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Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza del 23 gennaio 2013, n. 1527

Svolgimento del processo

Il P.M. presso il Tribunale per i minorenni di Milano ha proposto ricorso come da richiesta del Ministero della Giustizia – Dipartimento Minorile sollecitato da W.J.M. ai sensi della legge 15 gennaio 1994 n. 64 art. 7 e dell’art. 8 della Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori ratificata e resa esecutiva dalla citata legge n. 64/1994, perché venisse disposto il rientro in Germania del minore S.A. , nato il 22.12.2007, figlio della predetta e di F.A.M. , assumendo che questi lo aveva trattenuto in Italia, presso l’abitazione familiare in Arcore, senza il consenso della madre. Costituitasi W.J.M. ed acquisite le informazioni del servizio sociale, il Tribunale adito, ritenuto di non dover procedere all’ascolto del minore in ragione della sua tenera età, ha accolto il ricorso ed ha disposto il rientro del minore in (…) presso la madre, avendo riscontrato che: era incontroverso il diritto di custodia da parte della predetta, presso la quale il piccolo A..S. aveva la sua residenza abituale sin dal 30 settembre 2010; il suo trattenimento presso il padre era illegittimo per stessa ammissione di quest’ultimo; non sussisteva rischio connesso al rientro del minore in Germania; il Tribunale della famiglia adito dalla madre in Germania aveva disposto l’affido esclusivo del bambino alla stessa. Avverso questo provvedimento F.A..M. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di otto motivi resistiti da W.J.M. ed ulteriormente illustrati con memoria difensiva depositata ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

Il ricorrente denuncia:
1^ motivo – violazione e falsa applicazione dell’art. 360 n. 3 in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c, agli artt. 2697, 2702 e 2730 c.c., agli artt. 214 e 101 c.p.c., all’art. 111 Cost. e correlato vizio di contraddittorietà della motivazione in relazione al credito attribuito dal giudicante alla sola tesi difensiva di controparte. Il Tribunale non avrebbe ritenuto illecito il trasferimento del bambino attuato il 30 settembre 2010 dalla W. presso di sé senza il suo previo consenso ed ha di contro affermato illegittimo il trattenimento del figlio presso l’abitazione familiare in (…), che pur ha solo di poco anticipato la data concordata del suo rientro in Italia. Avrebbe inoltre ritenuto pacifico, laddove venne invece contestato, il suo assenso al trasferimento definitivo del bambino presso la madre, che venne consentito invece solo temporaneamente e limitandolo al solo diritto di visita, nonché il riconoscimento alla predetta del potere decisionale sul minore giusta l’impegno, assunto con scrittura del 9.10.2010 a riunirlo a lei. Il tutto sarebbe frutto dell’erroneo e parziale esame del contenuto della cennata scrittura privata e delle altre fonti di prova acquisite, che proverebbero di contro che egli non aveva riconosciuto alla madre il diritto di decisione sul luogo di trasferimento del figlio, tanto meno il suo diritto di affidamento, né aveva dato assenso alla fissazione della residenza abituale del bambino in (…) anziché presso la casa familiare in cui era nato e sino ad allora vissuto. Le ulteriori evenienze istruttorie vagliate sarebbero oltretutto irrilevanti (abuso di alcool da parte sua, inoltro di richiesta di trasferimento della residenza in (…) da parte della madre in data 1.9.2010).
La resistente replica chiedendo dichiararsi l’inammissibilità della censura indirizzata avverso l’esposizione dei fatti.
