La qualificazione di una disposizione testamentaria, nel caso di specie quale sostituzione fedecommissaria o lascito sottoposto a condizione, costituisce quaestio voluntatis; il giudice è tenuto pertanto ad indagare l’effettiva volontà testamentaria, anche attraverso la valutazione dell’insieme delle espressioni usate dal de cuius.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE II CIVILE
SENTENZA 23 maggio 2016 10612, n.10612
Svolgimento del processo
Con testamento olografo M.A. così disponeva:
“Dispongo come segue delle mie sostanze per dopo la mia morte. Istituisco mia erede universale mia moglie Ca.No. detta R. . Dopo la mia morte la suddetta dovrà disporre per testamento che tutto quanto avrà acquistato per successione da me dovrà essere devoluto in parti uguali ai miei tre nipoti S.A. C.M. e C.G. . Qualora ciò non avvenga, mia moglie potrà godere della sola quota di legittima e la quota disponibile dovrà essere devoluta in parti uguali ai suddetti tre nipoti”.
Con atto di citazione notificato il 28 maggio 2002 C.M. e G. convenivano in giudizio davanti al Tribunale di Mantova Ca.No. esponendo che:
era stato pubblicato il testamento olografo dello zio M.A. , morto il (OMISSIS) ;
ritenevano di essere suoi eredi per un sesto ciascuno, in quanto il testamento era strutturato in tre parti, la prima contenente una istituzione di erede in favore della moglie Ca.No. , la seconda un obbligo per la suddetta erede di devolvere per testamento ad S.A. , C.M. e G. tutto ciò che avesse ricevuto per successione dal marito, la terza una nuova e distinta istituzione di erede nell’ipotesi che “non avvenga” quanto voluto dal testatore nella seconda parte;
le tre clausole erano collegate, con la seconda che era nulla per legge e rendeva invalida pure la prima per essere stata il solo motivo determinante della designazione di Ca.No. ad erede universale, mentre la terza era valida perché esprimeva la volontà del testatore di devolvere in altro modo le sue sostanze nell’ipotesi di non attuazione delle precedenti disposizioni.
Gli attori chiedevano, pertanto, di essere dichiarati eredi testamentari di M.A. per la quota di un sesto ciascuno del patrimonio del de cuius.
Con sentenza non definitiva del 19.5/14.6.2005 il Tribunale di Mantova dichiarava la nullità parziale del testamento olografo di M.A. da “istituisco erede” sino a “qualora ciò non avvenga” e la validità dello stesso per la restante parte.
In particolare, il Tribunale di Mantova riteneva che:
la parte del testamento ritenuta nulla era da qualificare come condizione risolutiva potestativa illecita dell’istituzione di Ca.No. quale erede universale;
tale condizione era illecita poiché limitava la libertà testamentaria di Ca.No. ;
non ricorreva un fedecommesso perché mancava la doppia delazione, in quanto, dopo la morte di Ca.No. i tre nipoti sarebbero divenuti eredi di quest’ultima e non dell’originario de cuius.
Con atto di citazione notificato il 19 ottobre 2005 Ca.No. impugnava davanti alla Corte di Appello di Brescia la sentenza del Tribunale di Mantova, affermando che: nella specie, ricorreva una sostituzione fedecommissaria, essendo irrilevante che lo scopo di individuare piu’ eredi successivi dello stesso patrimonio fosse raggiunto mediante un’unica disposizione testamentaria o con l’imposizione di un obbligo di testare in modo prestabilito a carico dell’istituito; la disposizione per la quale la moglie doveva trasferire ai nipoti il patrimonio che le era pervenuto per successione non era il motivo determinante della sua istituzione come unica erede; avrebbe dovuto essere dichiarata la nullità dell’intera scheda testamentaria.
Nelle more del giudizio di appello il Tribunale di Mantova decideva in via definitiva la causa con sentenza 30.3/14.4.2009, con la quale dichiarava C.M. e C.G. eredi testamentari di M.M. ciascuno per 1/6 del patrimonio del de cuius e provvedeva in ordine al trasferimento dei beni ed al pagamento delle somme dovute.
Tale ultima sentenza non era appellata.
Con sentenza n. 546/11 depositata il 16 maggio 2011 la Corte di Appello di Brescia accoglieva l’appello proposto da Ca.No. .
I Giudici ritenevano sussistenti gli estremi di una sostituzione fedecommissaria, affetta da nullità ex art. 692 cod. civ., a stregua di quella che doveva considerarsi la effettiva volontà del testatore il quale aveva inteso istituire erede universale la moglie con attribuzione della legittima e della disponibile, quindi l’attribuzione secondo un ordine successivo, nei medesimi beni a favore dei nipoti alla morte della moglie con l’obbligo di conservazione e restituzione ad eccezione dei frutti, per cui era da escludere la esistenza di una condizione risolutiva che ha efficacia retroattiva, essendo peraltro irrilevante il concreto mezzo utilizzato per il raggiungimento dello scopo. Peraltro, la nullità del fedecommesso non aveva effetto sulla istituzione di erede della Ca. determinando la invalidità dei capoversi terzo e quarto del testamento, laddove era prevista la devoluzione della legittima alla moglie e della disponibile ai nipoti.
2. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione C.G. e M. , articolandolo su tre motivi, mentre Ca.No. ha resistito con controricorso. S.A. non ha svolto attività difensiva.
Le parti costituite hanno depositato memoria illustrativa.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo C.G. e M. lamentano l’erronea individuazione degli elementi che regolano l’istituto del fedecommesso, la conseguente insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, nonché la violazione degli articoli 692, 696 e 1362 cod.civ., in quanto sarebbe stato prevista, nella specie, una condizione illecita dell’istituzione dell’erede universale.
