Corte_de_cassazione_di_Roma

Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 3 dicembre 2014, n. 25574

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CECCHERINI Aldo – Presidente
Dott. BERNABAI Renato – Consigliere
Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere
Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA

sul ricorso 24120/2007 proposto da:

(OMISSIS) S.R.L. IN LIQUIDAZIONE (C.F./P.I. (OMISSIS)), in persona del Liquidatore pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato (OMISSIS), giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

(OMISSIS) S.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in (OMISSIS), presso l’avvocato (OMISSIS), che la rappresenta e difende, giusta procura speciale per Notaio (OMISSIS) di (OMISSIS) autenticata il 28.9.2007;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1591/2006 della CORTE D’APPELLO di TORINO, depositata il 13/10/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/10/2014 dal Consigliere Dott. VITTORIO RAGONESI;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato (OMISSIS) che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CORASANITI Giuseppe, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 13 novembre 1996, la (OMISSIS) s.a., premesso di essere titolare, siccome avente causa dalla titolare del “copyright” RKO, del diritti di sfruttamento economico per il mercato video della “libreria classica” della RKO, comprendente circa 700 films, conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Torino la (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione, che, a suo dire,senza averne il diritto e cosi’ commettendo l’illecito previsto dalla Legge n. 633 del 1941, articolo 156 e ss., e articolo 171 e ss., aveva distribuito in forma di videocassette alcuni dei detti film, specificamente indicati e pure ceduto a terzi il materiale e i diritti di distribuzione degli stessi, chiedendo l’accertamento dell’illecito commesso dalla societa’ convenuta, l’inibizione della sua continuazione e la condanna della medesima al risarcimento del danno arrecato.
Costituitosi il contraddittorio, la (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione eccepiva l’infondatezza delle domande avversarie, di cui chiedeva il rigetto, in particolare opponendo di avere ceduto in blocco tutto il materiate filmico, impianti e magazzini in data 24 febbraio 1995 (senza piu’ svolgere attivita’ successiva ed entrando in liquidazione il 27 luglio 1995), quando ancora vigeva la durata cinquantennale (poi elevata a settanta anni dalla Legge 6 febbraio 1996, n. 52) dello sfruttamento economico riservato del diritti di distribuzione ed essendo i films contestati ormai di pubblico dominio, per essere il detto termine (all’epoca vigente) ampiamente spirato dalla loro prima proiezione pubblica.
Dopo trattazione e comunicazione di memorie, il tribunale adito, ritenuta la mancanza di prova della titolarita’ da (OMISSIS) s.a. dei diritti fatti valere (per l’inidoneita’ del “parere legale” in ordine alla catena dei trasferimenti da RKO del diritti di distribuzione e del contratto di cessione del diritti da (OMISSIS) s.a. a (OMISSIS) s.a., prodotti in allegato alla memoria del 24 dicembre 1997 e per la tardivita’ della documentazione successivamente prodotta, oltre i termini perentoriamente prescritti dall’articolo 184 c.p.c.), con la sentenza n. 3240 del 7 maggio 1999, respingeva la domanda della societa’ attrice, condannandola alla rifusione delle spese giudiziali in favore della convenuta.
Con atto di citazione notificato il 19 giugno 2000, la (OMISSIS) s.a. proponeva appello avverso la predetta sentenza, di cui, sulla base di tre motivi di gravame, chiedeva la riforma, con l’accoglimento delle domande proposte in primo grado.
Costituitosi il contraddittorio, la (OMISSIS) s.r.l. in liquidazione eccepiva l’infondatezza dell’appello avversario, di cui chiedeva il rigetto.
Dopo trattazione e comunicazione di memorie tra le parti, anche a seguito di ordinanza in data 11 aprile 2001 di invito ad un piu’ approfondito esame della questione riguardante il prolungamento (per effetto del trattato di Parigi e del Decreto Legislativo n. 440 del 1945, di sospensione per eventi bellici) del termine di cinquanta anni previsto dalla legge sul diritto di autore ed alla precisazione delle date di prima proiezione del films in contestazione, la Corte d’appello, ravvisata, sulla base della documentazione prodotta dalla societa’ appellante, la dimostrazione della sua titolarita’ del diritti di distribuzione vantati e della commissione dell’illecito della societa’ convenuta appellata, tenuto conto della protrazione da cinquanta a sessantadue anni (per effetto del due suindicati provvedimenti) del termine di protezione del diritti, con la sentenza non definitiva del 24 dicembre 2002, dichiarava illecita la distribuzione dei films “Sospetto”, “Ombre rosse”, “La ragazza della V strada”, “Follie d’inverno”, “Voglio danzar con te”, “Susanna”, “La croce di fuoco”, “Simbad”, “King Kong”, “Morirai a mezzanotte”, “Romanzo del west”, “Lo sconosciuto del terzo piano”, “Il tesoro di Vera Cruz” e la loro cessione a terzi, inibiva la continuazione dell’illecito a (OMISSIS) s.r.l. e disponeva, con separata ordinanza in pari data, la prosecuzione del giudizio per la determinazione del danno arrecato: allo scopo ordinando alla societa’ appellata ed alla S.I.A.E. l’esibizione della documentazione relativa alla commercializzazione delle suddette pellicole per il periodo dal 21 marzo 1991 al 1995.
