Suprema Corte di Cassazione
Sezione II
sentenza 20 giugno 2014, n. 14119
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente
Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere
Dott. NUZZO Laurenza – Consigliere
Dott. PARZIALE Ippolisto – rel. Consigliere
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 18806-2008 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), come da procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
(OMISSIS), elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS), come da procura speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 774/2007 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 24/05/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/03/2014 dal Consigliere IPPOLISTO PARZIALE;
udito l’Avvocato (OMISSIS) per delega avv. (OMISSIS), che si riporta agli atti e alle conclusioni assunte;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DEL CORE Sergio, che conclude per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Per quanto ancora interessa in questa sede, nel dicembre 1992, (OMISSIS) conveniva in giudizio la sorella (OMISSIS) innanzi al Tribunale di Arezzo perche’ fosse pronunciata la nullita’ della lettera 6.12.1986 redatta dalla comune madre (OMISSIS) quale testamento, con declaratoria di inesistenza di alcuna disposizione testamentaria, sia per mancanza di firma in calce, sia perche’ la stessa non conteneva alcuna volonta’ testamentaria. La convenuta contestava la pretesa, affermando la piena validita’, quale testamento, della lettera 6.12.1986. Il Tribunale di Arezzo accoglieva la domanda, negando “ogni effetto successorio alla lettera datata 6.12.1986”.
2. La Corte d’Appello di Firenze, accoglieva l’impugnazione della signora (OMISSIS), ritenendo valido come testamento la lettera in questione. Al riguardo, la Corte di merito, dopo aver riportato integralmente il testo della lettera, rilevava che il testo occupava interamente le due pagine e che le ultime righe dello stesso, localizzate secondo la lettura naturale e logica del testo, dovevano essere individuate nelle due righe “vergate alla rovescia rispetto a quelle della prima parte dello scritto” sullo spazio “posto sopra all’inizio del testo complessivo” e del seguente tenore “spero tu mi riconosca come mamma ti bacio tanto (OMISSIS)”. Osservava la Corte che la scelta della signora (OMISSIS) di completare in tal modo la lettera era conseguente alla “mancanza di altro piu’ acconcio spazio sul foglio”. Concludeva la Corte territoriale, quindi, nel senso che lo scritto doveva considerarsi sottoscritto dalla signora (OMISSIS), e, valutandone poi il contenuto, riteneva che dovesse essere qualificato come testamento sulla base di una pluralita’ di elementi tutti analiticamente indicati.
3. Tale decisione ed e’ impugnata da (OMISSIS), che formula due motivi. Resiste l’intimata.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. I motivi del ricorso.
1.1 Col primo motivo di ricorso si deduce: “Violazione e falsa applicazione dell’articolo 602 cod. civ. in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3”. La Corte d’Appello di Firenze ha errato nel ritenere “idonea sottoscrizione di disposizioni testamentarie una frase del seguente tenore “spero tu mi riconosca come mamma ti bacio tanto (OMISSIS)”, posta, non al termine del secondo foglio scritto, ma addirittura all’inizio del primo foglio”.
L’espressione sopra riportata “e’ da ritenere non idonea a suggellare una manifestazione di ultima volonta’ sia per il tenore della medesima sia per la sua collocazione”. Inoltre, “la lettera oggetto di giudizio recava spazio al termine del secondo foglio per l’apposizione della sottoscrizione da parte della Sig.ra (OMISSIS), non essendovi pertanto alcuna necessita’ di omettere la firma in calce”. La valenza di atto mortis causa del testamento richiede il “quid pluris dato dalla piena consapevolezza del testatore in merito a quanto ha disposto. Tale consapevolezza manca nel caso in esame”.
Viene formulato il seguente quesito: “Precisi la Suprema Corte di Cassazione se l’articolo 602 c.c, commi 1 e 2 prescriva che la sottoscrizione di un testamento olografo, requisito essenziale ai fini della validita’ del testamento stesso, debba essere apposta in calce al medesimo non potendo essere sufficiente una sottoscrizione apposta all’inizio del testo medesimo o in altro punto casuale. Precisi inoltre la Corte Suprema adita che l’articolo 602 c.c. esige che la sottoscrizione di un testo testamentario debba essere espressa con l’indicazione chiara ed inequivoca dell’identita’ del testatore non essendo sufficiente espressioni dubitative, di auspicio o di tono meramente confidenziale e cio’ in particolare quando il preteso testamento sia rappresentato da una missiva, dovendo rivelare la consapevolezza, nel testatore, di convalidare, con detta sottoscrizione un atto contenente disposizioni aventi valore testamentario”.
