SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE II PENALE
Sentenza 31 agosto 2012, n. 33530
Considerato in fatto
1.1) D.G. ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Caltanissetta in data 2.12.2010 che aveva confermato la decisione resa in primo grado dal Tribunale di Gela in data 22.10.2009 nella quale il D. era stato riconosciuto responsabile del reato di cui all’art. 3 bis Legge 575/1965 per avere omesso di versare la cauzione di € 3000 a lui imposta dal Tribunale in conseguenza dell’applicazione della misura di prevenzione della sorveglianza speciale; fatti del 27.09.2007;
Motivi ex art. 606, l° co, lett. e) c.p.p.
2.1) nullità della decisione per avere la Corte di appello ritenuto la penale responsabilità dell’imputato senza tenere conto delle giustificazioni addotte ed in particolare dello stato di indigenza conseguente anche alla lunga detenzione subita; la Corte di appello si sarebbe limitata ad una mera affermazione di principio senza evidenziare il percorso Iogico seguito per la decisione;
2.2) nulIità della sentenza per avere negato le attenuanti generiche, trascurando illogicamente di considerare le condizioni soggettive del ricorrente ed in specie il suo stato di disoccupato;
2.3) nullità della sentenza per avere omesso la motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio , trascurando i motivi di impugnazione con i quali si chiedeva di contenere la pena nei minimi edittali;
chiede l’annullamento della sentenza impugnata
Considerato in diritto
3.2) Il ricorrente lamenta l’omessa ed illogica motivazione riguardo al suo dedotto stato di indigenza, esponendo che la decisione impugnata avrebbe trascurato di considerare le deduzioni difensive in ordine alla sua negativa condizione economica, derivante dalla lunga carcerazione e dal suo stato di disoccupazione, circostanze che gli avevano impedito di adempiere all’obbligo del versamento della somma stabilita a titolo di cauzione;
3.3) ln primo luogo, giova premettere come l’impossibilità economica di far fronte all’obbligo di versamento della cauzione imposta, ai sensi della L. 3 1 maggio 1965 n. 575, art. 3 bis, al soggetto nei cui confronti sia stata applicata una misura di prevenzione, sia deducibile anche nel giudizio penale instaurato a carico dello stesso per il reato costituito dall’inosservanza di detto obbligo e deve essere, quindi, verificata dal Giudice penale a prescindere dalle verifiche già compiute dal Giudice competente per il procedimento di prevenzione al momento della determinazione della somma da versare (v. Cass.Sez. l 24 novembre 2006, n. 39740);
a) al riguardo sono stati enunciati dalla giurisprudenza di questa Corte dei principi, ormai superati da una lettura della norma più attenta ai profili costituzionali, secondo cui il reato previsto dalla indicata normativa si perfeziona al momento della scadenza del termine per la applicazione della cauzione, senza che il sottoposto possa fare valere la esistenza di sopravvenute gravi esigenze personali o familiari che potrebbero invece essere addotte esclusivamente nell’ambito del procedimento di prevenzione ovvero, ai sensi della L. n. 575 del 1965, art, 3 bis, comma 8 in sede di richiesta di revoca, anche parziale, delle misure patrimoniali imposte;
b)-Tale orientamento è stato, da tempo, oggetto di rivisitazione critica da parte della giurisprudenza di questa Corte (v. da ultimo, Cass. Sez. l, 3 marzo 2010 n.13521), alla luce dei principi enunciati dalla Corte Costituzionale (v. sentenza 1 giugno 1998 n. 218) che, nel dichiarare infondata la questione di legittimità costituzionale della L. 575 del 1965, art. 3 bis, ha rilevato che, ove si ritenesse che la sanzione potesse essere applicata anche per una omissione sostanzialmente incolpevole a persona non abbiente, si configurerebbe un’inammissibile forma di responsabilità oggettiva;
c) Di conseguenza, la materiale impossibilità di adempimento, causata da mancanza di disponibilità economiche, può essere fatta valere non solo nel procedimento di prevenzione, in cui costituisce condizione di validità del provvedimento di sottoposizione a cauzione, ma anche nel processo penale ai fini dell’accertamento del reato.
d) A quest’ultimo proposito occorre ulteriormente precisare come la valutazione dell’impossibilità di adempimento sia correlata all’onere dell’imputato di dimostrare I’ indisponibilità economica non preordinata né colposamente determinata (v. Cass. Sez. 5, 23 giugno 2004 n. 31746 e 13 luglio 2007 n. 32615) e, comunque, all’allegazione di specifici elementi giustificativi dell’impedimento, così da mettere il Giudice in grado di controllare la loro sussistenza con riguardo a tutte le presumibili fonti di reddito dell’interessato.
3.4 Nella specie, la Corte territoriale pur dando atto delle ragioni difensive ed anche della presentazione da parte dell’imputato di una istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, ha osservato, per un verso, che l’ammissione al gratuito patrocinio non fornisce la prova dello stato di indigenza , poiché il beneficio viene concesso sulla base di una dichiarazione sostitutiva di atto notorio compilata dallo stesso interessato e, per altro verso, che il dedotto stato di indigenza, oltre che non provato, era contraddetto dalla circostanza che il D. era stato condannato per associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, sicché doveva ritenersi che egli avesse notevoli disponibilità finanziarie, ricavate dalla consumazione di tale reato.
