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La massima

1. Qualora uno dei coniugi, in regime di comunione legale dei beni, abbia da solo acquistato o venduto un bene immobile da ritenersi oggetto della comunione, il coniuge rimasto estraneo alla formazione dell’atto è litisconsorte necessario in tutte le controversie in cui si chieda al giudice una pronuncia che incida direttamente e immediatamente sul diritto, mentre non può ritenersi tale in quelle controversie in cui si chieda una decisione che incide direttamente e immediatamente sulla validità ed efficacia del contratto.

2. Per stabilire se, nell’ipotesi in cui l’atto acquisitivo o l’atto di alienazione sia stato concluso da uno solo dei coniugi in regime di comunione legale, sia necessaria o meno l’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’altro coniuge, deve valutarsi se la decisione richiesta incida direttamente sull’atto oppure sul diritto.

3. Il coniuge in regime di comunione legale rimasto estraneo all’acquisto o alla vendita di un immobile compiuto dall’altro coniuge non può ritenersi litisconsorte necessario in un giudizio diretto ad ottenere la dichiarazione di nullità o l’annullamento o la dichiarazione di inefficacia dell’atto soltanto perché in virtù degli effetti dell’atto stesso è divenuto parte del rapporto che ne è derivato, rimanendo pur sempre detto rapporto condizionato, quanto alla sua nascita ed alla sua conservazione da parte del coniuge in comunione legale, dalla esistenza o meno dei requisiti di validità o dai limiti di efficacia dell’atto al quale il medesimo è rimasto estraneo. Al contrario, nel caso in cui l’azione esercitata incida direttamente e immediatamente sul diritto derivato dall’atto stipulato da uno solo dei coniugi in comunione legale, sussiste l’esigenza del litisconsorzio nei confronti dell’altro coniuge.

 

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE II

SENTENZA 2 luglio 2013, n. 16559

 

Ritenuto in fatto

Con atto notificato il 21-7-2004 M.F. , premesso di essere coniuge in comunione legale dei beni di G.S. , il quale, in data 3-12-1984, in costanza di matrimonio, aveva acquistato da P.M. un appezzamento di terreno sito in (omissis) , riportato in catasto al f. 6, particelle 279 e 332, facente parte di un più ampio appezzamento di terreno, proponeva opposizione di terzo ex art. 404 cpc avverso la sentenza emessa in data 16-6-1998 dalla Corte di Appello di Napoli tra G.S. e P.M. , passata in giudicato, che aveva confermato, in sede di rinvio, la pronuncia di risoluzione del predetto atto di compravendita per inadempimento del G. . L’opponente, nel far valere la sua qualità di litisconsorte pretermesso, chiedeva che venisse dichiarata la nullità e l’inopponibilità nei suoi confronti della menzionata decisione della Corte di Appello e di quella di primo grado, che venisse dichiarato che la M. era proprietaria, in comune pro indiviso con il coniuge, del fondo sito in Pozzuoli, alla località (omissis) , riportato in catasto al f. 6, particelle 279 e 332, e che venisse attribuita all’opponente, ai sensi dell’art. 938 c.c., la proprietà dell’edificio da essa realizzato sul fondo controverso.
Con sentenza in data 21-12-2011 la Corte di Appello di Napoli accoglieva l’opposizione, dichiarando la nullità della sentenza pronunciata in data 16-6-1998 tra G.S. e P.M. e, conseguentemente, della sentenza pronunciata tra le stesse parti dal Tribunale di Napoli il 17-11-1990; rigettava le ulteriori domande dell’attrice e dichiarava interamente compensate tra le parti le spese di giudizio.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso P.M. , sulla base di un unico motivo.
M.F. ha resistito con controricorso, mentre G.S. non ha svolto attività difensive.

Motivi della decisione

1) Preliminarmente si rileva che, in considerazione della diversità delle sentenze impugnate e dell’oggetto dei rispettivi giudizi, non si ravvisa l’opportunità di disporre la riunione -sollecitata dai ricorrenti e del P.G. – del presente procedimento con quello n. 13525/2006, chiamato a questa stessa udienza.

Si rammenta, al riguardo, che la riunione delle impugnazioni, mentre è obbligatoria, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., ove investano lo stesso provvedimento, può essere invece facoltativamente disposta, anche in sede di legittimità, ove esse siano proposte contro provvedimenti diversi ma fra loro connessi, quando la loro trattazione separata prospetti l’eventualità di soluzioni contrastanti, siano ravvisabili ragioni di economia processuale ovvero siano configurabili profili di unitarietà sostanziale e processuale delle controversie. (Cass. Sez. Un. 23-1-2013 n. 1521).

2) Con l’unico motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 177 c.c., in relazione all’art. 102 cpc.

Sostiene che la Corte di Appello ha erroneamente ritenuto che tra la M. e le parti del giudizio di risoluzione contrattuale (G.S. e P.M. ), definito con sentenza passata in giudicato, vi fosse un litisconsorzio necessario. Deduce, infatti, che il coniuge beneficiario ex lege degli effetti traslativi del contratto non è litisconsorte necessario nelle controversie relative alla validità ed efficacia dell’atto di acquisto, subendo solo indirettamente le eventuali pronunce sfavorevoli emesse nei confronti del coniuge contraente.

Il motivo è fondato.

Questa Corte ha avuto modo di precisare che, qualora uno dei coniugi, in regime di comunione legale dei beni, abbia da solo acquistato o venduto un bene immobile da ritenersi oggetto della comunione, il coniuge rimasto estraneo alla formazione dell’atto è litisconsorte necessario in tutte le controversie in cui si chieda al giudice una pronuncia che incida direttamente e immediatamente sul diritto, mentre non può ritenersi tale in quelle controversie in cui si chieda una decisione che incide direttamente e immediatamente sulla validità ed efficacia del contratto (Cass. Sez. Un. 23-4-2009 n. 9660; Cass. Sez. Un. 22-4-2010 n.9523; (Cass. 29-1-2013 n. 2082).

Pertanto, per stabilire se, nell’ipotesi in cui l’atto acquisitivo o l’atto di alienazione sia stato concluso da uno solo dei coniugi, sia necessaria o meno l’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’altro coniuge, deve valutarsi se la decisione richiesta incida direttamente sull’atto oppure sul diritto. Nel primo caso, i soggetti legittimati a partecipare al giudizio vanno individuati in base al contenuto dell’atto, e, quindi, nei soggetti che hanno partecipato alla conclusione del contratto di alienazione del bene immobile, anche se tale contratto ha generato un rapporto, di cui è divenuto per legge contitolare il coniuge in regime di comunione dei beni, rimasto estraneo alla sua stipulazione. Tale soggetto, infatti, non può ritenersi litisconsorte necessario in un giudizio diretto ad ottenere la dichiarazione di nullità o l’annullamento o la dichiarazione di inefficacia dell’atto soltanto perché in virtù degli effetti dell’atto stesso è divenuto parte del rapporto che ne è derivato, rimanendo pur sempre detto rapporto condizionato, quanto alla sua nascita ed alla sua conservazione da parte del coniuge in comunione legale, dalla esistenza o meno dei requisiti di validità o dai limiti di efficacia dell’atto al quale il medesimo è rimasto estraneo. Al contrario, nel caso in cui l’azione esercitata incida direttamente e immediatamente sul diritto derivato dall’atto stipulato da uno solo dei coniugi in comunione legale, sussiste l’esigenza del litisconsorzio nei confronti dell’altro coniuge.

Alla luce degli enunciati principi, deve escludersi che, in riferimento all’azione di risoluzione per inadempimento di un atto di compravendita, promossa dall’alienante nei confronti dell’acquirente, sussista un’ipotesi di litisconsorzio necessario del coniuge in comunione legale di quest’ultimo, rimasto estraneo alla stipulazione del contratto.

Si osserva, al riguardo, che l’azione in parola, essendo destinata, sia pure per un fatto sopravvenuto, a travolgere ogni effetto del contratto, incide direttamente su tale atto e non sui diritti che da esso sono sorti anche in favore del coniuge non stipulante. In essa, infatti, non si controverte sul diritto di proprietà derivato dal contratto nella sfera giuridica di entrambi i coniugi e sul bene in sé, bensì sul comportamento inadempiente del soggetto che ha stipulato l’atto, pur avendo l’accoglimento della domanda ripercussioni sul permanere dell’effetto traslativo della proprietà prodottosi anche in favore del coniuge in comunione rimasto estraneo alla formazione del contratto: quest’ultimo, così come ha visto ope legis estendere nei suoi confronti, ai sensi dell’art. 177 lett. a) c.c., gli effetti dell’atto traslativo, pur non avendo preso parte alla sua stipulazione, allo stesso modo deve subire gli effetti connessi alla pronuncia di risoluzione, destinata a travolgere l’atto nella sua interezza, e non solo per la parte spettante in proprietà all’effettivo contraente.

Nella specie, pertanto, erroneamente la Corte di Appello ha ritenuto che M.F. , quale coniuge di G.S. in regime di comunione legale, fosse litisconsorte necessaria in relazione all’azione di risoluzione per inadempimento del contratto di compravendita del 3-12-1984, proposta da P.M. nei confronti del G. ed ha, conseguentmente, accolto l’opposizione di terzo proposta dalla predetta avverso la sentenza passata in giudicato, resa nel relativo giudizio, svoltosi senza la sua partecipazione.

Per le ragioni esposte, infatti, il trasferimento automatico alla comunione, ex art. 177 lett. a) c.c., dell’immobile acquistato individualmente dal G. durante il matrimonio, rimaneva condizionato, quanto alla sua nascita ed alla sua conservazione, dalla sussistenza delle condizioni di validità ed efficacia dell’atto di acquisto posto in essere dal coniuge contraente con il terzo; sicché unico legittimato a stare in giudizio, in relazione alla domanda di risoluzione contrattuale avente ad oggetto l’immobile in questione, era il G. , che aveva stipulato l’atto di compravendita.

Di conseguenza, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata. Non occorrendo nuovi accertamenti di fatto, questa Corte, ai sensi dell’art. 384 comma 2 cpc, può pronunciare nel merito, rigettando l’opposizione di terzo proposta dalla M. .

In considerazione della peculiarità della questione trattata, per la quale non constano precedenti specifici, sussistono giusti motivi per compensare per intero tra le parti le spese sia del presente grado che di quello di merito.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso e, pronunciando nel merito, rigetta l’opposizione di terzo proposta da M.F..

Compensa le spese del presente grado e di quello di merito.

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