cassazione 8

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE II

SENTENZA 11 giugno 2015, n. 12158

Ritenuto in fatto

Con atto di citazione del 20.11.2000 C.G. , C.L. e C.A. , quali eredi legittime di C.A. , deceduta il 21.4.2000, convenivano in giudizio, innanzi al Tribunale di Terni, Z.M. , C.F. e C.D. , queste ultime quali eredi di C.A. , chiedendo la condanna di Z.M. alla restituzione della somma di L. 38.000.000, per averla egli sottratta dal patrimonio ereditario.
Assumevano le attrici che la de cuius, al momento del decesso, era titolare di un c/c, acceso presso la Banca Commerciale di Terni, il cui saldo ammontava, al 20.11.2000, a L. 38.000.000; che Z.M. , figlio di C.F. (sorella della de cuius), grazie alla delega ad operare sul conto corrente suddetto, aveva ritirato illegittimamente detta somma il 26.4.2000. Si costituiva in giudizio lo Z. ed eccepiva il difetto di legittimazione passiva delle attrici atteso che, con il testamento olografo, C.A. aveva nominato eredi universali esso convenuto e C.D. , che il conto corrente rientrava nel patrimonio della de cuius e che l’operazione bancaria in questione era legittima in quanto effettuata il 21.4.2000, quando ancora era viva la Co. .
Si costituiva in giudizio anche C.D. riportandosi a quanto dedotto dalle attrici ed, in via subordinata, nel caso in cui fosse stata ravvisata la sua qualifica di erede testamentaria, insieme allo Z. , chiedeva la metà dell’importo di L. 38.000.000.
Con sentenza non definitiva il Tribunale riteneva le attrici eredi legittime della de cuius affermando che a Z.M. ed a C.D. era stato attribuito solo un legato; con sentenza definitiva del 14.7.2004 condannava, poi, lo Z. a restituire alle eredi stesse la somma di Euro 19.625,36, oltre alla svalutazione monetaria secondo indici Istat ed al pagamento delle spese di lite.
Avverso le due sentenze, non definitiva e definitiva, Z.M. proponeva appello cui resistevano C.G. , C.D. , C.L. e C.A.R. ; C.D. , in via subordinata, chiedeva anche la condanna dell’appellante a corrisponderle il 50% della somma suddetta. Con sentenza depositata il 13.5.2008 la Corte di Appello di Perugia, in riforma delle sentenze impugnate, respingeva la domanda proposta nei confronti di Z.M. e condannava le attrici alla restituzione, in favore dello stesso, delle somme percepite in ottemperanza delle sentenze appellate oltre al rimborso delle spese processuali sostenute dallo Z. nei due gradi di giudizio; condannava Z.M. al pagamento, in favore di C.D. , della somma di Euro 7.102,19, oltre interessi legali e rimborso, nei confronti della stessa, delle spese processuali relative ad entrambi i gradi di giudizio; dichiarava compensate le spese processuali nei confronti di Z.F. (erede di C.F. ) rimasta contumace.
Osservava la Corte territoriale, per quanto ancora rileva nel presene giudizio, che l’espressione adoperata dalla de cuius nel testamento olografo: “Istituisco miei eredi universali in parti uguali tra loro i miei nipoti Z.M. e C.D. “, oltre ad attribuire letteralmente la qualità di eredi, si poneva in contrapposizione con la disposizione con cui si attribuivano “a titolo di legato” determinati beni ai nipoti successivamente nominati ed, il fatto che la testatrice avesse già 84 anni al momento della redazione del testamento, non ne escludeva la consapevolezza delle disposizioni testamentarie.
Per la cassazione di tale decisione propone ricorso, affidato a quattro motivi, C.A. .
Resiste con controricorso Z.M. , gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva

Motivi della decisione

la ricorrente deduce:

1) insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla interpretazione delle disposizioni testamentarie; la volontà attribuita dalla Corte di appello alla testatrice di assegnare il bene immobile di via (OMISSIS) come quota del patrimonio, ovvero come istituzione ereditaria ex re certa, ai sensi dell’art. 588, 2 co. c.c, era sorretta pressoché esclusivamente da un’inesatta comparazione tra l’alto valore dell’immobile stesso rispetto al minor valore degli altri beni ereditari, circostanza priva di riscontro nelle risultanze processuali e non veritiera;

2) violazione e/o falsa applicazione degli artt. 588 c.c. e 457, 2 co. c.c.; la Corte di merito non aveva tenuto conto del principio fondamentale previsto dall’art. 457 2 co. c.c., secondo cui la parte dei beni non ricompresa nel testamento si trasferisce agli eredi legittimi e, nella specie il testamento non conteneva alcuna espressione che estendeva al lascito in favore di Z.M. e C.D. il cespite rappresentato dalle somme depositate sul conto corrente della de cuius;

