Ai fini della alienazione di cose in sequestro che possono alterarsi assume rilievo la loro “deperibilità”, rientrando in tale nozione tutte le cose che sono suscettibili di modificazione sostanziale e/o strutturale, nonché quelle che per la loro natura possono risultare dannose, o anche solo fastidiose per la salute pubblica (ad esempio, le merci che possono “andare a male”, quindi alterarsi o che possono determinare l’emissione di esalazioni nauseabonde).
Suprema Corte di Cassazione
sezione II penale
sentenza 16 gennaio 2017, n. 1916
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FUMU Giacomo – Presidente
Dott. PRESTIPINO Antonio – Consigliere
Dott. AIELLI Lucia – Consigliere
Dott. PACILLI G. A. R. – Consigliere
Dott. ARIOLLI Giovann – rel. Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
(OMISSIS), nato il (OMISSIS);
avverso l’ordinanza del 31/03/2016 del GIP TRIBUNALE di FIRENZE;
sentita la relazione svolta dal Consigliere GIOVANNI ARIOLLI;
lette/sentite le conclusioni del PG.
RITENUTO IN FATTO
1. (OMISSIS) ricorre per cassazione avverso il provvedimento con cui il G.I.P. del Tribunale di Firenze in data 31/3/2016 ha rigettato l’istanza di opposizione alla vendita di un’autovettura di proprieta’ della ricorrente. Deduce la violazione di legge e, in particolare, dell’articolo 260 cod. proc. pen., disposizione che regola la vendita di beni deteriorabili, osservando come nel caso di specie nessuna alterazione tale da giustificare la vendita era ravvisabile rispetto ad un’autovettura. Ne’ per alterazione poteva ritenersi la perdita del valore del bene, con la conseguenza che il provvedimento di vendita adottato dal giudice non solo era illegittimo, ma anche abnorme.
2. Il Procuratore generale presso questa Corte, con memoria del 14/10/2016, ha chiesto il rigetto del ricorso poiche’ non fondato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso non e’ fondato.
3.1. Infatti, per come correttamente evidenziato dallo stesso giudice di merito, nel caso in esame la vendita dell’auto in questione (unitamente ad altre sequestrate) era funzionale alla massimizzazione dei risultati inerenti la fruttuosita’ del sequestro per equivalente, nel cui ambito i beni mobili oggetto di apprensione costituivano il valore corrispondente al profitto illecito, suscettibile, in ragione della tipologia dei reati che lo hanno prodotto (L. n. 356 del 1992, articolo 12 quinques, comma 2), di confisca obbligatoria. In tale prospettiva la cosa non rileva in se’, ma in quanto espressiva di valore prossimo o corrispondente a quello da tutelare, ossia il valore equivalente all’ammontare del profitto illecito. Ne consegue, pertanto, che in sede di amministrazione di tali beni e’ necessario preservarne il valore evitandone il deterioramento con operazioni che possono ragionevolmente consistere nella loro vendita immediata con relativa acquisizione del prezzo. Cio’ che e’ avvenuto nel caso di specie, mediante l’adozione di un provvedimento di vendita che, per un verso, costituisce legittimo esercizio delle prerogative funzionali del giudice della cautela reale e, per altro, da puntualmente conto delle ragioni che rendevano necessario ed opportuno procedere all’alienazione, mediante un giudizio di fatto coerentemente argomentato e, dunque, non censurabile in sede di legittimita’.
3.2. Inoltre, il presupposto per l’applicazione della norma censurata, da ritenersi regolatrice in via analogica anche delle modalita’ di esecuzione del sequestro preventivo (da cui origina il vincolo reale oggetto del presente giudizio adottato ai sensi dell’articolo 321 c.p.p. e L. n. 356 del 1992, articolo 12 sexies), e’ rappresentato dalla “deperibilita’” della cosa e, pertanto, nella fattispecie in parola rientrano tutte le cose che sono suscettibili di modificazione sostanziale e/o strutturale, nonche’ quelle res che per la loro natura possono risultare dannose, o anche solo fastidiose per la salute pubblica (si pensi al caso di merci che possono “andare a male”, quindi alterarsi o che possono determinare l’emissione di esalazioni nauseabonde). Il concetto di deterioramento, pero’, non deve essere inteso in un’accezione prettamente fisica, ben potendo essere compreso in tale nozione anche il deprezzamento, cioe’ la perdita del valore intrinseco della cosa sequestrata, in aderenza anche con la giurisprudenza di questa Corte in tema di danneggiamento, ove si e’ evidenziato che nel concetto di deterioramento rientra anche la modificazione della cosa altrui che ne diminuisce in modo apprezzabile il valore o ne impedisce anche parzialmente l’uso, cosi’ dando luogo alla necessita’ di un intervento ripristinatorio dell’essenza e della funzionalita’ della cosa stessa (Sez. 2, n. 28793 del 16/6/2005, Rv. 232006). Nel complesso, va infatti evidenziato che all’autorita’ giudiziaria e’ attribuito il potere di determinare una conseguenza che va ben oltre a quella connessa naturalmente all’imposizione del vincolo coercitivo, perche’ viene a realizzarsi il trasferimento, in capo al giudice o al pubblico ministero, di uno dei contenuti del diritto di proprieta’: la facolta’ di disporre definitivamente di un bene. E cio’ tanto piu’ nel caso in esame, laddove il vincolo reale e’ strumentale alla confisca. Del resto, l’alternativa posta nella disposizione in esame tra alienazione e distruzione richiama necessariamente un vaglio in ordine alla circostanza se la res possa o meno avere un valore economico, salvo poi verificare se, pur avendolo, abbia natura intrinsecamente criminosa o pericolosa che preclude all’autorita’ giudiziaria la possibilita’ di rimetterla in circolazione.
4. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato. Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
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