cassazione

Suprema Corte di Cassazione

sezione I

sentenza 23 luglio 2014, n. 16745

Svolgimento del processo

1.- La Corte di appello di Brescia, con sentenza depositata in data 24.8.2006 e notificata in data 10.1.2007, ha confermato la sentenza del Tribunale di Brescia che aveva respinto la domanda di ammissione allo stato passivo del fallimento della s.r.l. “Dogini Magnoni” proposta in via tardiva dalla s.r.l. “Impresa F.lli Garatti”. La società creditrice vantava un credito nascente da attività professionale svolta dall’ing. T. in favore delle due società, all’epoca partecipi di un’associazione di imprese, remunerata dalla soc. Garatti.
I giudici del merito hanno ritenuto non provati i rapporti interni all’associazione di imprese e la Corte di appello ha ritenuto inammissibile la produzione di documenti in appello in forza dell’art. 345 c.p.c..
Contro la sentenza di appello la società creditrice ha proposto ricorso per cassazione formulando due motivi.
Ha resistito con controricorso la curatela fallimentare intimata.
Nel termine di cui all’art. 378 c.p.c. parte ricorrente ha depositato memoria.

Motivi della decisione

2.- Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente denuncia la violazione dell’art. 345, comma 3, c.p.c. lamentando che la Corte di merito abbia ritenuto ammissibili in appello soltanto i documenti che siano indispensabili e che la parte non abbia potuto produrre in primo grado.
Con il secondo motivo parte ricorrente denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. per avere omesso la Corte di appello di pronunciare su un motivo di gravame.
3.- Osserva la Corte che il ricorso è fondato nei sensi più avanti precisati.
La Corte di appello ha ritenuto (pagg. 10-11 della sentenza impugnata) che “prove indispensabili, in grado di appello, non possono essere quelle che la parte poteva dedurre nel giudizio di primo grado ma che, per sua negligenza o per semplice scelta di strategia processuale, non ha ritenuto di dover dedurre, ma solo quelle prove che, per uno dei motivi di cui si (è) detto, senza sua colpa, non sia stato possibile assumere nel giudizio di primo grado e che, oltre che essere rilevanti ed ammissibili, siano anche indispensabili ossia rappresentino l’unico mezzo attraverso il quale la parte possa provare un fatto a sé favorevole”.
Sì che, in mancanza di prova dell’incolpevole mancata produzione, ha omesso di valutare se i documenti prodotti dalla ricorrente fossero indispensabili per la decisione.
Così facendo la Corte di merito si è discostata dalla giurisprudenza prevalente e più recente di questa Corte – cui il Collegio intende dare continuità – secondo la quale la norma di cui all’art. 345 cod. proc. civ. come modificato dalla legge 26 novembre 1990, n. 353, (nel testo applicabile ratione temporis), nell’escludere l’ammissibilità di nuovi mezzi di prova, ivi compresi i documenti, consente al giudice di ammettere, oltre alle nuove prove che le parti non abbiano potuto produrre prima per causa ad esse non imputabile, anche quelle da lui ritenute, nel quadro delle risultanze istruttorie già acquisite, indispensabili, perché dotate di un’influenza causale più incisiva rispetto a quella che le prove rilevanti hanno sulla decisione finale della controversia; tale facoltà va peraltro esercitata in modo non arbitrario, in quanto il giudizio di indispensabilità, positivo o negativo, deve comunque essere espresso in un provvedimento motivato (Cass., n. 21980/2009).
Invero, secondo le Sezioni unite, con riferimento alla prova documentale, “l’art. 345, terzo comma, cod.proc.civ. va interpretato nel senso che esso fissa sul piano generale il principio della inammissibilità di mezzi di prova nuovi -la cui ammissione, cioè, non sia stata richiesta in precedenza – e, quindi, anche delle produzioni documentali, indicando nello stesso tempo i limiti di tale regola, con il porre in via alternativa i requisiti che tali documenti, al pari degli altri mezzi di prova, devono presentare per poter trovare ingresso in sede di gravame (sempre che essi siano prodotti, a pena di decadenza, mediante specifica indicazione degli stessi nell’atto introduttivo del giudizio di secondo grado, a meno che la loro formazione non sia successiva e la loro produzione non sia stata resa necessaria in ragione dello sviluppo assunto dal processo): requisiti consistenti nella dimostrazione che le parti non abbiano potuto proporli prima per causa ad esse non imputabile, ovvero nel convincimento del giudice della indispensabilità degli stessi per la decisione” (Sez. U, Sentenza n. 8203 del 20/04/2005).
D’altra parte di recente si è puntualizzato che la valutazione di non indispensabilità della nuova produzione documentale, che ne provoca la mancata ammissione, deve essere espressamente motivata dal giudice del gravame, quanto alla ritenuta mancanza di attitudine dei nuovi documenti a dissipare lo stato di incertezza sui fatti controversi, così da consentire, in sede di legittimità, il necessario controllo sulla congruità e sulla logicità del percorso motivazionale seguito e sull’esattezza del ragionamento adottato nella decisione impugnata (Sez. 3, Sentenza n. 19608 del 27/08/2013).
La sentenza impugnata, dunque, deve essere cassata con rinvio per nuovo esame alla luce dei principi innanzi richiamati e per il regolamento delle spese.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata e rinvia per nuovo esame e per le spese alla Corte di appello di Brescia in diversa composizione.

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