Palazzo-Spada

CONSIGLIO DI STATO

sezione v

SENTENZA 7 luglio 2014, n. 3446 

 

SENTENZA

ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso iscritto in appello al numero di registro generale 8414 del 2013, proposto dai signori
BELLONI PASQUALE LUIGI, STEFFENINI MAURO, rappresentati e difesi dall’avvocato. Massimo Letizia, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Angelico, n. 103;

contro

Il COMUNE DI SAN COLOMBANO AL LAMBRO, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Giovanni Spadea e Manfredi Bettoni, con domicilio eletto presso l’avvocato Manfredi Bettoni in Roma, via Barberini, n. 29;

nei confronti di

I signori Renzo Arensi, Alessandro Pedrazzini e Rosetta Schiavi, nonché la Provincia di Milano, non costituitisi nel giudizio di secondo grado;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA – MILANO, Sez. II, n. 1683 del 1° luglio 2013, resa tra le parti, concernente l’accertamento di illegittimità nella procedura di adozione e di approvazione del Piano di Governo del Territorio;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio di Comune di San Colombano al Lambro;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 14 gennaio 2014 il Cons. Carlo Saltelli e uditi per le parti gli avvocati Massimo Letizia e Giovanni Bettoni Manfredi;

Sentite le stesse parti ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.;

FATTO E DIRITTO

1. Il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sez. II, con la sentenza n. 1683 del 1° luglio 2013, nella resistenza dell’intimato Comune di San Colombano al Lambro, ha dichiarato in parte inammissibile ed in parte infondato il ricorso (nrg. 1718 del 2012), integrato da motivi aggiunti, con cui i signori Pasquale Luigi Belloni e Mauro Steffenini, consiglieri di minoranza del predetto ente, avevano chiesto:

a) l’annullamento della delibera consiliare n. 16 del 23 maggio 2012, avente ad oggetto “Adozione del Piano di Governo del Territorio (PGT) ai sensi e per gli effetti dell’art. 13 della l.r. n. 12 del 2005, s.m.i.” (e di ogni altro presupposto, inerente, conseguente o comunque connesso, tra cui la convocazione della conferenza dei capi gruppo di cui alla nota n. 6065 del 30 aprile 2012, in parte qua, per la violazione degli artt. 7 e 11 del regolamento sul funzionamento del consiglio comunale e delle commissioni consiliari, e il punto 4 dell’avviso di convocazione del consiglio comunale prot. 6634 del 10 maggio 2012) e la condanna del sindaco, ai sensi degli artt. 30 e 34 c.p.a., a convocare la conferenza dei capi gruppo negli esatti termini da loro richiesti ai sensi dell’art. 7, comma 5, del regolamento sul funzionamento del consiglio comunale e delle commissioni consiliari e cioè per la trattazione del seguente argomento: “esame del Piano di Governo del Territorio per la formazione del parere di cui al combinato disposto degli artt. 7 e 11 del regolamento sul funzionamento del consiglio comunale e delle commissioni consiliari previa definizione del relativo programma delle adunanze della conferenza dei capi gruppo” [ricorso principale];

b) l’annullamento della delibera consiliare n. 49 del 10 dicembre 2012, avente ad oggetto: “Piano di Governo del Territorio (legge regionale n. 12/2005) – controdeduzioni alle osservazioni presentate; recepimento delle prescrizioni della Provincia di Milano; approvazione definitiva”, dell’avviso di convocazione del Consiglio Comunale di cui alla nota n. 16894 del 1° dicembre 2012, preceduto dalla convocazione della Conferenza dei Capi gruppo di cui alla nota n. 16077 del 15 novembre 2012, e la condanna della Conferenza dei Capi gruppo, ai sensi degli artt. 30 e 34 c.p.a., alla formazione del parere prescritto dagli artt. 7, comma 4, e 11, comma 2, del vigente regolamento sul funzionamento del Consiglio Comunale per “l’esame dei pareri e delle osservazioni pervenute in merito al PGT adottato” e per la condanna del Sindaco a disporre l’approvazione del Piano del Governo del Territorio, attraverso discussioni e votazioni separate, in ragione delle accertate situazioni di conflitto ai sensi dell’art. 78, comma 2, del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, per procedere poi alla complessiva approvazione del predetto piano [motivi aggiunti].

