notifica_atti_giudiziari

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE I CIVILE

Sentenza 25 luglio 2013, n. 18085

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – rel. Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 2933-2007 proposto da:

C.S. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE SECONDO 18, presso il dott. GREZ GIAN MARCO, rappresentato e difeso dall’avvocato GILARDONI RICCARDO, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

CURATELA FALLIMENTO C.S., in persona del Curatore rag. P.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA UGO DE CAROLIS 34/B, presso l’avvocato CECCONI MAURIZIO, rappresentata e difesa dall’avvocato BERBEGLIA LUCA, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

contro

POLICART DI BOCCACCIO & C. S.N.C.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 818/2006 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 03/04/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/06/2013 dal Consigliere Dott. ROSA MARIA DI VIRGILIO;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato CECCONI, con delega, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GAMBARDELLA Vincenzo che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per quanto di ragione.

Svolgimento del processo

La Corte d’appello di Firenze, con sentenza depositata in data 3 aprile 2006, ha respinto l’appello proposto da C.S. avverso la sentenza dichiarativa di fallimento del Tribunale di Arezzo del (OMISSIS), condannando l’appellante alle spese del grado. Con il primo motivo d’appello, il C. si doleva di avere avuto notizia dell’udienza prefallimentare dopo che si era tenuta, stante la nullità, irregolarità, inefficacia dell’avviso di convocazione ex art. 15 L. Fall., eseguita presso la propria residenza, con la consegna del plico a G.A., dichiaratasi “moglie convivente” del destinatario, mentre non lo era, essendo separata e solo occasionalmente presente in (OMISSIS).

La Corte fiorentina ha respinto il motivo, rilevando che l’attestazione rilasciata dall’agente postale fa fede sino a querela di falso, e che la parte era onerata della prova della presenza occasionale della G. presso la propria residenza, prova non raggiunta con l’assunzione dei testi, dalle cui dichiarazioni si ricavava invece la presenza consuetudinaria della G., visto l’abituale ritiro della posta da parte della stessa, in assenza del C..

Nel resto, la Corte del merito ha ritenuto infondato il secondo motivo, attinente allo stato di insolvenza.

Avverso detta pronuncia ricorre il C., sulla base di tre motivi.

Si difende con controricorso il solo Fallimento.

Policart non ha svolto difese.

Il Fallimento ha depositato la memoria ex art. 378 c.p.c.

Motivi della decisione

1.1.- Col primo motivo, il ricorrente si duole della violazione o falsa applicazione della L. n. 890 del 1982, art. 7, comma 2 da cui la nullità/inefficacia della notifica dell’avviso di convocazione, ex art. 15, L. Fall..

A fronte dell’attestazione dell’agente postale, di avere consegnato l’atto a chi, nell’occasione, si è dichiarata “moglie convivente”, il ricorrente assume:

di essere onerato della prova che non si tratti di “persona di famiglia che conviva anche temporaneamente con lui”, L. n. 890 del 1982, ex art. 7, comma 2 comma ma non di altro;

che la compresenza dei due requisiti previsti dalla legge, l’essere persona di famiglia e la convivenza, per quanto temporanea, offre sufficienti garanzie, tali da legittimare l’equivalenza fra la consegna al destinatario e la consegna a “persona di famiglia convivente”, sulla base della legittima presunzione, in questo secondo caso, della diligente consegna al destinatario;

che nella specie, non può essere considerata “persona di famiglia” il coniuge legalmente separato, per di più con separazione giudiziale con dichiarazione di addebito (vedi la sentenza del Tribunale di Arezzo del 14/6/2001), residente altrove, nè può dirsi “convivente”, neppure temporaneamente, chi frequenti anche per consuetudine l’altrui abitazione, mancando quell’intimità e quella relazione che fanno ritenere la garanzia del pervenimento del plico al destinatario;

che le prove assunte, pur deponendo per una presenza consuetudinaria, ovvero non occasionale, non provano la convivenza, anzi, risulta che la G. accedeva all’immobile per trovare la figlia o accudire ai cani, in assenza del marito.

