Non è giustificabile per non aver potuto presentare l’appello tempestivamente l’imputato che denunci di essere stato affetto da lombosciatalgia acuta
Suprema Corte di Cassazione
sezione II penale
sentenza 3 gennaio 2017, n. 214
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CAMMINO Matilde – Presidente
Dott. AGOSTINACCHIO Luig – rel. Consigliere
Dott. PARDO Ignazio – Consigliere
Dott. AIELLI Lucia – Consigliere
Dott. DI PISA Fabio – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS) nato a (OMISSIS);
avverso l’ordinanza in data 05/05/2016 della Corte di Appello di Caltanissetta;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dr. Luigi Agostinacchio;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. BALDI Fulvio, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato.
CONSIDERATO IN FATTO
1. Con ordinanza del 07/06/2016 la Corte di Appello di Caltanissetta rigettava l’istanza di restituzione nel termine proposta nell’interesse di (OMISSIS) ai sensi dell’articolo 175 c.p.p., comma 1, ai fini della proposizione dell’appello avverso la sentenza emessa dal GUP del locale tribunale il 05/11/2015.
Rilevava la corte territoriale che il termine per l’impugnazione era scaduto il 21/12/2015 e che il difensore aveva dedotto di non aver potuto proporre tempestivamente l’appello a causa di una “lombosciatalgia acuta”, con conseguente invalidita’ per sei giorni, come da allegata certificazione medica del 19/12/2015; che, in conformita’ con la prevalente giurisprudenza, l’impedimento non costituiva un caso di forza maggiore, in considerazione della conoscenza del termine per impugnare e del verificarsi dell’evento invalidante due giorni prima di tale scadenza nonche’ della possibilita’ d’informare direttamente, o per interposta persona, l’imputato dell’impossibilita’ ad adempiere.
2. Ha proposto ricorso per cassazione il (OMISSIS) tramite difensore di fiducia eccependo con un unico motivo la violazione di legge in relazione al combinato disposto degli articoli 175 e 606 c.p.p., ed il vizio motivazionale del provvedimento, rilevando che esso costituiva un’ingiustificata riduzione del termine di legge concesso al difensore per proporre l’impugnazione e che la patologia aveva impedito l’allontanamento dal domicilio e l’espletamento di qualsiasi attivita’ utile ad ovviare all’inconveniente verificatosi.
Ha chiesto quindi l’annullamento con rinvio o senza rinvio dell’ordinanza della Corte di Appello di Caltanissetta, con le consequenziali statuizioni o provvedimenti di legge.
Con requisitoria scritta depositata il 28/09/2016 il Pubblico Ministero ha concluso come indicato in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ infondato.
Indubbiamente, in astratto, e’ configurabile il caso della forza maggiore idonea a suffragare l’istanza di restituzione nel termine per impugnare la sentenza nella malattia invalidante del difensore di fiducia che gli abbia impedito di allontanarsi dal proprio domicilio e di nominare un sostituto per la presentazione dei motivi di impugnazione. E’ altresi’ inconfutabile nella giurisprudenza di legittimita’ che tale accertamento debba essere effettuato in concreto per esaminare se nel caso specifico l’uso dell’ordinaria diligenza, sia da parte dell’imputato, sia da parte del difensore, avrebbe potuto impedire il vano spirare del termine (Cass. sez. 1, sent. n. 16763 del 07/04/2010 – dep. 03/05/2010 – Rv. 246927).
Tale verifica e’ stata effettuata dalla corte territoriale in senso sfavorevole all’istante sulla base di un argomento portante: a fronte del termine di legge pari, nella specie, a quarantacinque giorni, l’evento invalidante si e’ verificato due giorni prima della scadenza di detto termine, quando “era gia’ decorso piu’ di un mese dal deposito della sentenza e durante tale periodo sia l’imputato che il difensore avrebbero potuto presentare i motivi”.
Ha premesso la difesa del ricorrente di aver presentato presso la competente cancelleria in data 24 dicembre 2015 l’impugnazione con i contestuali motivi di appello, informando il successivo 28 dicembre la Corte dell’evento di forza maggiore per la restituzione del termine (dal 21 dicembre al 24 dicembre); ha altresi’ rilevato che la motivazione del rigetto dell’istanza “vorrebbe decapitare il termine dalla legge concesso al difensore che nel caso di specie e’ (appunto) di quarantacinque giorni”.
Orbene, e’ pacifico che il potere d’impugnazione continua fino allo scadere del relativo termine, per cui se la corte territoriale avesse negato o in qualche modo compresso l’esercizio della facolta’ difensiva prevista dall’articolo 571 c.p.p., avrebbe violato la normativa penale di riferimento.
Le argomentazioni contenute nell’ordinanza si muovono tuttavia su un altro piano di analisi – l’unico peraltro praticabile, in virtu’ dei principi richiamati incentrato sul criterio della “ordinaria diligenza” dei soggetti legittimati a proporre appello (il difensore e l’imputato) ed a tal fine si rileva pertinente l’osservazione secondo cui l’evento invalidante, perche’ verificatosi due giorni prima della scadenza del termine di quarantacinque giorni, non costituisce causa di forza maggiore.
Non e’ dimostrato infatti che la predisposizione dell’appello richiedesse un particolare impegno si’ da necessitare dell’intero periodo per una sua compiuta articolazione – circostanza peraltro estranea al ricorso – con la conseguenza che la scelta di utilizzare proprio gli ultimi due giorni per redigere l’impugnazione si presentava obiettivamente rischiosa, posto che qualsiasi contrattempo di una certa gravita’ avrebbe potuto vanificare il proposito difensivo.
Si richiama sul punto l’insegnamento della Suprema Corte secondo cui in tema di restituzione nel termine, l’impedimento assoluto del difensore e’ invocabile quale causa di forza maggiore ai sensi dell’articolo 175 c.p.p., laddove esso abbia inciso sulla presentazione dell’impugnazione di una sentenza, in quanto la complessita’ e la delicatezza delle scelte che l’imputato deve compiere in ordine alla determinazione e all’illustrazione dei motivi d’impugnazione e la gravita’ delle conseguenze che l’ordinamento fa discendere da motivi incompleti o mal formulati esigono che sia garantita l’effettivita’ della difesa tecnica per la tempestiva presentazione di un’impugnazione correttamente formulata e argomentata (Cass. sez. 3, sent. n. 15187 del 22/02/2002 – dep. 23/04/2002 – Rv. 221474).
In definitiva, i criteri di diligenza richiamati mal si conciliano con l’individuazione dell’ultimo segmento temporale a disposizione per effettuare un’attivita’ particolarmente sensibile nella prospettiva dell’esito del processo e della definitivita’ della condanna.
D’altra parte l’atto di appello fu presentato – tardivamente – il 24/12/2015, durante il periodo di malattia di sei giorni, decorrente dal 19/12/2014, si’ che anche per tale aspetto non puo’ ritenersi che l’evento, pur invalidante, avesse quelle caratteristiche di assoluta incapacita’ che impedivano la proposizione dell’impugnazione (la certificazione medica non distingue infatti una fase iniziale acuta da una successiva subacuta).
5. Al rigetto del ricorso, segue, a norma dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
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