2. Con il secondo ed il terzo motivo di ricorso, C.G. e M. si. dolgono dell’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio e della violazione degli articoli 1362 ss. cod.civ., in quanto non era stata valutata l’espressione “qualora ciò non avvenga” utilizzata dal testatore e non era stato chiarito il motivo per cui era stato ritenuto valido solo il secondo capoverso del testamento oggetto di causa e non, invece, il quarto. In particolare, affermano i ricorrenti che, per comprendere l’effettiva volontà del testatore, non assumeva rilievo il fatto che la terza frase del testamento fosse qualificata come fedecommesso, condizione od onere, ma, piuttosto, la circostanza che l’evento dedotto (vale a dire il testamento di Ca.No. in favore dei nipoti del de cuius) si verificasse o meno.
Il defunto, ad avviso dei ricorrenti, aveva semplicemente voluto stabilire che, se la moglie non avesse fatto testamento a vantaggio dei nipoti, la sua istituzione quale erede universale sarebbe stata sostituita da quella che attribuiva a C.G. e M. la disponibile ed a Ca.No. la legittima. L’espressione “qualora ciò non avvenga” doveva essere intesa, quindi, come se il testatore avesse voluto scrivere, con riferimento alla circostanza della successiva redazione del testamento, “se ciò non avviene o non può avvenire”. La corte territoriale, secondo i ricorrenti, aveva, però, omesso di esaminare tale eventualità e sostanzialmente ignorato la suddetta espressione, concentrandosi solamente sull’accertamento della esistenza del fedecommesso. In tal modo, peraltro, essi sostenevano che si era giunti a ritenere nulla la clausola che attribuiva loro la disponibile, senza chiarire perché, invece, dovesse restare efficace l’istituzione di Ca.No. quale erede universale, la quale, al contrario, era proprio la disposizione la cui efficacia dipendeva dalla omessa predisposizione del testamento.
3. I motivi, da esaminare congiuntamente per la stretta connessione, vanno accolti nei limiti indicati infra.
La Corte, nel riformare la decisione di primo grado, ha ritenuto che con la disposizione testamentaria era stata prevista una sostituzione fedecommissaria affetta da nullità, laddove era stata espressa la chiara volontà del testatore di istituire la moglie erede universale (nella legittima e nella disponibile) e quindi, in ordine successivo, i nipoti nella disponibile alla morte di quest’ultima, con l’obbligo a carico della predetta di conservare e restituire ai nipoti i beni: la nullità della istituzione fedecommissaria non avrebbe peraltro travolto la istituzione di erede universale della medesima (vitiatur, sed non viziat).
Orbene, il procedimento interpretativo seguito dalla Corte non appare corretto nel senso che, a stregua del percorso argomentativo seguito, i Giudici non hanno compiuto e dato conto dell’esame del complessivo contenuto del testamento: non è stata indagata la effettiva volontà del testatore, che andava ricercata attraverso la valutazione dell’insieme delle espressioni usate. Ed invero, il testatore, dopo avere istituito erede universale la moglie No. con l’obbligo di disporre per testamento di quanto da lei ricevuto a favore dei tre nipoti S.A. C.M. e C.G. , prevedeva anche l’ipotesi in cui tale evento non si fosse verificato (come è appunto avvenuto) stabilendo al riguardo “qualora ciò non avvenga, mia moglie potrà godere della sola quota di legittima e la quota disponibile dovrà essere devoluta in parti uguali ai suddetti tre nipoti”.
La sentenza impugnata, nel ritenere non travolta da nullità la istituzione di erede della convenuta, non ha verificato se tale risultato interpretativo fosse o meno compatibile con la predetta clausola, di cui ha omesso in proposito alcun esame. Proprio perché andava verificata la reale volontà del testatore nell’ipotesi in cui la istituita non avesse disposto dei beni relitti secondo le istruzioni impartitele, non appare risolutivo stabilire se si fosse in presenza di una condizione risolutiva illecita della istituzione di erede della Ca. , come ritenuto dal tribunale, o piuttosto di una istituzione fedecommissaria affetta da nullità, come invece statuito dalla Corte di appello, posto che in entrambe le ipotesi andava comunque verificata la effettiva volontà del testatore. Al riguardo, la Corte si è limitata a un’ apodittica affermazione circa la validità della istituzione di erede della Ca. , senza spiegare le ragioni per le quali non dovesse trovare piuttosto attuazione la (diversa) volontà espressa dal testatore con la contestuale delazione della moglie (nella sola legittima) e dei nipoti nella disponibile proprio per il caso espressamente considerato dal testatore. In sostanza l’accertamento della (eventuale) nullità del fedecommesso sarebbe irrilevante, posto che in ogni caso – anche ove si addivenisse alla tesi della esistenza di una sostituzione fedecommissaria nulla – andrebbe ricercata ed attuata la reale volontà del testatore, l’unico limite essendo quella di non eludere il divieto di cui all’art. 692 cod. civ.(Cass. 4163/1974) ma, per quel che si è detto a proposito della previsione – nell’ipotesi che la istituita non avesse devoluto i beni secondo le disposizioni di cui alla prima parte del testamento – della contestuale ed immediata istituzione della moglie e dei nipoti, rispettivamente la prima nella legittima e i secondi nella disponibile tale assetto non potrebbe risolversi esso stesso in una istituzione fedecommessaria.
La sentenza va cassata per quanto in motivazione con rinvio, anche per le spese della presente fase, ad altra sezione della Corte di appello di Brescia.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso per quanto in motivazione cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese della presente fase, ad altra sezione della Corte di appello di Brescia.
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