Suprema Corte di Cassazione
sezione II
sentenza 8 gennaio 2014, n. 147
Svolgimento del processo
1.- Con sentenza n. 148 del 2000 il Tribunale di Ancona sez. distaccata di Jesi, in accoglimento della domanda proposta da C.P. e P.R. nei confronti di A.C. , dichiarava beni condominiali ex art. 1117 cod.civ. l’impianto elettrico di illuminazione delle scale, il quadro di alloggio dei misuratori di elettricità ENEL e il portone di ingresso dello stabile condominiale sito in (OMISSIS) , condannando il convenuto al pagamento delle spese sostenute dagli attori per l’effettivo godimento dei relativi beni.
Secondo il primo Giudice, poiché il portone era indubitabilmente comune, un utilizzo del medesimo non poteva avvenire che con un unico impianto elettrico, che pertanto doveva considerarsi comune.
Con sentenza dep. il 20 ottobre 2007 la Corte di appello di Ancona, in riforma della decisione impugnata dal convenuto, rigettava la domanda proposta dagli attori.
Nell’escludere la natura condominiale dei beni in questione, i Giudici, da un canto, rilevavano che di essi nessuna menzione era compiuta nell’atto costitutivo del Condominio e, dall’altro, che la presunzione di cui all’art. 1117 cod. civ. non opera quando come nella specie il bene, dotato di propria autonomia e indipendenza, non sia destinato al servizio comune : l’impianto elettrico di illuminazione delle scale, il collegamento del campanello del campanello e dell’apriporta del portone di ingresso erano di proprietà esclusiva del convenuto. Ed invero, secondo la sentenza alla stregua delle deposizioni escusse, era risultato provato che ontologicamente gli impianti erano sin dall’origine due, con due distinti contatori, uno al servizio dell’appartamento dell’appellante e, l’altro, degli appellati.
2.- Avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione C.P. e P.R. sulla base di due motivi.
Resiste con controricorso l’intimata proponendo ricorso incidentale affidato a un unico motivo.
Le parti hanno depositato memoria illustrativa.
Motivi della decisione
Preliminarmente il ricorso principale e quello incidentale vanno riuniti, ex art. 335 cod. proc. civ., perché sono stati proposti avverso la stessa sentenza.
RICORSO PRINCIPALE.
1.- Il primo motivo, lamentando violazione o falsa applicazione dell’art. 1117 cod. civ., censura la decisione gravata che, nell’escludere la natura condominiale dell’impianto elettrico, non aveva indicato le ragioni poste a base del suo convincimento laddove non aveva scalfito la puntuale osservazione del tribunale secondo cui, essendo il portone un bene condominiale, l’impianto elettrico posto al servizio dello stesso era da considerare condominiale. In effetti, la ricostruzione compiuta dalla Corte di appello non avrebbe avuto alcun riscontro nelle prove espletate e nella documentazione prodotta.
2.- Il secondo motivo, lamenta omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto decisivo della controversia.
Dopo avere richiamato quanto ritenuto dal tribunale anche nel procedimento cautelare conclusosi con la declaratoria di condominialità dei beni in questione, deduce che il precedente giurisprudenziale richiamato dalla Corte non era determinante nella specie in cui era stato invocato il pieno e paritario diritto sull’impianto elettrico e all’uso dell’impianto di illuminazione delle scale, del citofono e dell’apriportone, del quadro di alloggio dei misuratori ENEL secondo quanto era risultato dal titolo di acquisto dei ricorrenti con cui era stato ceduto il diritto di comproprietà senza che al momento fosse stata loro rappresentata alcuna riserva in proposito.
Denuncia il mancato esame di quanto emerso : in sede di richiesta di chiarimenti forniti dall’ENEL sulle forniture di energia destinate a usi domestici; a proposito del contributo dato dai danti causa degli attori al convenuto per la realizzazione dell’impianto in modo da renderlo comune.
Deduce che per la ubicazione e la funzione dell’impianto doveva esserne affermata la natura condominiale.
Censura la valutazione delle deposizioni poste a fondamento della decisione e in particolare di quella del Pi. che sin dal 1992 aveva trasferito la residenza dall’immobile de quo.
3.- I motivi – che, per la stretta connessione, possono essere esaminati congiuntamente – sono infondati.