1.2.- Col secondo motivo, il ricorrente denuncia erroneità e/o contraddittorietà della motivazione, in relazione alla rilevata attestazione dell’agente postale della qualifica di “moglie convivente”, a fronte di quanto risulta dalla cartolina di ricevimento e della stessa dichiarazione testimoniale della postina.

1.3.- Col terzo motivo, il C. denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2699 e 2700 c.c. relativamente all’efficacia probatoria della sentenza di separazione e dei certificati anagrafici, ed omessa motivazione, ove la sentenza abbia inteso la convivenza tra i due coniugi separati.

Il motivo è avanzato dalla parte per tuziorismo, ove si possa ritenere che la sentenza abbia considerato la sentenza di separazione ed i certificati anagrafici non fidefacenti in ordine alla condizione di separazione e di residenza della G. in luogo diverso da (OMISSIS).

2.1.- I motivi primo e terzo, da valutarsi congiuntamente in quanto strettamente collegati, sono infondati. E’ opportuno riportare, nella parte che qui rileva, la L. n. 892 del 1980, art. 7, commi 1 e 2, che, nel disciplinare le modalità di notificazione a mezzo posta, dispone: L’ agente postale consegna il piego nelle mani proprie del destinatario, anche se dichiarato fallito.

Se la consegna non può essere fatta personalmente al destinatario, il piego è consegnato, nel luogo indicato sulla busta che contiene l’atto da notificare, a persona di famiglia che conviva anche temporaneamente con lui ovvero addetta alla casa …”.

Tra i due requisiti previsti dalla norma, della quale è stata rimarcata la differenza con il disposto di cui all’art. 139 c.p.c., comma 2 (che si limita ad indicare la consegna ad una persona di famiglia, senza alcun accenno al secondo requisito), la giurisprudenza ha ritenuto sussistente un vincolo presuntivo, del primo rispetto al secondo requisito, ritenendo che la notificazione mediante consegna a persona di famiglia richiede che l’atto da notificare sia consegnato a persona che, pur non avendo uno stabile rapporto di convivenza con il notificando, sia a lui legato da vincolo di parentela, che giustifichi la presunzione di sollecita consegna; presunzione superabile da parte del notificando, che assuma di non avere ricevuto l’atto, con la dimostrazione della presenza occasionale e temporanea del familiare consegnatario (così le pronunce 187/2000, 5671/1997, 7371997).

Ed ancora più chiaramente, la pronuncia 9928/2001 si è espressa nel senso di ritenere che il disposto normativo, che regolamenta la dazione del piego postale a consegnatari qualificati del destinatario assente, “pone certamente l’esigenza che il familiare sia convivente, anche in termini di assoluta temporaneità, con tale espressione intendendosi un minimo di stabilità della presenza del soggetto- familiare nell’ abitazione del destinatario, che faccia ritenere certa la sollecita consegna del piego. Ma se tale è la formula adottata, è anche palese che il testo non impone alcuna indicazione, nella formula notificatoria, della convivenza, posto che, come più volte da questa Corte precisato, viene instaurata la presunzione della convivenza temporanea del familiare nella abitazione del destinatario per il solo fatto che detto familiare si sia trovato nella casa ed abbia preso in consegna l’atto (Cass. 1843/98 – 7544/97 – 615/95 – 6100/94 – 2348/94), presunzione certamente superabile da prova contraria fornita dall’interessato (e ad oggetto la carenza di alcuna pur temporanea convivenza) e sulla quale il legislatore ha fondato l’ulteriore presunzione normativa, quella di consegna immediata dell’atto al suo destinatario da parte del ridetto familiare”.