2^ motivo. Si muove analoga denuncia nonché violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli articoli 3, 4, 5, 8, 12 e 1e della Convenzione di L’Aja del 25 ottobre 1980 e degli artt. 9 e 11 del Regolamento CE 2201/2003 del Consiglio d’Europa del 27 novembre 2003. Il Tribunale avrebbe qualificato illegittimo il trattenimento del minore in Italia, pur dando atto che fosse incontestata la custodia congiunta esercitata da entrambi i genitori e non in via esclusiva dalla madre che aveva solo un diritto di visita, ed avrebbe inoltre ritenuto la residenza abituale del piccolo A..S. presso la madre, desumendola in via presuntiva da fatti controversi e non obiettivi, senza tener conto della prevalenza temporale, rispetto al più breve periodo di soli quattro mesi trascorsi in Germania, della sua permanenza in Arcore presso la casa familiare, luogo oggettivo in cui vi erano i suoi legami affettivi e sociali. Richiamando il principio enunciato nella sentenza della Cassazione n. 13936/2009, soggiunge che il Tribunale avrebbe dovuto tener conto dell’accordo raggiunto dai genitori, secondo cui alla madre era concesso il solo diritto di visita per la durata di sei mesi, ed alla cui luce il trattenimento del bambino ha solo anticipato il rientro in Italia rispetto alla data concordata.
La controricorrente assume l’inammissibilità ovvero l’infondatezza del motivo sottolineando la linearità e completezza della motivazione del decreto impugnato.
3^ motivo – Violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., art. 101 c.p.c. e art. 111. Cost., degli artt. 12 Convenzione NewYork 1989, 3, 6 e 12 della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996 sull’esercizio dei diritti dei bambini ratificata in Italia con L. 77 del 2003, dell’art. 13, commi 1 e 2 Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 recepita in Italia con L. n. 64 del 1994 e art. 11 comma 2 Re Ce 2201/2003 sotto il profilo del mancato ascolto del minore. Il ricorrente si duole della mancata audizione diretta del figlio, omessa sulla base del mero dato anagrafico, che, alla stregua del rubricato contesto normativo, rappresentava adempimento obbligatorio, e ravvisa il denunciato vizio d’omessa motivazione in ordine alla valutazione della relazione dei servizi territoriali, alla cui osservazione era stata affidata la sua indiretta audizione, attestante il suo sincero e prevalente attaccamento al padre.
L’esauriente motivazione circa le ragioni del mancato ascolto del minore illustrata a base di tale decisione rende conto, secondo la resistente, dell’infondatezza della censura.
4^ motivo.- Si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 101, 115 e 116 c.p.c., dell’art. 111 Cost., degli artt. 3, 12, 13, commi 1 e 2 (Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 recepita in Italia con L. n. 64 del 1994 e dell’art. 11, comma 2 Re CE 2201/2003 e correlato vizio d’omessa e contraddittoria motivazione sotto il profilo del mancato accertamento della sussistenza di un fondato rischio, per il minore, di essere esposto, per il fatto del suo ritorno in Germania, a pericoli fisici e, psichici, o comunque di trovarsi in una situazione intollerabile, che il Tribunale ha escluso sulla base della relazione della scuola frequentata in quel luogo, fonte atipica di prova, disattendendo la relazione dei servizi sociali interni e quindi concludendo nel senso che il rischio connesso al rientro non sarebbe maggiore di quello cui l’aveva esposto il padre. L’errore ascritto al giudice del merito consisterebbe nell’aver indagato sul genitore maggiormente idoneo e non già sulla reale esistenza del pregiudizio connesso al trasferimento del minore presso l’uno o l’altro.
5^ motivo.- Deducendo analoga censura, il ricorrente ascrive al Tribunale omessa valutazione delle considerazioni espresse dal Capo Dipartimento del Ministero della Giustizia che, con relazione del 25.7.2011, esprimeva perplessità circa l’applicazione della Convenzione posto che il minore fin dall’ottobre 2010 era residente in Italia e si trovava in Germania per un periodo di tempo determinato.
6^ motivo.- Si pone questione d’illegittimità costituzionale dell’art. 7 legge n. 64/1994 nella parte in cui prevede l’immediata esecutività del decreto che dispone il rientro in patria del minore per contrarietà al dettato degli artt. 31 e 32 della Costituzione.
7^ motivo.- Violazione e falsa applicazione dell’art. 14 Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 recepita in Italia con L. n. 64 del 1994 e correlato vizio di motivazione per aver il Tribunale posto a base del suo convincimento il provvedimento cautelare assunto dal Tribunale della famiglia adito dalla madre in (…), che ha attribuito alla stessa l’affido esclusivo piccolo S.A. in contrasto con l’ordine pubblico interno, consumando violazione dei principi indeclinabili del giudice naturale, sancito dall’art. 24 della Costituzione, del diritto alla salute del minore tutelato dagli artt. 31 e 32 della Costituzione, e dell’affido condiviso, espressione del diritto alla bigenitorialità vigente nel nostro ordinamento.
