Suprema Corte di Cassazione

sezione III

ordinanza n. 46180 del 18 novembre 2013

Ordinanza

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 18 luglio 2012 la Corte d’appello di Trento, a seguito di appello proposto da avverso sentenza del 1 Febbraio 2011 con cui il Tribunale di Rovereto lo aveva condannato alla pena di mesi quattro di arresto e € 200.000 di ammenda per il reato di cui agli articoli 21 l. 1982,/646 e 118, comma 9, d.lgs. 2006/163 – per avere nella qualità di presidente del CDA di O.B. S.p.A. affidato in subappalto a C.M. S.r.l. lavori di assemblaggio e messa in opera di strutture metalliche di un ponte presso A. i cui lavori di rifacimento aveva appaltato in A.T.I. conun’altra ditta, senza preventiva autorizzazione del committente, la Provincia Autonoma di Trento – , in riforma parziale della sentenza di primo grado, riduceva l’ammenda a € 102.304, per il resto confermandola.

2. Ha presentato ricorso il difensore adducendo un unico motivo: l’illogicità della motivazione per la ritenuta insussistenza dei presupposti del contratto di distacco e per la ritenuta sussistenze invece di un contratto di subappalto, con violazione degli articoli 30, comma 1, d.lgs. 276/2003, 21 l. 1982/646 e 118 d.lgs. 2006/163. II distacco si verifica quando il datore di lavoro, per un suo qualunque interesse produttivo, mette temporaneamente a disposizione di altro soggetto, per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa, uno o più lavoratori.
Nel caso di specie, la C.M. aveva bisogno di impiegare propri dipendenti neoassunti nel cantiere di A. per formarli per lavori che avrebbero dovuto poi svolgere in altri cantieri, come emergerebbe da alcune testimonianze. Non rileva che durante l’ispezione nei cantiere non sia stato trovato personale della ditta dell’imputato (un suo ingegnere comunque andava regolarmente in cantiere a dare disposizioni) laddove invece il giudice di merito avrebbe ritenuto sussistente Il reato solo per la mancanza di altro personale, appunto, sul cantiere e per l’utilizzo in questo di attrezzatura della C.M.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è infondato.
Premesso che il reato di illegittimo distacco, contestato nella fattispecie, sussiste effettivamente nel caso in cui lavoratori siano distaccati presso altra impresa perché esegua la propria prestazione lavorativa in favore di quest’ultima in mancanza di un rilevante interesse proprio del datore di lavoro distaccante (Cass. sez. III, 29 ottobre 2009 n. 47006; Cass. sez. III, 10 giugno 2009 n. 38919), si deve dare atto che, pur rubricato anche come violazione di legge, sotto tale profilo il motivo è manifestamente infondato, poiché la corte territoriale non ha in alcun modo violato la normativa, bensì ha interpretato la stessa in modo conforme alla giurisprudenza di legittimità appena citata. In realtà, il motivo, prospettandola come vizio motivazionale, propone una versione degli esiti probatori alternativa rispetto a quella per cui ha optato il giudice di merito, perseguendo quindi una “correzione” al riguardo del giudice di legittimità, ovvero un inammissibile terzo grado di cognizione di fatto. Peraltro, la motivazione offerta dalla (orto territoriale è ampia e adeguata, priva di alterazioni del percorso logico e di qualunque contraddittorietà. Non corrisponde al contenuto della sentenza, invero, che questa abbia ritenuto insussistente il distacco e sussistente invece un illegittimo – perché non autorizzato dal committente – subappalto soltanto sulla base de|l’assenza, in cantiere, di personale della impresa dell’imputato e sulla utilizzazione, da parte dei lavoratori apparentemente distaccati, delle attrezzature del preteso distaccante.

La Corte, infatti, ha svolto un’analisi accurata degli esiti probatori, incluse le testimonianze richiamate nel ricorso sul futuro cantiere estero per cui i dipendenti della asserita distaccante avrebbero dovuto addestrarsi, testimonianze che erano state evidenziate anche nelle doglianze d’appello (motivazione, pagina 5 e pagina 7 ss.). E l’esito di tale analisi è sortito proprio dalla logica valutazione (motivazione, pagina 8 ss.) di quanto dichiarato dal caposquadra C.M. alla polizia giudiziaria nell’immediatezza dei fatti (peraltro non in contraddizione con quanto dichiarato in sede di indagini difensive), R.T. e dal dipendente C.M. M.H., dalle quali dichiarazioni risulta che i lavoratori apparentemente distaccati non ricevevano alcun addestramento dalla impresa dell’imputato, la quale costruiva il primo ponte della sua esperienza professionale proprio in quel cantiere, a fronte dell’esperienza trentennale di montaggio di strutture metalliche per ponti della C.M., cui pertanto aveva voluto rivolgersi l’impresa dell’imputato, in tal senso muovendosi anche dopo che le era stata negata l’autorizzazione al subappalto, ovvero utilizzando l’apparente distacco come escamotage per eludere il diniego.
In conclusione il ricorso deve dichiararsi inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale emessa in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 23 ottobre 2013

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