Suprema Corte di Cassazione
sezione I
sentenza n. 330 del 9 gennaio 2013
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione in data 30-3-2006, B. A., P. R. e B. L. convenivano la Banca P. S.p.A. davanti al Tribunale di Genova, chiedendo la dichiarazione di nullità o di annullamento di acquisto di titoli di Stato argentini, negoziati per loro conto dalla banca ovvero la condanna della banca stessa al risarcimento del danno, in relazione al fallimento dello stato argentino.
Si costituiva in giudizio la banca, chiedendo il rigetto delle domande avversarie.
Con sentenza depositata il 21/4/2007, il Tribunale rigettava le domande degli attori.
Con atto notificato il 20/7/2007, gli attori proponevano appello contro la sentenza. Si costituiva la banca, chiedendo il rigetto dell’appello.
Con sentenza in data 29/6-24/9/2010, la Corte d’Appello di Genova rigettava l’appello.
Ricorrono per cassazione gli appellanti.
Resiste con controricorso la banca.
Motivi della decisione
Con il primo motivo, i ricorrenti lamentano violazione e falsa applicazione dell’art. 21 T.U.F. e 28, 28 Reg. Consob n. ll522/98, in relazione al comportamento della banca che non avrebbe fornito sufficienti informazioni sugli acquisti suindicati. Con il secondo, omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, circa il comportamento della Banca.
Entrambi i motivi vanno rigettati, in quanto infondati.
I ricorrenti stessi richiamano la giurisprudenza consolidata di questa Corte, e segnatamente Cass. S.U. n. 26725 del 2007, per cui, anche quando emerga in causa un’effettiva violazione da parte dell’intermediario degli obblighi di informazione, correttezza e buona fede, questa non determina la “nullità” del contratto di negoziazione dei titoli né quella delle operazioni concluse in sua esecuzione, assumendo tale violazione rilevanza solo nel momento successivo dello svolgimento del rapporto e in ordine al corretto adempimento da parte dell’intermediario dei suoi obblighi di condotta, dando pertanto luogo al solo insorgere di una responsabilità contrattuale verso l’investitore.
Quanto all’affermato inadempimento della banca, i ricorrenti in sostanza propongono profili e situazioni di fatto, insuscettibili di valutazioni in questa sede, a fronte di una sentenza caratterizzata da motivazione adeguata e non illogica.
Il giudice a quo ha precisato che, all’epoca dell’acquisto, tra maggio e giugno 1999, non sussisteva un particolare livello di rischio: il primo “declassamento” dei titoli argentini fu effettuato nell’ottobre i999 (da una sola agenzia di “rating”) e solo due anni dopo dalle altre principali agenzie internazionali. Non si poteva dunque affermare – continua la sentenza impugnata – che la banca avesse negligentemente omesso di fornire informazioni: nessuna inadempienza e scorrettezza poteva essere ad essa addebitata, e dunque la banca non poteva essere condannata al risarcimento del danno per la successiva caduta dei titoli.
Va pertanto, conclusivamente, rigettato il ricorso.
Le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.200,00 per compensi, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.
Roma, 13 novembre 2012
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