L’8^ motivo ribadisce la censura, aggiungendo che il provvedimento dall’autorità straniera ha provveduto nei sensi riferiti omettendo l’ascolto del minore, che rappresenta adempimento in ogni caso inderogabile.
La resistente replica a tutte le riferite censure deducendone inammissibilità o comunque infondatezza.
I motivi individuano le circostanze assurte a dato decisivo della vicenda fattuale: 1.- nella scrittura privata del 9.10.2010, con la quale i genitori del minore stabilirono che la madre si recasse con lui in (…), suo paese d’origine lasciato a seguito del matrimonio e della fissazione della residenza familiare in (…), per la durata di sei mesi dall’1.1.2011 al 30.6.2011, ove S.A. avrebbe frequentato la locale scuola materna, e in questo periodo ella si sarebbe occupata della sua “amministrazione a conoscenza del marito e di comune accordo”; 2.- nel rientro alla data del 26 febbraio 2001 del minore in Italia col padre col consenso della madre, cui seguì il ritorno ad (…) in data 6.3.2011; 3.- nel suo nuovo concordato rientro in Italia in data 22 aprile con impegno del padre a riunire il bambino alla madre alla data convenuta del 7.5.2011, di poco precedente il termine del 30.6.2011 convenuto nella scrittura privata; nel trattenimento del bambino conseguente al mancato rispetto del termine stabilito nella data indicata del 7 maggio.
In questi sensi riassunta la cornice storica dei fatti, i primi due motivi, meritevoli d’esame congiunto in quanto logicamente connessi, devono essere dichiarati privi di fondamento. Il decreto impugnato afferma l’incontestato esercizio congiunto del diritto di custodia sul minore da parte di entrambi i genitori, rilevando che la madre del minore aveva con lui convissuto sin dalla nascita e fino al 7.5.2011. Il puntuale e logico tessuto motivazionale che rende conto di tale verifica è infondatamente censurato in relazione ad un vizio d’incoerenza, non solo non ravvisabile ma peraltro contraddetto dalla conforme ammissione della circostanza da parte del ricorrente. Analogo esauriente e logico percorso argomentativo rende conto della statuita individuazione della residenza abituale del minore ad (…) presso la madre, ricondotta al trasferimento in loco già alla data del 30.9.2010, non contrastato dal padre effettivamente, alla stipula della menzionata scrittura privata cui seguì l’iscrizione al locale SSN e l’inserimento del bambino nella locale scuola materna con la partecipazione del padre, al contenuto della scrittura stessa; in conclusione della sua palese conseguente accettazione da parte del predetto. Le censure in esame riesaminano siffatto quadro probatorio e in sostanza ne sollecitano la rilettura che, stante la puntualità del tessuto argomentativo che ne sorregge la sintesi ricostruttiva, è in questa sede preclusa. Nel resto sono prive di pregio giuridico. Il Tribunale ha ineccepibilmente applicato il testo normativo che regola la fattispecie, uniformandosi alle disposizioni della Convenzione dell’Aja 25 ottobre 1980 ; tesa alla tutela dell’interesse del minore dal pregiudizio derivante dai trasferimenti illeciti mediante il ripristino dello status quo di residenza dello stesso, reintegrandolo nella situazione di fatto accertata nei sensi riferiti, precedente la sottrazione (cfr. per tutte Cass. nn. 16831/2006; 5236/2007, 17648/2007) avendone ritenuto la sussistenza dei presupposti soggettivi ed oggettivi, per esser stato il trattenimento del minore pacificamente posto in essere contro la volontà della madre, violando l’accordo intervenuto con la stessa contitolare del “diritto di affidamento” del figlio, effettivamente esercitata sia nello Stato italiano che presso quello straniero, e perché il bambino aveva la residenza abituale presso di lei. A tal riguardo giova ribadire che pur in assenza di un titolo giuridico di affidamento al genitore, che nel caso di specie è intervenuto solo successivamente con provvedimento adottato dal