Richiamando il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui il giudizio amministrativo è finalizzato alla risoluzione di controversie intersoggettive e non già di quelle tra organi o componenti di organi dello stesso ente, con conseguente difetto di legittimazione dei consiglieri comunali ad impugnare le delibere dell’organo di appartenenza, salvo che non incidano in via diretta sul proprio ufficio di consigliere, il tribunale ha rilevato l’inammissibilità della quasi totalità delle censure sollevate con il ricorso introduttivo del giudizio e con i motivi aggiunti, in quanto non attinenti al diritto del consigliere comunale di esercitare la propria funzione, eccezion fatta per quelle di cui ai punti c), d) ed e) dei motivi aggiunti, relative al mancato deposito di documentazione rilevante, alle modalità di formazione dell’ordine del giorno e alle modalità di trattazione dell’argomento posto all’ordine del giorno, che investivano le prerogative riservate ai consiglieri comunali; esaminatele, le ha tuttavia respinte in quanto infondate:

a) la prima, in quanto il documento asseritamente non depositato consisteva in un parere di un consigliere comunale che riteneva illegittima l’adunanza della Conferenza dei Capi gruppo convocata per l’esame della proposta del PGT, parere come tale non essenziale ai fini dell’esame della proposta di deliberazione e della corretta formazione della volontà dell’organo;

b) la seconda, in quanto l’indicazione contenuta nell’avviso di convocazione del Consiglio comunale circa il “recepimento delle prescrizioni della Provincia di Milano” era idonea a far comprendere che tra le ‘prescrizioni’ da recepire erano ricomprese anche quelle non prescrittive;

c) la terza, in quanto la (richiesta di) trattazione in sedute separate di un argomento unitario quale l’approvazione di un piano urbanistico, per un verso, sarebbe stata contraria a criteri di logicità e di buon funzionamento degli organi amministrativi e, per altro verso, non sarebbe stata neppure giustificata dall’esigenza di consentire ai consiglieri di esprimere consapevolmente il proprio avviso anche con riferimento ad eventuali situazioni di interesse personale.

2. Gli originari ricorrenti hanno chiesto la riforma di tale sentenza, deducendone l’erroneità:

– per aver ritenuto infondata la censura di illegittimità di entrambi gli avvisi di convocazione del consiglio comunale per l’adozione e per l’approvazione del piano di governo del territorio, che non aveva previsto il sistema di discussione e votazione per parti separate dello strumento urbanistico, così ponendosi in contrasto con specifici precedenti giurisprudenziali (Cons. Stato, sez. IV, n. 3663 del 2011) ed impedendo a tutti i consiglieri comunali, ed in particolare a quelli di minoranza, di esercitare correttamente e consapevolmente il proprio mandato e di garantire la piena legittimità delle deliberazioni consiliari, anche con specifico riferimento all’attività preparatoria dei lavori consiliari svolta dalla Conferenza dei capi gruppo;

– per aver affermato la carenza di legittimazione di essi ricorrenti quanto al vizio concernente la mancata formazione del parere scritto della Conferenza dei capi gruppi, anche in tal caso violando uno specifico precedente giurisprudenziale (Cons. Stato, sez. V, n. 2213 del 2013), senza considerare che il vizio dedotto concerneva proprio le prerogative del consigliere comunale (in particolare, non avendo potuto essi ricorrenti concorrere a definire e programmare i lavori consiliari, compresa l’individuazione del numero di sedute separate necessarie per la piena e consapevole partecipazione dei consiglieri alla seduta del consiglio comunale e dell’argomento posto all’ordine del giorno);

– per aver inopinatamente ritenuto che il dedotto difetto di quorum strutturale che aveva caratterizzato le delibere di adozione e di approvazione del piano di governo del territorio non costituiva vizio che legittimava l’impugnazione dei relativi atti, anche in tal caso in contrasto con puntuali precedenti (Cons. Stato, sez. V, n. 3483 del 2011);

– per avere ritenuto, con evidente travisamento dei fatti e dei documenti, sufficientemente chiara e precisa la formulazione dell’avviso di convocazione del Consiglio comunale che invece si presentava equivoco e contraddittorio circa l’esame delle osservazioni della Provincia di Milano, con particolare riguardo alla natura del loro contenuto (precettivo o meno) e se potessero essere discusse e votate unitariamente;

– per aver ritenuto non essenziale – ai fini della fondatezza del relativo motivo di censura sollevata in primo grado – il mancato deposito agli atti della dichiarazione resa dal consigliere Rugginenti al termine della Conferenza dei capi gruppo, chiamata ad esaminare le osservazioni presente al piano precedentemente adottato;

– per non avere ritenuto fondate le richieste di condanna del sindaco a provvedere a regolari convocazioni dell’organo consiliare, richieste pienamente ammissibili, trattandosi di attività priva di qualsiasi contenuto discrezionale.