La sentenza ha escluso la esistenza nel fabbricato di un unico impianto elettrico al servizio degli appartamenti di proprietà esclusiva, avendo piuttosto accertato – alla stregua delle deposizioni rese dai testi escussi – che le unità immobiliari erano dotati di distinti e autonomi impianti; pertanto, correttamente ha escluso lo stesso presupposto della presunzione di cui all’art. 1117 cod. civ. ovvero il comune godimento del bene che sia posto contemporaneamente al servizio delle proprietà esclusive e la cui installazione sia di reciproco vantaggio per i singoli condomini.
D’altra parte, secondo quanto accertato dalla sentenza impugnata, nell’atto costitutivo del Condominio, al quale occorre fare riferimento per stabilire la natura comune dei beni, non era al riguardo fatta alcuna menzione dell’impianto de quo.
Pertanto, del tutto irrilevante è quanto i danti causa degli attori abbiano loro garantito, non potendo trasmettere quanto ai medesimi non fosse stato trasferito.
In effetti, le doglianze si risolvono nella censura della ricostruzione della fattispecie concreta che evidentemente ha a oggetto un accertamento di fatto che, come tale, è riservato al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità se non per vizio di motivazione, da cui la sentenza è immune. Va qui ricordato che il vizio deducibile ai sensi dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. deve consistere in un errore intrinseco al ragionamento del giudice che deve essere verificato in base al solo esame del contenuto del provvedimento impugnato e non può risolversi nella denuncia della difformità della valutazione delle risultanze processuali compiuta dal giudice di merito rispetto a quella a cui, secondo il ricorrente, si sarebbe dovuti pervenire: in sostanza, ai sensi dell’art. 360 n. 5 citato, la (dedotta) erroneità della decisione non può basarsi su una ricostruzione soggettiva del fatto che il ricorrente formuli procedendo a una diversa lettura del materiale probatorio, atteso che tale indagine rientra nell’ambito degli accertamenti riservati al giudice di merito ed è sottratta al controllo di legittimità della Cassazione. D’altra parte, intanto può configurarsi il vizio di motivazione per omesso esame di un documento o delle risultanze di una prova in quanto si tratti di un elemento probatorio decisivo nel senso che la relativa acquisizione sia tale da invalidare, con giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia probatoria delle altre risultanze di causa su cui si è fondato il convincimento del giudice del merito, si che la “ratio decidendi” venga a trovarsi priva di base. Pertanto, non può essere dedotto il vizio di motivazione per denunciare il mancato esame di elementi che siano suscettibili di essere liberamente apprezzati unitamente ad altri con essi contrastanti nell’ambito della valutazione discrezionale del complessivo materiale probatorio riservata al giudice di merito : altrimenti la Corte di Cassazione verrebbe in sostanza investita del riesame del merito della controversia.
Orbene, deve escludersi la decisività dei documenti di cui i ricorrenti hanno lamentato il mancato esame, non fornendo evidentemente di per sé la certezza del carattere condominiale dei beni in questione: pertanto non sono idonei a neutralizzare quanto emerso dalle altre risultanze considerate dai Giudici.
Infine, anche la verifica circa l’attendibilità dei testi o la veridicità delle circostanze dai medesimi riferite ha a oggetto un accertamento di fatto.
Il ricorso principale va rigettato.
RICORSO INCIDENTALE.
Il ricorso incidentale va dichiarato inammissibile.
Infatti, lo stesso è stato consegnato all’ufficiale giudiziario per la notifica (il 27-2-2008) oltre il termine di sessanta giorni dalla notificazione (7-12-2007) della decisione impugnata, dovendo qui ricordarsi che nel caso di notificazione della sentenza il termine breve per impugnare decorre sia per il notificante che per il destinatario della notificazione. Né potrebbe sostenersi l’ammissibilità, ex art. 334 cod. proc. civ., della impugnazione tardiva, atteso che il ricorso incidentale è stato proposto avverso il capo della sentenza che aveva a oggetto la quantificazione delle spese processuali liquidate a favore del resistente. Orbene, l’impugnazione incidentale tardiva è sempre ammissibile, a tutela della reale utilità della parte, tutte le volte che l’impugnazione principale metta in discussione l’assetto giuridico derivante dalla sentenza cui la parte non impugnante aveva prestato acquiescenza, facendo così sorgere l’interesse ad impugnare: nella specie, peraltro, l’interesse ad impugnare la statuizione sulle spese non nasceva dalla impugnazione principale ma direttamente dalla decisione impugnata.
In considerazione della soccombenza reciproca, sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese della presente fase.
P.Q.M.
Riunisce i ricorsi, rigetta quello principale dichiara inammissibile l’incidentale. Compensa spese.
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