 e 1/2012 e Reg. 23/2010 stabilisce che l’obbligato alla presentazione della denunzia è, in caso di committenza pubblica, il committente individuato nel titolare del potere decisionale e di spesa ai sensi del art. 2 comma 3 DPGR 23/2010, e, dunque, il comportamento antidoveroso era conseguente ad un errore di diritto sulla legge extrapenale scusabile.
2.2. Il difensore di L.D. deduce, a) con un primo motivo, la violazione di cui all’art. 606 comma 1 lett. e) cod.proc.pen., per aver il Tribunale condannato il ricorrente L. nella qualità di direttore dei lavori in assenza di incarico formale e in presenza di un travisamento della prova, posto che il ricorrente aveva ottenuto l’incarico di direttore dei lavori unicamente per la realizzazione delle rete di adduzione per la metanizzazione e non per le opere in questione, opere costituenti migliorie estetiche e non interconnesse a quelle appaltate (opere per la metanizzazione); b) con il secondo motivo la violazione della legge penale in relazione agli artt. 93-94 e 95 cit. per aver erroneamente ritenuto integrate le violazione sulla base dell’aver svolto “in concreto e in fatto” le funzioni di direttore dei lavori, tenuto conto dell’assenza di contiguità geografica ed interconnessione funzionale delle opere oggetto di contestazioni (gabbioni metallici a contenimento del terrapieno); c) con il terzo motivo la violazione di cui all’art. 606 comma 1 lett. e) cod.proc.pen. per aver omesso la valutazione delle prove a favore del L. costituite in primis dalla circostanza che nella istanza in sanatoria per le opere realizzate, la cartella relativa al nominativo del direttore dei lavori non conteneva il suo nome.
2.3. Il difensore di G.V. deduce, con un unico motivo, il vizio di motivazione in relazione alla sussistenza dell’elemento soggettivo in capo al ricorrente; quale Responsabile del procedimento non riteneva sussistente in capo al medesimo gli obblighi previsti dal dettato legislativo.
3. In udienza, il Procuratore generale ha chiesto che l’annullamento senza rinvio perché il fatto non costituisce reato per M. , rigetto dei ricorsi per gli altri.

Considerato in diritto

4. Il ricorso di M.F.A. è infondato.
4.1. È infondato il primo motivo di ricorso con cui si deduce la violazione dell’art. 522 comma 2 cod.proc.pen. La contestazione di aver dato corso ai lavori senza la preventiva autorizzazione del competente ufficio tecnico regionale, integrante la contravvenzione di cui all’art. 94 cit., è stata contestata nel corpo della contestazione come è facilmente evincibile dalla lettura del capo a), essendo solamente omessa l’indicazione dell’articolo di legge violato, è stato garantito il diritto di difesa, sicché non ricorre la violazione di cui all’art. 522 comma 2 cod.proc.pen. Non integra la nullità di cui all’art. 522 cod.proc.pen. l’omessa indicazione della norma di legge violata, non essendo necessaria la sua specifica indicazione in presenza di una chiara e precisa enunciazione “in fatto” e quando l’imputato abbia avuto piena cognizione degli elementi di fatto che la integrano (Sez. 6, n. 40283 del 28/09/2012, P.G. in proc. Diaji, Rv. 253776).
4.2. Parimenti infondato è il secondo motivo di ricorso con cui il ricorrente deduce la violazione della legge penale in relazione agli artt. 5 cod.pen. e 93 e 94 d.P.R. 380 del 2001, sotto un duplice profilo: l’assenza in capo al medesimo, legale rappresentante della ditta esecutrice di un’opera pubblica conferita con appalto pubblico dal Comune di Riciliano, degli obblighi previsti dalla normativa antisismica sul rilievo he l’ente, che doveva ricevere la comunicazione prevista dall’art. 93 cit. e a cui competeva richiedere l’autorizzazione al competente ufficio regionale, era il medesimo che aveva conferito l’appalto ed era dunque il committente dell’opera, in secondo luogo difetterebbe l’elemento soggettivo del reato ai sensi dell’art. 5 cod.pen. avendo fatto affidamento sulla legge regionale che prevede, nel caso di appalto pubblico, che gli obblighi informativi spettino al titolare del potere di spesa e cioè al Comune.