Tribunale della famiglia adito dalla madre in Germania che ha statuito a suo favore l’affido esclusivo, il trattenimento devesi reputare illecito se contrasta con la situazione di fatto, “sulla base della presunzione secondo la quale l’interesse del minore coincide con quello di non essere allontanato o di essere immediatamente ricondotto nel luogo in cui svolge la sua abituale vita quotidiana (Cass. Cit. n. 17648/2007), che risulti accettata dai genitori concordemente, che, in quanto tale, deve essere reintegrata con l’immediato ritorno del minore nello Stato ove vi era, seppur ancora in via di fatto ma concordemente, il centro dei suoi legami affettivi, anche non solo parentali, conseguenti allo svolgersi della sua quotidiana vita di relazione per un periodo di tempo significativo. Il Regolamento CE n. 2201/2003, che, conformemente al diciassettesimo considerando dello stesso regolamento, integra le disposizioni della Convenzione dell’Aja, che resta applicabile in quanto pone le regole generali sulla base delle quali il giudice dello Stato contraente dove “si trova” il minore illecitamente trasferito deve decidere, se adito entro un anno dall’illecito trasferimento dello stesso minore, ordinando il suo ritorno immediato (prf. 1), prevede all’art. 11, che in parte innova la disciplina convenzionale di cui agli artt. 12 e 13 della Convenzione, che il giudice naturale della residenza abituale del minore deve individuarsi, ai sensi dell’art. 8, prf. 1, dello stesso Regolamento, “sulla base delle peculiari circostanze di fatto che caratterizzano ogni caso di specie” e, in particolare, con riguardo, oltre alla presenza fisica del minore in uno Stato membro, ad “altri fattori idonei a dimostrare che tale presenza non è in alcun modo temporanea od occasionale e che la residenza, del minore denota una certa integrazione in un ambiente sociale e familiare”, tenendo altresì conto “della durata, della regolarità, delle condizioni e delle ragioni del soggiorno nel territorio di uno Stato membro e del trasloco della famiglia in tale Stato, della cittadinanza del minore, del luogo e delle condizioni della frequenza scolastica, delle conoscenze linguistiche nonché delle relazioni familiari e sociali del minore nel detto Stato” (così, la Corte di giustizia dell’Unione Europea, terza sezione, nel procedimento C-523/07, sentenza 2 aprile 2009). Trattasi di criteri coincidenti con quelli affermati in giurisprudenza, secondo cui occorre tener conto delle consuetudini di vita, dell’effettivo inserimento nel contesto sociale in cui si sviluppa la personalità dello stesso minore, così ponendosi il luogo in cui il minore risiede come elemento centrale della sua vita (cfr. tra le tante Cass. nn. S. U. 22238 del 2009 e 3680 del 2010). L’art. 3 della Convenzione dell’Aja demanda al giudice anche il compito d’accertare la sussistenza dei suddetti requisiti, e cioè del trasferimento o trattenimento del minore da parte di un genitore in violazione dei diritti di custodia, spettanti all’altro genitore che abbia effettivamente esercitato l’affidamento in base alla legislazione dello Stato in cui il minore ha la residenza abituale (v. Cass. n. 3701 del 2000, cfr. Cass. n. 277/2011), tenendo conto del fatto che, nel caso di genitori coniugati, siffatto diritto, seppur attribuito congiuntamente, comunque subisce lesione se uno di essi agisca, operando nei sensi previsti dalla norma, contro la volontà dell’altro ed al fine di sottrarre il minore al suo affidamento. Il percorso logico a base di questa verifica, condotta correttamente dal Tribunale per i minorenni aderendo ineccepibilmente al riferito quadro normativo alla luce delle evenienze istruttorie acquisite e ragionevolmente apprezzate, non merita dunque censura (né può essere sindacato in questa sede l’esito del relativo vaglio critico in quanto, come si è premesso, è stato puntualmente ed adeguatamente argomentato.
Il terzo motivo è privo di fondamento.