3) violazione e/o falsa applicazione degli artt. 588 c.c. e 734, 2 co. c.c.; in base al disposto di quest’ultima norma, quand’anche Z.M. e C.D. potessero ritenersi eredi e non legatari essa ricorrente doveva considerarsi chiamata all’eredità, quale erede legittima, in virtù dell’art. 734, 2 co. c.c., che, nell’ipotesi di vocazione testamentaria incompleta, prevede la devoluzione dei beni non espressamente individuati nel testamento secondo le norme della successione legittima, con la conseguenza che, nella specie, il denaro depositato sul conto corrente della de cuius, non incluso nell’assegnazione dei beni effettuata dalla testatrice, doveva distribuirsi fra gli eredi legittimi;

4) omessa e insufficiente motivazione in ordine alla mancata applicazione degli artt. 477, 2 co. c.c. e 734, 2 co. c.c.; la Corte di merito aveva omesso di motivare sull’incidenza di tali norme nella fattispecie in esame, comportanti, a fronte di una vocazione e/o divisione testamentaria incompleta, che la somma depositata sul conto corrente bancario, intestato alla de cuius alla data del 21.4.2000, fosse distribuita pro quota fra tutti gli eredi legittimi.

Il primo motivo di ricorso è infondato.

Secondo il costante orientamento giurisprudenziale di questa Corte, l’interpretazione della volontà del testatore espressa nel testamento, si risolve in un accertamento in fatto demandato al giudice di merito cui è riservata la scelta e la valutazione degli elementi di giudizio più idonei a ricostruire detta volontà, con la possibilità di avvalersi, in tale attività interpretativa, delle regole ermeneutiche di cui all’art. 1362 c.c., con gli opportuni adattamenti per la particolare natura dell’atto, con la conseguenza che ove tale operazione è aderente a dette regole e la statuizione è sorretta da congrua e logica motivazione, la stessa esula dal sindacato di legittimità (Cfr. Cass. n. 468/2010; n. 7422/2005).

Va aggiunto che, in tema di distinzione tra erede e legatario, ex art. 588 c.c., l’assegnazione di beni determinati configura una successione a titolo universale (‘institutio ex re certa’) ove il testatore abbia inteso chiamare l’istituito nella universalità dei beni o in una quota del patrimonio relitto, mentre deve interpretarsi come legato se egli abbia voluto attribuire singoli, determinati beni (Cass. n. 24163/2013; n. 13835/2007).

Tanto premesso, deve ritenersi che la motivazione del giudice di appello su tale questione, come riportata nella parte dedicata allo ‘svolgimento del processo’, sia immune da vizi logico- giuridici, essendo stata la distinzione tra istituzione di erede e legato fondata sul tenore letterale e tecnico delle espressioni utilizzate dal testatore nella scheda testamentaria, laddove si specifica: ‘istituisco miei eredi universali’…., espressione contrapposta a quella relativa all’attribuzione di determinati beni a ‘titolo di legato’.

Contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la sentenza impugnata non ha, quindi, interpretato la volontà della testatrice di assegnare il bene immobile di via (OMISSIS) come quota di patrimonio, ovvero come un’istituzione ex re certa ex art. 588, 2 co. c.c., solo sulla base di una inesatta comparazione tra l’alto valore dell’immobile stesso e lo scarso valore degli altri beni ereditari, avendo, fra l’altro, la Corte di merito evidenziato che detta terminologia utilizzata dalla de cuius era diretta ad indicare ‘quello che nella mente della testatrice costituiva… il nucleo centrale del suo patrimonio, l’universum ius una volta sottratti i beni mobili fatti oggetto dei vari legati’ (V. pag. 8 sent. imp.).

Gli altri motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente per la loro evidente connessione, sono anch’essi privi di fondamento. La Corte di appello ha ricompreso la somma depositata sul conto corrente nell’asse ereditario in quanto ‘non oggetto di legato’, escludendoci conseguenza, il concorso con la successione testamentaria di quella legittima quanto all’attribuzione di detta somma, inclusa correttamente nella quota spettante agli eredi universali, stante la capacità attrattiva della quota stessa rispetto ad un bene patrimoniale non contemplato specificamente dalla testatrice; non potendosi, inoltre, ex art. 457 c.c., far luogo alla successione legittima se non quando manca, in tutto o in parte, quella testamentaria ed in particolare nel caso di testamento che, senza contenere istituzione di erede, contenga solo attribuzione di legati (Cass. n. 2968/1997). Non è dato, peraltro, ravvisare la violazione dell’art. 734, 2 co. c.c., una volta accertata la qualità di legataria dell’attuale ricorrente per la quale non può, quindi, configurarsi la qualità di erede legittima, come invece sostenuto nel motivo sub 3).

La Corte di Appello, sulla base della interpretazione globale del testamento, ha, pertanto, correttamente escluso il ricorso ad una successione legittima quanto alla somma di denaro suddetta, ricomprendendola nella quota relitta a titolo universale, avuto riguardo alla c.d. forza espansiva della istituzione ‘ex re certa’ per Ì beni ignorati dal testatore o sopravvenuti ed implicitamente riconoscendo la volontà della testatrice in tal senso. In conclusione il ricorso va rigettato. Consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali che si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che si liquidano in Euro 2.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi oltre accessori di legge.

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