Gli appellanti per completezza hanno poi espressamente riproposto tutti i motivi e gli argomenti svolti con il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado e con i motivi aggiunti.

Ha resistito al gravame il Comune di San Colombano, deducendone l’inammissibilità e l’infondatezza e chiedendone il rigetto.

3. All’udienza in camera di consiglio del 14 gennaio 2014, fissata per la decisione sulla istanza incidentale di sospensione dell’esecutività della sentenza impugnata, la Sezione ha informato le parti dell’intenzione di decidere la causa direttamente nel merito, a tal fine introitandola.

4. L’appello è infondato, potendo pertanto prescindersi dall’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo e del gravame, formulata dall’appellata amministrazione comunale di San Colombano all’Ambro.

4.1. La Sezione osserva innanzitutto – anche in considerazione della mera riproposizione da parte degli appellati di tutti i motivi proposti in primo grado, diversi da quelli fatti oggetto di specifica impugnazione – che va confermata la sentenza di primo grado nella parte in cui ha esaminato solo le censure di cui ai punti c), d) ed e) dei motivi aggiunti, ritenendo inammissibili tutte le altre, essendo stato al riguardo anche di recente ribadito (cons. Stato, sez. V, 19 aprile 2013, n. 2213) che:

a) la legittimazione dei consiglieri dissenzienti ad impugnare le delibere dell’organo di cui fanno parte ha carattere eccezionale, dato che il giudizio amministrativo non è di regola aperto alle controversie tra organi o componenti di organi di uno stesso ente, ma è diretto a risolvere controversie intersoggettive, per cui essa rimane circoscritta alle sole ipotesi di lesione della loro sfera giuridica, come per esempio lo scioglimento dell’organo o la nomina di un commissario ad acta, in cui detto effetto lesivo discende ab externo rispetto all’organo di cui fa parte (Cons. Stato, sez. V, 31 gennaio 2001, n. 358 e più recentemente 19 febbraio 2007, n. 826; 9 ottobre 2007, n. 5280; 29 aprile 2010, n. 2457; 24 marzo 2011, n. 1771; 21 marzo 2012, n. 1610);

b) la legittimazione ad agire del consigliere non risiede nella deviazione dell’atto impugnato rispetto allo schema normativamente previsto, quando da essa non derivi la compressione di una sua prerogativa inerente all’ufficio, occorrendo in ogni caso aver riguardo a questo fine, “alla natura e al contenuto della delibera impugnata” e non già delle norme interne relative al funzionamento dell’organo (Cons. St., sez. V, 15 dicembre 2005, n. 7122);

c) la contestazione del componente di un organo collegiale non può limitarsi a censurare l’oggetto o le modalità di formazione della deliberazione del medesimo organo, senza dedurre che da esse ne sia derivata una lesione delle sue prerogative, giacché questa non discende automaticamente da violazioni di forma o di sostanza nell’adozione di un atto deliberativo (Cons. Stato, sez. V, 29 aprile 2010, n. 2457);

d) l’omissione o il ritardo nel fornire ai consiglieri dell’ente locale la copia di atti presupposti ad una proposta di delibera non costituisce lesione delle prerogative inerenti l’ufficio di consigliere comunale, rimanendo la sua tutela circoscritta in un ambito esclusivamente politico, all’interno dell’organo di cui fa parte, affidata all’espressione a verbale del proprio dissenso in quanto corollario del più generale principio sopra affermato (Cons. Stato, 21 marzo 2012, n. 1610).

4.2. Quanto agli altri motivi di gravame, si osserva quanto segue.

4.2.1. Con riferimento al primo motivo di gravame, come già correttamente rilevato dai primi giudici, non sussiste la dedotta illegittimità degli avvisi di convocazione del consiglio comunale (per il 23 maggio 2012) per l’adozione e poi successivamente per l’approvazione (per il 10 dicembre 2012) del P.G.T., né per non aver previsto sedute separate per la trattazione degli argomenti in questione, né per non essere stati asseritamente preceduti dai lavori della Conferenza dei Capi Gruppo.