La statuita inopportunità dell’audizione del piccolo S.A. è stata ragionevolmente giustificata e puntualmente argomentata dal Tribunale alla stregua della sua tenera età di soli quattro anni e della esposizione a forti pressioni, ma comunque garantita in via indiretta attraverso le osservazioni del servizio sociale.
Nessuna violazione del diritto di difesa del minore è pertanto ravvisatale. Giova ribadire che la citata Convenzione dell’Aja del 1980, la quale all’art. 1 stabilisce che “La presente Convenzione ha come fine; a) di assicurare l’immeditato rientro dei minori illecitamente trasferiti o trattenuti in qualsiasi Stato contraente; b) di assicurare che i diritti di affidamento e di visita previsti in uno Stato contraente siano effettivamente rispettati negli altri Stati contraenti”, prevede all’art. 13 che “nonostante le disposizioni del precedente articolo, l’Autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato richiesto non è tenuta ad ordinare il ritorno del minore qualora la persona, che si oppone al ritorno, dimostri: a) che la persona, cui era affidato il minore non esercitava effettivamente il diritto di affidamento al momento del trasferimento o del mancato rientro”, oppure b) l’ente che si oppone al ritorno dimostri che esiste un rischio grave per il minore, e al comma 2, che il minore non vi si opponga, se abbia raggiunto un’età e un grado di maturità tali da giustificare il rispetto della sua opinione.
L’accertamento circa il grado di maturità del minore ovvero l’assenza di condizioni che gli evitino traumi che per la sua tenera età potrebbero incidere gravemente sulla sua sfera psichica, è rimesso al giudice del merito che è tenuto a valutare (L. n. 64 del 1994, art. 7, comma 3) anche in ragione del carattere urgente e meramente ripristinatorio della procedura (Cass. 4 aprile 2007 n. 8481 e 19 dicembre 2003 n. 19544), se, secondo quanto previsto dall’art. 11, comma 2 del Regolamento CE n. 2201/2003, sia inopportuno ascoltarlo per il grado di discernimento da presumersi raggiunto secondo comune esperienza, condizione quest’ultima sottesa anche all’art. 23, lett. b) ed esplicitamente ribadita dall’art. 42, comma 2, lett. a) del medesimo testo. L’adempimento, già previsto nell’art. 12 della Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, ora necessario ai sensi degli artt. 3 e 6 della Convenzione di Strasburgo del 25 gennaio 1996, ratificata con la L. 20 marzo 2003 n. 77, quale strumento d’acquisizione della sua opinione laddove abbia un sufficiente grado di discernimento, “postula che il minore riceva le informazioni pertinenti ed appropriate, con riferimento alla sua età ed al suo grado di sviluppo”, e tali informazioni non nuocciano al suo benessere (Cass. n.16753/2007). Può essere difatti omesso nei casi in cui il giudice del merito, secondo il suo prudente apprezzamento, ravvisi suddetto pericolo di pregiudizio ovvero un contrasto con gli interesse superiori per l’interessato, ovvero reputi il minore non adeguatamente maturo alla stregua della situazione di fatto considerata (Cass. SU n 22238/2009, n. 12293/2010, 13241/2011, 17201/2011). Muovendo la sua indagine critica in adesione a questo quadro normativo, nel caso di specie il Tribunale, come premesso, ha motivatamente omesso l’ascolto del piccolo A..S. nell’ambito del procedimento, rimettendolo, a garanzia del rispetto delle sue esigenze anche affettive, a sede più opportuna, adeguata alla sua età e condizione. Siffatta scelta, prudente e ponderata, non merita censura, considerato peraltro che del contenuto delle relazioni dei servizi sociali di (…), puntualmente riferite nel decreto impugnato, il giudice ha tenuto conto, condividendone criticamente e motivatamente la conclusione che ha evidenziato un rapporto di maggior tranquillità con la madre secondo giudizio critico che, sorretto da puntuale ed esaustiva motivazione, non può essere sindacato nel merito.
Il quarto motivo è infondato.