Con riferimento al primo profilo questa Corte ha ripetutamente affermato che il soggetto attivo del reato di cui all’art. 95 del d.P.R. 380/2001, è anche il titolare della ditta chiamata ad eseguire opere edilizie in zone sismiche, in quanto destinatario diretto del divieto di esecuzione dei lavori in assenza dell’autorizzazione e senza preventiva autorizzazione scritta del competente ufficio regionale (Sez. 3, n. 6675 del 20/12/2011, Lo Presti, Rv. 252021; Sez. F, n. 35298 del 24/07/2008, Sparviero, Rv. 240665; Sez, 3, n. 35387 del 24/05/2007, Trozzo, Rv. 237537; Sez. 3, n. 887 del 10/12/1999, Scardellato, Rv. 215602). Dunque la contravvenzione in oggetto può essere commessa da chiunque violi o concorra a violare l’obbligo imposto del preavviso e del deposito dei progetti e degli allegati tecnici e della richiesta al compente ufficio tecnico regionale, sicché, pur non trattandosi di un reato proprio del proprietario, la configurazione giuridica dello stesso può esser inquadrata in quelli a soggettività ristretta, giacché, oltre che da questi, può esser commesso dal committente, dal titolare della concessione edilizia ed, in genere, da chi ha la disponibilità dell’immobile o dell’area su cui esso sorge, nonché da quei soggetti che esplicano attività tecnica ed hanno iniziato la costruzione senza accertarsi degli intervenuti adempimenti e, come tale, non è esonerato automaticamente da responsabilità per la presenza di un direttore dei lavori.
Tali principi devono essere ritenuti applicabili anche nel caso in esame, posto che il ricorrente ha assunto la qualifica di soggetto “esecutore delle opere”, affidate dall’ente pubblico con appalto pubblico (contratto rep. n. 30/2010 del 28.09.2010). La circostanza che egli fosse esecutore di un’opera pubblica, conferita con contratto di appalto pubblico dal Comune di Riciliano, non lo esonera dagli obblighi che gravano sul medesimo, per la considerazione che nel contratto di appalto, anche pubblico, l’appaltatore si impegna ad eseguire l’opera a regola d’arte con mezzi propri e sotto la sua responsabilità in piena autonomia anche nel caso in cui l’amministrazione pubblica abbia predisposto il progetto e le indicazioni (Cass. Civ. sez. 1, n. 15784, del 02/07/2010, Rv 613928). Dunque, come correttamente ritenuto nella sentenza impugnata (pag. 10), l’esecutore di opere pubbliche è costruttore/esecutore delle opere, sicché non si può escludersi la responsabilità per violazione agli obblighi derivanti dalla legge, obblighi che non possono venir meno per il fatto che l’ente appaltante sia lo stesso che doveva ricevere la comunicazioni. E ciò in forza della ratio delle disposizioni dettate in tema di vigilanza sulle costruzioni in zone sismiche, che prevedendo un complesso sistema di cautele rivolto ad impedire l’esecuzione di opere non conformi alle norme tecniche, ed impongono a tutti i soggetti esecutori delle opere (proprietari, committenti, direttore dei lavori) ad osservare le cautele a cui sono connessi gli obblighi, che sono sanzionati con le contravvenzioni in parola. Deve pertanto ribadirsi il principio secondo cui il reato di cui all’art. 95 cit., potendo essere commesso da chiunque violi o concorra a violare l’obbligo di deposito del progetto delle opere realizzate in zona sismica, e senza autorizzazione del competente ufficio regionale, può essere realizzato dal proprietario, dall’esecutore di un’opera pubblica, che abbia esplicato attività tecnica ed iniziato la costruzione, senza il doveroso controllo del rispetto degli adempimenti di legge.
