L’eccezione alla regola della visita di idoneità in caso di impiego al lavoro di minori vale solo per gli adolescenti addetti a lavori occasionali in ambito familiare, prestazioni di lavoro non nocivo e non pericoloso e nelle imprese a conduzione familiare. La definizione di breve durata è alternativa a quella di natura occasionale e va riferita a esigenze impreviste e può essere pari a una giornata o poco più e non coincidente con un lavoro stagionale
Suprema Corte di Cassazione
sezione III penale
sentenza 12 gennaio 2017, n. 1312
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAVALLO Aldo – Presidente
Dott. RAMACCI Luca – rel. Consigliere
Dott. ROSI Elisabetta – Consigliere
Dott. SOCCI Angelo Matteo – Consigliere
Dott. DI STASI Antonella – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) nato il (OMISSIS);
avverso la sentenza del 05/06/2015 del TRIBUNALE di TERAMO;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 15/11/2016, la relazione svolta dal Consigliere Dott. LUCA RAMACCI;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. CANEVELLI PAOLO, che ha concluso per l’inammissibilita’ del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Teramo, con sentenza del 5/6/2015 ha affermato la responsabilita’ penale di (OMISSIS), che ha condannato alla pena dell’ammenda, per il reato di cui alla L. n. 977 del 1967, articolo 8, comma 1, perche’, quale amministratore di una societa’, aveva ammesso al lavoro due minori in assenza della preventiva visita di idoneita’ all’attivita’ cui le stesse erano state adibite (in (OMISSIS)).
Avverso tale pronuncia la predetta ha proposto “appello” tramite il proprio difensore di fiducia, convertito in ricorso per cassazione.
2. Con un primo motivo di impugnazione rileva l’assenza di prove in atti riguardo alla effettiva prestazione dell’attivita’ lavorativa da parte delle lavoratrici minori, osservando che a tal fine non potevano ritenersi rilevanti le dichiarazioni delle stesse, in quanto avevano in corso la procedura per il recupero di somme in relazione ad assenti periodi di lavoro ed avendo i testimoni della difesa dichiarato di non averle mai viste in azienda.
3. Con un secondo motivo di impugnazione rileva che il giudice del merito non avrebbe tenuto conto della brevita’ del periodo di impiego e della natura innocua dell’attivita’ cui erano adibite le minori, vertendosi cosi’ in ipotesi di esclusione dall’applicazione della normativa.
Insiste, pertanto, per l’accoglimento dell’impugnazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ inammissibile.
Occorre preliminarmente osservare che l’atto di impugnazione risulta presentato e sottoscritto dall’Avv. (OMISSIS), che non risulta iscritta nell’albo speciale della Corte di Cassazione.
Come e’ noto, alla regola secondo cui il ricorso per cassazione e’ inammissibile qualora i motivi siano sottoscritti da avvocato non iscritto nello speciale albo dei professionisti abilitati al patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori non e’ prevista alcuna deroga, neppure nel caso di appello convertito in ricorso, poiche’ altrimenti verrebbero elusi, in favore di chi abbia erroneamente qualificato il ricorso, obblighi sanzionati per chi abbia proposto l’esatto mezzo di impugnazione (Sez. 5, n. 23697 del 29/4/2003, Gentile, Rv. 224549; Sez. 3, n. 2233 del 14/7/1998, Allegretti G., Rv. 211855 ed altre prec. conf. V. anche Sez. 3, n. 48492 del 13/11/2013, Scolaro, Rv. 258000).
2. Nel caso di specie, tuttavia, l’appello reca in calce l’atto di nomina dei suddetti avvocati sottoscritto personalmente dall’imputato, cosicche’, sulla base di quanto gia’ affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte proprio in relazione ad una fattispecie relativa ad atto di impugnazione impropriamente definito appello, perche’ proposto contro un provvedimento inappellabile, qualificato come ricorso per cassazione, l’impugnazione puo’ ritenersi presentata personalmente dall’imputato, in quanto l’atto di nomina in esso contenuto ha un implicito, ma evidente valore di condivisione della dichiarazione e dei motivi di ricorso, che quindi devono giuridicamente ritenersi fatti propri dall’imputato, il quale se ne assume la paternita’ (v. Sez. U, n. 47803 del 27/11/2008, D’Avino, Rv. 241355. Sez. 3, n. 28961 del 6/6/2012, Mele, Rv. 253204).