Quest’ultima, invero, secondo le specifiche previsioni regolamentari del Comune di San Colombano al Lambro (art. 7 del regolamento sul funzionamento del consiglio comunale e delle commissioni consiliari) è “organo consultivo del Sindaco nell’esercizio delle funzioni di Presidente delle adunanze consiliare, concorrendo a definire la programmazione e a stabilire quant’altro risulti utile per il proficuo andamento dell’attività del Consiglio”, costituendo “a ogni effetto, Commissione consiliare permanente” (comma 1); al suo parere il Sindaco può sottoporre, “…prima di deciderne l’iscrizione all’ordine del giorno del Consiglio, argomenti di particolare interesse o delicatezza” (comma 2); “è convocata e presieduta dal Sindaco o dal vice – sindaco, osservandosi per le adunanze le norme di cui al successivo articolo 11” (comma 4); delle sue riunioni può essere redatto verbale, nella forma di resoconto sommario a cura dei componenti della conferenza stessa a ciò designato ovvero a cura di un dipendente comunale incaricato dal Segretario Comunale su richiesta del Sindaco (comma 9).

La Conferenza dei Capi Gruppo svolge pertanto una funzione, sicuramente significativa, di natura consultiva, di ausilio e di supporto all’attività del Sindaco quale presidente delle adunanze consiliare, funzione che si concretizza nella possibilità di sottoporre al parere di tale conferenze questioni di particolare interesse o delicatezza prima di deferirne l’esame all’organo consiliare, fermo restando tuttavia la facoltatività (e non obbligatorietà di tale richiesta di parere) e spettando solo al Sindaco il potere di decidere gli argomenti da inserire effettivamente all’ordine del giorno dei lavori dell’organo consiliare.

Ciò chiarito, occorre rilevare che dalla documentazione versata in atti risulta che effettivamente con nota prot. 6065 del 30 aprile 2012 il Sindaco, per altro aderendo ad un espresso invito in tal senso degli stessi odierni appellanti, ebbe a convocare la Conferenza dei Capi Gruppo per la trattazione del seguente ordine del giorno “Esame del Piano di Governo del Territorio per la formazione del parere di cui al combinato disposto degli articoli 7 e 11 del Regolamento sul Funzionamento del Consiglio Comunale previa definizione del relativo programma delle adunanze della Conferenza dei Capi Gruppo”, sottolineando la delicatezza dell’argomento e le ragioni dell’urgenza, senza mancare di evidenziare che sull’argomento “…la Conferenza dei Capi Gruppo si è già riunita sette volte e che ai Capi Gruppo in data 13.12.2011 sono stati inviati gli elaborati costituenti il Documento di Piano con invito a presentare eventuali osservazioni e proposte in merito”.

Dalla lettura della delibera consiliare n. 49 del 10 dicembre 2012, ed in particolare dall’intervento svolto dall’odierno appellante, dott. Steffenini, si evince che anche per quella adunanza vi è stata la convocazione da parte del Sindaco della convocazione dei Capi Gruppo (nota n. 16077 del 15 novembre 2012, per il successivo 20 novembre), con il seguente ordine del giorno “Esame dei pareri e delle osservazioni pervenute in merito al PGT adottato”.

Non può pertanto dubitarsi, innanzitutto sotto un profilo strettamente formale, della legittimità formale degli avvisi di convocazione delle riunioni consiliari, essendo state a loro volta precedute dalla regolare convocazione della Conferenza dei Capi Gruppi con la precisa indicazione dell’argomento che si intendeva poi inserire nell’ordine del giorno dei lavori consiliari: è stato in questo modo consentito alla Conferenza di poter adeguatamente svolgere la sua funzione non solo di generale ausilio e di supporto al sindaco, quale presidente dell’organo consiliare, ma più specificamente di individuare ed indicare anche i modi più proficui per programmare e dirigere i lavori consiliari per il raggiungimento degli interessi pubblici.

Sotto il profilo sostanziale, poi, la Sezione deve osservare che nessuna adeguata e plausibile censura è stata rivolta nei confronti dei lavori delle sopra richiamate adunanze della Conferenza dei Capi Gruppo, volte eventualmente a segnalare ovvero denunciare l’impossibilità di svolgere effettivamente le predette funzioni di ausilio e supporto o presunti comportamenti ostruzionistici e dilatori che abbiano impedito la ordinata programmazione e predisposizione dei lavori consiliari.

