Corte di Cassazione, sezione II civile, sentenza 15 dicembre 2016, n. 25884

Illegittima l’installazione di un cartellone pubblicitario lungo l’autostrada anche quando è stata autorizzata dal Comune e non interferisce con i segnali stradali.

Suprema Corte di Cassazione

sezione II civile

sentenza 15 dicembre 2016, n. 25884

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BUCCIANTE Ettore – Presidente

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 15696/2012 proposto da:

PREFETTURA UTG DI CHIETI, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) SRL, elettivamente domiciliato in (OMISSIS), presso lo studio dell’avvocato (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’avvocato (OMISSIS);

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 324/2011 del TRIBUNALE di L’AQUILA, depositata il 18/05/2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28/09/2016 dal Consigliere Dott. ANTONELLO COSENTINO;

udito l’Avvocato (OMISSIS) (Avvocatura dello Stato) difensore del ricorrente che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE AUGUSTINIS Umberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La prefettura di Chieti ha proposto ricorso contro la societa’ (OMISSIS) srl per la cassazione della sentenza con cui il tribunale de L’Aquila, confermando la sentenza del giudice di pace di Chieti, ha annullato l’ordinanza ingiunzione con cui la suddetta societa’ era stata sanzionata ai sensi dell’articolo 23 C.d.S., comma 7, e articolo 13 C.d.S., per aver installato un cartellone pubblicitario chiaramente visibile dagli utenti che circolavano sulla carreggiata (OMISSIS) del raccordo autostradale (OMISSIS).

Il tribunale ha condiviso la valutazione del giudice di primo grado secondo cui la societa’ opponente non sarebbe stata sanzionabile perche’:

– da un lato, l’istallazione del cartello era stata autorizzata dal Comune, qualificato nella sentenza gravata come “ente competente per la apposizione in quel luogo di un cartello pubblicitario di quelle dimensioni”;

– d’altro lato, il cartello, anche se visibile, non interferiva con i segnali posti sul raccordo, cosicche’ poteva escludersi che “dall’istallazione del mezzo pubblicitario potesse derivare pericolo agli utenti delle strade limitrofe”.

Il ricorso si fonda su un unico motivo con il quale si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’articolo 23 C.d.S., in cui il tribunale sarebbe incorso applicando alla fattispecie in esame la disciplina dettata per la istallazione dei cartelli in prossimita’ delle strade in genere, invece che la disciplina dettata per la istallazione di cartelli in prossimita’ delle autostrade.

All’udienza del 6.4.16, non essendosi costituita la societa’ intimata, questa Corte dichiarava la nullita’ della notifica del ricorso per cassazione, in quanto effettuata al difensore della societa’ (OMISSIS) srl nel primo e nel secondo grado di giudizio, avv. (OMISSIS), presso lo studio del domiciliatario da costui eletto per il primo grado di giudizio invece che presso lo studio del domiciliatario eletto per il giudizio di appello.

Nel termine conseguentemente assegnato per il rinnovo della notificazione del ricorso per cassazione la difesa erariale provvedeva all’incombente e, quindi, la societa’ intimata depositava controricorso.

La controricorrente chiedeva preliminarmente la declaratoria di inammissibilita’ del ricorso per cassazione, dovendo a suo avviso giudicarsi la prima notifica di tale ricorso (l’unica effettuata nel rispetto del termine lungo per l’impugnazione) inesistente e non nulla; nel controricorso, peraltro, si contestava anche la fondatezza dell’unico motivo del ricorso della Prefettura di Chieti.

La causa e’ stata discussa alla pubblica udienza del 28.9.16, per la quale non sono state depositate memorie illustrative e nella quale il Procuratore Generale ha concluso come in epigrafe.

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’eccezione di inammissibilita’ del ricorso per cassazione va disattesa perche’, contrariamente a quanto sostenuto dalla contro ricorrente, la prima notifica del ricorso, effettuata al procuratore della controricorrente in un domicilio diverso da quello dal medesimo eletto per il giudizio di secondo grado, era nulla ma non poteva considerarsi inesistente.

Le Sezioni Unite di questa corte, con la sentenza n. 14916/16, hanno infatti recentemente chiarito che l’inesistenza della notificazione del ricorso per cassazione e’ configurabile, in base ai principi di strumentalita’ delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attivita’ priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformita’ dal modello legale nella categoria della nullita’. Tali elementi consistono: a) nell’attivita’ di trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilita’ giuridica di compiere detta attivita’, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato; b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento (in virtu’ dei quali, cioe’, la stessa debba comunque considerarsi, “ex lege”, eseguita), restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, cosi’ da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioe’, in definitiva, omessa.

Nel merito, si osserva che la censura proposta dalla difesa erariale si articola in una duplice argomentazione:

– In primo luogo, si deduce – mentre, per le strade in genere, l’articolo 23 C.d.S., comma 1, vieta la istallazione di cartelli solo nel caso che gli stessi possano in vario modo disturbare la guida (ferma la necessita’ dell’autorizzazione dell’ente proprietario della strada prevista al quarto comma dello stesso articolo) – per le autostrade, ai sensi del suddetto articolo 23, comma 7, e’ vietata qualsiasi forma di pubblicita’ lungo le stesse e in vista delle stesse, salvo che nelle aree di servizio.

– In secondo luogo si argomenta che comunque, nella specie, l’argomento valorizzato dal tribunale – che il cartello era stato autorizzato dall’ente proprietario della strada lungo la quale era stato posto (il comune) – non era concludente, giacche’ non era mai stato chiesto ne’ rilasciato dall’ente proprietario del raccordo autostradale il nulla-osta previsto dal ripetuto articolo 23 C.d.S., comma 5.

La prima delle due suddette censure va giudicata fondata.

Il tribunale de L’Aquila – ritenendo legittima l’istallazione del cartello in questione in base al rilievo della constatata “assenza di ogni elemento di pericolosita’ che poteva essere generato dall’istallazione del manufatto” (pag. 3 della sentenza gravata) – ha violato l’articolo 23 C.d.S., comma 7, fondando la propria decisione su una criterio normativo non contemplato da tale disposizione. Il dettato di quest’ultima, infatti, esordisce con la prescrizione: “E’ vietata qualsiasi forma di pubblicita’ lungo e in vista degli itinerari internazionali, delle autostrade e delle strade extraurbane principali e relativi accessi”, il cui rigore viene temperato, nel prosieguo del testo del comma, da una serie di previsioni derogative (con riferimento alle aree di servizio o di parcheggio, con riferimento ai segnali indicanti servizi o indicazioni agli utenti, con riferimento alle insegne di esercizio, con riferimento ai cartelli di valorizzazione e promozione del territorio). La sentenza gravata – mentre recepisce l’accertamento del primo giudice secondo cui il cartello in questione era visibile dal raccordo autostradale, pur non interferendo con i segnali ivi collocati (cfr. pag. 2, ultimo capoverso, della sentenza gravata) – non contiene alcuna affermazione in ordine alla riconducibilita’ della collocazione del cartello in questione ad alcuna delle suddette ipotesi derogatorie.

Ricorre quindi il vizio di violazione di legge denunciato con la censura in esame. Resta assorbita la seconda delle due censure in cui il motivo di ricorso si articola.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza gravata e rinvia al Tribunale L’Aquila, in altra composizione, che regolera’ anche le spese del giudizio di cassazione

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