3. Occorre tuttavia ricordare che l’istituto della conversione della impugnazione previsto dall’articolo 568 c.p.p., comma 5, ispirato al principio di conservazione degli atti, determina unicamente l’automatico trasferimento del procedimento dinanzi al giudice competente in ordine alla impugnazione secondo le norme processuali e non comporta una deroga alle regole proprie del giudizio di impugnazione correttamente qualificato. Pertanto, l’atto convertito deve avere i requisiti di sostanza e forma stabiliti ai fini della impugnazione che avrebbe dovuto essere proposta (Sez. 1, n. 2846 del 8/4/1999, Annibaldi R, Rv. 213835. V. anche ex p1. Sez. 3, n. 26905 del 22/04/2004, Pellegrino, Rv. 228729; Sez. 4, n. 5291 del 22/12/2003 (dep.2004), Stanzani, Rv. 227092).
Da cio’ consegue che non possono prendersi in considerazione, in questa sede di legittimita’, le questioni concernenti la ricostruzione dei fatti prospettate nell’atto di impugnazione, ne’ puo’ procedersi ad una loro diversa lettura o all’autonoma scelta di nuovi e diversi criteri di valutazione.
4. Cio’ posto, deve rilevarsi la manifesta infondatezza dei motivi.
Va infatti rilevato, con riferimento al primo motivo di impugnazione, che il giudice del merito ha ritenuto dimostrato lo svolgimento dell’attivita’ lavorativa da parte delle minori in base alle dichiarazioni dalle stesse rese nel corso della loro deposizione testimoniale.
A fronte di cio’, la ricorrente si limita a prospettare una differente lettura delle emergenze processuali, non consentita in sede di legittimita’, ponendo in dubbio, peraltro senza elementi concreti, ma soltanto ipotizzando un interesse economico alla vicenda in esame da parte delle minori, le loro dichiarazioni valorizzate dal Tribunale.
5. Parimenti inammissibili risultano le deduzioni sviluppate con il secondo motivo, essendo anch’esse articolate in fatto in relazione al periodo di impiego ed alla natura dell’attivita’ e sviluppate, per cio’ che concerne la durata del lavoro svolto dalle minori, senza neppure confrontarsi con le argomentazioni poste dal giudice del merito a sostegno della propria decisione, avendo questi peraltro richiamato il contributo interpretativo offerto dalla giurisprudenza di questa Corte, la quale ha affermato che “agli effetti della L. 17 ottobre 1967, n. 977, articolo 2, comma 1 sost. dal Decreto Legislativo 4 agosto 1999, n. 345, articolo 4 che esonera il datore di lavoro dall’osservanza delle prescrizioni della medesima legge nell’ipotesi di adolescenti addetti ai lavori occasionali o di breve durata concernenti a) servizi domestici prestati in ambito familiare, b) prestazioni di lavoro non nocivo, ne’ pericoloso, nelle imprese a conduzione familiare, la definizione “breve durata” e’ alternativa a quella di “natura occasionale” e va necessariamente riferita ad attivita’ che traggano origine da esigenze impreviste dal datore di lavoro e/o risultino di durata corrispondente a quella di una giornata lavorativa o di poco superiore e, cioe’, ad un tipo di prestazione che non rientra tra quelle che l’azienda richiede abitualmente ai propri dipendenti, anche se limitatamente a determinati periodi dell’anno” (Sez. 3, n. 45966 del 9/11/2005, Giacalone ed altro, Rv. 233252).
6. Il ricorso, conseguentemente, deve essere dichiarato inammissibile e alla declaratoria di inammissibilita’ consegue l’onere delle spese del procedimento, nonche’ quello del versamento, in favore della Cassa delle Ammende, della somma, equitativamente fissata, di Euro 2.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 2.000,00 (duemila) in favore della Cassa delle Ammende.
Motivazione semplificata
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