Dopo istruzione documentale ed esperimento di C.t.u. contabile la Corte d’appello di Torino,con sentenza 1591/06, condannava la (OMISSIS) film srl al risarcimento dei danni comprensivi di rivalutazione ed interessi compensativi alla data della sentenza liquidati in euro 36.591,89, oltre successivi interessi legali.
Avverso le dette sentenze ricorre per cassazione la (OMISSIS) srl sulla base di tre motivi cui resiste con controricorso, illustrato con memoria,la (OMISSIS) s.a.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione dell’articolo 345 c.p.c., da parte della sentenza non definitiva 1794/02 per avere ritenuto ammissibile in appello documentazione tardivamente prodotta nel giudizio di primo grado in violazione dell’articolo 184 c.p.c..
Il motivo e’ fondato.
La Corte d’appello ha ritenuto che grattandosi di prove documentali precostituite, la loro produzione sarebbe stata ammissibile.
Tale assunto non e’ condivisibile.
Premesso che,essendo stato il giudizio introdotto con citazione del 13.11.96, ad esso e’ applicabile l’articolo 345 c.p.c., come modificato Legge 26 novembre 1990, n. 353.
Sul punto e’ noto l’orientamento giurisprudenziale di questa Corte, affermato dalle Sezioni Unite e confermato dalla giurisprudenza successiva, secondo cui, con riguardo alla produzione di nuovi documenti in grado di appello, l’articolo 345 c.p.c., comma 3, va interpretato nel senso che esso fissa sul piano generale il principio della inammissibilita’ di mezzi di prova “nuovi” – la cui ammissione, cioe’, non sia stata richiesta in precedenza – e, quindi, anche delle produzioni documentali, indicando nello stesso tempo i limiti di tale regola, con il porre in via alternativa i requisiti che tali documenti, al pari degli altri mezzi di prova, devono presentare per poter trovare ingresso in sede di gravame (sempre che essi siano prodotti, a pena di decadenza, mediante specifica indicazione degli stessi nell’atto introduttivo del giudizio di secondo grado, a meno che la loro formazione non sia successiva e la loro produzione non sia stata resa necessaria in ragione dello sviluppo assunto dal processo): requisiti consistenti nella dimostrazione che le parti non abbiano potuto proporli prima per causa ad esse non imputabile, ovvero nel convincimento del giudice della indispensabilita’ degli stessi per la decisione. (Cass. 8203/05 sez un).
In particolare, e’ stato poi chiarito in fattispecie analoghe alla presente che nei giudizi instaurati dopo il 30 aprile 1995, non trova piu’ applicazione il principio secondo cui l’inosservanza del termine per la produzione di documenti deve ritenersi sanata qualora la controparte non abbia sollevato la relativa eccezione in sede di discussione della causa dinanzi al collegio: l’articolo 184 c.p.c., nel testo novellato dalla Legge 26 novembre 1990, n. 353, non si limita infatti a prevedere l’eventuale assegnazione alle parti di un termine entro cui dedurre prove e produrre documenti, ma stabilisce espressamente il carattere perentorio di detto termine, in tal modo sottraendolo alla disponibilita’ delle parti (stante il disposto dell’articolo 153 c.p.c.), come del resto implicitamente confermato anche dal successivo articolo 184 bis, che ammette la rimessione in termini, ma solo ad istanza della parte interessata ed a condizione che questa dimostri di essere incorsa nella decadenza per una causa ad essa non imputabile. Pertanto, nel giudizio di appello l’eventuale indispensabilita’ dei documenti, in tanto puo’ essere valutata dal giudice, in quanto si tratti di documenti nuovi, nel senso che la loro ammissione non sia stata richiesta in precedenza, e che comunque
non si sia verificata la decadenza di cui all’articolo 184 c.p.c., la quale e’ rilevabile d’ufficio, in quanto sottratta alla disponibilita’ delle parti. (Cass. 24606/06; Cass. 3319/10).
Comunque, nel caso di dichiarazione di inammissibilita’ in primo grado della produzione per violazione dei termini di cui all’articolo 184 c.p.c., come nella specie avvenuto, occorreva che l’atto di appello avesse censurato detta pronuncia; ipotesi che non appare verificatasi Dunque la documentazione prodotta in appello deve ritenersi inammissibile.
Con il secondo motivo si contesta il riconoscimento del prolungamento di sei anni previsto dal Decreto Legislativo n. 440 del 1945, articolo 1, ai cessionari degli autori in assenza delle condizioni dell’articolo 3 dello stesso decreto.
Il motivo e’ fondato nei termini che seguono.
Va premesso che la Corte d’appello ha ritenuto che il periodo di cinquanta anni dovesse essere prolungato di ulteriori 12 anni di cui 6 anni in ragione delle disposizioni delle disposizioni di cui al decreto luogotenenziale 440/45 e 6 anni per effetto del Trattato di pace di Parigi.
