Legittima la sospensione dall’albo di un anno per il direttore responsabile che certifica una regolare corresponsione della retribuzione pur sapendo che la prestazione non viene pagata
Suprema Corte di Cassazione
sezione II civile
sentenza 29 novembre 2016, n. 24243
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SECONDA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BUCCIANTE Ettore – Presidente
Dott. BIANCHINI Bruno – Consigliere
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere
Dott. ORILIA Lorenzo – rel. Consigliere
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 7525-2016 proposto da:
(OMISSIS), (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS);
– ricorrente-
contro
CONSIGLIO NAZIONALE ORDINE GIORNALISTI, c.f. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), che lo rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 5106/2015 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 14/09/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/09/2016 dal Consigliere Dott. LORENZO ORILIA;
udito l’Avvocato (OMISSIS), difensore del ricorrente, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso con le relative statuizioni;
udito l’Avvocato (OMISSIS), difensore del controricorrente, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CAPASSO Lucio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Roma, con ordinanza ex articolo 702 ter c.p.c. depositata il 22.11.2013, rigetto’ il ricorso di (OMISSIS), Direttore Responsabile del “(OMISSIS)” contro la decisione del 14.5.2013 con cui il Consiglio Nazionale di Disciplina dell’Ordine dei Giornalisti gli aveva inflitto la sanzione della sospensione dall’Albo per la durata di un anno.
Questa decisione e’ stata confermata dalla Corte d’Appello di Roma che, con sentenza 14.9.2015, ha rigettato il gravame proposto dal (OMISSIS) rilevando:
– che il principio del contraddittorio e il diritto di difesa non erano stati violati;
– che non si era verificato nessun ampliamento della contestazione, essendo state accertate solo circostanze nuove e ulteriori;
che i testi escussi avevano confermato l’omessa corresponsione della retribuzione;
– che la tesi della irresponsabilita’ dell’incolpato doveva ritenersi infondata perche’ lo stesso aveva certificato una regolare corresponsione di retribuzione pur nella consapevolezza della gratuita’ della stessa;
– che non erano state applicate aggravanti non previste.
Il (OMISSIS) propone ricorso per cassazione con sette motivi a cui resiste con controricorso il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1 Col primo motivo il ricorrente denunzia la violazione degli articoli 111 e 24 Cost., L. n. 69 del 1963, articolo 56. Violazione del diritto al contraddittorio e di difesa. Sostiene che, pur avendo eletto domicilio presso la redazione del giornale da lui diretto, si imponeva l’avviso della convocazione davanti al Consiglio Nazionale anche al difensore. Inoltre si duole della mancata informazione in ordine alle audizioni dei testimoni e quindi in ordine alla formazione della prova. Precisa che l’assenza del difensore fu determinata dal mancato avviso, mentre quella dell’incolpato dipendeva da ragioni di salute.
La censura e’ priva di fondamento perche’ si scontra con il principio affermato dalle sezioni unite che invece ritiene pienamente sufficiente l’invio delle comunicazioni presso il domicilio eletto. Sez. U, Sentenza n. 22889 del 07/12/2004 Rv. 578245 in tema di procedimento disciplinare a carico degli avvocati, ma il principio e’ di portata generale e dunque sicuramente applicabile anche nel procedimento disciplinare in questione).
1.2 Con un secondo motivo di ricorso si deduce la violazione dell’articolo 111 Cost., articoli 345 e 346 c.p.c. perche’ vi sarebbe stato un ampliamento della contestazione davanti al Consiglio Nazionale di Disciplina: sostiene che perche’ durante le nuove audizioni di testi, questi sarebbero stati sentiti su circostanze irrilevanti, ma non sulla avvenuta retribuzione del collaboratore (OMISSIS) (il cui esposto sarebbe stato alla base dell’incolpazione); cio’, ad avviso del ricorrente, avrebbe comportato un mutamento dei fatti rispetto all’imputazione.
1.3 Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’articolo 2702 c.c. osservando che le dichiarazioni dei testi non riguardavano la posizione del giornalista (OMISSIS) e comunque erano smentite dalle quietanze, firmate dallo stesso (OMISSIS), circa la corresponsione della retribuzione.
1.4 Con quarto motivo si deduce la violazione degli articoli 111, 24, 25 e 27 Cost. nonche’ della L. n. 63 del 1969, articolo 3: la mancata retribuzione del (OMISSIS) si dice sarebbe stata addebitata al Direttore del giornale al di fuori di ogni previsione di legge, gravando invece il relativo obbligo sull’editore (la societa’ (OMISSIS)). Si precisa che il Direttore si era limitato a certificare l’avvenuta retribuzione prendendo come riferimento le quietanze firmate e dunque non poteva ritenersi consapevole della gratuita’ delle prestazioni. Ricorda il ricorrente che la responsabilita’ del giornalista implica la violazione dei doveri propri di tale categoria e pertanto si ritiene destinatario di una sanzione a titolo di responsabilita’ oggettiva in violazione dei principi di legalita’ e tipicita’ degli illeciti oltre che della responsabilita’ personale.
1.5 Col quinto motivo di ricorso si deduce la violazione degli articoli 25 e 111 Cost. nonche’ della L. n. 63 del 1969, articolo 33: a dire del (OMISSIS), il Consiglio Nazionale gli avrebbe applicato addirittura una aggravante mai contestata.