Consegue che non possa ravvisarsi alcun errore di diritto scusabile quando l’attività professionale del soggetto, come nel caso di specie, presupponga la conoscenza della normativa di settore e il suo comportamento sia sintomatico della inosservanza dell’obbligo di adeguata informazione per conseguire la conoscenza della legislazione vigente in materia (Sez. 3, n. 11045 del 18/02/2015, De Santis, Rv. 263288).
Inoltre, priva di pregio è la tesi difensiva secondo cui il comportamento antidoveroso era conseguente ad un errore di diritto sulla legge extrapenale scusabile. Il comportamento antidoveroso di aver dato inizio ai lavori senza autorizzazione ex art. 94 cit., non può essere escluso dalla circostanza che la legge regionale della Campania 9/1983 succ. mod. 19/2012 e 1/2012 e Reg. 23/2010, stabilisce che l’obbligato alla presentazione della denunzia è, in caso di committenza pubblica, il committente individuato nel titolare del potere decisionale e di spesa ai sensi del art. 2 comma 3 DPGR 23/2010, e ciò in quanto, come correttamente evidenziato nella sentenza impugnata, la legislazione in materia di governo del territorio non è esercitata, ai sensi dell’art. 117 Cost., in via esclusiva nella regione Campania, bensì concorrente e non può investire la materia della sicurezza staticità degli edifici in zona sismica che rimane di esclusiva competenza statale (Sez. 3, n. 37375 del 20/06/2013, P.M. in proc. Serpicelli, Rv 257594; Sez. 3, n. 16182 del 28/02/2013, Crisafulli, Rv 241287), sicché la legge regionale non esonera da quanto previsto dalla legge statale in termini di precauzione antisismiche e, considera la natura professionale del soggetto agente, non vale ad escludere il dolo del reato invocando l’art. 5 cod.pen..
5. Infondato è, anche, il ricorso di Donato L. . In primo luogo la qualità di direttore dei lavori non richiede incarico formale, peraltro deve rilevarsi che la sentenza motiva sulla circostanza che egli era direttore dei lavori, con incarico formale per la realizzazione dell’opera principale (opere per la realizzazione delle rete di adduzione per la metanizzazione) e che, con riguardo alle opere in oggetto (gabbioni metallici di contenimento di un muro, opere connesse a quella principale), il L. aveva redatto la perizia di variante e il progetto sottoposto alla Giunta Comunale, a cui era seguita la sottoscrizione del verbale ripresa lavori in data 25.01.2010, sicché anche privo di fondamento è il vizio di travisamento della prova. Il Tribunale ha correttamente argomentato la qualifica di progettista e direttore dei lavori assunta con incarico formale (determina n. 154 del 16/07/20109) ed avendo di fatto e in concreto operato, in tale veste, anche con riferimento alle opere in oggetto. La motivazione è priva di censure di illogicità e dunque non sussiste il lamentato vizio di travisamento della prova.
5.1. Con riferimento al secondo motivo è sufficiente richiamare quanto esposto al par. 4.2. e con riguardo alla qualifica ricoperta dal L. , deve ricordarsi che, in materia di costruzioni in zone sismiche, il direttore dei lavori risponde del reato previsto dall’art. 95 d.P.R. n. 380 del 2001, per l’esecuzione di interventi edilizi in assenza del previo deposito del progetto presso il Genio Civile, in virtù della posizione di controllo affidatagli su costruzioni potenzialmente lesive della pubblica incolumità e del conseguente obbligo di verificare il rispetto degli adempimenti prescritti dalla normativa in materia (Sez. 3, n. 7775 del 05/12/2013, Damiano, Rv. 258854).