1.2 – Col secondo motivo di ricorso si deduce: “Violazione e falsa applicazione dell’articolo 606 c.c.: in relazione all’articolo 360 c.p.c., n. 3”. Nella lettera 6.12.1986, pubblicata quale testamento da (OMISSIS), e’ del tutto assente la voluntas testandi. Osserva il ricorrente che “Le espressioni piu’ volte richiamate quali “Ti voglio incontrare quando sarai disposta per farti un foglio”, “quando prendero’ la decisione”, “tu mi scuserai ma non so quello che ho scritto cerca di capirlo”, denunciano l’assenza della volonta’ in (OMISSIS) di disporre con tale missiva dei propri beni per il tempo successivo alla sua morte”. Osserva inoltre che “I ricorrenti toni ipotetici, l’evidente emotivita’, i continui riferimenti ad un futuro incerto ed alla incapacita’ di testare autonomamente, senza aiuto, denotano senza ombra di dubbio che con la lettera de quo la de cuius intendeva semplicemente rispondere alla figlia in riferimento a non ben precisate richieste di questa riguardanti il bene immobile sito in (OMISSIS) di proprieta’ della madre”. La valutazione data dalla Corte e’ contraria ai principi di legittimita’ affermati al riguardo. Inoltre, la stessa sentenza “denuncia perplessita’ nell’interpretazione (pag. 13 e 14) laddove riconosce che nelle espressioni usate nella missiva traspare da parte della sua autrice il mero intento di incontrare la figlia per farle un foglio. Con la lettera la Sig.ra (OMISSIS) avrebbe quindi, non inteso disporre in via testamentaria, ma, semmai, anticipare un suo pensiero al riguardo alla figlia”. Secondo il ricorrente infine “A giudizio della Corte d’Appello di Firenze l’interpretazione del testo non e’ chiara ed univoca ma basata su un bilanciamento delle opposte ipotesi ermeneutiche e delle discordanti espressioni che ricorrono nel testo della lettera. Manca pertanto ogni requisito di chiarezza ed univocita’ ritenuto indispensabile alfine di riconoscere valenza testamentaria ad un diverso tipo di documento quale una lettera”.
Viene formulato il seguente quesito: “Precisi la Suprema Corte di Cassazione che una lettera, in riferimento all’articolo 606 c.c., per avere valenza testamentaria debba contenere manifestazioni di volonta’ di disporre per il tempo successivo alla morte, certe, univoche ed indiscutibili nel corso dell’intero testo non contrastanti con altre di tenore contrario o dubitativo”.
2. Il ricorso e’ infondato e va rigettato.
2.1 Il primo motivo e’ infondato. Quanto alla sottoscrizione non apposta in calce al testo, questa Corte in piu’ occasioni ha ritenuto rispettato il dettato normativo dell’articolo 602 cod. civ., quando la sottoscrizione delle disposizioni di ultima volonta’ e’ stata apposta a margine o in altra parte della scheda, anziche’ in calce alla medesima, a causa della mancanza di spazio su cui apporla (vedi tra le altre Cass. 16186/2003). Nella specie la Corte territoriale ha appunto giustificato la mancanza di sottoscrizione in calce alle disposizioni di ultima volonta’ con il fatto che nella seconda pagina della ritenuta scheda testamentaria, costituita da un mezzo foglio uso bollo, non vi era lo spazio sufficiente per apporvi la firma, sicche’ ha specularmente considerato valida la sottoscrizione presente all’inizio del primo foglio, quale ideale prosecuzione dello scritto (ovverosia, come inizio di una virtuale terza pagina). La censura sul punto e’ infondata.
Parimenti infondata e’ la censura che prospetta la non riconducibilita’ agli atti mortis causa della lettera indirizzata dalla madre alla figlia. Al riguardo, occorre osservare che (perche’ si abbia una manifestazione di ultima volonta’ e quindi esista un negozio “mortis causa”, e’ necessario soltanto che lo scritto contenga la manifestazione di una volonta’ definitiva dell’autore, nel senso che essa si sia compiutamente ed incondizionatamente formata e manifestata e sia diretta a disporre attualmente, in tutto o in parte, dei propri beni per il tempo successivo alla propria morte” (Cass. 2014 n. 150; Cass. 1990 n. 8668).
2.2 E infondato anche il secondo motivo, quanto alla sussistenza, nella lettera in questione, dell’effettiva, certa ed attuale volonta’ di disporre dei propri beni. Occorre osservare, al riguardo, che “Ai fini della configurabilita’ di una scrittura privata come testamento olografo non e’ sufficiente il riscontro dei requisiti di forma individuati dall’articolo 602 cod. civ., occorrendo, altresi’, l’accertamento dell’oggettiva riconoscibilita’ nella scrittura della volonta’ attuale del suo autore di compiere non gia’ un mero progetto, ma un atto di disposizione del proprio patrimonio per il tempo successivo al suo decesso. Tale accertamento, che costituisce un “prius” logico rispetto alla stessa interpretazione della volonta’ testamentaria, e’ rimesso al giudice del merito e, se congruamente e logicamente motivato, e’ incensurabile in sede di legittimita’”. (Cass. n. 8490 del 2012, Rv. 622453).