Si è dianzi premesso che a mente dell’art. 13 comma 1 lett. b) della Convenzione Aja l’Autorità giudiziaria o amministrativa dello Stato richiesto non è tenuta ad ordinare il ritorno del minore qualora la persona che si oppone al ritorno dimostri l’esistenza di un rischio grave per il minore derivante dal rientro, di esposizione a pericoli fisici e psichici o ad una situazione intollerabile (cfr. Cass. n. 9501 del 1998; n. 5236 del 2007 cit.). Sicuramente corretta la premessa di principio da cui muove il ricorrente, secondo cui il procedimento in materia non investe il merito della controversia relativa alla migliore sistemazione possibile del minore, in concreto, l’indagine condotta nel caso di specie dal Tribunale non risulta orientata nel senso suggestivamente riferito dal ricorrente, essendo di contro tesa alla verifica del soddisfacimento del superiore interesse del minore, non compromesso dalla controversa circostanza ostativa. E difatti, l’impugnato decreto ha motivatamente escluso allo stato degli atti, di per sé esauriente salvo successiva più approfondita istruttoria nella sede competente il rischio connesso al rientro di A..S. in (…), essendo emersa dalle osservazioni del servizio sociale, puntualmente esaminate e vagliate, l’inesistenza del pregiudizio connesso al rapporto del bimbo con la madre. Il ricorrente, che ancora una volta mira al sindacato di tale valutazione che compete al solo giudice del merito, non assume l’allegazione di (Ndr: testo originale non comprensibile) asseritamente non vagliate dal giudice minorile, da lui allegati che dimostrerebbero il dedotto rischio per il figlio di essere esposto, per il fatto del suo ritorno, a pericoli fisici o psichici, o comunque di trovarsi in una situazione intollerabile. Il controllo di legittimità non può comportare il riesame della valutazione degli elementi probatori considerati dal giudice del merito se, come nella specie, argomentata con coerente ed esaustiva motivazione. E dunque, dal momento che il decreto impugnato è conforme alla giurisprudenza di questa Corte e il ricorso non prospetta argomenti idonei a modificarla, il ricorso appare manifestamente infondato.
Il quinto motivo merita analoga sorte in quanto lamenta omesso esame di un elemento, peraltro concretante mera informazione dell’autorità amministrativa, non vincolante, che il Tribunale ha ritenuto di escludere dalle fonti del suo convincimento sulla base di una scelta discrezionale, affidata in via esclusiva al suo prudente apprezzamento, che non è sindacabile in questa sede, a meno della decisività del dato probatorio omesso, che neppure però e prospettata nel mezzo in esame.
La censura d’incostituzionalità del quadro normativo rubricato dedotta nel sesto, non sufficientemente argomentata e comunque contraria alla ratio sottostante il quadro normativo di cui si invoca lo scrutinio di costituzionalità, proteso alla protezione del minore, non è ammissibile.
Gli ultimi due motivi, anch’essi meritevoli d’esame congiunto perché fondati sulla medesima impostazione, espongono critica che deve essere dichiarata priva di fondamento, dal momento che il provvedimento d’affido esclusivo alla madre assunto dal Tribunale della famiglia adito in Germania rappresenta dato non decisivo, sia valutato dal Tribunale nel coacervo delle altre evenienze istruttorie, ed è comunque apprezzabile attesa la garanzia assicurata alla tutela del contradditorio da parte di quell’autorità giudiziaria. Considerato che, secondo quanto premesso, la Convenzione dell’Aja mira alla tutela dell’interesse del minore dal pregiudizio derivante dai trasferimenti indebiti, che il suo scopo è la reintegrazione della situazione di fatto anteatta rispetto all’illecita sottrazione, il provvedimento giurisdizionale straniero concernente l’affidamento assume il rilievo di un mero elemento integrante detta situazione di fatto ed in questa prospettiva ve stato apprezzato e valorizzato (cfr. per tutte Cass. n. 16831 del 2006, n. 5236/2007, n. 1250/2012). Le censure investono pertanto un punto privo di valore decisivo, e non meritano accoglimento.
Tutto ciò premesso, il ricorso deve essere rigettato con compensazione delle spese del presente giudizio in considerazione della natura dell’interesse sottostante la sua proposizione.

P.Q.M.

La Corte:
rigetta il ricorso e compensa le spese del presente giudizio.

Depositata in Cancelleria il 23.01.2013

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