5.2. Infine infondato è il terzo motivo con cui si censura l’omessa valutazione della circostanza che, nell’istanza in sanatoria per le opere realizzate, la cartella relativa al nominativo del direttore dei lavori non conteneva il suo nome, avendo il Tribunale adeguatamente motivato l’irrilevanza, nel quadro probatorio complessivo nel quale era emerso che in concreto e in fatto il L. aveva operato nella veste di direttore dei lavori, della circostanza dell’assenza del suo nome nel frontespizio della pratica per la concessione in sanatoria. Motivazione adeguata e incensurabile in questa sede.
6. Le ragioni indicate nel par. 4.2. valgono anche per il ricorso di G.V. che presenta, anche, caratteri di genericità. Il ricorso contiene una generica affermazione della sua buona fede sulla necessità, in capo al medesimo quale responsabile del procedimento amministrativo, dell’adempimento agli obblighi previsti negli artt. 93-94 del d.P.R. 380 del 2001, ed è privo di critica alla sentenza impugnata. Il motivo di ricorso si risolve nella mera enunciazione del dissenso del deducente rispetto alle valutazioni compiute dal Tribunale (cfr pag. 19 sent.) laddove, al contrario, il giudice ha adeguatamente argomentato come il ricorrente fosse pienamente consapevole della portata delle opere realizzate in zona sismica, per la sanatoria delle quali presentava la relativa istanza nella sua veste di responsabile del procedimento amministrativo. La sentenza ha, poi, argomentato che il G. era pienamente consapevole della carenza documentale, funzionale al rispetto della normativa antisismica, la cui osservanza era a lui demandata quale Responsabile del procedimento. Dunque, il ruolo di garante all’osservanza, che discende dalla qualifica di responsabile del procedimento, lo rendeva destinatario delle norme di cui agli art. 93 e 94 cit., motivazione congrua e immune da vizio di illogicità e contraddittorietà sindacabile in questa sede. Infine, quanto al profilo genericamente argomentato circa la sua “buona fede”, si ricorda che la giurisprudenza di legittimità ha, più volte, affermato che in tema di elemento psicologico del reato, la cosiddetta “buona fede” è configurabile ove la mancata coscienza dell’illiceità del fatto derivi non dall’ignoranza dalla legge, ma da un elemento positivo e cioè da una circostanza che induce nella convinzione della sua liceità, come un provvedimento dell’autorità amministrativa, una precedente giurisprudenza assolutoria o contraddittoria, una equivoca formulazione del testo della norma (Sez. n. 3, n. 29080 del 19/03/2015, Rv. 264184; Sez. U, n. 8154 del 10/06/1994, P.G. in proc. Calzetta, Rv. 197885), situazione che non ricorre, e non è neppure dedotta, nel caso di specie.
7. All’udienza il difensore di L.D. e G.V. hanno chiesto, in via subordinata, la dichiarazione di prescrizione del reato. La richiesta di declaratoria di prescrizione non può trovare accoglimento atteso che il termine di prescrizione maturerà al 19 maggio 2016, termine che vale anche per il ricorrente G. per effetto della diversa qualifica giuridica dei fatti operata nella sentenza che comporta l’individuazione della data del reato commesso in quella indicata al 19/05/2011. A tal riguardo si richiama il principio per il quale i reati di omessa denuncia dei lavori e presentazione dei progetti e di inizio dei lavori senza preventiva autorizzazione hanno natura di reati permanenti, la cui consumazione si protrae sino a che il responsabile, rispettivamente, non presenta la relativa denuncia con l’allegato progetto, non termina l’intervento oppure non ottiene la relativa autorizzazione (Sez. n. 3, n. 1145 del 08/10/2015, Stabile, Rv. 266015; Sez. n. 3, n. n. 12235 del 11/02/2014, Petrolo, Rv. 258738).
Nel caso in esame il capo di imputazione indicata quale data del commesso reato la data del sopralluogo del 19 maggio 2011, alla data del quale le opere non erano, peraltro, terminate, e dunque il reato non è, al momento della decisione, prescritto.
8. I ricorsi devono essere rigettati e i ricorrenti condannati al pagamento delle spese processuali

P.Q.M.

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