Il motivo impugna esclusivamente il prolungamento di sei anni conseguente alle disposizioni di cui al Decreto Legislativo n. 440 del 1945, e non gia’ a quelle di cui all’allegato 15 del trattato in questione.
Su tale ultimo prolungamento si e’ dunque formato nella presente causa il giudicato.
Ferma quanto sopra, ritiene comunque la Corte opportuno rammentare il proprio orientamento espresso su tale complessa questione del prolungamento dei diritti per effetto degli eventi bellici secondo cui relativamente alle opere cinematografiche di un produttore avente cittadinanza in uno Stato vincitore della seconda guerra mondiale, il periodo di sospensione della durata dei diritti d’autore, stabilito dall’allegato 15 del Trattato di pace di Parigi, reso esecutivo dal Decreto Legislativo C.p.S. 28 novembre 1947, n. 1430, non si cumula con il periodo di proroga stabilito dal Decreto Legislativo 20 luglio 1945, n. 440. In particolare, ai cittadini statunitensi titolari di diritti d’autore si applica la proroga prevista da quest’ultimo decreto e non quella stabilita dal primo, il quale prevede comunque che un trattamento piu’ favorevole possa essere concesso all’Italia solo a condizione di reciprocita’, nel caso di specie non realizzata. (Cass. 30036/11).
Rammentato quanto sopra, e restando quindi confermato nel caso di specie il prolungamento di sei anni della durata dei diritti della controricorrente per effetto del Trattato di Parigi in ragione del giudicato formatosi, il motivo risulta fondato in relazione alla non applicabilita’ al caso di specie del prolungamento di sei anni previsto dal Decreto Legislativo n. 440 del 1945, articolo 1, ai cessionari degli autori non risultando accertata la sussistenza delle condizioni dell’articolo 3 dello stesso decreto.
Questa Corte ha gia’ chiarito che i cessionari dei diritti d’autore godono di una adeguata tutela alla luce del Decreto Legislativo n. 440 del 1945, articolo 3, che – stabilisce che essi “hanno la facolta’, dietro pagamento agli autori ed ai loro eredi e legatori di un corrispettivo adeguato, di continuare nell’esercizio dei diritti esclusivi per la maggiore estensione della durata del diritto di autore di cui ai precedenti articoli. Salvo contrario accordo delle parti, il corrispettivo dovra’ essere determinato sotto forma di un diritto di percentuale sui proventi lordi derivanti dall’esercizio delle facolta’ cedute”.
I cessionari che intendono avvalersi della suddetta facolta’ devono applicare la procedura stabilita dal Decreto Legislativo n. 440 del 1945, articolo 4, (come modificato dall’allegato alla Legge n. 650 del 1996, comma 57) che prevede che “il cessionario che intende avvalersi delle facolta’ di cui all’articolo 3 del presente decreto, dovra’ sei mesi dalla entrata in vigore del Decreto Legge n. 545 del 1996, darne comunicazione, mediante lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, all’autore o ai suoi eredi e legatari e all’ufficio della proprieta’ letteraria, artistica e scientifica……(omissis). Adempiute tali formalita’, il cessionario potra’ continuare nell’esercizio dei diritti esclusivi per il periodo di maggiore estensione della durata del diritto d’autore, salva la facolta’ dell’autore o dei suoi eredi e legatari di far valere il diritto al corrispettivo secondo le disposizioni del presente decreto”.
In estrema sintesi, i beneficiari del prolungamento della protezione delle opere sono gli autori ovvero i produttori cinematografici (titolari di un autonomo diritto di sfruttamento dei diritti economici dell’opera cinematografica v. articolo 78 ter l.d.a.); ma i cessionari dei predetti diritti possono continuare l’utilizzo dei diritti loro ceduti purche’ abbiano, nel termine di sei mesi dianzi indicato effettuato opportuna comunicazione di voler continuare nello sfruttamento economico dei detti diritti previo accordo sull’adeguato consenso. (Cass. 12086/13).
Nella sentenza impugnata non si da atto dell’avvenuto adempimento di quanto previsto dalla normativa appena indicata.
Sotto tale profilo le eccezioni della ricorrente non potevano considerarsi tardive, trattandosi di semplici difese miranti a dimostrare l’infondatezza della domanda che potevano essere proposte in qualunque momento del giudizio spettando comunque al giudice di valutare anche d’ufficio l’esistenza degli elementi per l’accoglimento della domanda.
Anche tale motivo va pertanto accolto dovendo la Corte d’appello in sede di rinvio prendersi carico di verificare l’assolvimento degli adempimenti previsti dal Decreto Legislativo n. 440 del 1945, articolo 3, da parte della (OMISSIS) s.a..
Il terzo motivo con cui contesta la condanna alle spese. Risulta assorbito.
In conclusioni dunque vanno accolti nei termini di cui in motivazione i primi due motivi del ricorso, assorbito il terzo. La sentenza impugnata va di conseguenza cassata con rinvio alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione che si atterra’ nel decidere al principio di diritto dianzi enunciato e che provvedera’ anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione,cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese alla Corte d’appello di Torino in diversa composizione.

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