La Massima

In tema di estorsione la minaccia può esplicarsi anche in maniera implicita e indiretta, assumendo toni apparentemente “morbidi” e concilianti, essendo solo necessario che essa sia idonea in concreto a coartare la volontà del soggetto passivo in relazione alle circostanze del fatto, alla personalità dell’agente, alle condizioni soggettive della vittima e alle condizioni ambientali del caso.

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE II PENALE,

SENTENZA 27 aprile 2012, n.16045

 

Ritenuto in fatto

 

1. Con ordinanza del 14.11.2011 il tribunale della libertà di Palermo annullava l’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa nei confronti di F.F. dal gip dello stesso tribunale il 18.10.2011, per i reati di associazione mafiosa ed estorsione continuata in danno di A.D. , costretto secondo l’accusa ad assumere la moglie del L. alle dipendenze del proprio esercizio di ristorazione e ad usargli in più occasioni trattamenti di favore per banchetti e cerimonie.

2. Il Tribunale rilevava, in sostanza, quanto all’imputazione associativa, che le dichiarazioni dei collaboranti Fa. , S. e P. , sulla partecipazione dell’indagato all’associazione mafiosa denominata ‘Cosa Nostra’, con compiti specifici nell’ambito delle attività estorsive riferibili al sodalizio, e nelle attività di supporto logistico della latitanza di alcuni suoi autorevoli esponenti, si riferivano ad un periodo anteriore a quello coperto dalla sentenza irrevocabile di assoluzione dal reato di cui all’art. 416 bis c.p. pronunciata nei confronti dello stesso L. dalla Corte di Assise di Agrigento il 18.7.2001. Soltanto le dichiarazioni di D.G.M. superavano quel discrimine temporale, avendo lo stesso riferito di avere appreso, nell’anno 2005, da due esponenti mafiosi (tale Al.Pa. e M.G. , quest’ultimo capo del ‘mandamento’ di Porto Empedocle) che il L. era in quel periodo in procinto di essere formalmente affiliato a ‘Cosa Nostra’.

2.1. I giudici territoriali ritenevano però non sufficientemente riscontrate tali indicazioni, in particolare non dai rapporti di frequentazione dell’indagato negli ambienti mafiosi, giustificabili ‘alternativamente’ con rapporti di parentela o di amicizia; né dal contenuto di un intercettazione ambientale tra Ga..Pi. e altro soggetto non identificato, rilevando, a quest’ultimo riguardo, che di nessuno dei due interlocutori poteva ritenersi l’appartenenza all’associazione mafiosa e che nella conversazione non erano precisati i fatti attribuiti all’indagato.

3. Quanto all’imputazione estorsiva, i giudici rilevavano che il L. aveva ottenuto l’assunzione della propria moglie alle dipendenze della persona offesa, titolare dell’esercizio di ristorazione ‘Madison’ senza dichiarare la propria appartenenza all’associazione mafiosa e senza formulare intimidazioni e minacce, invocando piuttosto le vicissitudini personali dell’interessata e ottenendo la spontanea adesione dell’A. alle sue richieste.

4. Ha proposto ricorso per cassazione il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Palermo.

4.1. Il ricorrente deduce il vizio di violazione di legge del provvedimento impugnato ai sensi dell’art. 606 lett. b) c.p.p., in relazione all’art. 629 c.p., in ordine alla ritenuta esclusione della configurabilità del delitto di estorsione, lamentando, in sostanza, l’illogicità dell’affermazione dell’irrilevanza penale della vicenda dell’assunzione della moglie del L. alle dipendenze della persona offesa.

Il ricorrente sottolinea che l’A. aveva assecondato la richiesta di assunzione della G. perché, conoscendo l’indagato come componente di una famiglia nota per le sue vicissitudini giudiziarie, si era preoccupato di assicurarsi ‘il quieto vivere’, cioè di evitare qualunque tipo di problema in relazione ad un eventuale rifiuto. L’A. , inoltre, aveva precisato che in realtà la G. non possedeva nemmeno i requisiti richiesti per l’incarico di ‘Hostess’, soprattutto per l’età relativamente avanzata. Considerando le varie modalità con cui può essere espressa una minaccia estorsiva, cioè anche in maniera implicita e indiretta, essendo solo necessario che essa sia idonea in concreto a coartare la volontà del soggetto passivo in relazione alle circostanze del fatto, alla personalità dell’agente, alle condizioni soggettive della vittima e alle condizioni ambientali del caso, la connotazione estorsiva della condotta del ricorrente sarebbe quindi indubitabile.