1.6 Con un sesto motivo di ricorso si deduce la violazione dell’articolo 111 Cost. e della L. n. 69 del 1963, articolo 35: essendo state accolte molte delle eccezioni sollevate, il Consiglio Nazionale avrebbe dovuto conseguentemente ridurre la sanzione.
1.7 Con il settimo e ultimo motivo di ricorso si deduce, ai sensi dell’articolo 360 c.p.c., n. 5 l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio (il mutamento dell’incolpazione avvenuto piu’ volte nel corso del procedimento disciplinare e amministrativo): secondo il ricorrente, la Corte d’Appello non ha preso in esame la censura con cui si deduceva che la contestazione iniziale riguardava l’omessa retribuzione al collaboratore (OMISSIS), mentre ha affermato la responsabilita’ per avere certificato prestazioni di lavoro come regolarmente retribuite.
2. Quest’ultimo motivo di ricorso e’ fondato.
In tema di giudizi disciplinari contro avvocati, le sezioni unite hanno affermato che pure nella fase amministrativa dinanzi al Consiglio locale dell’Ordine, vige, come naturale corollario del principio del contraddittorio e della garanzia del diritto di difesa, il divieto di emettere decisioni sorpresa, sicche’ non e’ consentito porre a base della decisione con cui si dichiari la responsabilita’ disciplinare dell’avvocato un’ipotesi di illecito disciplinare diversa da quella originariamente contestata con il decreto di citazione dinanzi al Consiglio dell’Ordine, e senza che, in relazione alla nuova ipotesi di illecito, vi sia stata, per l’incolpato, la possibilita’ di svolgere alcuna attivita’ difensiva Sez. U, Sentenza n. 2197 del 04/02/2005 Rv. 578974).
Analogo principio stato riaffermato, sempre dalle sezioni unite, in materia di responsabilita’ disciplinare dei magistrati (Sez. U, Sentenza n. 10604 del 20/05/2005 Rv. 583244).
Ritiene il Collegio che tale regola, espressione di un principio generale a tutela del contraddittorio del diritto di difesa, debba valere logicamente anche nel caso di specie.
Ebbene, sulla scorta del citato principio, appare evidente che nel caso in esame costituiva un fatto decisivo lo stabilire se nel corso del procedimento amministrativo davanti all’Organo di disciplina e, poi nella successiva fase giurisdizionale, vi fosse stato un mutamento dell’incolpazione, posto che il quarto motivo di appello (riportato sufficientemente nel ricorso per cassazione a pagg. 10 SS. mirava proprio a censurare la pronuncia del Tribunale laddove aveva ravvisato la responsabilita’ dell’incolpato per avere “certificato la retribuzione come retribuita regolarmente”, mentre in precedenza il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Giornalisti aveva confermato la sanzione “per avere l’incolpato omesso di’ retribuire nei modi dovuti la collaborazione di (OMISSIS)”, a fronte di una contestazione iniziale per “non avere mai corrisposto ai tre aspiranti giornalisti “i compensi per le collaborazioni giornalistiche prestate a favore del (OMISSIS). Il tutto in violazione della Carta Firenze e dell’articolo 2 citata legge” (la legge sull’ordinamento della professione di giornalista).
Su tale rilevante questione la Corte d’Appello non ha dato una risposta perche’ a pag. 3 ha valutato solo “le nuove audizioni”, ma non – come le si richiedeva – le conclusioni che da esse ne avevano tratto l’Organo di disciplina prima e il Tribunale di Roma poi.
Piuttosto, va rilevato che la Corte di Appello si espressa in maniera contraddittoria perche’ in un passaggio della motivazione ha affermato che “le nuove audizioni hanno, invero, ad oggetto lo stesso fatto, ovvero il necessario accertamento dei fatti esposti da Stefano (OMISSIS), confermando la omessa retribuzione, nonostante le firme apposte alle quietanze”, mentre in un successivo passaggio – nel rispondere alla censura sulla individuazione dell’obbligato alla retribuzione – ritiene infondata la tesi della irresponsabilita’ del (OMISSIS), per avere costui “certificato la prestazione di lavoro come retribuita regolarmente pur nella consapevolezza della gratuita’ delle collaborazioni confermata dalle risultanze testimoniali” (v. pag. 4).
Insomma, non e’ affatto chiaro se, ad avviso della Corte d’Appello, il (OMISSIS) sia stato ritenuto responsabile per l’unico fatto formalmente enunciato nella lettera di contestazione, cioe’ il mero inadempimento di una obbligazione pecuniaria (omesso pagamento dei compensi per le collaborazioni giornalistiche prestate dal (OMISSIS) e dagli altri soggetti indicati nella contestazione) oppure per avere rilasciato una certificazione dal contenuto non veritiero.
Sussiste pertanto il vizio motivazionale denunziato e la sentenza deve essere cassata per nuovo esame da parte di altra sezione della d’Appello di Roma che, sulla scorta dei principi di diritto sopra esposti, si pronuncera’ sul dedotto mutamento dell’incolpazione, provvedendo altresi’ sulle spese di questo grado di giudizio.
Resta logicamente assorbito l’esame delle altre censure.
P.Q.M.
rigetta il primo motivo di ricorso; accoglie il settimo dichiara assorbiti i restanti motivi; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia anche per le spese, ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma
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