3.5) Il ricorrente sottolinea al riguardo l’esistenza di un contrasto di giurisprudenza e censura la suddetta motivazione richiamando la decisione della Cass. Pen. sez. V, 15.07.2011, n. 39359, che ha annullato una analoga sentenza di condanna sul rilevo che la Corte territoriale , pur dando atto della presentazione da parte dell’imputato di una istanza di ammissione al gratuito patrocinio a spese dello Stato , per altro accolta, “non ne aveva tratto le logiche determinazioni in merito all’insussistenza dell’ascritto reato”
3.6) Questo Collegio ritiene che il contrasto giurisprudenziale con le precedenti decisioni richiamate dalla Corte territoriale in realtà non sussista, atteso che la sezione V di questa Corte non sembra avere affermato che dall’ ammissione al gratuito patrocinio debba derivare in termini di automaticità la prova dello stato di indigenza, avendo avuto cura di precisare che tale costanza costituisce un “indice” della dedotta impossibilità di far fronte al pagamento delle somme dovute alla Cassa delle ammende.
a) Deve ritenersi esclusa l’automaticità della prova dell’indigenza a seguito dell’ammissione al gratuito patrocinio ove si consideri, per un verso, che l’ammissione al beneficio avviene sulla base delle dichiarazioni della parte interessata e, per altro verso, che l’iniziale ammissione al beneficio è suscettibile di revoca ove emerga la prova della possidenza, -peraltro, la revoca del beneficio ha effetto retroattivo anche sui diritti degli altri partecipanti al procedimento atteso che a soddisfazione dell’interesse pubblico, che costituisce la ratio della normativa non si esaurisce nell’atto iniziale di ammissione ma attiene alla regolarità dell’intero procedimento, che è condizionata dalla effettiva permanenza delle condizioni di legge in tutte le fasi. (Cassazione penale, sez. IV, 23/03/2005, n. 2082)
b) Questa Corte, Sez, II, 13 giugno 2002, n. 25671, Ghidini, in C.E.D. Cass., n. 226312, affrontando il problema dell’efficacia ex tunc o ex nunc del provvedimento di revoca d’ufficio, ha ritenuto che il provvedimento di ammissione non costituisce «diritti soggettivi pieni» in capo all’interessato, bensì diritti «affievoliti», perché il provvedimento di ammissione resta sempre condizionato alla verifica della sua ammissibilità: donde l’efficacia ex tunc della revoca.
-Tale conclusione è avvalorata dalla circostanza che la revoca d’ufficio di un precedente provvedimento di ammissione al gratuito patrocinio – per essersi accertata la disponibilità da parte del richiedente di un reddito eccedente il limite previsto dalla legge – rientra certamente nel generale potere di autotutela della p.a. alla luce del contenuto sostanzialmente amministrativo dell’atto di ammissione.
(Cassazione penale, sez. VI, 10/03/2003, n. 22544)
c) L’ammissione al beneficio del gratuito patrocinio potrà integrare la prova certa dello stato di indigenza, come sostenuto dal ricorrente, ove sull’ammissione al beneficio intervenga un procedimento incidentale , ad esempio: -dopo la richiesta di revoca- sicché sullo specifico punto dello stato di indigenza si formi un accertamento giudiziale.
3.7)-Nella specie il ricorrente si è limitato a censurare in maniera generica la decisione impugnata, adducendo circostanze opinabili e comunque meramente enunciative sul suo stato di indigenza, trascurando del tutto la motivazione della Corte territoriale che ha fondato la sua decisone sul dato, giuridicamente accertato, dell’essere il D. dedito al traffico di sostanze stupefacenti, circostanza indicativa della disponibilità di ingenti ricavi economici da tale illecita attività.
3.8) Si tratta di una motivazione congrua ed esente da illogicità perchè conforme alle massime di comune esperienza e del tutto in linea con i principi formulati in materia dalla Giurisprudenza di legittimità, essendosi affermato che ai fini dell’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, rilevano anche i redditi da attività illecite, che possono essere accertati con gli ordinari mezzi di prova, tra cui le presunzioni semplici di cui all’art. 2729 c.c.
-Costituisce presunzione semplice l’avere l’imputato riportato condanne per reati contro il patrimonio o per motivi di lucro attestanti una condizione di abbienza incompatibile con il patrocinio gratuito.
3.9) Parimenti infondati appaiono i motivi relativi al trattamento sanzionatorio, atteso che la sentenza impugnata ha fatto uso dei criteri di cui all’art. 133 c.p., ritenuti sufficienti dalla Giurisprudenza di legittimità per la congrua motivazione in termini di determinazione della pena e della concessione delle attenuanti generiche; atteso che riguardo alla pena ed alle attenuanti generiche si è fatto riferimento ai numerosi e reiterati precedenti penali dell’ imputato, anche per reati assai gravi.
a) Va ricordato che, ai fini della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche, è sufficiente che il giudice di merito prenda in esame, tra gli elementi indicati dall’art. 133 c.p., quello (o quelli) che ritiene prevalente e atto a consigliare o meno la concessione del beneficio; e il relativo apprezzamento discrezionale, laddove supportato da una motivazione idonea a far emergere in misura sufficiente il pensiero dello stesso giudice circa l’adeguamento della pena concreta alla gravità effettiva del reato e alla personalità del reo, non è censurabile in sede di legittimità se congruamente motivato. Ciò vale, “a fortiori”, anche per il giudice d’appello, il quale., pur non dovendo trascurare le argomentazioni difensive dell’appellante. non è tenuto a un’analitica valutazione di tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli, dedotti dalle parti, ma, in una visione globale di ogni particolarità del caso, è sufficiente che dia l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti e decisivi ai fini della concessione o del diniego, rimanendo implicitamente disattesi e superati tutti gli altri, pur in carenza di stretta contestazione. (Cassazione penale, sez. IV. 04 luglio 2006, n. 32290)
3.10) Segue il rigetto del ricorso atteso che i motivi proposti, pur se non manifestamente inammissibili, risultano infondati per le ragioni sin qui esposte;
a) ai sensi degli artt. 592 co.l, e 616 c.p.p il ricorrente va condannato al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Depositata in cancelleria il 31.08.2012
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