Ciò posto, va esaminata la fattispecie alla stregua dei principi sopra affermati e, premesso che, a ragione della contestazione del C. della mancata ricezione dell’atto, lo stesso è gravato della prova della non ricorrenza in concreto dei requisiti di legge di validità della notificazione in oggetto, si deve ritenere in primis la qualità di “persona di famiglia” della G., quale coniuge del C., anche se separata con pronuncia giudiziale con addebito al marito, resa dal Tribunale di Arezzo in data 16/5- 14/6/2001 e da anni residente altrove, posto che il rapporto di coniugio cessa solo con la pronuncia di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio e, come affermato nella pronuncia 21362/2010, con riferimento all’art. 139 c.p.c., ma nell’ identica formulazione, l’affinità va equiparata al rapporto di parentela.

Nè potrebbe rilevare, ai fini che qui interessano, il venir meno del vincolo della solidarietà, come ritenuto dalla difesa del C., che introdurrebbe dei profili di incertezza in un ambito, quello della validità della notifica, che deve essere improntato a principi oggettivi e certi.

Ciò posto, occorre verificare se, alla stregua della contestazione del C., possa interpretarsi estensivamente il requisito della “convivenza anche temporanea”, sino a ricomprendervi la “presenza consuetudinaria”, come tale accertata dal Giudice del merito, e che la stessa parte ha assunto quale dato di fatto, per prospettare che nel caso della persona che frequenti l’altrui abitazione, sia pure in modo assiduo, mancherebbe “quel legame di relazione”, idoneo a far ritenere la diligenza nella consegna del plico al destinatario.

Soccorre a riguardo l’esplicita indicazione di legge della “convivenza anche temporanea”, come intesa dalla giurisprudenza sopra riportata, che ha evidenziato come con tale espressione, il legislatore abbia inteso riferirsi alla presenza non occasionale, ma caratterizzata da “un minimo di stabilità”, come tale idonea, nella ricorrenza dell’altro requisito della familiarità, a fondare la presunzione della sollecita consegna al destinatario. E ciò in quanto, alla stregua della presenza consuetudinaria, ben può ritenersi in essere quel minimum di rapporto con il destinatario della notificazione, idoneo a rendere ragionevolmente operante detta presunzione, senza dover richiedere la condivisione quotidiana di una rilevante quantità di tempo, come ipotizza il ricorrente, che, per coerenza con la sua tesi, ritiene che la convivenza anche temporanea richieda un pur breve, ma apprezzabile periodo, così introducendo un requisito temporale che la norma non supporta, ed enfatizzando il profilo della “relazione”, inteso quale requisito soggettivo, che confligge con le esigenze di chiara ed inequivoca applicazione della norma.

Ancora, infine, l’interpretazione estensiva qui adottata è confortata dalle successive indicazioni della L. n. 890 del 1982, art. 7, comma 2 che fanno riferimento alla consegna a persona “addetta alla casa ovvero al servizio del destinatario …”, e a rapporti oggettivamente intesi.

Va pertanto affermato il seguente principio: “Ai sensi della L. n. 890 del 1982, art. 7, comma 2 va ritenuta la ritualità della notifica ove l’agente postale abbia consegnato il plico a persona di famiglia, nella specie, coniuge separato, ove risulti la presenza consuetudinaria e non occasionale della stessa, da accertarsi dal Giudice del merito, nell’ambito della valutazione allo stesso spettante”.

2.2.- Il secondo motivo è inammissibile, in quanto privo del momento di sintesi, omologo del quesito di diritto, necessario nella specie, attesa l’applicazione, ai sensi del D.Lgs. n. 40 del 2006, avuto riguardo alla data di pubblicazione della sentenza impugnata, dell’art. 366 bis c.p.c., inserito dal D.Lgs. 40 cit.

3.1 – Il ricorso va quindi conclusivamente respinto.

Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo,seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il Fallimento ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in Euro 3000,00 per compenso, oltre Euro 200,00 per esborsi; oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 13 giugno 2013.

Depositato in Cancelleria il 25 luglio 2013

Leave a Reply

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *