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Suprema Corte di Cassazione

sezione II

sentenza 19 novembre 2013, n. 25948

Svolgimento del processo

Con sentenza n. 185 del 2008 il Giudice di pace di Gioiosa Ionica accoglieva il ricorso proposto da C.M. , con il quale era stata formulata opposizione avverso un verbale di contestazione elevato a suo carico dai Carabinieri per la violazione dell’art. 159, comma 1, lett. f, e comma 5, del c.d.s. 1992.
Sull’appello proposto dal Ministero dell’Interno avverso la suddetta sentenza e nella costituzione dell’appellato, il Tribunale di Reggio Calabria, in composizione monocratica, con sentenza n. 205 del 2011 (depositata il 10 febbraio 2011 e non notificata), dichiarava l’improcedibilità del gravame e compensava per intero tra le parti le spese del grado. A sostegno dell’adottata decisione il giudice reggino rilevava che l’appello si sarebbe dovuto considerare improcedibile poiché la costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno, per mezzo dell’Avvocatura erariale, era avvenuta con il deposito di una copia dell’atto di citazione in appello priva di qualunque indicazione in ordine alla (già intervenuta o solo richiesta) notificazione alla controparte, nel mentre il deposito dell’originale dell’atto di appello notificato (ovvero con l’allegazione documentale della prova della sua intervenuta notificazione) era stato eseguito, successivamente, solo alla prima udienza.
Avverso la menzionata sentenza di appello (non notificata) ha proposto ricorso per cassazione (notificato il 26 settembre 2011 e depositato il 17 ottobre 2011) il Ministero dell’Interno, basato su un unico motivo. L’intimato non ha svolto attività difensiva in questa sede di legittimità.

Motivi della decisione

1. Con il dedotto motivo il ricorrente Ministero dell’Interno ha denunciato la supposta violazione e falsa applicazione degli artt. 348, 347, 165 e 156 c.p.c., sul presupposto che, nella fattispecie, il Tribunale di Reggio Calabria avrebbe dovuto ritenere la validità della costituzione di esso ricorrente, nella qualità di appellante, siccome effettuata mediante il deposito della sola copia, anziché dell’originale, dell’atto di appello, comunque successivamente avvenuto alla prima udienza di trattazione (v. pag. 10 della sentenza qui impugnata).
2. Rileva il collegio che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile non avendo il Ministero ricorrente offerto la prova dell’avvenuta notificazione rituale del ricorso stesso nei confronti dell’intimato, risultando, dalla inerente cartolina di ricevimento allegata relativa alla prima tentata notificazione dell’atto processuale (in data 26 settembre 2011), che il plico non era stato recapitato (in data 30 settembre 2011) per assenza del destinatario (presso l’indirizzo conosciuto), senza che – dagli atti acquisiti e per effetto di ulteriore attività processuale dello stesso ricorrente – sia emerso che il Ministero dell’Interno abbia, poi, provveduto (allegandoli ai documenti del fascicolo processuale) ai conseguenti adempimenti notificatori prescritti dall’art. 140 c.p.c., al fine di consentire di riscontrare la successiva validità (e, quindi, efficacia) della medesima notificazione, non potendosi rilevare la configurabilità di una eventuale intervenuta sanatoria del suddetto vizio processuale, poiché l’intimato non ha svolto alcuna attività difensiva nella presente sede di legittimità.
Deve, perciò, trovare applicazione – nel caso di specie – il principio statuito dalle Sezioni unite con la sentenza n. 627 del 2008, ad avviso del quale la produzione dell’avviso di ricevimento della raccomandata con la quale l’ufficiale giudiziario da notizia al destinatario dell’avvenuto compimento delle formalità di cui all’art. 140 c.p.c. è richiesta dalla legge esclusivamente in funzione della prova dell’avvenuto perfezionamento del procedimento notificatorio e, dunque, dell’avvenuta instaurazione del contraddicono, con la conseguenza che l’avviso non allegato al ricorso e non depositato successivamente può essere prodotto fino all’udienza di discussione di cui all’art. 379 c.p.c., ma prima che abbia inizio la relazione prevista dal primo comma della citata disposizione, anche se non notificato mediante elenco alle altre parti ai sensi dell’art. 372, secondo comma, c.p.c.. In caso, però, di mancata produzione dell’avviso di ricevimento (o, comunque, di omesso riscontro dell’avvenuta ritualità in forma completa degli adempimenti notificatori riconducibili all’ipotesi prevista dall’art. 140 c.p.c.), ed in assenza di attività difensiva da parte dell’intimato, il ricorso per cassazione è inammissibile, non essendo consentita la concessione di un termine per il deposito e non ricorrendo i presupposti per la rinnovazione della notificazione ai sensi dell’art. 291 c.p.c. (cfr., anche, più recentemente, Cass. n. 9453 del 2011 e Cass. n. 19387 del 2012, ord.).
È opportuno, altresì, chiarire (v. Cass. n. 7809 del 2010 e Cass. n. 7324 del 2012) che, a seguito della sentenza (di immediata applicazione) della Corte costituzionale n. 3 del 2010, dichiarativa dell’illegittimità costituzionale dell’art. 140 c.p.c., nella parte in cui prevedeva che la notifica si perfezionasse, per il destinatario, con la spedizione della raccomandata informativa, anziché con il ricevimento della stessa o, comunque, decorsi dieci giorni dalla relativa spedizione, è necessario che il notificante, affinché tale tipo di notificazione possa ritenersi legittimamente effettuata, comprovi la suddetta ulteriore circostanza, diversamente configurandosi l’invalidità della notificazione. In altri termini, occorre specificare che, in tema di notificazione ex art. 140 c.p.c. (a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 3 del 2010), deve tenersi distinto il momento del perfezionamento della notificazione nei riguardi del notificante da quello nei confronti del destinatario dell’atto, dovendo identificarsi, il primo, con quello in cui viene completata l’attività che incombe su chi richiede l’adempimento, e, il secondo, con quello in cui si realizza l’effetto della conoscibilità dell’atto, onde la notifica a mezzo posta dell’avviso informativo al destinatario si intende perfezionato non con il semplice invio a cura dell’agente postale della raccomandata che da avviso dell’infruttuoso accesso e degli eseguiti adempimenti, ma decorsi dieci giorni dall’inoltro della raccomandata o nel minor termine costituito dall’effettivo ritiro del plico in giacenza.
3. In definitiva, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile senza che occorra far luogo ad alcuna pronuncia sulle spese, non avendo l’intimato svolto attività difensiva nella presente sede di legittimità.

P.Q.M.

La Corte dichiara il ricorso inammissibile.

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