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Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza del 26 novembre 2012, n. 20888

Svolgimento del processo

1.- Con sentenza N. 955/2001 il Tribunale dichiarava la carenza di legittimazione attiva di G.B. relativamente alla domanda con la quale il medesimo aveva chiesto la condanna dell’appaltatore G.M. all’esecuzione dei lavori necessari ad eliminare i difetti delle opere realizzate in virtù del contratto intercorso fra le parti.
Con sentenza non definitiva pubblicata il 19 giugno 2003 la Corte di appello di Firenze dichiarava la legittimazione attiva dell’attore, ritenendo che il contratto di appalto era intercorso anche con il predetto e non soltanto con la moglie dell’attore.
Con sentenza definitiva n. 1381 del 2005 la Corte di appello rigettava la domanda proposta dall’attore.
Secondo i Giudici, a stregua di quanto accertato dalla consulenza tecnica d’ufficio, non erano stati ravvisati vizi o difetti riconducibili ai lavori eseguiti dal M. e ciò anche per le mutate condizioni dei luoghi, a seguito delle modifiche introdotte dal nuovo proprietario né, d’altra parte, era emerso che tali modifiche fossero state determinate dalla necessità di eliminare i vizi denunciati: in effetti, l’unico documento attestante la presenza di vizi prima dell’intervento del nuovo proprietario, che aveva profondamente alterato lo stato dei luoghi impedendo la verifica dei preesistenti difetti, era la perizia giurata redatta nel 1997 dal geom. S. su incarico dei coniugi B. ma che non aveva avuto alcun riscontro obiettivo ad eccezione alla presenza di umidità alla muratura e all’intonaco della rampa di scale esterna che conduce al piano interrato, difetto non ascrivibile a responsabilità dell’appaltatore. La sentenza riteneva che l’attore non avesse fornito prova dei denunciati vizi, peraltro non oggetto di contestazioni da parte del direttore dei lavori, dell’acquirente o di obiettivi riscontri, oltre la testimonianza del S. , che comunque era perito di parte.
2.- Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione B.G. sulla base di un unico motivo.
Resiste con controricorso l’intimato proponendo ricorso incidentale condizionato affidato a due motivi avverso la sentenza non definitiva.
Le parti hanno depositato memoria illustrativa.

Motivi della decisione

Preliminarmente il ricorso principale e quello incidentale vanno riuniti, ex art. 335 cod. proc. civ., perché sono stati proposti avverso la stessa sentenza.
Ricorso Principale
1.1. – L’unico motivo lamenta la inesistenza della motivazione circa i difetti denunciati dall’attore; omessa motivazione circa la rilevanza della prova documentale offerta, censurando la sentenza definitiva laddove aveva ritenuto di non attribuire alcun valore alla perizia giurata, confermata in sede di deposizione testimoniale nonostante che la sentenza non definitiva le avesse attribuito rilievo; la decisione definitiva aveva riconosciuto che la perizia era stata asseverata e confermata in sede di deposizione, così riconoscendole particolare specificità e attendibilità ma l’aveva poi disattesa senza alcuna motivazione, dando rilevanza a circostanze del tutto presunte e alla inesistenza di riscontri oggettivi attuali, quando lo stesso consulente d’ufficio aveva riferito che la situazione del luoghi era stata totalmente modificata; richiama in proposito i principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità sull’obbligo del giudice di motivare quando siano specifici e circostanziati i rilievi formulati dalla consulenza di parte a quella di ufficio.
1.2. – Il motivo è infondato.
La sentenza ha spiegato, con motivazione congrua e corretta, le ragioni in base alle quali ha rigettato la domanda proposta dall’attore ovvero che non era stata raggiunta la prova dei fatti posti a fondamento dell’azione, avendo accertato – in base a quanto riferito dal consulente tecnico d’ufficio – che la situazione del luoghi era stata profondamente modificata a seguito dei lavori eseguiti da nuovo proprietario, per cui non era stato possibile verificare la presenza di vizi o difetti causalmente ricollegabili alle opere effettuate dal M. in esecuzione del contratto di appalto.
Ed invero, in presenza di tali rilievi – mentre erano incidentali e prive di alcun valore decisorio le affermazioni della sentenza non definitiva, che si era limitata a verificare la legittimazione attiva dell’attore senza esaminare nel merito la domanda – i Giudici hanno escluso che la perizia giurata potesse rivestire autonomo e decisivo valore probatorio. Nella specie non si trattava tanto di verificare la fondatezza o meno dei rilievi di natura tecnica formulati dal consulente di parte in relazione agli accertamenti e alla valutazione compiuta dal consulente di ufficio, essendo piuttosto in discussione l’esistenza stessa di vizi riconducibili all’attività del M. e la relativa prova: al riguardo, la perizia stragiudiziale dell’aprile 1997 redatta dal geom. S. su incarico degli attori prima dell’inizio del presente giudizio – ancorché confermata sotto il vincolo del giuramento – essendo un documento proveniente da un terzo può costituire al più un elemento meramente indiziario suscettibile di essere liberamente apprezzato dal giudice di merito alla luce del complessivo quadro probatorio. E la Corte, nel verificarne l’attendibilità, ha escluso la esistenza di alcun riscontro obiettivo di quanto esposto dal perito di parte non soltanto alla stregua degli accertamenti compiuti dal consulente tecnico d’ufficio, il quale aveva riferito che dei vizi indicati dalla perizia de qua non vi era alcuna traccia visibile – ad eccezione di quelli concernenti l’umidità presente nella muratura e nell’intonaco della rampa di scale esterna che conduce al piano interrato, peraltro non ascrivibili a una non corretta esecuzione dei lavori – avendo anche evidenziato come al riguardo non risultassero alcuna contestazione da parte del direttore dei lavori né la denuncia di vizi da parte del nuovo proprietario, mentre non poteva assumere rilievo in tal senso la circostanza che il predetto acquirente avesse provveduto al rifacimento degli intonaci.
Orbene, va ricordato che la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, che sono insindacabili in sede di legittimità se, come nella specie, siano congruamente motivati.
Il ricorso va rigettato, mentre è assorbito quello incidentale condizionato.
Le spese della presente fase vanno poste a carico del ricorrente, risultato soccombente.

P.Q.M.

Riunisce i ricorsi, rigetta quello principale assorbito l’incidentale.
Condanna il ricorrente al pagamento in favore del resistente delle spese relative alla presente fase che liquida in Euro 2.500,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 2.300,00 per onorari di avvocato oltre spese generali ed accessori di legge.

Depositata in Cancelleria il 26.11.2012

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