La Corte territoriale ha ampiamente ed idoneamente motivato il suo convincimento, facendosi carico di tutte le argomentazioni del primo giudice, chiarendo punto per punto perche’ si dovesse giungere alla conclusione che la lettera in questione doveva ritenersi valido testamento della signora (OMISSIS). La Corte di merito, infatti, dopo aver riportato per esteso il tenore letterale dello scritto, “redatto in sessantatre righe vergate a mano, senza cancellature o abrasioni, su entrambe le pagine di un mezzo foglio protocollo”, ne ha esaminato il contenuto. In primo luogo ha considerato il tenore complessivo dello scritto, evidenziandone “la intensa carica emotiva che ne traspare e per il suo carattere di amaro e definitivo bilancio di un’intera esistenza” e traendone la conclusione che tale lettera doveva ritenersi “una seria e meditata manifestazione dell’autrice della sua ultima volonta’ di lasciare il bene alla figlia (e, nell’espressione “lasciare”, e’ implicito il riferimento alla causa di morte dell’attribuzione patrimoniale che si dichiara di volere compiere)”. Ha poi valorizzato, per individuare una manifestazione della volonta’ attuale di (OMISSIS) di disporre per il tempo successivo alla sua morte della casa in (OMISSIS), l’espressione “(OMISSIS) e tuo”, evidenziandone la posizione nel testo con l’osservazione “la frase campeggia al centro del rigo ed e’ sottolineata”, che cosi’ si conclude “… siccome la casa e’ mia te la lascio con tutto il cuore”. Tali elementi appaiono sufficienti a concretizzare una volonta’ di testare certa ed attuale. La Corte territoriale si e’, poi, fatta carico delle espressioni, pur contenute nella lettera, che avrebbero potuto condurre a diverse conclusioni (e valorizzate nel ricorso dall’odierno ricorrente), osservando che, al fine di interpretare correttamente la scrittura in questione era necessario “tenere, concettualmente, distinte le disposizioni testamentarie, da una parte, e le manifestazioni semplici intenti, dall’altra”, dovendo tali ultime espressioni essere valutate “linguisticamente (in uno scritto, naturalmente poetico, che appare come la trascrizione fedele dell’irrequieto e disordinato andamento del pensiero), con quanto (OMISSIS) dispone (secondo la ricostruzione della Corte) per il tempo successivo alla sua morte”, dovendone, altresi’, “sceverare i significati a seconda del diverso oggetto delle corrispondenti, singole espressioni”. In tale prospettiva interpretativa la Corte di merito ha ritenuto che l’espressione “fare un foglio” non escludesse la volonta’ di testare della signora (OMISSIS), essendo essa compatibile anche con la volonta’ “di far conseguire senz’nitro indugio, alla figlia, con un atto immediatamente efficace (ovvero, in sostanza, con un atto di donazione), la proprieta’ del bene (in tal senso appaiono, infatti, i riferimenti di (OMISSIS) alla situazione attuale del bene e ai comportamenti che ella si propone di tenere, in vita, nel futuro, riguardo alla casa di (OMISSIS))”. Quanto poi ai riferimenti contenuti nella lettera a “successive decisioni”, la Corte territoriale ne ha escluso la rilevanza ai fini di una prova di un’assenza della volonta’ di testare “per la considerazione che le decisioni in questione sembrano avere un oggetto del tutto distinto (e privo di ogni valenza giuridica) rispetto a quello delle disposizioni testamentarie, riguardando, esse, le scelte esistenziali della stessa (OMISSIS) (“non ci tornero’ piu’ e prendero’ altre decisioni … stai tranquilla (OMISSIS) – non so cosa sara’ di me quando prendero’ la – decisione – che ti ho detto …”) e non certo la possibilita’ di confezionare, in futuro, un testamento a favore della figlia”. Si tratta, come appare evidente, di una motivazione ampia, convincente ed adeguata rispetto alle contestazioni complessivamente mosse, non indebolita dall’uso di espressioni linguistiche non assertive (come il verbo “sembrare”), all’evidenza utilizzate nell’ambito di una valutazione complessiva di una scrittura di complessa interpretazione. 3. Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente alle spese di giudizio, liquidate in 2.000,00 (duemila) euro per compensi e 200,00 (duecento) euro per spese, oltre accessori di legge.
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