In tal senso non può essere apprezzata la mancata predisposizione del parere scritto, non potendosi condividere la distinzione tra verbalizzazione della riunione della conferenza (che sarebbe facoltativa e potrebbe mancare, senza intaccare la legittimità dell’operato dell’organismo) e parere scritto (che sarebbe sempre necessario e la cui mancanza inciderebbe sulla successiva attività dell’organo consiliare), essendo decisivo osservare che il parere, quale espressione della volontà manifestata su un determinato argomento dall’organo, non può che legittimamente e correttamente emergere da un previo verbale, ancorchè redatto in forma semplificata e riassuntiva, così che è la eventuale mancanza a poter incidere negativamente sulla stessa esistenza (e sulla genuinità) del parere.

A conforto di tale conclusione deve richiamarsi anche il fondamentale principio di leale collaborazione cui devono essere ispirati anche i rapporti tra sindaco ed organi dell’ente locale, ivi comprese le commissioni consiliari permanenti e la conferenza dei capi gruppo, le quali, ciascuno nell’ambito delle proprie attribuzioni e competenze e nel rispetto delle specifiche esigenze che rappresentano, devono sempre cooperare tra loro, senza inutili ed ingiustificati formalismi e senza altrettanto inammissibili ostruzionismi, per l’effettivo perseguimento dell’interesse pubblico cui l’ente stesso è deputato.

Alla luce di tali considerazioni non si rinviene pertanto alcuna violazione del munus pubblicum dei consiglieri comunali, così come sostenuto dagli appellanti, per un preteso cattivo ed illegittimo funzionamento (di cui in ogni caso non è stato fornito alcun indizio probatorio) della Conferenza dei Capi Gruppo che non sarebbe stata messa nelle condizioni di programmare, organizzare ed istruire compiutamente il lavoro consiliare, neppure con riferimento alla asserita necessità di suggerire al sindaco la predisposizione di separate sedute per l’approvazione del piano di governo del territorio, al fine di consentire la piena legittimità della deliberazione evitando eventuali situazioni di incompatibilità derivanti da possibili conflitto di interessi tra consigliere e le concrete decisioni da assumere.

Al riguardo, come convincentemente osservato dai primi giudici, una eventuale previsione di sedute separate sarebbe stata contraria alla natura unitaria del piano da adottare e poi da approvare, laddove alle possibili situazioni di conflitto di interesse può porsi rimedio con la discussione e la approvazione per parti separati (che non postula la trattazione in sedute separate, come erroneamente sostenuto dagli appellanti, in termini cfr. Cons. Stato, sez. IV, 16 giugno 2011, n. 3663) dello strumento pianificatorio.

4.2.2. Le considerazioni fin qui svolte consentono di ritenere infondati anche:

– il secondo motivo (con cui è stata lamentata l’illegittimità della intera procedura di convocazione del consiglio comunale per la mancanza del parere scritto della Conferenza dei Capi Gruppo e per la conseguente mancata indicazione da parte di quest’ultima della corrette modalità di organizzazione dei lavori consiliari e di votazione dello strumento di pianificazione urbanistica in esame);

– il quinto motivo (con cui è stata dedotta l’illegittimità della procedura concernente in particolare l’approvazione del P.G.T., atteso che non sarebbe stato depositato agli atti la dichiarazione resa al termine dei lavori della Conferenza dei Capi Gruppo dal consigliere Rugginenti, atteso che è pacifico che in quella riunione furono illustrate dai tecnici le questioni concernenti l’approvazione dello strumento urbanistico, così non può dubitarsi dell’effettivo rispetto delle prerogative e dei compiti propri della conferenza e della stessa funzione per la quale risulta costituita, risultando per converso irrilevante ed influente ai fini della consapevole formazione della volontà dell’organo consiliare il parere contrario del consigliere Rugginenti, le ragioni del suo dissenso ben potendo essere espresse nell’ambito della discussione consiliare, contribuendo pertanto ad apportare eventuali ulteriori elementi conosciti e di giudizio per la decisione da assumere);

– il sesto (con cui è stata dedotta l’erroneo rigetto della richiesta di ordinare al sindaco la nuova convocazione della Conferenza dei Capi Gruppo).

4.2.3. Ugualmente infondata è la censura formulata con il quarto motivo di gravame, con cui gli appellanti hanno sostenuto che, diversamente da quanto ritenuto dai primi giudici (a loro avviso frettolosamente), la formulazione dell’avviso di convocazione del consiglio comunale per l’approvazione del PGT non sarebbe stato sufficientemente chiaro e preciso circa il recepimento delle ‘prescrizioni’ formulate dalla Provincia di Milano ed in particolare se tale recepimento ricomprendesse anche le ‘prescrizioni’ di natura non precettiva.