4.2 In ordine all’imputazione associativa, il ricorrente formula le stesse censure di legittimità rilevando anzitutto che i fatti oggetto del giudicato e quelli che sostanziano nel presente procedimento l’accusa di partecipazione del L. a ‘Cosa Nostra’ non sarebbero sovrapponibili e sottolinea comunque le omissioni valutative del Tribunale riguardo ad una serie di indicazioni di prova successive alla sentenza di assoluzione, desumibili, in particolare, da numerose intercettazioni telefoniche e ambientali, e dagli accertati contatti dell’indagato con vari esponenti mafiosi. Deduce, ancora, il ricorrente, che le dichiarazioni del D.G. dovrebbero ritenersi adeguatamente riscontrate dalla vicenda estorsiva che vede coinvolta la moglie del L. , dal momento che lo stesso D.G. aveva fatto specifico riferimento all’estorsione ‘in danno del XXXXXXX’, cioè il locale gestito dall’A. .

5. Ha resistito al ricorso la difesa dell’imputato con memoria scritta.

 

Considerato in diritto

 

Il ricorso è fondato.

1. Ed invero, per quel che riguarda la configurabilità del delitto di estorsione, va anzitutto considerato che l’iniziativa diretta al conseguimento dello specifico vantaggio oggetto dell’imputazione (l’assunzione della G. alle dipendenze dell’A. ), proveniva non dalla persona offesa ma proprio dall’indagato, che non risulta allo stato che potesse contare altro che sulla propria caratura criminale per ottenere quel favore, al quale peraltro l’A. ha dichiarato di avere acconsentito suo malgrado, solo ‘per quieto vivere’, nella rappresentazione degli inquietanti legami personali dell’indagato in ambienti criminali, per quanto la donna non rispondesse affatto ai requisiti personali richiesti alle candidate all’impiego con il ruolo di ‘hostess’ nella sua attività imprenditoriale. Non solo ma la richiesta non fu isolata, avendo più volte il L. ottenuto l’assunzione della moglie (evidentemente l’impiego di hostess nell’esercizio dell’A. aveva carattere occasionale e temporaneo, in quanto strettamente legato ad eventi particolari), tanto che il reato di cui all’art. 629 c.p. è contestato in forma continuata, ciò che accentua gli aspetti di prevaricazione della condotta dell’imputato, rafforzando l’ipotesi accusatoria. Né appare dei tutto secondario che della vicenda abbia riferito il D.G. , che non ne avrebbe verosimilmente avuto alcuna contezza, né si sarebbe indotto comunque a parlarne, se si fosse trattato di un’innocua questione privata, mentre ne riferì qualificandola esplicitamente in termini estorsivi. Non infondatamente, infine, il ricorrente richiama la giurisprudenza di questa Corte sui modi in cui può esplicarsi la minaccia estorsiva, ravvisabile nei congrui casi anche se assuma toni apparentemente ‘morbidi’ e concilianti, quando sia comunque in grado di incutere timore nella persona offesa in relazione a tutte le circostanze del caso concreto e alla personalità dell’agente (ex plurimis, Cass. pen. Sez. 2, n. 19724 del 20.5.2010, imputato Pistoiesi, citata tra le altre nel provvedimento impugnato.

2. È evidente che il rinnovato apprezzamento che si demanda al giudice territoriale sull’imputazione estorsiva, refluisce sulla tenuta dell’impianto argomentativo del provvedimento impugnato anche in ordine all’imputazione associativa. In effetti, l’eventuale rivalutazione della gravità indiziaria riguardo all’estorsione in danno dell’A. , è suscettibile infatti di introdurre un elemento forte di conferma delle dichiarazioni del D.G. , e di attribuire una diversa valenza anche ai rapporti personali dell’indagato negli ambienti della criminalità organizzata, efficacemente indicati dal ricorrente.

Alla luce delle precedenti considerazioni, il provvedimento impugnato deve essere annullato, con rinvio al tribunale di Palermo per nuovo esame.

 

P.Q.M.

 

Annulla il provvedimento impugnato, con rinvio al tribunale di Palermo per nuovo esame.

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