E’ sufficiente al riguardo rilevare che il tenore letterale del contestato ordine del giorno era il seguente: “Piano di Governo del Territorio (Legge regionale n. 12/2005): – controdeduzioni alle osservazioni presentate; – recepimento delle prescrizione della Provincia di Milano; approvazione definitiva”.

Ciò posto, per un verso, l’ampiezza e l’omnicomprensività di tale formulazione e, per altro verso, il deposito della relativa documentazione (questione sulla quale non è stata appuntata alcuna contestazione) escludono che i singoli consiglieri potessero avere dubbi sull’esatto contenuto dell’ordine del giorno e sulle eventuali relative singole questioni su cui esso era imperniato: ai fini della corretta e consapevole formazione della volontà deliberativa, del tutto irrilevanti risultano le eventuali modalità con cui tali questioni sono state effettivamente poste in votazione nel corso della riunione consiliare rispetto a quelle con cui erano state prospettate negli atti preparatori depositati.

E’ egualmente da escludere la fondatezza dell’ulteriore argomentazione degli appellanti, secondo cui l’ordine del giorno, così come formulato, non avrebbe consentito la chiara e sicura emersione di eventuali situazioni di conflitto di interesse esistenti in capo ad alcuni consiglieri, non consentendo il controllo sulla doverosa astensione di detti consiglieri o la loro legittima facoltà di astensione ai fini della legittimità dell’azione amministrativa: per un verso, infatti, il rilievo in esame non incide sul corretto e consapevole esercizio del munus publicum da parte dei singoli consiglieri comunali, mentre d’altra parte proprio il previo deposito della documentazione relativa all’ordine del giorno (profilo sul quale nessuna censura o contestazione è stata sollevata) è sufficiente e idonea garanzia della concreta possibilità dei singoli consiglieri di formarsi in modo libero e consapevole il proprio convincimento e di manifestarlo attraverso il voto, ivi compreso l’apprezzamento di eventuali situazioni di conflitto di interesse che avrebbero imposto l’astensione.

4.2.4. Con il terzo motivo di gravame, gli appellanti hanno dedotto che i primi giudici avrebbero inopinatamente disatteso la censura di illegittimità della delibera di approvazione del PGT, che sarebbe stata assunta in ‘macroscopica’ violazione del quorum strutturale, stante l’incompatibilità dei consiglieri Quintini e Pedrazzini, che non avrebbero potuto legittimamente far parte dell’assemblea deliberante.

A respingere tale suggestiva censura è decisivo osservare che, come puntualmente ha rilevato la difesa dell’appellata amministrazione comunale, ai sensi dell’art. 11, comma 3, dello Statuto Comunale per la validità delle delibere consiliari in seconda convocazione, qual era quella in cui è stato approvato il PGT, è sufficiente la presenza di un terzo dei componenti il consesso (16 consiglieri) e dunque di sei consiglieri, escluso il sindaco.

Nel caso in esame, come risulta dalla lettura della predetta delibera, i consiglieri presenti erano inizialmente 8, poi scesi a 7, oltre al sindaco; inoltre, sempre dalla lettura della delibera emerge che i predetti consiglieri Quintini e Pedrazzini, evidentemente proprio per astenersi dal prendere parte alla discussione ed alla votazione di parti del provvedimento che li vedevano direttamente interessati, si sono allontanati dall’aula, ma non già congiuntamente (facendo così mancare il quorum strutturale dell’organo per la presenza di soli 5 consiglieri [7 – 5]), bensì rispettivamente il primo dalle 21,10 alle 21,13 ed il secondo dalle ore 21,40 alle 21,42, così assicurando la costante presenza del quorum strutturale (almeno 6 consiglieri).

D’altra parte gli appellanti non hanno neppure prospettato che i due predetti consiglieri fossero entrambi interessati alla stessa parte del provvedimento e che pertanto dovessero astenersi congiuntamente.

5. In conclusione, alla stregua delle osservazioni svolte, l’appello deve essere respinto.

Le spese del secondo grado seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello n. 8414 del 2013 proposto dai signori Pasquale Luigi Belloni e Mauro Steffenini avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sez. III, n. 1683 del 1° luglio 2013, lo respinge.

Condanna gli appellanti al pagamento in favore del Comune di San Colombano al Lambro delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in complessivi €. 2.000,00 (duemila), oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *